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Condor senza meta

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Tutto il contenuto pubblicato da Condor senza meta

  1. Il ritorno alla riserva si rivelò più arduo dell’Odissea per Tex e i suoi pards. Assicurati alla giustizia i fratelli Burrows, i nostri si ritrovano a loro malgrado coinvolti in nuova avventura. Un telegramma mal interpretato dal boss di turno, fa si che gli ignari pards vengano presi di mira dalla sua banda. La storia che prende forma è alquanto particolare, resa stuzzicante dalla presenza del misterioso villain dalla mano con quattro dita, che nasconde dietro una parvenza di rispettabilità un losco spaccio di whisky di contrabbando. Tex inizia un’indagine atipica lottando contro un misterioso nemico e, inizialmente, un oscuro movente. Un nemico alquanto pericoloso che, come un Arsenio Lupin ante litteram, non esita a usare trucchetti sopraffini (il veleno nel pomolo del bastone) per eliminare i suoi nemici. Dopo aver un po’ brancolato nel buio (un po’ ingenuamente il ranger si fa giocare dal trucco della barriera del ferro spinato, così come è strano che proprio sotto il naso, non sospetti minimamente di Bartell), una serie di agguati falliti e il ritrovamento del guanto col dito in legno del fantomatico villain, indirizzerà nella giusta direzione le indagini e allo smascheramento dell’insospettabile (neanche tanto a dire il vero) colpevole. Per gran parte della storia Carson rimane fuori gioco per una ferita e Kit se la cava alla grande, mostrandosi in alcuni frangenti anche più sveglio del padre. Curioso pure che i nostri vengano considerati dai nemici degli agenti della Pinkerton, rinfocolando così l’equivoco di base che decreterà la fine dell’organizzazione criminale. L’episodio non eccelle ma piace (grazie ad alcune idee azzeccate) e poggia sulla buona vena grafica di Galep, che scandisce con stile e concretezza realizzativa le strisce facenti parte la trama. Il mio voto finale è 7
  2. Sono d'accordissimo con te pard; pietre miliari come questa non necessitano alcun tipo di sequel. Anche riprendere un personaggio minore della trama non ha poi tutta quella importanza. Di solito sono favorevole ai "ritorni", ma i classici è meglio non toccarli. Scottano! Nizzi volle recuperare i fratelli Glendon della mitica "Terra Promessa" e, sebbene fece meno peggio della sua media del periodo, fu un azzardo che non pagò. Capolavori bonelliani di questa risma è meglio che rimangano un unicum.
  3. Mi avete sbloccato un ricordo! Ero un ragazzino nel lontano 1992 e da un paio d'anni avevo già scoperto Tex, rimanendo letteralmente folgorato. In una rivista dal barbiere (oggi un termine quasi desueto, ma allora lo si preferiva agli attuali parrucchiere e coiffeur ) vidi la pubblicità per la pubblicazione di questo volumetto. Feci impazzire mio padre per procurare "Il Sabato" non tanto distribuito nelle edicole della mia zona, ma alla fine ci riuscii ad averlo. Sebbene alquanto stazzonato dal tempo e dall'uso, lo possiedo ancora come un'importante reliqua e capisco che Tex è davvero magico, se riesce ancor oggi, a più di tre decenni di distanza, ad appassionarmi come allora. P.s. Conservo ancora anche l'albetto "Foto di famiglia" con l'elenco enciclopedico degli autori della Sergio Bonelli di allora curato da Gianni Bono. Riguardandolo oggi mette tristezza, visto che una buona fetta di quei grandi artisti non c'è più. Curiosamente ricordo il ritratto caricaturale del nostro Mauro, rappresentato in tenuta zagoriana, essendone il curatore in quei tempi
