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Condor senza meta

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Tutto il contenuto pubblicato da Condor senza meta

  1. Una legge non scritta nelle arti recita che è quasi impossibile (o tanto meno complicatissimo) bissare un capolavoro. Per il "Ritorno di Yama", a mio avviso, tale regola risulta azzeccata. L'episodio, per inteso, è godibile, ma non tiene minimamente il confronto con il capitolo precedente, in cui il figlio di Mefisto esordiva nella saga. G.L. Bonelli sceglie come scenario per la tentata rivincita dello stregone, le lussureggianti foreste tropicali dello Yukatan e come alleati, un gruppo di discendenti degli antichi Maya. Molto interessante lo spunto che vede Yama sfruttare a suo vantaggio i problemi di Manuela Romero, nobile discendente ben voluta dalla sua gente ma costretta all'esilio per colpa dei piani diabolici dello zio generale Zamora, che intende eliminarla per impossessarsi dei suoi beni. Purtroppo con il progredire della storia, le solide basi su cui si poggia il soggetto si sfaldano gradualmente, vuoi per le analogie di scene con il capitolo precedente, l'incipiente declino caratteriale dell'antagonista o per la troppa semplicità con cui gli uomini della Romero si alleano a Tex, segnando l'ennesima sconfitta di Yama. In quanto ai quattro pards, la grinta e l'azione non manca di certo, ma tuttavia si ha l'impressione che non vadano mai in totale difficoltà come in altre più riuscite sceneggiature. Il sacrificio della Romero, che si becca la freccia avvelenata diretta a Tex, risulta un colpo di scena telefonato e poco convincente, così come il fatale errore di leva commesso da Yama nel turbolento finale, rischia di essere più esilarante che drammatico. Grandiosi i disegni di Galep, del tutto a suo agio nelle ambientazioni esotiche e soprannaturali; proprio il suo notevole contributo ai pennelli mi induce a innalzare di un voto la mia valutazione. Il mio voto finale è 7
  2. Storia breve, che rappresenta una delle rare escursioni di G.L. Bonelli nella fantascienza. Premetto che, quando lessi l'episodio da ragazzino, rimasi favorevolmente colpito; a distanza di anni (e di molte altre letture texiane) il mio indice di gradimento è andato al ribasso. L'idea di base del soggetto è poco originale e molto abusata nell'universo tematico "dell'extraterrestre". Lo sceneggiatore ci mette del suo, immaginando dei ricci vampiri a metà strada tra regno animale e vegetale, ma a dire il vero ne viene fuori un'idea alquanto confusa e naif. Ancora meno convincente l'epilogo, visto che trovo quasi una forzatura il rimedio dell'alcool "scioglitutto" e, a voler essere pignoli, molto facilona l'opera di rastrellamento e distruzione dei ricci assassini: vista la rapidità di riproduzione mostrata nelle prime pagine, un'invasione era assicurata. Detto questo, la storia in questione evita la mia bocciatura solo grazie a una buona opera di suspense creata dallo sceneggiatore nelle prime battute, l'ottima presenza del Morisco sempre in smagliante stato di forma intellettuale e i buoni disegni di un Letteri abbastanza ispirato. Poca traccia lasciano i quattro pards, che per una volta fungono più da spalla che da risolutori. Il mio voto finale è 6
  3. Di gonzi disposti a farsi spennare, ne è pieno il Far West! Forse questo pensiero ha dato l'imput al soggetto di Bonelli per l'episodio in questione: ma un conto è farsi infinocchiare da un baro al tavolo del poker, un altro credere alla storiella dell'antico tesoro di dobloni. Risulta non tanto plausibile che in presenza di un così leggendario e ricco ritrovamento, colui che ne è a conoscenza cerchi alleati per dividere il bottino. La di puzza di bruciato la sentirebbe anche un raffreddato cronico, ma evidentemente i piedidolci dell'est difettavano di olfatto! A parte questa forzatura iniziale, la trama imbastita dallo sceneggiatore è molto avvincente; un vero e proprio giallo con tinte noir, caratterizzato da personaggi variegati e molto ben descritti. Le indagini di Tex scatenano un effetto domino che porterà l'organizzazione criminale a vacillare e decimarsi in una lotta intestina per salvare la pelle. Crandall, Velasco, lo sceriffo Walsen non rientreranno nella lista degli antagonisti memorabili della saga, ma la loro viltà e avidità senza scrupoli "fa prudere la nocca delle mani" durante la lettura. Molto più acuto e pragmatico l'infido Li-Wang che non esita a saltare il fosso appena le acque si agitano, tanto che il suo aiuto diviene fondamentale per i quattro pards. A mio avviso però Tex si rivela troppo magnanimo con lui, in fondo il cinese, anche se ai margini della banda, si è sporcato le mani di sangue. Non mancano alcuni punti deboli durante l'inchiesta, ma tutto sommato la sceneggiatura scorre spedita e tiene il lettore col fiato sospeso. Molto forte emotivamente la scena finale del linciaggio di Crandall, epilogo prevedibile dopo lo sdegno suscitato dal macabro ritrovamento dei resti umani delle vittime della criminosa organizzazione. Buono il livello complessivo dei disegni di Nicolò. Il mio voto finale è 8
