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TWF - Tex Willer Forum

Poe

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Tutto il contenuto pubblicato da Poe

  1. Poe

    [12/13] Il Figlio Di Tex

    Grazie per il commento... Sì, io penso che i nuovi sceneggiatori potrebbero lavorare anche sui personaggi principali, come Kit Willer, senza stravolgerli, ma anzi recuperando certe loro caratteristiche del passato che potrebbero tornare d'attualità. Perché non immaginare, per esempio, un Kit Willer che in una storia decide di non seguire sempre alla lettera quello che gli dice il padre, un Kit che non si limiti a svolgere il suo bravo compitino, ma magari prenda iniziative autonome o persino entri in disaccordo (entro certi limiti ovviamente) con Tex o con Carson? Per me, potrebbe venir fuori una storia interessante, se ben gestita. Soprattutto se si evita di far morire, a un certo punto, qualche amico navajo di Kit!... O se non lo si ficca in guai che solo Tex può risolvere, con un atteggiamento a volte un po' troppo paternalistico (come dire: hai visto cosa succedere a essere imprudente? Se non facevi di testa tua, non ero costretto a venirti a togliere le castagne dal fuoco...). Basta vedere l'ultima di Ruju, Guatemala. Come sono gestiti Kit Willer e Tiger? Niente di che, direi... Una buona storia, prima di tutto, è fatta dai suoi personaggi.
  2. Poe

    [12/13] Il Figlio Di Tex

    “Il figlio di Tex” è una storia poco citata dai lettori, non abbastanza valutata, secondo me, in realtà una delle migliori del primo centinaio (io la metterei addirittura tra le prime dieci). Non un capolavoro, d’accordo, ma indubbiamente una più che ottima storia con tantissimi pregi: un Kit Willer strepitoso, alla sua vera prima apparizione (finora era comparso solo da bambino), degli ottimi e dinamici disegni di Galep, degli avversari molto ben caratterizzati e piuttosto vari (si va dal feroce capobanda, al desperado messicano, al capo apache, ai loschi trafficanti, ai legali maneggioni, su su nella catena di comando del crimine e degli affari), infine una trama che, per quanto non particolarmente originale, presenta una sceneggiatura con un alto numero di sequenze ben riuscite e memorabili, con dei dialoghi efficaci, brillanti e spesso ironici. La storia, infatti, si può dire che si regga in gran parte su una girandola di situazioni pericolose che si susseguono una dopo l’altra, senza soluzione di continuità (dagli attentati alla ferrovia, agli assalti di banditi e Apache a pacifiche cittadine, agli agguati notturni), oltre ovviamente che sul personaggio strabordante di Kit, una vera forza della natura che ne combina di tutti i colori: mette fuori gioco gli avversare con la pistola, il lazo, il coltello nascosto nella guaina sulla schiena, con il fucile, a pugni, a testate, a pedate, a piedi e a cavallo (il nero Diablo, che sembra persino più veloce di Dinamite). Insomma in queste 256 pagine càpitano più avventure a Kit Willer che negli ultimi 400 numeri della serie! L’impressione nel leggere questa storia (come anche per il “Tranello”, di poco precedente) è che GL Bonelli si divertisse in quel periodo a creare una serie in rapida evoluzione, con salti temporali inaspettati, con nuovi personaggi e con protagonisti che si modificano, insomma con continue novità (ancora qualche numero e morirà Freccia rossa, lasciando il ruolo di capo dei Navajos ad Aquila della notte). Anche Tex (siamo nel 1961) non è più lo stesso del Totem misterioso (1948), questo è un altro Tex, più maturo, più responsabile, più riflessivo, più attento al bene comune. “Rischieremo le nostre vite… per il benessere del paese. Una ferrovia per la California significa progresso e benessere per l’Arizona”, dice accettando l’incarico di proteggere la ferrovia dai banditi (e chissà se in questo non ci sia un riflesso del boom economico e industriale dell’Italia dei primi anni ’60). Allo stesso modo anche Carson cambia, e per la prima volta lo vediamo coi capelli bianchi, forse addirittura un po’ troppo invecchiato in certe vignette. Ma certo l’aspetto della storia che più stupisce è il confronto tra il Kit di oggi e il Kit di questa prima versione del personaggio, così vitalistico, pieno di energia e di spirito d’iniziativa, così divertente e centrale in una storia come mai più lo sarà in seguito (forse in qualche caso anche un po’ troppo centrale, visto che salva la vita al padre per ben tre volte!). Eppure il lettore viene indotto a tifare per lui, anche se oscura un po’ Tex, quasi augurandosi che l’abile monello disobbedisca al padre, per vedere che cosa combinerà e come se la caverà. Oggi Kit Willer è un personaggio poco valorizzato e poco amato dai lettori, mi pare. Eppure che potenzialità avrebbe se gli sceneggiatori avessero un po’ più di coraggio e fantasia, facendo risaltare maggiormente la sua giovinezza e il suo spirito un po’ ribelle e disobbediente delle origini.
  3. Poe