  4. Personalmente continuo a pensare che la scelta degli albi a 64 pagine sia dovuta solo ed esclusivamente per motivi logistici e per agevolare i tempi di realizzazione, visto l'elevato numero di uscite che bisogna curare. Ovviamente, scelta la foliazione, un professionista preparato calibra la sceneggiatura a secondo del formato, ma anch'io credo che storie molto belle e intricate come "Il passato di Cochise" si gustano meglio a una seconda lettura più continua e lineare. Cliffhanger e ritmo a parte, molti ingranaggi e snodi ben curati dall'autore, li cogli con una vista d'insieme, che la spalmatura sui sei mesi, vuoi o non vuoi dilata. Che nel lontano passato la pubblicazione a strisce fosse più frammentaria sarà pur vero, ma i tempi e i gusti dei lettori cambiano: in passato la gente comprava i 45 giri tanto per fare un esempio. Nonchè vi erano molti ragazzi che le strisce se li scambiavano e magari non le rileggevano più. Oggi, tranne rari casi, non è più così. Comunque la qualità finora espressa, sia nelle storie fiume di Boselli che nei filler di Rauch e Ruju ha attenuato questo aspetto e garantito il successo (ciò è quel che conta!). Certamente ogni lettore ha le sue prerogative e sensibilità che non basta un intervento (anche se preparato e autorevole) a poter far mutare. Figurati pard, i refusi possono capitare. Io potrei scrivere una trattato in merito, per quanti ne commetto.
  5. Non credo che Dotti sia felice di sapere che vorresti sostituirlo come copertinista.
  6. Storia notevole, ben strutturata e coinvolgente. Mauro ormai ci ha abituato alle sue tele variopinte in cui tutte le trame si aggrovigliano per stendersi al suo posto sul finale. Trovo che questo stile compositivo comporti molta attenzione e metodo e i risultati che ottiene Borden sono davvero apprezzabili. Le sue storie su Tex Willer meritano due letture: una "in diretta" durante le varie uscite mensili e una d'insieme appena posseduti tutti gli albi. La prima appassiona, la seconda ti fa apprezzare meglio la complessa impalcatura narrativa e notare alcune sottigliezze di stile che sfuggono alla prima lettura. Le trame complesse, i tanti personaggi, la certosina ricostruzione storica e di continuity, rendono la serie molto originale e differente rispetto alla regolare (nota positiva imho). A parte il primo episodio, il ritmo e il taglio è totalmente diverso dalle strisce originarie e fin dall'inizio la serie ha preso una sua precisa fisionomia, che ovviamente può piacere o meno. Io ero tiepido all'inizio, difatti avevo preventivato di fermarmi alla prima decina di albi, ma la qualità delle storie mi ha fatto cambiare completamente idea e ormai l'appuntamento in edicola è d'obbligo. Da non sottovalutare anche l'ottimo team di disegnatori: il trio De Angelis-Brindisi-Del Vecchio valgono il prezzo del biglietto. Non meno apprezzabili disegnatori validi come Valdabrini e Rubini. Un team "giovane" e affiatato che sta trovando un miscuglio perfetto fra modernità di tratto e classicità del genere. Complimenti a tutti. Anche a Dotti che sta davvero mostrandosi un ottimo copertinista. Unico appunto che mi sento di muovere: queste splendide storie stanno un po' "strette" nel formato di 64 pagine. Capisco le esigenze logistiche di realizzazione o di taglio costi, ma storie importanti ed epiche come quella in questione, spalmate in mezzo anno circa, rischiano un effetto dispersione che non le rende giustizia.
