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Tex_Mat

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  1. Tex_Mat

    [760/761] La pattuglia scomparsa

    Storia discreta. Ho trovato piacevole la vicenda di Lagarde, ciò che premeva raccontare a Ruju, al netto della prevedibilità o meno dell'esito (ammetto che quando leggo le storie... leggo le storie ! Difficilmente penso a come potrebbero proseguire o terminare. In questo senso raramente le trovo prevedibili ). Ho apprezzato molto la pagina finale. La girandola di personaggi, azioni e scene di contorno - Tex e Carson, Big Frank, l'avvocato, gli indiani, i banditi, le giubbe rosse - in alcuni momenti li ho trovati ben inseriti nella vicenda, in altre parti un po' meno convincenti e molto è già stato detto. Aggiungo tre lievi osservazioni: L'evoluzione di Nadie che passa in mezza giornata dall'aver assistito a una strage nella sua tribù, i suoi parenti afferma Lagarde, a bearsi del flirt con quest'ultimo mi è apparsa fin troppo repentina, forse effetto più di un colpo in testa che di un colpo di fulmine o forse gli stavano tutti parecchio antipatici La scelta di Jim Brandon di affidare la spedizione che dà il via alla vicenda a Lagarde, sconvolto dalla perdita della fidanzata e indifferente ai possibili rischi, è un po' debole. Ruju , furbescamente , si fa giustificare dallo stesso Jim facendogli dire che non ha mai avuto dubbi sulle capacità operative di Lagarde (2° albo, pag. 68)... tra cui però dovrebbe esserci la capacità di valutare correttamente i rischi... Il confronto finale aperto tra Lagarde e Big Frank, armato e con Nadie in ostaggio, per quanto di sicuro effetto scenico, è illogico, come tutti i casi analoghi: è evidente che la soluzione migliore sarebbe colpire Big Frank di sorpresa e non pararglisi davanti pretendendo che molli l'ostaggio e si faccia ammazzare o arrestare. Elementi, questi e alcuni di quelli già evidenziati da altri che, nel complesso, non mi hanno impedito di godere della lettura. Con un appunto, però: Carson sorpreso da Big Frank per me è un errore, un errore molto grave. Ritengo accettabile che Tex o gli altri incontrino avversari più abili per qualche caratteristica (per esempio conoscenza dell'ambiente) o che siano in difficoltà per qualche causa non a loro imputabile (cavalli più freschi, condizioni ambientali come neve/pioggia, ignoranza di alcuni retroscena...). Non mi piace, invece, quando Tex e pard commettono marchiani errori. In generale, se proprio vogliamo usare l'espressione essere fregati, per me lo sceneggiatore dovrebbe costruire la scena per giustificare il fatto che i pard, al meglio delle loro possibilità in quella situazione, possano essere credibilmente fregati. Motivo per cui ho trovato la scena di Carson messo fuori gioco un errore grave. In quel momento, la situazione con gli indiani si è tranquillizzata (hanno riconosciuto Aquila della Notte, abbassato le armi e accettato di parlare con lui), quindi l'obiettivo unico di Carson è non far fuggire Big Frank... che riesce a raccogliere un ramo o un sasso, avvicinarsi a Carson e colpirlo senza che questi se ne accorga o reagisca, anche solo con un colpo di fucile... per me totalmente non credibile. Significa che Carson dava tranquillamente le spalle a Big Frank. E Ruju, sempre furbescamente , non ci mostra come ciò sia avvenuto, altrimenti credo sarebbe stato impossibile non far passare Carson per un piedidolci dell'est. I disegni non mi sono dispiaciuti e l'ambientazione nordica è sempre affascinante. Come voto darei 7.
  2. Tex_Mat

    [226/227] Taglia: Duemila Dollari

    Con questo presupposto, però, le storie di Tex sarebbero solo interminabili fughe : all'approssimarsi della sola ombra di Tex, gli antagonisti di turno si limiterebbero a filarsela. E, invece, avviene solitamente proprio l'opposto: nonostante Tex, la cui fama di castigamatti talvolta è pure conosciuta dagli avversari, l'antagonista ci prova sempre a fregarlo. Ma, come? Non lo sa l'antagonista, come lo sappiamo noi, che ora della fine è già scritto che sarà sconfitto e che, nella migliore delle ipotesi, dovrà raccogliersi i denti dal pavimento? Eppur ci prova . Che Tex non abbia bisogno di prove e non sia, o non dovrebbe essere, uno sbirro ligio ai regolamenti per fortuna me lo ricordo bene, così come non è perché ho riletto troppo Nolitta o Nizzi e troppo poco Bonelli che ho trovato un po' deludente il finale (in realtà, nel mio caso, è l'opposto: certe storie di Nolitta e Nizzi sono certo di non averle mai rilette ). È proprio perché Tex non è uno "sbirro" che è sempre divertente vederlo fare giustizia di chi, facendosi forte della legge o in nome della legge, malversa il prossimo. Ed è quello che sarebbe stato bello vedere, anche se sospetto che tutto quello che Tex avrebbe potuto escogitare contro il banchiere ("amichevole" visita notturna; proprietà e denaro andati in fumo; pedate nel sedere al banchiere...) avrebbero rischiato di essere esagerato: avversari tanto impalpabili non meritavano probabilmente niente di più e un Tex che avesse dato allo sceriffo più di uno sganassone e un amichevole consiglio a non farsi rivedere sarebbe risultato a mio parere grottesco. Ciò di cui mi lamento, in fin dei conti, è che la storia non sia memorabile Lamentela di poco conto, intendiamoci: la storia, che la si voglia definire minore, riempitiva od ordinaria, mi ha intrattenuto il giusto e divertito, scorre liscia dall'inizio alla fine e per me è pienamente sufficiente, ma non mi sarei disperato se fosse stata una storia da un paio di voti in più .
  3. Tex_Mat