    [724/725] Il monaco guerriero

    I disegni di Giuseppe Candita non mi sono dispiaciuti, ma neanche mi hanno colpito particolarmente. Diciamo "così così"... Sarebbe interessante sapere quali disegnatori di altre testate Bonelli desiderereste arruolare su Tex (si potrebbe persino aprire un topic sull'argomento). Disegnatori non solo bravi, ma il cui tratto deve essere compatibile con il genere western e con lo standard texiano. Per dire, a me piace molto Nicola Mari (su Dylan Dog), ma il suo stile espressionista non è certamente adatto a Tex. Io, invece, vedrei bene: 1) Marco Foderà (disegnatore di Saguaro, Mister No, ecc.) 2) Salvatore Porcaro (disegnatore di Dragonero) 3) Luca Casalanguida (Dylan Dog, Cani sciolti) 4) Stevan Subic (Adam Wild) 5) Antonio Lucchi (Adam Wild) Poi mi piacerebbe rivedere Majo (uno dei miei disegnatori preferiti in assoluto), non sulla regolare per cui non è adatto, magari in un cartonato alla francese o, ancora meglio, in uno Speciale Tex Willer, magari sulla Guerra civile, quando ci si arriverà.
  4. Poe

    [10/11] Il Tranello

    Per chi non conoscesse il famoso scritto di Tiziano Sclavi (del 1984) su Tex e la storia “Il tranello” lo riporto qui sotto: “Più di vent’anni fa, quando i fumetti erano per me una specie di mito, leggevo “Tex”. Pensavo che gli albi non fossero preparati volta per volta ma che, in un enorme magazzino, ci fossero tutti i “Tex” di tutti i mesi a venire. Poiché abitavo in un piccolissimo paese sulle colline, pensavo che se mai fossi riuscito ad arrivare alla grande città (non Milano o Roma, ma “la grande città” in generale), sarei andato in quel magazzino e avrei comprato tutti i numeri futuri, quelli che l’edicola centellinava e vendeva, chissà perché, solo uno per volta. Mi ricordo, in particolare, l’avventura di un assalto ad un forte canadese sotto la pioggia. Mi sembrò un capolavoro. L’albo finiva con Gros Jean che stava distruggendo una baracca e attaccava con una scure l’ultimo pilone portante. Che cosa sarebbe successo? La baracca gli sarebbe crollata addosso? La risposta era nell’albo successivo, intitolato “Il segno indiano”. Un piccolo ricordo doloroso. E c’è un altro, legato a “Tex”: per una promozione, mi furono regalate mille lire, con la raccomandazione di “tenerle da conto”. Io le spesi tutte comprando cinque albi di “Tex” (o almeno mi sembra che costassero duecento lire, allora). Per punizione, gli albi mi furono sequestrati e nascosti in soffitta. Tra di essi, mi ricordo due titoli: “Satania” e “Il fuoco”. Ora lavoro nella Casa Editrice che fa “Tex” (oltre a “Zagor”, “Mister No”, “Martin Mystère” e tante altre cose). Confesso che, da quando sono qui, non ho mai avuto il coraggio di andare in archivio e prendere “Il segno indiano”, “Satania” e “Il fuoco”. Una volta sono andato a vedere i nostri magazzini, in un paese vicino Milano. Sembrano identici a quello che si vede nel finale dei “Predatori dell’Arca Perduta”, con montagne di casse e albi, e con chissà quali misteri. Forse ci sono davvero tutti i numeri a venire, e senz’altro ci sono i numeri che sognavo vent’anni fa. Ho invece riletto più volte la storia dell’assalto al forte canadese sotto la pioggia (per la cronaca, nell’albo “Il Tranello”) e continua a sembrarmi un capolavoro. E “Tex”, e i fumetti in generale, continuano ad essere un mito. Ecco, su “Tex”, ora che sono un “addetto ai lavori”, non so dire altro. E sul mio mestiere posso dire che non lo considero un mestiere ma una specie di sogno che, incredibilmente, continua, con la stessa meraviglia di quando ero un bambino.” Tiziano Sclavi
  5. Poe

    [106/108] Gilas!

