Tex_Mat
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Hai ragione tu ma, in parte, potrebbe aver ragione anche lui. Hai citato solo eventi che si situano nei primi numeri, perciò vi chiedo, non avendo una buona memoria: quanti grandi cambiamenti duraturi e influenti sul proseguo della serie ci sono stati dopo quelli che hai citato?
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Personalmente leggo Tex per godermi in pace - rara, dacché prendere in mano un fumetto o un libro ha l'insolita capacità di attirare famigliari che, incredibilmente, improvvisamente sentono il bisogno di interpellarti - dicevo, godermi in relativa pace un po' di avventura - prevalentemente, ma non esclusivamente, western. Quanto al resto, devo dire, prendendo spunto da quanto suggerivi nell'altra discussione - il matrimonio di Kit Willer - per carità ! Penso che cambiamenti duraturi - un matrimonio dovrebbe esserlo, quantomeno nel fumetto - siano difficili da inserire in modo che abbiano un'utilità. In fondo il matrimonio di Tex serve solo a salvarlo dal palo della tortura, definirne il ruolo tra i Navajo e altri popoli nativi, giustificare l'esistenza del figlio e ampliare lo spettro di avventure possibili. Tant'è che la moglie sparisce in un amen e il Kit diventa adulto in un batter d'occhio. Ma da tempo Tex è entrato in un eterno presente dell'avventura, dove salvo rari casi non mi sembra ci sia un legame tra una storia e l'altra (frase, lo ammetto, un po' poco centrata considerando i recenti ritorni di alcuni personaggi ), sicuramente non sentimentale. Ecco, una cosa che invece mi piacerebbe, per smuovere lo status quo sarebbe vedere un Tex meno ingessato - così talvolta mi appare nelle storie moderne. Non so se riesco a spiegarmi, ma quando rileggo le storie di GLB percepisco un Tex meno impostato, meno serioso, un Tex che diverte e che sembra divertirsi lui stesso a divertirci - anche se temo che sia una questione di mano, quella di GLB, difficile da replicare. Ti piacerebbe , ma in futuro è un attimo che un Boselli 2.0 ti scrive la Cavalcata di Clemmons in cui si scopre che è figlia di questi e non di Carson, in fondo nel fumetto non è mai stato specificato e anche se lo fosse stato... beh, si può sempre dire che l'autore non aveva le idee chiare
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Personalmente, per qualche motivo, ho finora trovato questa storia meno avvincente di altre che l'hanno preceduta. Il redazionale, in compenso, è quasi riuscito a rendermela indigesta È probabile che il lettore medio di Tex - quantomeno quello che legge i redazionali - sia - o così è considerato da Boselli - fin troppo rigido per accettare un Tex secondo Boselli è abbastanza disattento, per usare un eufemismo, da non accorgersene. Giudizio non troppo lusinghiero, che forse spiega certo pesante spiegazionismo nelle storie del curatore ma che, d'altra parte, renderebbe superfluo lo stesso redazionale... Resta, comunque, per quanto mi riguarda un redazionale tra l'inutile e l'antipatico. Ritengo che Boselli non debba giustificarsi se presenta una versione alternativa delle storie di Tex in quella che è, a tutti gli effetti, una serie sua - molto meno gradito quando lo fa nella serie originale. E, dacché ha tirato in ballo i Vangeli, sarebbe certo meno antipatico se - al termine della sua cattedratica arringa difensiva - rispondesse sì o no alla domanda postagli, che il di più si dice venga dal maligno . Gli concedo, però, il beneficio del dubbio: il redazionale, come il fumetto, non termina col numero in questione e può essere che Boselli al dubbio amletico infine risponda. Fa sorridere, peraltro, che Boselli, così attento a che tutto quadri nell'ortodosso canone che ha definito, senta la necessità di giustificare la propria stessa eresia Se passa di qui, Boselli, non prenda troppo sul serio quanto sopra. Continuerò a mostrargli la mia stima acquistando Tex Willer in edicola e a seguire indefesso il vago non canone che ho in testa... ché altrimenti, dopo la Cavalcata del destino, avrei dovuto davvero smettere di acquistare il Tex. Perché quella storia è canonica, nevvero ?