  4. " Non tutti i bianchi sono cattivi o ladroni. Tu, però, se ne dovessero capitare altri, non dimenticare mai di accoglierli con il sorriso sulle labbra e un buon fucile carico nella destra. Il sorriso serve qualche volta, ma il fucile serve sempre, specie se lo tieni con la canna puntata sulla pancia del visitatore e il dito sul grilletto" Con queste secche e concise parole, Tex prende commiato da Mapua a fine avventura e basta una simile battuta, per comprendere quanto G.L. Bonelli fosse straordinario nella stesura dei testi e dei dialoghi nelle sue indimenticabili storie. Perdonatemi se ho iniziato dai titoli di coda per scrivere il mio commento, ma questa massima filosofica del vulcanico sceneggiatore, metaforicamente sempre attuale anche fuori lo schema narrativo per cui è stata scritta, la reputo eccelsa. Per il resto, tornando all'episodio, bisogna citarne la continuity con il precedente, cosa molto rara nella collana del ranger, fatta eccezione per i pionieristici albi a striscia e poche altre occasioni successive. Il naufragio, l'ambientazione esotica, la lotta iniziale contro i Canachi, l'inattesa alleanza per scalzare gli aguzzini che sfruttano gli indigeni per la raccolta di perle sul fondale, l'epilogo tragico di Vera e il Barone dovuto all'avidità e il tradimento, rappresentano tutti saporiti ingredienti che rendono la pietanza molto appetitosa. La consueta maestria, già dinanzi citata, di Bonelli nell'imbastire dialoghi notevoli, arricchita da un'abilità conclamata di sceneggiatura e caratterizzazione dei personaggi, chiudono il cerchio e mettono il sigillo in quest'ulteriore capitolo del centinaio d'oro. Di certo non lo reputo un capolavoro, ma l'episodio è molto affascinante; sarà pure per l'ambientazione che sa molto di romanzo d'avventura stile Salgari. Proprio riallacciandomi alla letteratura ottocentesca, mi par di cogliere pure una lieve citazione al celebre "Ventimila leghe sotto i mari" di Verne: la scena della pesca subacquea dei Canachi in mare infestato di squali e con il solo ausilio di una pietra piatta legata a una fune, se la memoria non mi inganna fu descritta molto minuziosamente dallo scrittore francese nella sua opera, ma potrei pure sbagliarmi. Efficienti i disegni di Nicolò; a dire il vero lo preferisco più alle prese con questi scenari che in ambientazioni marcatamente western. Il mio voto finale è 8
  5. Condor senza meta

    [154/156] San Francisco

    I primi anni settanta per i lettori di Tex, hanno rappresentato un vero e proprio Eldorado! Non si era ancora metabolizzata la lettura della splendida storia precedente, che già in edicola spuntavano gli albi di un episodio, destinato a rimanere a lungo nella memoria e nei cuori degli affezionati. La storia, divisa idealmente in due parti distinte, inizia tra i quartieri di San Francisco, dove il losco Diamond Jim, per vendicare la morte del fratello bandito ucciso da Tex in una precedente indagine a Frisco, decide di far rapire Kit e farlo spedire in un isolotto sperduto nel Pacifico. A dire il vero, il piano del cattivo di turno ideato da Bonelli, risulta alquanto forzato: sarebbe stato più logico affondare il rampollo a far da cibo ai pesci, ma lo si sa, è una limitazione non da poco, gestire personaggi "immortali" in serie come quella del ranger. Tuttavia, a parte questa lieve forzatura, la sceneggiatura prende subito quota. Kit viene rapito sotto gli occhi Tiger, che nel tentativo di difenderlo si becca una bella coltellata nella schiena (il povero navajo per le innumerevoli ferite collezionate in settanta anni, meriterebbe la pensione di invalidità come minimo! ). Parte l'indagine di Tex, che duro e deciso come non mai, riesce a furia di sganassoni e interrogatori a limite del regolamento, a scovare il bandolo della matassa. In effetti, a fin dei conti, Diamond Jim non si rivela un villain di grande spessore e la sua punizione risulta alquanto sbrigativa, sebbene costellata da scene celebri come l'invasione delle "Dame della Santa Lega" nel saloon gestito dall'infido biscazziere o il gigantesco pestaggio scatenato da Lefty, Bingo e il "damerino" Angelo nella fumeria sotterranea. Di gran lunga migliore la seconda parte. Sia per la splendida location, molto inusuale per i nostri, ovvero l'immenso e selvaggio Oceano Pacifico, ma anche per la presenza dei capitani Drake e Bart; due personaggi indimenticabili che Bonelli tratteggia con una maestria quasi manzoniana. Barbanera, nello specifico, è davvero un comprimario notevole: sebbene invischiato in loschi traffici, è un uomo d'onore e non rinnega la parola data, anche a costo della vita. Burbero e iracondo è in fondo un