  7. Concetto sacrosanto e inopinabile. Una delle grandi difficoltà di scrivere Tex, è quella di metterlo in difficoltà (scusate il gioco di parole ) senza renderlo sprovveduto o ingenuo. Questo vale per le catture ma anche per agguati o altre trappole. A pensarci bene non è un'impresa cosi ovvia e scontata. Sergio molte volte cascava nella "trappola" e su Nizzi (soprattutto dopo gli anni 90) potremmo riempire un prontuario con tutte le situazione al limite in cui il protagonista si fa gabbare dagli avversari o deve essere aiutato dall'esterno. Ma altrettanto importante è riuscire a strutturare una storia dove i villain (seppur ovviamente destinati a soccombere) diano molto filo da torcere ai nostri senza farsi fregare come gonzi. Mi spiego: se come bandito sono così abile a catturare Tex, non posso di colpo rincretinire e fallo scappare per via di una scarsa sorveglianza, o perchè non gli trovo il coltello in tasca o i nodi che stringono i suoi polsi sono fragili come cotone. L'eroe non può morire (ovviamente!) e questo impedisce a un bandito senza scrupoli di scaricare un caricatore in corpo al nemico dopo averlo immobilizzato (sequenza logica nella realtà ma improponibile in una saga seriale) e se troppo spesso si abusa dello stratagemma di tenerlo in vita per farlo soffrire e poi ti sfugge sistematicamente dalle grinfie facendoti fare la figura del fesso, la sospensione dell'incredulità vacilla e lo spessore dell'antagonista si appiattisce. Per questo sostengo, che va bene proporre di tanto in tanto la cattura di Tex, ma senza eccedere e se non altro con un'idea giusta che giustifichi la sua liberazione senza ridicolizzare troppo gli avversari o l'eroe stesso.
  8. Scena infatti che ha suscitato parecchie perplessità mi par di ricordare.
  9. Ci può stare che un eroe si liberi da solo, ma se la frequenza diviene elevata, c'è da chiedersi quanto poco siano incisivi gli avversari a farselo sfuggire continuamente. Agli arbori della saga i lettori erano meno esigenti, ma se si dovesse proporre oggi una serie continuativa di fughe fortunose e rocambolesche, credo che le lamentele sarebbero assicurate. Continuo a rimanere del mio avviso, la cattura di Tex va centellinata negli episodi e deve essere usata con un'adeguata idea forte per giustificarne la liberazione. Nodi lenti, provvidenziali spuntoni di roccia tagliente e quant'altro sono espedienti che alla lunga disturbano. Parere mio personale ovviamente.
  10. Scelta che è comprensibile a mio modo di vedere: un Tex catturato richiede che venga poi liberato da altri. I cosiddetti aiuti esterni che alla lunga rischiano di relegare in secondo piano il protagonista. A tal proposito, ricordo una sequenza al limite nella nolittiana "I ribelli del Canada" dove il ranger e Jim Brandon trascorrono un'infinità di tempo appesi al palo della tortura, mentre attorno si svolge la battaglia decisiva tra ribelli e giubbe rosse. Ancor più fastidioso in quel caso fu la liberazione dell'incongruente Donovan, che suonò come una scorciatoia dell'autore per liberarsi dal cul de sac in cui si era ficcato. Doveroso mettere in difficoltà l'eroe in una storia ma non bisogna snaturarlo, come spesso accadde al tardo Nizzi che con le botte alla testa e gli aiuti esterni fece incetta nelle sue ultime svogliate sceneggiature.