    Sempre a proposito di Juan Ortega, il suo viso mi ricordava un vecchio personaggio visto in qualche western, così ho fatto una ricerca su internet e ho scoperto che, probabilmente, Nicolò si è ispirato all'attore Noah Beery Jr, interprete di secondo piano di numerosi film western, tra cui "Il fiume rosso" e "Decisione al tramonto". Almeno credo...
  6. Poe

    [10/11] Il Tranello

    Pietra miliare di Tex per vari motivi già ben evidenziati nei precedenti commenti: prima storia di Kit Willer (ancora bambino), prima avventura nel Grande Nord di Tex, prime apparizioni di Jim Brandon e Gros-Jean prima storia in cui compaiono tutti e quattro i pards (anche se in momenti diversi), primo utilizzo della cintura di Wampum, ultima apparizione del comandante dei ranger Marshall, ultima volta che vediamo Carson con i capelli neri. Grandissima storia, disegnata magistralmente da Galep, che ha persino come inaspettato estimatore Tiziano Sclavi, che la considera un autentico capolavoro. La migliore del primo centinaio, secondo me, a pari merito con “Sangue Navajo” (al terzo posto “La gola della morte”). Avventura allo stato puro, con tutti gli ingredienti tipici del genere: una rivolta indiana, inseguimenti nella foresta, scontri a fuoco tra le paludi, un forte assediato da difendere, Tex insolitamente travestito da pellerossa per infiltrarsi tra i nemici, agguati, tranelli, divertenti siparietti comici di un Gros-Jean scatenato come non mai… Il meticcio franco-canadese (nella sua migliore apparizione, a mio parere) è sicuramente uno dei punti di forza della vicenda, una via di mezzo tra Carson (abile nell’uso delle armi, astuto e deciso quando serve) e Pat McRyan (forte fisicamente, qualche volta un po’ goffo ma non come l’irlandese), con un suo carattere ben preciso: è un idealista che crede nella causa dei ribelli, ma è pronto a cambiare idea quando si accorge di essersi sbagliato, è a volte un ingenuo ma nient’affatto stupido o inconsapevole, anzi un trapper esperto e istintivo allo stesso tempo, simpatico e un po’ pasticcione (Tex all’inizio lo chiama persino “babbeo”). Il “Tranello” può essere anche vista come una bella storia di amicizia tra lui e Tex, e il tema dell’amicizia compare più volte nei discorsi, a partire dall’annuncio iniziale della morte di un altro grande amico, Arkansas Joe, di cui però noi non sappiamo niente (chissà se Boselli ne terrà conto in “Tex Willer” giovane). Un po’ meno sviluppata invece quella tra Tex e Jim Brandon. Avventura di 224 pagine, ricca di numerose scene memorabili. Proviamo a elencarle: - Kit Willer bambino che infilza il cappello di Carson con una freccia e Tex arrabbiato che dice: “Te lo romperò sulla schiena quel tuo dannatissimo arco!”. - Il primo scontro tra Tex e Gros-Jean, con Tex che lo sbeffeggia facendogli saltare i tacchi delle scarpe con la pistola. - Lo scontro con gli indiani nella foresta, con Gros-Jean “inchiodato” a un albero da un coltellaccio che gli ha trapassato la spalla piantandosi nel tronco (ben poco realistico ma emozionante) e che, terrorizzato dall’arrivo dei nemici, chiama in soccorso Tex. - Ancora Gros-Jean furibondo che taglia con l’accetta l’ultimo palo di sostegno del saloon, rischiando di farselo crollare in testa. - Lo scontro finale, con Kit Willer legato al palo indiano, e Jim Brandon che per salvarlo gli fa da scudo beccandosi due pallottole nel braccio. - Ma soprattutto, a metà storia, il capolavoro nel capolavoro, la difesa epica e disperata da parte di Tex, Gros-Jean e un manipolo di Giubbe rosse, di Fort Kinder, assalito da torme di Sacks. Scena indimenticabile per sagacia strategica di Tex, tensione drammatica, ritmo, coinvolgimento emotivo del lettore, un episodio che verrà ripresa più volte nel corso della serie (Boselli se ne ricorderà nella “Grande invasione”). Bellissimo il finale, con Tex che spara come un forsennato con due pistole contro i nemici che hanno aperto un varco e dice: “Eccoli! Addio Gros-Jean!”. E il meticcio che fa saltare per aria tutto quanto e poi si carica sulle spalle un Tex svenuto per l’esplosione, coi vestiti a brandelli, e mormora: “Sei stato l’anima della difesa del forte, amico mio, e sarebbe un grosso delitto se tu dovessi lasciarci la pelle. Sacre diable!...” Applausi…
  7. Poe

    OSCAR TEXIANI 2020 (Serie Regolare)

    Si prospetta un testa a testa tra "Netdahe" e "Guatemala" (io ho votato per "Netdahe"). Per le copertine tra la "Belle star" e "Guardia rural" (tutt'e due bellissime). Tra i personaggi la bella Ramona, com'era prevedibile, non ha rivali!...
  8. Poe

    [106/108] Gilas!