buon diavolo e durante la sfida finale, non si riesce proprio a tifargli contro. Ci si affeziona subito a simili personaggi e trovo sia stata un'intuizione geniale quella di Nizzi di recuperarlo anni dopo. Spettacolare pure la rissa nella bettola delle Haway e il piano che porterà Tex a strappare il figlio dalle mani dell'avversario. I dialoghi che Bonelli ci dona sono superlativi, i battibecchi fra Drake e Barbanera spassosi all'ennesima potenza. Straordinario Galep, sia nelle vignette cittadine, ma soprattutto in quelle marinare. Ogni tavola sembra un quadro; l'oceano tratteggiato magistralmente dai suoi indimenticabili pennelli sembra prendere vita e impeccabili le rappresentazioni dei velieri. A tal proposito, alcune inquadrature non convenzionali dall'alto, sono da oscar a mio avviso. Unica piccola pecca da menzionare, la rappresentazione grafica troppo caricaturale e sgraziata delle protagonisti femminili: suppongo che lo sceneggiatore avesse fornito indicazioni specifiche sulle caratteristiche della moglie di Bingo e della proprietaria della bettola sull'isola, ma l'esito finale sembra uscito da una parodia di Cico! Il mio voto finale è 9
  6. Osservazione acuta e attinente Barbanera. In effetti G.L. Bonelli non chiarisce del tutto e lascia la questione aperta a qualsiasi interpretazione. Personalmente mi piace credere che, sebbene sanguinario e crudele come pochi, il famigerato Lucero operi per un fine più nobile (e purtroppo utopistico!) rispetto al dio denaro, tuttavia il dubbio da te sollevato è plausibile. Purtroppo non lo sapremo mai, visto che l'indomito mescalero porterà con se nella tomba questo attanagliante mistero. L'unica certezza che rimane a noi lettori: l'episodio è davvero un capolavoro senza tempo!
  7. Autentica pietra miliare della saga! Episodio che, senza tema di smentite, può fregiarsi dell'appellativo di capolavoro. G.L. Bonelli, in stato di grazia, tira fuori un antagonista con i fiocchi, forse uno dei migliori usciti dalla sua inesauribile miniera della fantasia; uno dei rari casi bonelliani in cui il villain oscura in parte il protagonista. Il progetto criminoso ideato da Lucero per assaltare convogli e diligenze è geniale. Il trucco delle trasformazioni in pastori dei suoi predoni per far perdere le tracce dopo ogni colpo, è a mio avviso uno dei piani più brillanti e originali mai apparsi tra le tavole di Tex. Il sogno utopistico del famigerato mescalero è quello di poter ammassare tanta ricchezza, utile alla formazione di una nazione indiana indipendente dal mondo dei bianchi e pur di perseguirlo, non esita a seminare morte e distruzione, con una fredda ferocia che mette paura. Pur di salvaguardare la sua utile copertura di ricco haciendiero inoltre, è disposto a eliminare cinicamente tutte le tracce del suo passato e sgozzare di suo pugno anche il frate direttore del convento in cui trascorse gli anni della sua infanzia. Però il fato non tarda a intralciare il suo cammino: l'unica traccia lasciata alle spalle dai temutissimi mescaleros, mette in moto la macchina investigativa di Tex e co. che a breve diventa inarrestabile. Dopo aver ingoiato parecchi rospi amari, i rangers riescono a cingere definitivamente d'assedio la banda dei predoni rossi, smantellandola, ma non riusciranno comunque a vedere mai in viso l'avversario, infatti, sebbene seriamente ferito nell'agguato, Lucero riuscirà a sfuggire alla giustizia terrena, ma non a quella divina. Il melodrammatico finale, in cui l'inafferrabile predone prossimo alla morte, raggiunge la missione di San Xavier e finisce col convertirsi e chiedere perdono dei suoi peccati, è un'autentica perla di sceneggiatura. Uno degli apici per carica emotiva dell'intera saga; concordo con chi in precedenza paragona simile epilogo con le tragedie greche e a ben vedere il personaggio di Lucero sembra poter rientrare anche nella logica verghiana dei vinti: un'anima inquieta pervasa dall'odio verso i bianchi, che spende tutta la sua esistenza sotto il vessillo dell'odio e la vendetta (non del tutto ingiustificata visto i soprusi subiti dal popolo rosso) ma che alla fine si deve piegare ai disegni supremi di un infausto destino. Tuttavia negli ultimi istanti di vita, sulla tomba del frate a cui tolse la vita, il mescalero trova il coraggio per combattere la sua più importante battaglia, riuscendo a chiedere perdono per i suoi crimini. Altro che un semplice fumetto popolare, qui si rasenta la perfezione stilistica che quasi nulla ha da invidiare alla letteratura più colta! Di notevole fattura pure la caratterizzazione dei comprimari e dinamica la sceneggiatura, con i quattro pards magistralmente gestiti dall'autore, in un'escalation di azione e colpi di scena che porta a divorare le numerose pagine. Impeccabile la prova ai disegni di Letteri; la sua linea chiara al servizio delle lunghe storie della serie, garantì in quei magici anni un rapporto qualitativo-quantitativo che al giorno d'oggi un editore può solo immaginare nei più rosei sogni. il mio voto finale è 10