  11. Condor senza meta

    [31/32] La Mesa Verde

    I finali accelerati, con un ultimo albetto a striscia rapido come Marcell Jacobs, erano molto frequenti alle origini. Anche la storia in questione non fa eccezione e in effetti gli episodi, letti con gli occhi di un lettore moderno, perdono parecchio con questi epiloghi affrettati. "La Mesa Verde" è una storia passabile ma non trascendentale. Il soggetto è molto basilare e s'incentra tutto sulla caccia dei nostri eroi ai due fratelli Burrows. Bonelli riesce comunque con la consueta abilità a sceneggiare al meglio e trasformare in una storia leggibile l'esile spunto, ma onestamente si era letto di meglio già allora. Fra sparatorie, tracce e inseguimenti, tutto scorre con fluidità ma senza eccessivi sussulti, però non posso non far notare quanto sia forte d'impatto emotivo la sequenza iniziale con l'agente Pinkerton crocefisso e lasciato a morire di sete nel deserto. A proposito dell'agenzia Pinkerton, è la prima volta che fa capolino nella saga e sarà anche la storia con l'esordio di Mac Parland, agente destinato a divenire una figura ricorrente nella serie. Proprio in questo albo Tex lega con Mac Parland e promette di aiutarlo nei casi più difficili sebbene da esterno. E così sarà sia con Bonelli che con altri autori successivi. Altra particolarità che ho notato durante la lettura: per la prima volta si fa cenno al fatto che la guerra di Secessione sia finita. Non che fosse stato un episodio cardine di quelle storie, ma dapprima capitava di accennarne la presenza per poi finire nel silenzio più assoluto. Adesso, dopo quel dialogo, Bonelli ci fornisce la conferma che il periodo bellico è alle spalle. Tuttavia riuscire a stilare una continuity affidabile nelle storie originarie è un'impresa non da poco. Per ciò che riguarda la parte grafica, ho trovato i disegni di Galep più curati rispetto ad altre occasioni ed è presente una vera rarità: l'abbozzo dell'uso di retini in alcune vignette! Saranno davvero pochissime le occasioni in cui i disegnatori ne faranno uso su Tex in seguito e, mi par di ricordare, che il papà grafico non li abbia più tenuti in considerazione nelle sue realizzazioni. Il mio voto finale è 6
  12. Ho votato il 1950, non accorgendomi che potevo assegnare altre due preferenze. Avrei in caso aggiunto il 1949 e il 1951.
  13. Non avevo dubbi Carlo, appunto meritate un sincero plauso per i vostri soggetti approvati. Anzi spero vivamente di poter leggere in futuro altre vostre storie.
  14. Se ci fosse ancora Virgin con noi, desumo che la sua risposta non si sarebbe tanto discostata da ciò che hai scritto. Comunque, adesso che mi fai pensare, anche l'uso igienico della carta potrebbe giustificare l'aquisto. Hai voglia con seicento pagine e rotti! P.s. Prima di essere linciato dai nolittiani inferociti, specifico che sto scherzando e che tutto sommato, sebbene la storia sia pesante e noiosa, le diedi una stiracchiata sufficienza quando la commentai nell'apposito topic. Ma non chiedetemi di sborsare altri soldi, mi bastano gli albi della regolare.
  15. A mio avviso questa affermazione è viziata da un pregiudizio di fondo. A differenza di una sceneggiatura, che necessita una determinata esperienza e padronanza del mezzo, il soggetto è solo un'idea di base e non vedo perchè, se ne arriva una buona, un curatore la debba scartare a priori se proposta da un esterno. E' vero che le uscite sono aumentate e le difficoltà di portare avanti una testata crescono, ma detta così sembra che il curatore metta nel pentolone tutto ciò che gli capita senza selezione e non è affatto vero. Mauro è molto selettivo e attento alle tematiche da pubblicare (lo so per esperienza personale) e se alcuni utenti del forum hanno superato il suo giudizio, lo hanno meritato. Magari rischia di più con le idee partorite da certi professionisti, ma questo son certo che non lo ammetterà mai in questa sede.
  16. Solo adesso, dopo giorni di commenti, mi sono accorto che sul topic c'è una sezione dove poter votare il quesito in merito alla pubblicazione. Ovviamente, avendo risolto il problema della scrivania, ho votato "NO!".