    Una gran bella storia che a me ha sempre ricordato i film western degli anni '50, come atmosfera e come personaggi, ma anche per la sceneggiatura sobria ed equilibrata, come nei film di una volta. Un Tex indimenticabile, duro come non mai nei modi e nei dialoghi, un infiltrato perfetto nel covo dei banditi (che infatti non lo scopriranno). Una trama lineare ma scorrevole, ben orchestrata, senza sbavature, "classica". E poi sì, un insolito pard, un compagno che diventa quasi amico e che piano piano assume il ruolo di coprotagonista, il contadino messicano Juan Ortega, diventato bandito un po' per sfortuna, un po' per ingiustizia sociale, visto che il suo tentativo di uscire dalla povertà e fare soldi in città viene vanificato dal contesto sociale ("Secondo molta gente un messicano è solo buono a coltivare campi o a fare il servo", dice a Tex). Un personaggio nolittiano o boselliano ante litteram, in cerca di una redenzione che la morte gli impedisce, tratteggiato con pochi ma efficaci dialoghi ("Io non sono che un messicano senza speranze che vive alla giornata", dice) e che vede in Tex l'unico "amigo" che lo rispetta, in un mondo di banditi prepotenti verso di lui, in modo non molto diverso, probabilmente, dalla società "normale" che l'ha respinto. Così che il lettore non può che affezionarsi a lui e dispiacersi per la sua fine. Già, un po' come in certi film western con John Wayne o James Stewart o Glenn Ford, GL Bonelli trasmetteva emozioni senza calcare la mano, senza frasi melense, senza primi piani caricati. Così che alla fine il lettore, nonostante la solita vittoria del nostro, chiude l'albo con l'amaro in bocca, quasi come se Tex in fondo avesse fallito.
  9. Poe

    [598/599] La Prova Del Fuoco

    Rileggendo la prima storia scritta da Ruju sulla serie regolare, concordo con i molti che la ritengono la sua migliore (forse insieme a “Le catene della colpa”), anche se non è priva di difetti (come voto darei 8). La nota più stonata è quando Ruju decide, a metà del secondo albo, di calcare un po’ troppo la mano con la follia di Loman. La penso anch’io così. Aggiungo che non mi è piaciuta neanche la pag. 64 del secondo albo con Tex che urla al vento il suo dolore per il ferimento di Kit, anche qui piuttosto esagerato (quante volte in precedenza abbiamo visto Kit ferito senza una simile reazione da parte di Tex?), sia nell’idea che nella resa grafica, con gli occhi strabuzzati di Tex e la bocca piegata all'ingiù (Seijas per il resto è bravissimo). Ecco, a proposito di discussioni che si fanno spesso sul Pathos, che a volte in certi autori (o storie) secondo alcuni è poco, o non c’ è proprio, oppure risulta eccessivo, be’, questo mi sembra uno di quei casi in cui lo sceneggiatore, a mio parere, calca troppo la mano, volendo drammatizzare a tutti i costi (la follia e la rabbia esagerate) una storia che era già abbastanza drammatica fino a quel momento. Sembra quasi che, come il ranger novellino della vicenda, anche Ruju voglia dimostrare a tutti i costi di essere bravo, e finisce per strafare, accentuando l’enfasi e i colpi di scena! Anche la rivelazione finale che il proiettile che ha ucciso il ragazzo è del padre, oltre che altamente improbabile e forzato (la pallottola che sibila tra i cavalli sfiorando il cattivo che così capisce tutto! Mah!..), di fatto è inutile ai fini della storia e aggiunge ancora una volta troppo sale a una pietanza già abbondantemente saporita. Concludo, però, con un giudizio largamente positivo. Nonostante tutto, nell’insieme la storia è bella ed emozionante, con un gran ritmo e ottimi disegni, una delle migliori del centinaio 500-600, superata solo da alcune perle di Boselli (“Missouri”, “Colorado Belle”, “I lupi rossi”...).
  10. Poe