  8. Condor senza meta

    [149-151] L'ultimo Poker

    Episodio che, data la lunghezza e la collocazione nella serie, andrebbe catalogato tra i cosiddetti "riempitivi", ma personalmente ritengo che una tale definizione sia un po' troppo ingenerosa in questo caso. "Sunset Ranch" (o "L'ultimo poker" che dir si voglia) è una storia canonica, che ricalca gli stilemi classici del western, ma che si legge piacevolmente senza far mai correre al lettore il rischio di impantanarsi lungo lo stagno della noia. Il soggetto scelto da G.L. Bonelli è alquanto convenzionale e forse troppo abusato nella letteratura del west: un ranch preso di mira da razziatori di bestiame; un figlio traviato che per debiti di gioco asseconda il criminoso piano di un allevatore truffaldino e un gambler senza scrupoli; tanti muggiti, polvere e proiettili sui pascoli durante le incursioni dei banditi incappucciati e molta azione. La qualità della storia è comunque garantita da una solida sceneggiatura e dialoghi esplosivi. Tex merita un plauso pure come educatore, tanto è vero che i suoi sganassoni sono la miglior cura contro l'arroganza (e l'ingenuità?) del figlio di Cardigan, ma brilla ancor più nell'epilogo finale dove sconfigge in una memorabile mano di poker i nemici, facendo di colpo tramontare i loro progetti e umiliandoli sul loro stesso campo, senza l'estrema necessità di forzare la mano, trattandoli da banditi da mezza tacca come in fondo meritano. Da notare come il nostro inossidabile ranger non si crei problemi a far scarpinare a piedi nudi il figlio di Cardigan nel deserto per punizione, o barare spudoratamente per sconfiggere Hogan e sistemare la faccenda, il tutto per confermare di quanto la caratterizzazione bonelliana del personaggio sia molto chiara e alcune critiche attuali, dinanzi scene simili adottate dagli attuali sceneggiatori, siano alquanto sterili. Che dire poi, della stupenda battuta sulle quattro donne capitate in mano per via del fascino o la sottigliezza stilistica dell'asso di picche gettato beffardamente in faccia all'avversario, per irriderlo ulteriormente, visto che simile carta sarebbe servita ad Hogan per chiudere il poker vincente. A mio avviso, unica nota dolente i disegni di Muzzi, che sebbene non sia mai riuscito a incidere sulle tavole di Tex, in questa storia fornisce una prova ancor più appannata del solito e non del tutto soddisfacente. Il mio voto finale è 7
  9. Ennesimo episodio cult della serie. Nemmeno il tempo di archiviare la splendida storia del "grande intrigo a Flagstaff", che G.L. Bonelli sfodera un altro gioiello che rimarrà negli annali della saga del ranger. "Terra promessa" è un episodio ben congegnato, contraddistinto da un'ottima sceneggiatura, un soggetto notevole e dialoghi da manuale. Molto assortita pure la galleria di personaggi, ognuno molto funzionale e ben caratterizzato dall'autore. Reputo ben studiata pure la truffa che l'organizzazione criminale, con a capo Goldfield, mette in atto ai danni dei poveri coloni diretti in California: oltre a detenere il monopolio dei magazzini, ove le carovane si riforniscono prima della partenza, il losco mercante spreme altri dollari dai pionieri, costringendoli a rifornirsi una seconda volta in un trading post sulla pista durante il lungo il viaggio, dopo che sistematicamente i complici Cheyenne di Kento assalgono le carovane razziando cavalli, bestiame e altri beni di prima necessità. Bottino che puntualmente viene affidato ad Harport, dietro compenso e rivenduto alla successiva carovana. Una struttura "mafiosa" che tosa a puntino i poveri malcapitati, ma che viene scoperta e sconfitta dai quattro pards, dopo una lunga serie di colpi di scena, sparatorie, inseguimenti e azione pura nella migliore tradizione del racconto western. Bella e scoppiettante la prima parte che si svolge in città, epica la sessione che si evolve nelle praterie verso la California, rese magistralmente dai magici pennelli del grande Ticci. Tex e i suoi pards si mostrano in forma smagliante e molto in sintonia, d'altronde è risaputo di quanto G.L. Bonelli fosse un asso nel gestire il quartetto di protagonisti. Disegni di Ticci eccellenti; uno stile ancora diverso rispetto alla sintesi di tratto suo marchio di fabbrica negli anni a seguire, ma pur sempre gradevole e azzeccato per l'ambientazione in cui si svolge la vicenda. Non nascondo che il grande disegnatore senese è da sempre uno dei miei preferiti. Il mio voto finale è 9