  17. Siamo pochi su questi topic è vero, ma in buona compagnia caro Jeff. In effetti i commenti di Carlo sono davvero ben articolati e molto interessanti. D'altronde è risaputo di quanto Carlo sia un utente preparato e prezioso; si impara sempre molto con le sue chicche e curiosità. Davvero una preziosa risorsa per il forum. Tuttavia spiace che le storie degli esordi vengano disertate dai più, a mio avviso meritano più attenzione e non credo che il problema sia solo per evitare eventuali ripetizioni. (Su altri argomenti le famigerate "ripetizioni" o prese inamovibili di posizione, si accumulano a centinaia da anni )
  18. Continua la mia rilettura dei mitici albi delle origini della saga. Non nascondo che mi fa un po' effetto constatare come siano pochissimi i commenti di questi episodi pioneristici del mitico Bonelli. Commentarli dopo un'esigua lista di utenti, mi dà l'impressione di passeggiare in punta di piedi su un massetto di calcestruzzo appena gettato e di lasciare distinte orme in un terreno alquanto "vergine". Mi chiedo a cosa sia dovuto questo fattore: mi rifiuto di credere che gli episodi in questione siano sconosciuti ai più, forse è solo una questione di preferenza o poca voglia di recensire storie nel formato a striscia, tuttavia sarebbe davvero un peccato che un appassionato scegliesse arbitrariamente di non leggere quelle strisce che contribuirono a costruire il successo della ormai quasi ottantennale saga. "Old Pawnee Bill" è un episodio molto valido, che si fa apprezzare per l'intreccio e la caratterizzazione alquanto sfaccettata dei personaggi. Dietro la consueta guerra di allevatori, si cela il desiderio del bieco Gideon d'impossessarsi del terreno del vicino collega Lower, poichè il ritrovamnto di un frammento di mappa indica che sui Monti Superstizione è presente una ricca miniera. Per ottenere il proprio scopo, il villain si serve della banda dei "Cavalieri della Notte" capitanati dal deciso Kiowa, per danneggiare l'avversario e discostare da se i sospetti. I piani si complicano con l'arrivo di Tex al ranch di Lower, infatti il nostro eroe, appena appresa la situazione, non ci pensa due volte ad appoggiare il povero allevatore vessato. La trama si arricchisce ancor più con l'arrivo della figlia del defunto Desmond, ex proprietario dei Monti Superstizione e l'autore delle due parti della mappa, donate ai figli per permettergli uniti di ottenere la sua "eredità" e il ricongingimento familiare, dopo le liti e gli screzi del passato. Ancor più interessante la figura del misterioso "Old Pawne Bill" una sorta di eremita che vive selvaticamente sui monti a preservare il segreto dell'ex padrone (Desmond) e a scoraggiare gli eventuali scocciatori a caccia della miniera. Tex, dopo un movimentato incontro-scontro se lo farà alleato e riuscirà con l'aiuto dei pards a smantellare l'organizzazione criminale di Gideon. Se non fosse per un finale un po' accelerato, come spesso accadeva con quel formato, l'episodio sarebbe eccellente. Ho trovato pure alquanto interessante lo scontro fra Gideon e Kiowa, con quest'ultimo che appena scoperto di essere stato "sacrificato" dal complice, si vendica incendiandogli il ranch. Gideon nell'intento di eliminare tutte le tracce che potrebbero portarlo sulla forca, finisce col scontrarsi con Tex e finirà la sua scellerata esistenza con un morso di rettile. Ricongiuntasi i due fratelli Desmond, e trovato l'accordo per lo sfruttamento minerario col galantuomo Lower, Tex e soci si apprestano al commiato, virando le proprie vele verso nuove avventure. Storia davvero piacevole e scoppiettante che mostra un Bonelli sempre più saldo al timone della saga e pronto a fare l'inevitabile salto di qualità. Meno curata la parte grafica, evidentemente la grossa mole di strisce da produrre costringeva Galep in alcuni frangenti a dover correre di più. Prezioso e visibile l'apporto di Gamba ai disegni, ma rispetto ad altre volte appare più marcato il contrasto tra i due stili. Nulla di così disturbante, ma, avendolo notato, mi andava di specificarlo nel commento. Il mio voto finale è 8