    [721/724] Attentato a Montales

    Finita di leggere. Nel complesso una storia discreta, ma un po' deludente considerando le aspettative create. Voto: 7. Non di più. L'unico album davvero convincente è il secondo ("Guatemala"), gli altri, compreso il finale, non brillano eccessivamente. Le scene d'azione sono poco riuscite, i nemici non ben sviluppati (vedi la dark lady), il personaggio di Gregorio piuttosto improbabile così come il ricatto alla sua famiglia (non aggiungo altro per non rivelare nulla), Tiger una semplice comparsa. Diverse incongruenze e forzature sia nel primo albo che nel finale (per es. Montales che arriva alla fine di tutto, con calma, pur sapendo benissimo che sarebbe avvenuto un colpo di stato). Insomma la grande storia di Ruju ancora deve arrivare.
  11. Poe

    Il Tex di Boselli è veramente Tex?

    Boselli, però, una settimana fa, parlando in un altro topic di Diego Cajelli, ha scritto: "Diego... si è rifatto vivo... e gli ho scritto che, non Tex, ma Dampyr ha bisogno di sceneggiature e che lui quelle ha dimostrato di saperle fare. " Quindi mi viene da pensare che il ritorno di Nizzi forse non è legato alla carenza di sceneggiature, in fondo ci sono Riju, Rauch, Giusfredi... Forse è una scelta (pessima) per accontentare una fascia di lettori nizziani nostalgici.
  12. Poe

    Il Tex di Boselli è veramente Tex?

    Alla domanda di questo topic: "Il Tex di Boselli è veramente Tex?", la risposta è semplice: Sì!!!... Punto. Visto alcuni interventi polemici degli ultimi periodi, io semmai aprirei un altro topic: "Il Tex di GL Bonelli è VERAMENTE Tex?" o anche: "Il Tex di Galep è veramente Tex o uno che gli somiglia disegnato male?"
  13. Poe

    [248/249] Il Marchio Di Satana

    Questa storia è una delle più insolite di GL Bonelli. L’originalità risiede in due fattori: l’atmosfera tenebrosa, malata, claustrofobica (ottimamente resa da Fusco), e il fatto che i colpevoli sono tutti gli abitanti del paese, non una parte sola, una setta, ma l’intera cittadina di Quemado. Da questo punto di vista il soggetto è un po’ l’opposto di alcune storie di Boselli, dove di solito i malvagi vogliono distruggere una città e Tex la deve difendere (I sette assassini, Missouri, la città di Canaan…); qui i cattivi, invece, SONO la cittadina, che alla fine proprio Tex e Carson distruggeranno con un incendio purificatore. Di storie orrorifiche con atmosfere cupe e angoscianti se ne contano parecchie in Tex, ma questa si contraddistingue per il senso di disagio che comunica al lettore fin dall’inizio, che nasce oltre che dall’efferatezza dei delitti, dal contrasto tra l’apparente normalità degli assassini e la loro vera natura perversa. Insomma un horror molto terreno, realistico, non sovrannaturale, dove l’avversario non è un pazzoide come Mefisto o Yama, né un serial killer solitario come nella “Voce misteriosa”, né un mostro come Diablero, o un qualche inquietante fantasma come in altre storie, ma dei sadici omicidi che di notte si riuniscono per tagliare teste a giovani squaw e di giorno vivono la loro normale vita in una comune cittadina del West, come se niente fosse. Da notare anche un aspetto poco evidenziato ma, secondo me, non casuale: il discorso sui soldi. I satanisti sono mossi da fanatismo e credenze esoteriche, ma i loro interessi sono molto, molto terreni: il motivo per cui uccidono tutti i cowboy è solo quello di volersi riprendere il denaro con cui hanno pagato la mandria; appena arrivato in città Tex litiga con lo stalliere che ha prezzi esorbitanti; il barista prima di versargli da bere vuole essere pagato in anticipo, e così via. Insomma GL Bonelli sembra voler abbozzare il ritratto di una comunità gretta e meschina, di corte vedute, chiusa in se stessa, diffidente verso gli stranieri, misogina (le vittime sono giovani donne e la comunità è di soli uomini), probabilmente anche razzista (le donne sono indiane, i loro costumi da satanisti assomigliano molto a quelli del Ku Klux Klan, così come la croce in fiamme che piantano davanti alle porte come avvertimento). Alla fine Tex e Carson non salvano nessuna ragazza - la tragedia è già compiuta quando arrivano loro - e nemmeno si salva Grady, il cowboy ferito che li aiuta. Così i due pards, nel bellissimo finale ansiogeno, ormai unici superstiti, fuggono via lasciandosi alle spalle solo fiamme e distruzione. Siamo nel 1981 e le storie di GL Bonelli - è stato notato - sono sempre meno ottimistiche (vedi qualche tempo prima “Linciaggio”, anche lì una comunità “posseduta” dall’odio). Pochi anni dopo - forse non è un caso - arriverà Dylan Dog, anche lui alle prese con mostri nascosti nelle pieghe della normalità.
  14. Poe