  10. Ci troviamo al cospetto di uno dei capisaldi della settantennale serie. Un episodio fiume che, sebbene a tratti risenta un po' dell'eccessiva estensione, mantiene un'intensità emotiva degna di nota. Si parte da uno spunto di soggetto non del tutto originale, ovverosia l'ennesima congiura per eliminare Tex e mettere le mani sui giacimenti Navajo, ma la complessa trama architettata da G.L. Bonelli, una solida sceneggiatura e la minuziosa caratterizzazione dei numerosi personaggi che vi operano, rendono celebre la storia. Il nostro ranger diviene vittima di una macchinazione machiavellica e rischia seriamente il patibolo; solo grazie la preziosa mediazione di Carson che corrompe gli aguzzini e il prestigio di cui gode Aquila della Notte nei confronti dei Mohaves di Victorio, che si evita il peggio e si può partire al contrattacco per stanare e punire i colpevoli. Eccezionale pure il ruolo di Kit e Tiger, che in assenza di Tex riescono, con maturità e polso fermo, a scongiurare una violenta rivolta Navajo, dopo le numerose provocazioni di Lyman, atte a far intervenire l'esercito per lasciar terreno libero agli speculatori nella riserva. La storia presenta memorabili scene, numerosi doppio gioco, ricatti e una sfilza importante personaggi ben strutturati. Da Myra Solano, passando per Clem; dall'aguzzino Murdoch a Clay, non tacendo dei vari Victorio, Lyman, Foster, Fred: una vera girandola di pedine molto ben funzionali nella scacchiera dell'autore. G.L. Bonelli, dopo aver tenuto incollato alla numerosissime pagine il lettore, sembra alla fine volerlo prendere bonariamente un po' in giro: infatti mantiene l'assoluta segretezza sull'identità del capo congiura per la durata di quattro albi, lasciando supporre il ritorno di chissà quale vecchio avversario, per poi nel momento clou, stupirlo (e deluderlo un po'!) con un perfetto carneade, tanto abile nel tessere un diabolico intrigo, quanto codardo nell'estremo atto finale. I disegni di Nicolò si snodano senza grandi incertezze e picchi, lungo l'intera durata dell'episodio, ma non nascondo che il suo ineccepibile stile un po' troppo lineare per i miei gusti, alla lunga mi annoia e preferisco altre mani, magari meno pulite stilisticamente, ma molto più dinamiche e coinvolgenti. Il mio voto finale è 9.
  11. Condor senza meta

    [139/141] Adios, Amigo!

    Episodio western tradizionale. Inizio al cardiopalmo, con i nostri in difficoltà nel deserto e lo sventurato Tiger che, nell'intento di reperire una riserva di acqua, viene massacrato di botte in un villaggio di bandidos, solo per il colore della pelle. Gli ineffabili abitanti di Helltown, al soldo del perfido Don Lopez, non solo riducono in fin di vita il pard indiano, ma vivono taglieggiando e rapinando gli onesti minatori del vicino villaggio di Claypool. Venuto fortuitamente a conoscenza di questa realtà grazie all'incontro con un mercante messicano nel deserto, Tex ritrova il malconcio Tiger e, dopo avergli fornito le prime necessarie cure, si mobilita con i suoi pards per punire severamente i gaglioffi di Helltown per le loro malefatte. Storia valida, che si fa leggere volentieri, anche se a mio avviso presenta una forzatura iniziale: visto la crudezza della violenza che caratterizza il pestaggio di Tiger e la tangibile crudeltà che aleggia fra gli abitanti di Helltown, trovo molto strano che nessuno degli aggressori si sia preso la briga di scaricare il caricatore sul navajo prima di gettarlo nel torrente. Per il resto, Tex dimostra sempre molto acume nell'ideazione di piani e con molta abilità, coadiuvato da Kit e Carson in discreta forma, riuscirà a punire i colpevoli, che alla lunga non si riveleranno degni avversari. Efficaci come al solito i disegni di Letteri; è vero che se dovessi stilare una mia personale graduatoria di preferenza fra gli illustratori della saga, il nome del disegnatore romano non occuperebbe i primissimi posti, ma bisogna dare atto che i suoi primi piani di Tex in quegli anni, erano a dir poco strepitosi. P.S. A mio avviso il titolo del topic è errato, visto che "Adios amigo" è ricollegabile all'epilogo dell'episodio precedente con Montales; sarebbe più corretto usare "Arizona" o "Prigionieri del deserto" (Voto 7)
  12. Episodio movimentato, pieno di azione e polvere da sparo. A dire il vero, il soggetto è alquanto scarno e a tratti la sceneggiatura procede lenta con alcune scene che risultano un po' ripetitive, ma G.L. Bonelli, da grande fuoriclasse, riesce a colmare le lacune, tirando fuori una storia carica di tensione e tutto sommato molto piacevole. Un tour de force di attacchi e difese, in un assedio quasi epico, in cui i quattro pards brillano per coraggio, strategia e mira e l'erculeo Pat si candida all'impiego di demolitore di costruzioni abusive . Poco convincente e prevedibile la scelta narrativa della via di fuga, in fondo pure poco risolutiva ai fini della trama, sfruttata come fu dall'autore. Eccellenti i disegni di Galep: i bandidos con grinfie da pendagli da forca e cartucciere a tracolla sono memorabili, per non tacere della sua grande maestria nel disegnare i cavalli. Non sarà un capolavoro, ma rimane pur sempre un episodio di grande spessore.