  19. Dopo aver divagato in altri commenti, finalmente mi ritrovo a esprimere le mie impressioni, alla conclusione della lettura dei due albi che compongono la storia in questione. Mi spiace che Antonello (alias Barbanera) non sia più presente sul forum, mi sarebbe piaciuto che partecipasse anche lui alla discussione, che in parte lo riguarda visto che “Ritorno a Redrock” prende spunto da una sua idea di soggetto, ma ripeto che la sua decisione, così come dibattuta sul topic apposito, va rispettata e spero che continui a leggerci da ospite esterno. Oltre a rinnovargli i complimenti (non è roba da poco passere le “forche caudine” del severo ma giusto giudizio di Mauro per i soggetti), spero che possa in futuro tornare ad apparire sui crediti di episodi del nostro amato ranger; la stoffa c’è e la nostra stima è doverosa. Chiusa la premessa, anche il sottoscritto non reputa “Ritorno a Redrock” una storia memorabile e da ricordare. L’idea di far ritornare personaggi di una vecchia storia di Bonelli (storia peraltro andata in edicola nei giorni in cui venivo alla luce nel lontano ’79 ) poteva pure starci ma per evitare il senso di “reprise” occorreva osare di più e Ruju sotto questo aspetto è parso deficitario stavolta. La trama fila via senza troppi sussulti e non rimane particolarmente impressa nella memoria. Senza il richiamo alla vecchia vicenda di Bonelli, un lettore potrebbe pensare che la trama, sebbene non originalissima, faccia parte della consueta routine di un autore per contribuire a riempire la folta programmazione della serie, ma dovendo essere un sequel, rimarcare senza troppo fantasia l’ossatura dell’episodio precedente, diviene un difetto. Non basta ritrovare Sander sceriffo e sposato come variante, se poi si recuperano tutti i suoi vecchi nemici (Holmer salvato dalle acque, Sam Spring da un processo iniquo). Anche la banda degli apache con Mandero, il fratello del defunto predone creato da GLB, poteva essere tranquillamente bypassata. Davvero poco incisive le presenze dei villain per lasciare il segno; la trama segue dei solchi ben predefiniti con la trappola ordita dal vicesceriffo corrotto, il processo sventato da Tex e il piano dei due banchieri per impadronirsi di “capre e cavoli” e alla fine si legge con un pizzico di delusione e noia. Non basta la caratterizzazione della moglie di Sander o l’interessante clima di ipocrisia dei paesani che cambiano giudizio sul galantuomo sceriffo a secondo di come tira il vento, per lenire quel senso di incompiutezza della sceneggiatura di Ruju. Stavolta lo spunto di Antonello poteva andare sfruttato meglio e magari l’autore sardo non lo ha sentito nelle sue corde a tal punto per partorirne un’opera interessante. Tirando le somme, episodio non da bocciatura ma poco accattivante, i ritorni necessitano una verve creativa maggiore per non essere schiacciati dal confronto con le storie originali. Rossano Rossi se la cava abbastanza bene nel comparto grafico, ma il suo stile continua a essere troppo simile a quello del maestro Civitelli delle origini, e personalmente questo inevitabile paragone lo penalizza un po’. Buono il bilanciamento delle vignette e la pulizia dei disegni, non mi dispiacciono le sue rappresentazioni dei pards e gli sfondi cittadini. Una prova altamente adeguata per la regolare e di egregia fattura. Il mio voto finale è 6
  20. Ovviamente Gilas, è un pensiero soggettivo che non ha la minima pretesa di ergersi a verità suprema. Ti dirò: anche non amando particolarmente Nolitta su Tex, non ho mai avuto difficoltà a lodare quelle storie che per un motivo o per l'altro mi hanno appassionato. Che quasi mai centrasse il personaggio e che spesso ho assegnato una sorta di "sei politico" per valutare le sue opere è un altro discorso. Comunque ha ragione @Jeff_Weber, forse è il caso chiudere l'OT e tornare a parlare di "Ritorno a Redrock" (che spero di poter recensire al più presto)
  21. Ottima idea sarebbe questa pubblicazione: necessito proprio un volume corposo da mettere a mo' di spessore sotto la scrivania.