    [710/711] L'assedio di Mezcali

    Girovagando ultimamente nei commenti degli ultimi numeri della serie regolare (ma anche del centinaio 600-700), mi è capitato di imbattermi nelle tue recensioni dettagliate e devo dire che concordo al 90% (e forse anche più!) con i giudizi e con i voti che hai assegnato. Anche con il 6 "regalato" di questa storia (diciamolo pure, era un 5,5). Sono curioso di leggere in futuro i tuoi commenti al primo centinaio, che anch'io sto rileggendo ogni tanto.
  15. Poe

    [113/115] Tra Due Bandiere

    DaD (). La didattica a distanza in tutta Italia c'è solo alle superiori e all'università, non alle medie... Però, guarda, a me non interessa l'età degli altri, ho risposto così, giusto per la precisione.
  16. Poe

    [113/115] Tra Due Bandiere

    Be', perché di solito a 13 anni la mattina uno va a scuola in terza media (scuola dell'obbligo), non scrive sui forum come fai tu. A meno che non faccia buco tutti i giorni...
  17. Poe

    [113/115] Tra Due Bandiere

    Eh, MacParland, non puoi gettare il sasso e poi nascondere la mano, fare una stroncatura e poi fare la vittima, perché poco prima hai scritto, senza alcuna ironia: Strana concezione del rispetto, Galep o non Galep. Qui non è questione di gusti, sono tanti i disegnatori che dividono i lettori (per esempio Font ad alcuni piace molto mentre altri non lo sopportano), ma qui tu vai sul personale e ti metti a fare i conti in tasca agli autori. Voglio dire, che ne sai della vita privata delle persone? E poi mi sembra che ti manchi una visione un po' più storica dei fumetti e in generale della storicità dell'arte. I tuoi paragoni spesso non stanno in piedi. E' come se uno di fronte a un film in bianco e nero di Chaplin, di John Ford o Fellini dicesse: "Mamma come sono scarsi e antichi questi, vuoi mettere con Scorsese, Kubrick, Nolan e Tarantino! Questi sì che son fighi!" Sono paragoni sbagliati in partenza.
  18. Poe

    [488/489] Matador!

    Di questa ottima storia di Boselli, letta anni fa, ricordavo soprattutto le immagini delle due corride, disegnate magnificamente, in particolare la prima (quella in cui i picadores vengono incornati dal toro feroce, prima che venga ucciso dal matador, una sequenza da incorniciare!), e gli scorci della cittadina messicana animata da una folla descritta in ogni dettaglio da Capitanio, e poi i personaggi, il torero Rafael, le due donne, Elvira e ancora di più Sarita, il vecchio Montoya... Ma non mi pareva che Tex e Carson avessero un ruolo così marginale, come invece scrivono molti nei commenti qui sopra. Rileggendola, ho avuto la conferma ai miei ricordi: la storia è molto bella, una delle migliori di Boselli, secondo me, un gradino sotto i suoi capolavori ma decisamente memorabile, non solo per i disegni raffinati, dettagliatissimi e spettacolari di Capitanio, ma anche e soprattutto per l’eccellente sceneggiatura, le situazioni interessanti e originali, i dialoghi ricchi di finezze nel descrivere i sentimenti. E Tex e Carson, come ricordavo, non sono affatto in ombra, anzi a volte agiscono separatamente, raddoppiando così le azioni; solo all’inizio sono semplici spettatori (con un Carson meravigliosamente sarcastico), ma è normale visto che Boselli deve presentarci gli altri comprimari. Poi, da metà del primo albo, i due pards entrano in azione e non si fermano più fino alla fine, in una girandola di sparatorie e inseguimenti, in cui i nostri sono decisivi (e Carson non è da meno di Tex). Il fatto è che tutti i personaggi sono caratterizzati così bene da Boselli (come al solito, anzi meglio del solito), che anche quelli che compaiono poco restano impressi nella mente e sembrano vivere di vita propria. Quindi, a mio parere, non sono tanto Tex e Carson che hanno una parte minore, sono gli altri personaggi che spiccano per la loro forza. Ma questo è un pregio della storia, non certo un difetto! L’unico neo, semmai, è nel finale, un po’ sentimentale e sdolcinato, questo sì, poco glbonelliano. La fascia di storie 400-500 forse è la mia preferita, insieme alle prime due classiche (1-200), perché le storie che rileggo più spesso ultimamente appartengono per la maggior parte a quel periodo.
  19. Non entro nel merito della vostra bella discussione, molto approfondita e interessante (anche perché gli argomenti trattati sono tanti e mi ci vorrebbe più di un'ora per analizzarli!), mi limito a condividere l'osservazione di Diablero qui sopra citata. E' una risposta un po' vaga e semplicistica, a mio parere. Tu la metti un po' troppo sull'utenza e la libera scelta, ma il mezzo ti condiziona enormemente, tutto il mondo in cui siamo immersi ti influenza. A volte persino le persone più consapevoli e navigate "si fanno agire" e condizionare, figuriamoci quelle meno attrezzate. Anche sul concetto di evoluzione e progresso... Nonostante tu dica di non averne una visione lineare o unidirezionale, mi sembra che poi alla fine metti molto in secondo piano i regressi e i danni che il cosiddetto progresso porta con sé, e che spesso sono maggiori dei miglioramenti effettivi. Che la tecnica ci abbia aperto mondi meravigliosi dalle possibilità infinite, come dici tu, è vero, ma ha anche aperto abissi disastrosi su cui siamo già affacciati. Non voglio fare l'apocalittico (né rimpiangere un mitico passato), ma riuscire ad essere ottimisti sull'evoluzione della tecnica e della comunicazione oggi, in piena epidemia mondiale, con un collasso ambientale e un riscaldamento globale già in corso e con una comunicazione totalmente impazzita (di quante str...ate siamo sommersi ogni minuto!) è veramente ammirevole. Scusate l'OT... E fai male! Sentirsi superiori per così poco...
  20. Poe