  13. Uno dei classici senza tempo della serie. Ogni escursione nel soprannaturale, rappresentava per Gian Luigi Bonelli l'opportunità di scrivere delle piccole gemme. Con estrema maestria, lo sceneggiatore imbastisce una trama ricca di tensione, pathos, mistero e orrore. La suspense di alcune scene, ti tiene incollato alle pagine e quasi ti fa tremare insieme ai protagonisti, presi d'assalto dal terribile mostro dal pelo verde. Poi c'è lei, Mitla, una delle antagoniste più arcane, sexy e malinconiche dell'intera saga. Memorabile la scena in cui i quattro pards subiscono l'assalto dei lupi, scatenategli contro dall'affascinante diablera; anche molto azzeccata l'idea di sceneggiatura in cui El Morisco e Tex, seguano due piste d'indagine parallele, riuscendosi a riunire solo la notte dell'assalto finale di Guaymas, che soccomberà dopo una drammaticissima scena. Puro melodramma infine, l'epilogo di Mitla, che sconvolta dalla perdita dell'adorato compagno, abbraccerà la morte nei sotterranei del tempio, nell'ultimo tentativo di raccogliere i misteriosi fiori dagli immensi poteri. Riassumendo: un soggetto molto interessante avvalorato da un'ottima sceneggiatura e reso celebre dagli efficaci disegni di un Letteri in stato di grazia. (Voto 9)
  14. Episodio atipico, sia per l'esiguo numero di pagine, sia per la gabbia molto diversa dalla canonica usata negli albi Bonelli. Trovo molto plausibile come accennato in precedenti interventi, che gli autori avessero concepito la storia per un albo speciale, per poi dirottarlo sulla serie regolare. La trama risente indubbiamente della brevità delle tavole: parte da un buon spunto di Bonelli, ma poi perde di mordente e si conclude con una plateale scazzottata, che in fondo è una punizione troppo leggera per le due anime nere, ovvero l'agente indiano corrotto e il bieco mercante di pelli. Di tutt'altro spessore la prova di Galep; è palese la cura e l'attenzione che il papà grafico di Tex dedica a ogni singola vignetta dell'episodio. Inquadrature efficaci, ottimi primi piani, un eccezionale equilibrio fra bianco e nero, paesaggi mozzafiato. A tal proposito, le stupende scene che vedono immortalata la caccia ai bisonti, sembrano essere uscite dai pennelli di Frederic Remington, e lo studio anatomico dei cavalli è da urlo. A mio avviso un capolavoro grafico che il compianto Galep faticherà a eguagliare. Il breve episodio inoltre, funge da apripista a un filotto di episodi che diverranno dei veri e propri classici della saga, impreziosendo un centinaio di livello eccelso. Il mio voto finale è 8 (ricavato dalla media aritmetica del 6 alla sceneggiatura e il 10 accordato ai disegni).
  15. Condor senza meta

    [Tex Willer N. 0]

    Concordo pienamente. Oltre il fatto che tende a caratterizzare e personalizzare ogni singolo tratto: vuoi per il bilanciamento dei neri in una tavola, per i chiaroscuri o il retinato manuale delle singole vignette. Ovvio una buona colorazione può rendere gradevole le tavole, ma a mio avviso il monocromatico è tutta un'altra storia.
  16. Episodio accettabile, che ha il difetto, a suo malgrado, di seguire uno dei capisaldi della serie. Bonelli imbastisce una trama classica che si basa sulla distanza incolmabile fra la cultura del popolo dei nativi e quella dei bianchi. Silver Star che rappresenta quasi una divinità per il popolo Navajo, per il losco Bishop è solo il pretesto per vendicarsi di Tex. Toccherà proprio al ranger risolvere la spinosa faccenda, sventando il piano del rivale, evitando così una rivolta indiana. Tragica pure la fine di Bishop, che paga un caro tributo al destino per le sue malefatte. Storia minore ma di piacevole lettura, illustrata dal tratto classico ed elegante di Nicolò; uno stile forse poco adatto per il genere western, ma che ho sempre reputato molto raffinato e pulito.