  22. Confrontare sceneggiatori di livello (non possono essere altrimenti quelli transitati su una saga gloriosa e mitica come Tex) e volerne stilare per forza una graduatoria di merito quasi calcistica, a mio avviso lascia il tempo che trova. Ogni autore ha caratteristiche che lo contraddistinguono e lo rendono adatto a determinate tematiche. Poi, così come affermato da @Diablorojo82, ogni lettore, a secondo dei propri gusti, preferisce un Boselli o un Bonelli o chiunque sia, senza necessariamente dover dire che il primo è più bravo del secondo o viceversa. Gian Luigi Bonelli era un autore di classe, il patriarca riconosciuto del fumetto italiano e il personaggio più famoso è creato a sua immagine e somiglianza e questo ha contribuito al grande successo editoriale. Come autore era oggettivamente più preparato del figlio (e a foltissime schiere di suoi successori!), eppure su Zagor era noioso e inadatto e parecchie sue creature si son perse nell'oblio senza lasciare traccia. Sergio a sua volta su Tex non ne beccava una, eppure Zagor e Mister No si sono ritagliati una buona fetta di gloria nella storia del fumetto e il merito è suo. Boselli ha il suo personale stile, più complesso, moderno e introspettivo e non vedo perchè dovrebbe snaturarsi per copiare Bonelli. Sarebbe come costringere un mancino a scrivere con la mano destra. Nizzi su Tex è stato più manierista e per lunghi tratti poco ispirato (da giallista prediligeva Nick Raider, da lui creato). Forse Tex lo ha davvero sempre scritto controvoglia e sentendo poco il personaggio, eppure parecchie storie importanti le ha sfornate pure lui. Ridurlo solo agli origlioni e alle patatine è un'estremizzazione ingiusta e reiterata. Ruju manca di epicità e pathos, forse i capolavori non sono nelle sue corde, eppure è un autore concreto e duttile capace di svariare con risultati apprezzabili da Tex a Dylan Dog, da Martin Mystere a Dampir, da Nathan Never a Cassidy, passando per Demian. Scusate se è poco. L'arte non è uno sport in cui vi è un vincitore e un vinto. Poi ovviamente la qualità alla lunga viene fuori e gli autori migliori emergono e vengono consegnati alla storia, ma la soggettività incide molto in ogni valutazione.
  23. Le storie pioneristiche nel formato striscia, seppur accomunate da una qualità medio alta, non riescono tutte ad appassionare allo stesso modo. Alcune intrattengono ma non ti lasciano un vivido ricordo, alcune si dilatano troppo e annoiano un po', altre sono segnate da finali troppo compressi e accelerati, ma alcune sono davvero molto coinvolgenti e appassionanti. La storia che mi appresto a commentare, a mio avviso è catalogabile nell'ultima lista sopra indicata. Non è affatto un capolavoro, non è esente da pecche e lievi imprecisioni, ma il sottoscritto si è divertito molto a rileggerla. Il presunto prestigiatore, che condiziona una tribù indiana con i propri trucchi, non è di certo uno spunto di soggetto unico nella saga; nell'episodio in questione il famigerato "Coyote Nero" si prende pure il lusso di gabbare inizialmente Tex, che stranamente non sospetta che lui e l'innocuo Sanders siano la stessa persona. Spesso si discute sulla presunta infallibilità dell'eroe nella gestione bonelliana, ma è un concetto errato, visto che pure il creatore spesso fa commettere alcuni errori di valutazione (umanamente comprensibili) al suo personaggio. Qui ne vediamo alcuni e solo il caso e il ritrovamento del vecchio portafoglio appartenuto al vero Sanders lo indirizza sulla traccia giusta. Molto forte e d'impatto emotivo la presenza della rupe in cui vengono uccisi dai Pueblos gli avversari del Coyote Nero e fra i tanti resti capeggia pure quello del vero Sanders, eliminato dall'impostore che ha architettato tutto il piano criminoso. Particolare l'idea degli assalti compiuti dalla misteriosa banda che, alla resa dei fatti, si scopre essere composta da indiani travestiti. Sorvolando sulle trovate che permettono al villain di apparire a sorpresa alla platea