    Quali Storie Ristampare

    Storie (anche del passato) che non sono nell'elenco, ma che meriterebbero un cartonato o un brossurato, e che non mi pare siano mai state raccolte in volume (ma non vorrei sbagliarmi): - Una campana per Lucero (Bonelli-Letteri) - Tucson (Bonelli-Letteri) - Furia rossa (Nizzi-Ticci) - Matador (Boselli-Capitanio) - Terre maledette (Boselli- Font) - I sabotatori (Boselli - Leomacs)
  21. Poe

    [701/702] La regina dei vampiri

    Purtroppo lo so, ho diversi amici che sono rimasti disoccupati (alcuni anche prima del coronavirus) e ora si adattano a fare lavoretti malpagati nel fine settimana, assolutamente insufficienti... E temo che nel prossimo futuro sarà sempre peggio, vista la situazione... Di Diego Cajelli ricordo con piacere alcune belle storie di Napoleone disegnate da Pasquale Del Vecchio, prima che passasse su Tex, e altre di ambientazione noir.
  22. Poe

    [701/702] La regina dei vampiri

    Cioè, davvero Diego Cajelli sta facendo il rider perché non ha lavoro?! Nessuno in Italia che gli offra un lavoro da sceneggiatore?!
  23. Poe

    [51/53] Sangue Navajo

    “Sangue Navajo” è stata pubblicata quasi 50 anni fa, tra il 1961 e il 1962. Esatto. Questa è infatti una storia che va contestualizzata nel periodo in cui è stata scritta per capirne l’importanza, per valutarne gli elementi anticipatori e apprezzarne fino in fondo la bellezza. Un vero e proprio manifesto del Tex pensiero (del Bonelli pensiero) del suo concetto di giustizia, del suo antirazzismo, del suo essere contro la guerra (la rivolta è non violenta), contro ogni autoritarismo, così come contro ogni marciume politico. Ma allo stesso tempo è una godibilissima storia d’azione, tesa, emozionante, con un ritmo sostenuto, senza momenti vuoti, con una trama articolata, matura. Una storia eccezionale fin dalla copertina: Tex rivolto verso il lettore, in posa, con una mano sulla spalla di Tiger, entrambi con i fucili appoggiati, non con armi in pugno e in posizione dinamica, come di solito. Sembra quasi anticipare le copertine statiche e in posa di Ken Parker. E qui Tex, in effetti, come il biondo scout di Berardi e Milazzo, è totalmente dalla parte dei nativi contro tutto e tutti, con la differenza che Ken Parker quando in “Omicidio a Washingthon” denuncia al Congresso americano lo sterminio dei pellirossa finisce con una pallottola in testa, che gli farà perdere la memoria (ma siamo in un’altra epoca, nel 1977), mentre qui Tex scatena una guerra indiana, ma senza neppure un morto, riuscendo alla fine ad ottenere giustizia. E GL Bonelli è bravissimo a farci immergere nella vicenda come fosse un’impresa quasi possibile, attivando la nostra sospensione dell’incredulità al punto da darci l’impressione di leggere una storia quasi verosimile (nonostante i totem nei villaggi navajo!). In alcuni commenti letti, si dice che Tex non sia mai stato così riflessivo e maturo come in questa storia, rispetto al Tex impulsivo dei primi albi: è vero solo in parte, perché già in altre storie il nostro aveva dimostrato la sua intelligenza strategica e la sua visione “politica”, a partire per esempio dall’ "Eroe del Messico", durante la rivoluzione con Montales, anche lì un concentrato di azione unita alla riflessione. Certamente qui Tex risulta più sicuro e autorevole sia nel muovere ogni pedina, che nel pianificare tutte le mosse, e lo dice chiaramente lui stesso: “Una campagna militare come quella che si prospetta… richiede molti sacrifici e denaro… avrà bisogno dell’autorizzazione del