  17. Un classico che ha abbattuto le barriere del tempo. Senza tema di smentite, il miglior episodio nella lotta fra Tex e le forze del male di Mefisto. Impressionante l'incipit, ottima la caratterizzazione di Yama, (si comprende subito che sebbene rappresenti un avversario pericoloso, non può competere col carisma del padre). Soffermarsi sui vari picchi che rendono questo episodio unico nella serie, renderebbe il mio commento chilometrico. Di certo meritano menzione le scene della vendetta di Loa ai danni di Yampas, l'agguato dello zombie tra le mura del forte, la trovata dei quattro amuleti magici, la discesa negli inferi di pietra di Yama, la fine del veliero maledetto inghiottito dalle forze della natura, scatenate dagli spiriti della sfera. Il tutto circondato da un alone di mistero e horror che dona alla sceneggiatura le caratteristiche tipiche dei romanzi gotici. Straordinario Bonelli nella stesura dei dialoghi e delle invocazioni magiche urlate da Yama durante i suoi sortilegi. In ottima forma i quattro pards, che sebbene debbano sfidare forze irrazionali, danno sfoggio al loro impareggiabile coraggio. Ultima menzione, ma non certo minore per importanza, i disegni efficaci e adattissimi al genere del grande Galep, un vero valore aggiunto alla storia. Anche il finale che all'apparenza può sembrar affrettato, a mio avviso fu scritto dall'autore come preludio al proseguo della sfida: niente di più probabile che il grande Bonelli avesse già in mente il soggetto che porterà Yama tra i discendenti Maya in cerca di vendetta. Che il proseguo non possa competere con questo episodio, è un'altra storia; d'altronde è quasi umanamente impossibile superare un capolavoro dopo averlo concepito.
  18. Gian Luigi Bonelli viene considerato giustamente il patriarca del fumetto italiano e storie simili tendono a valorizzare questa teoria. La personalizzazione di Tex è davvero straordinaria, d'altronde è risaputo di quanto il creatore si immedesimasse nel personaggio; stupendi i dialoghi, memorabili alcune scene (il Carson ammanettato all'albero in pubblica piazza, il processo farsa del giudice Bean, l'estenuante sfida con la morte all'interno della conceria delle pelli). Tuttavia un altro aspetto mi porta ad avvalorare la frase con cui ho esordito in questo commento: la grandezza del compianto Bonelli riusciva a colmare in parte le lacune di alcuni episodi. "La legge del più forte" a mio avviso parte da un ottimo soggetto (anche se curiosamente il traffico di armi viene usato come spunto su due storie ravvicinate), ma si perde un po' durante la sceneggiatura, un po' incerta e a tratti troppo allungata. Ho sempre avuto l'impressione che l'autore l'abbia ripresa più volte dopo lunghi intervalli e questo lo portò a commettere alcune imprecisioni, che non ne inficiano l'esito, ma si notano. Strano che la figura del giudice sparisca dopo le prime pagine, ancor più strano che gli emissari messicani non vengano puniti e anche di essi si perde le tracce lungo la storia. A voler essere pignoli, pure Dan il pard di Rod Steiner che uccide il cavallo di Carson a inizio episodio, si dilegua fra una vignetta e l'altra, non pagando pegno per le sue malefatte. Sia ben chiaro, difetti veniali ma che ho sempre reputato alquanto curiosi. La parte grafica curata da Letteri è di alti livelli, d'altronde in quegli anni il disegnatore romano raggiunse il suo apice artistico, con un tratto maturo e pulito. Vero marchio di fabbrica per gli albi del centinaio 100-200.
  19. Storia che, sebbene non rientri nella cerchia degli episodi memorabili della saga, conserva sempre un fascino misterioso. Sarà per la breve escursione nel metafisico, sarà per il sottile sentiero di vendetta e destino che rappresenta il leitmotiv degli eventi o per i disegni di Muzzi, non del tutto impeccabili ma adatti per trame simili. Episodio breve ma che lascia sempre qualche segno nell'immaginario del lettore, dopo averlo letto. Ho sempre reputato inopportuno incaricare Galep di rifare i volti di Tex nelle storie disegnate da Muzzi; aldilà delle spiegazioni editoriali che si sono susseguite negli anni, spesso l'esito finale fu molto peggiore dell'eventuali fattezze incerte del disegnatore milanese, visto che in parecchi casi la sproporzione della testa del protagonista rispetto al tronco e il netto distacco fra i due stili, disturba e non poco. Al giorno d'oggi, con una frangia di lettori più esigenti rispetto ad allora, una simile scelta provocherebbe molto malcontento.
  20. Accetto il richiamo Ymalpas, mi rendo conto di essermi espresso male e in modo alquanto fuori luogo. Farò in modo di evitare simili svarioni in futuro. Mi scuso pure con Wasted Years: ammetto di aver sbagliato, rileggendo la mia risposta di getto.
  21. Condor senza meta

    [384/387] Furia Rossa

    Una delle vette più alte raggiunte da Nizzi sulla collana. La storia che ci narra un capitolo passato di Tiger, il più introverso e misterioso pard del quartetto, parte con un tono scanzonato e leggero per poi crescere d'intensità con il proseguo degli eventi, fino a sfociare in un finale di rara intensità ed epicità. Bella l'idea di inserire una similitudine di destino che unisce Tex e il suo fidato pard indiano. Stupende le tavole in cui Tiger si rifugia sui monti per permettere alle ferite del cuore di rimarginarsi. Sui disegni di Ticci, c'è poco da aggiungere: davvero ispirati e adatti alla trama trattata. A parer mio, una delle pietre miliari della saga.