degli indiani e ai suoi presunti poteri ipnotici e da ventriloquo, da notare come il Coyote risparmi la giovane nipote del vero Sanders e i motivi, sebbene non approfonditi, appaiono chiari agli occhi di un lettore adulto. La sceneggiatura è ben calibrata con i tempi e tiene un livello di tensione narrativa costante che intrattiene piacevolmente il lettore. Dopo varie peripezie e il miracoloso salvataggio dal fiume sotterraneo (scena che a Bonelli piaceva spesso riproporre), Tex riesce a passare al contrattacco e sgomitare la banda dei Pueblos e sconfiggere il famigerato Coyote Nero. Sui titoli di coda fanno apparizione pure i due Kit, che congiungendosi a Tex si preparano alle nuove avventure. Molto ben resa la parte grafica da un Galep in pieno stato di grazia realizzativa. Il mio voto finale è 7
  24. Storia alquanto atipica per il periodo in cui fu pubblicata. Bonelli per l'occasione imbastisce una trama a tinte "gialle", con un Tex che agisce in solitaria per poter discolpare un innocente, su cui pende un'accusa ingiusta di omicidio. Definire l'episodio un vero giallo, non lo reputo del tutto corretto, visto che fin dall'inizio il lettore è consapevole che Bill Dutton non è per nulla colpevole e in fondo lo è pure Tex, che capisce subito che qualcuno ha studiato il tutto per far incriminare il ranchero. In effetti il losco Jim Lenders, in combutta con il ladro di bestiame Black Kerry hanno tutto l'interesse a far fuori Dutton per poter accaparrarsi le sue terre e avere via libera al transito del bestiame rubato lungo il confine. Ma i due non fanno i conti con Tex, che con arguzia e decisione scopre l'inghippo e si spende per far valere la verità e far naufragare i piani criminosi dei due villain. Un po' fanno sorridere alcune scene d'indagine del nostro ranger, a esempio quella in cui si procura una sorta di "dima" dello stivale di Dutton per verificare il suo alibi nella sera del delitto; non meno ingenua la sequenza in cui da un impronta del terreno, Tex riesce addirittura a capire quanto tempo prima è transitato il cavallo da quella pista. A voler essere pignoli, anche il capo di imputazione basato solo sulla presenza di un gilet maculato particolare e un cappello è debole come un grissino, ma in fondo Bonelli ha solo interesse a costruire l'impalcatura su cui sviluppare il vero leitmotiv della trama, ovvero la travolgente azione condita da ben sceneggiate sparatorie e molto dinamismo (vedi l'assalto alle prigioni) che accompagna il lettore fino allo smantellamento della banda. Episodio non trascendentale ma piacevole da leggere. Da notare come ancora è presente un'abbozzata continuity visto che Tex si trova ancora a Las Vegas e non perde occasione di far visita al povero tenente Floyd, ferito nella storia precedente. Peccato però che l'autore, preso dall'incedere dello sviluppo della trama, finisce col far perdere nell'oblio il povero ferito. Non male la pericolosità di Lenders che si mostra a tratti un valevole avversario, mentre convince molto meno la caratterizzazione di Black Kerry e anche la sua scelta di affrontare sui titoli di coda Tex per vendetta, non appare molto credibile, visto che banditi di quella risma, appena vedono l'aria che tira, decidono di far perdere le tracce, piuttosto che rischiare la pelle per vendicare un complice. Riconosco tuttavia che si tratta in fondo di un errore alquanto veniale e nell'economia della storia può anche passare inosservato. Su Galep, nulla da aggiungere rispetto ai precedenti commenti. Lodevole, come sempre, il suo impeccabile lavoro e molto funzionale e possente il suo comparto grafico. Il mio voto finale è 7
  25. Le mie nozioni di balistica sono pari a zero, le diottrie mi stanno abbandonando ma per ciò che riguarda il mio gusto personale, la copertina di Villa stavolta è STREPITOSA. Anche lo sfondo bianco aggiunge un tocco vintage e di eleganza, che avvalora ancor più la posa drammatica dei nostri eroi.
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