Ministero della guerra… lasciate che l’opinione pubblica venga informata della realtà dei fatti e poi vedrete… Se non avessi saputo queste cose non mi sarei certo addossato la responsabilità che ho ora sulle spalle.” Non un semplice atto di ribellione, quindi, ma una partita ben calcolata che si gioca sia sul piano militare, che mediatico (altrettanto importante è il personaggio del giornalista Floyd, con cui, non a caso, si conclude la storia). Il paragone con “Vendetta indiana”, pur con un soggetto simile, è secondo me un po’ superficiale, essendo quest’ultima una storia appunto di vendetta e soprattutto di antimilitarismo (il nemico è il folle razzista colonnello Arlington), mentre “Sangue Navajo” è una storia di giustizia e il nemico è un intero “sistema”, rappresentato non solo dai militari, ma soprattutto dai due assassini dei ragazzi navajo (due ricchi notabili, stimati cittadini), così come dal governatore, dai politici, dagli affaristi, dalla gente comune e dalla loro mentalità di superiorità razziale, per cui gli indiani sono solo un intralcio al progresso, e chi non la pensa così viene zittito (il tentato linciaggio del giornalista). Insomma un affresco sociale che va al di là dello scontro indiani contro militari. L’altra differenza tra le due storie è che in “Vendetta indiana” prevale la rabbia (per esempio nel pestaggio di Arlington), in “Sangue Navajo”, alla vista dei corpi dei giovani uccisi, prevale la compassione (Tex che si toglie il cappello commosso); la rabbia arriverà solo quando Kit verrà ferito a tradimento dal Colonnello (che per questo verrà rapato a zero). Insomma una grandissima storia, e in sole 193 pagine, meno di due albi attuali! GL Bonelli avrà avuto i suoi limiti (come tutti) ma non scriveva storie né semplici né ripetitive (soprattutto se confrontate con il fumetto popolare del 1961).
  24. Per la precisione in 265 albi, scritti tra l'altro nell'arco di più di 30 anni, non dimentichiamolo. Non mi sembra una cosa grave. Anche perché ognuna delle 7 storie di Mefisto è totalmente diversa da quella precedente. L'unica brutta è l'ultima, "L'ombra di Mefisto", le altre sono tutte riuscite bene o benissimo, 2 sono veri e propri capolavori ("La gola della morte", "Il figlio di Mefisto"). Berardi su Julia quante volte ha fatto comparire l'arcinemica Myrna? Una decina? Non ricordo, forse di più e in soli 20 anni. Non mi sembra un grave problema se le storie sono riuscite e non ripetitive... Anche sul resto del giudizio su GL Bonelli non sono d'accordo per niente, ma ognuno ha la sua opinione... Dico solo che di personaggi interessanti GL ne ha creati a bizzeffe, fin dai primi numeri, il problema è che magari non li si conosce neanche.
  25. Eresia sì! Carson poco considerato da GL Bonelli? Ma quando mai! Si potrebbero fare decine e decine di esempi... Il problema, secondo me, è che le vecchie storie (soprattutto quelle prima del 100) non vengono più rilette o le si dimentica, per cui si danno giudizi schiacciati tutti sul presente o sul recente passato. Ormai GL Bonelli viene considerato uno che non sapeva creare personaggi psicologicamente complessi, che scriveva storie monocordi e troppo lineari, che era troppo prolisso, ecc. Sono solo stereotipi. Il fatto che non abbia mai descritto il passato di Carson, e non l'abbia reso protagonista di una storia tutta sua, non vuol dire che il vecchio cammello sia stato un personaggio non abbastanza considerato... E questo vale anche per gli altri pards.
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