    [226/227] Taglia: Duemila Dollari

    Tex: Sta giusto venendo verso di noi. Carson: Con una pistola in pugno, però. Tex: Forse ha visto la tua faccia e ci ha scambiato per rapinatori! Carson: Figurati se avesse visto la tua! A quest’ora avrebbe già mollato pistola e cavallo e si sarebbe buttato nel fiume. Complice l’inedito mensile Ritorno a Redrock, come altri negli ultimi giorni ho ripreso in mano questa storia, che ricordavo vagamente e non rileggevo da tempo. Una storia sicuramente minore, ma che a mio parere sa farsi apprezzare, scorre e intrattiene sino alla fine. La storia inizia, come si dice, in medias res: Rick Sander si trova in carcere e, di lui, effettivamente non sappiamo nulla. Lo troviamo già dietro alle sbarre, accusato di omicidio, professarsi innocente. Di lì a poco, approfittando della poca accortezza dello sceriffo, prende il largo, suscitando la preoccupazione di quelli che, si capisce, sono gli antagonisti principali del racconto: Sam Spring e il banchiere Holmer. 2000 dollari, come da titolo del primo albo, la taglia che Holmer promette a Spring per la cattura o, preferibilmente, la morte di Sander. Tex, come sempre buon giudice di uomini, imbattutosi in Sander vuole vederci chiaro: Un’ultima domanda, adesso, ma guardatemi bene negli occhi mentre rispondete… così chiede Tex, che del fuggitivo ha indovinato l’innocenza, prima di sganciarsi dal gruppo per depistare gli inseguitori di Sander. La storia scorre quindi liscia, pur senza annoiare, con una buona antologia di scene classiche e dialoghi brillanti. Una storia ordinaria per soggetto e sceneggiatura e, si può dire, ordinaria anche per i 4 pard che la risolvono senza troppi patemi d’animo, tant’è che Kit rimane con le mani in mano per il paio di giorni di durata dell'avventura e Tiger fa ben poco. Di fronte hanno, d'altra parte, degli avversari tanto sicuri di sé quanto impalpabili e privi di spessore, che costituiscono più una seccatura che una sfida: Spring, con i suoi tirapiedi, niente più di un bulletto di quartiere; il banchiere Holmer, tanto tranquillo all'inizio quanto pronto alla fuga alla fine; John Pratt, titolare dell’ufficio governativo per le concessioni minerarie, che pure del banchiere è principale socio di malaffare, praticamente un’ombra; lo sceriffo, che all’inizio pare solo un ignavo e alla fine si rivela complice del banchiere, non merita comunque più di uno sganassone e una minaccia da parte di Tex; il ribelle apache El Tuerto con la sua ventina di guerrieri, capaci di far la pelle a qualche minatore, ma soverchiati in modo imbarazzante da Tex, Carson e Tiger. Il finale, a mio parere, delude un poco: nonostante i toni roboanti, Tex non ha in mano nulla per inchiodare le menti del progetto criminale (Holmer e Pratt). Sono questi ultimi che, abituati a non avere ostacoli (Sander è stato, probabilmente, il primo e unico che ha cercato di opporsi ai loro crimini), perdono lucidità e si danno alla fuga, finendo la propria corsa in fondo a un fiume. Il giudizio del destino finale, lungi dall’apparire tragico, mi ha dato più l’impressione di un comodo escamotage per una storia arrivata stanca alla fine e che non aveva più nulla da dare. I disegni di Nicolò mi hanno sempre dato l'idea di avere in mano qualcosa di vecchio e polveroso, ma non mi dispiacciono. Davvero belle anche le due copertine di Galep. La storia è ordinaria, un'avventura non memorabile e che si fa leggere senza troppi sussulti, pur lasciando trasparire la maestria di Gianluigi Bonelli.
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