  22. Chiedo venia amigos. Di certo la mia intenzione non era quella di ergermi al ruolo di giudice supremo. Se i miei commenti sono stati intesi così, mi scuso ancora. Di certo non ho alcuna voglia di dettare nessuna legge, ne offendere alcuno. Essere definito "senza testa" a mio avviso è un tantino eccessivo, ma fa nulla. Senza rancore.
  23. Prima di ribadire a un commento, bisognerebbe quantomeno sforzarsi di leggerlo e comprenderne il significato. Da questa risposta, deduco: o non mi son espresso bene o, pur di portarla in caciara si entra in takle a gamba tesa senza nemmeno guardare il pallone. Ovvio che ci stanno le critiche e le opinioni personali, ci mancherebbe altro, ma andrebbero argomentate con garbo ed educazione, anche per rispetto degli altri utenti che la pensano diversamente e non solo per l'autore. Profeta, seguaci, bradipi, etc etc sono termini utili solo a provocare e portare la discussioni su binari di scontro, che di costruttivo hanno ben poco.
  24. Non capisco proprio la piega che ha preso questa discussione. Ci troviamo al cospetto di un autore che ha l'onore e l'onere di tenere le redini di una saga leggendaria dal successo straordinario; un impegno che farebbe tremare i polsi ad ognuno di noi "bradipi". Il suddetto autore, che si è guadagnato il ruolo grazie al suo ottimo lavoro in passato, sceglie i soggetti, i personaggi e articola le sceneggiature come meglio crede. Ovvio le sue storie non potranno piacere a tutti: ci sarà chi le ama, chi riterrà che potevano essere scritte meglio, chi non le gradirà, in fondo il mondo è bello perchè è vario. Lo stesso autore si presta a dialogare con i lettori su un forum (fino a pochi decenni fa questa ipotesi era pura fantascienza!), ci sta elogiarlo, criticarlo o fargli notare qualche refuso, ma il tutto dovrebbe avvenire civilmente, non con toni da duello in piena main street. Trovo paradossale pure che un lettore, per quanto ferrato, possa pretendere di imporre il proprio pensiero o "insegnare il mestiere" a un addetto ai lavori. Il fatto che una scena non mi sia piaciuta, non mi autorizza a pensare che sia una ciofeca e che tutti coloro che la pensano diversamente, lo fanno solo per lecchinaggio nei confronti dell'autore. Purtroppo poi quando si alzano i toni, la discussione degenera e si perde lucidità, visto che ognuno vuole prevalere. Ho trovato ingenerosa la parola "Seguaci"; non lo vedo Boselli con la maschera della "Tigre Nera" e il sottoscritto e altri forumisti col tubante e abiti orientali ai suoi ordini . A mio avviso bisognerebbe mantenere un po' di leggerezza, è pur sempre un fumetto dove la fantasia è la forza motrice, non capisco tutta questa esigenza di disquisire su ogni dettaglio. Se poi l'obiettivo è solo quello di volersi mettere in mostra a tutti i costi e cercare di litigare per ogni pretesto, fate finta che non abbia scritto nulla e hasta luego companeros.
  25. Faraci non mi ha mai tanto appassionato sulla testata a dire il vero. Non metto in dubbio le sue qualità di sceneggiatore, ma nella saga di "Aquila della Notte" non mi ha del tutto convinto. Se mi venisse chiesto a bruciapelo quale sua storia preferisco, farei fatica a ricordarne qualcuna su due piedi, segno inequivocabile di quanto la lettura delle sue trame pochi sussulti mi abbiano provocato. Discorso diverso per Manfredi, un autore che stimo moltissimo e dal talento poliedrico. Tuttavia pure il grande Gianfranco su Tex arranca un po': non certo per limiti qualitativi, bensì perchè ho l'impressione che non senta tanto nelle sue corde il personaggio. Ogni volta sembra un mustang imbrigliato che scalpita ma che alla fine produce più polvere che altro. A mio avviso sente troppo i paletti della serie e non riesce a sciorinare il suo valevole stile. Ruju è alquanto bravo e credo che costituirà un ottimo aiuto per Boselli fra alti e bassi. Magari non inventerà il "goal spettacolare" e non strapperà tante ovazioni con "giocate a effetto" e "tocchi di tacco", ma farà sentire il suo peso macinando chilometri e chilometri a centro campo. (Spero che mi sia perdonata la similitudine calcistica) . Per concludere, mi accodo a Barbanera e accolgo con gioia il ritorno di Nizzi sulla serie. Il suo recente e palese appannamento creativo, non può cancellare i grandissimi meriti passati. Son certo riuscirà a dare ancora un discreto contributo alla saga del Ranger. Un'ottima alternativa carica di esperienza, da schierare accanto al fuoriclasse Boselli per farlo rifiatare nei momenti di massimo sforzo del macth. Dalla serie: "Tutto il Tex minuto per minuto"
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