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Concordo. Questa storia, ingiudicabile a se stante - sia perché parte di una serie sia perché si pone di suo quale, incomprensibile, seguito de Il Giuramento - è una delle peggiori storie mai apparse sulla serie. E, personalmente, non l'ho neanche troppo apprezzata come storia in sé. A voler essere retorici - e perché non esserlo? - si potrebbe affermare che Boselli qui abbia commesso il suo parricidio. Sì, perché è GLB, al termine della sua storia, che scrive in didascalia - dettaglio non indifferente perché non è Tex che parla ai pards, ma lo stesso sceneggiatore a parlare al lettore - "E nello stesso istante, nella lontana Arizona, una raffica di vento spezza la lancia rinsecchita dal tempo che molti anni prima Tex aveva piantato ai piedi della tomba di Lilyth, e... la vendetta è compiuta!". Ora, che GLB possa essere contraddetto - per quanto sia il creatore di Tex - lo si può anche ritenere accettabile - meglio evidentemente su episodi che non costituiscano il mito di Tex; che le sue storie possano essere raccontate nuovamente, diversamente, finanche con modifiche - preferibilmente in una serie collaterale e auspicabilmente senza autoassolutori editoriali - può essere anche apprezzato; ma che un cardine della serie possa essere così vilipeso mi ha amareggiato. Il solo fatto che una simile operazione sia stata pensata non può che gettare fosche ombre su chi l'ha pensata e portata avanti. Con La cavalcata del destino, paradossalmente, Boselli non si limita a contraddire GLB in una storia cardine della serie, cosa che trovo di dubbio gusto, ma nega l'elemento mitico e soprannaturale di Tex. Non è Tex, infatti - oltre a GLB - ad aver avallato l'idea che la vendetta fosse compiuta, bensì il vento che, nella lugubre scena finale de Il Giuramento, spezza la lancia della vendetta. Vento che, per quello che era l'universo narrativo di Tex prima de La cavalcata del destino, non poteva che essere considerato come figurazione concreta del sovrannaturale o del divino - chiamali dio/dei, spiriti, destino - che statuiva in modo irrevocabile la vendetta compiuta. In quella che finisce per essere una parodia della saga, La cavalcata del destino mette in discussione questo elemento riconducendolo inevitabilmente - qualcuno lo ha scritto in questa discussione - a mera coincidenza... dopo 20 anni esposta agli agenti atmosferici è normale che la lancia si sia spezzata per un colpo di vento. E in una parodia, non so quanto voluta, di sé stessa La cavalcata del destino disvela al lettore che le apparizioni della morte e degli spiriti degli indiani a Higgins sono solo il parto della mente scossa dell'antagonista, mentre l'apparizione di Lilith nient'altro che fan service. Altro che destino, La cavalcata degli eventi statisticamente probabili e scientificamente spiegabili avrebbero dovuto chiamarla - anche se avrebbe sicuramente avuto meno appeal. Come sempre, Boselli osa e arriva a vette di negazione dell'universo di Tex che probabilmente nessun altro sceneggiatore prima di lui ha raggiunto. Nel bene e nel male non conosce mezze misure.
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La versione che possiedo - 350 lire, luglio 1966 - ha le strisce numerate su tutto l'albo.
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Per la verità che l'agente non fosse stato ucciso lo spiega Carson allo sceriffo (p. 42).
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Ammetto di non averlo trovato entusiasmante. Lo definirei una prova di maniera, ma priva di anima. La narrazione è ordinata, precisa, ma personaggi, luoghi ed eventi per quanto ben amalgamati, sembrano recitare stancamente la parte assegnata, senza mordente. Non dico di essermi annoiato, sono arrivato tranquillamente alla fine, ma nemmeno posso dire di essere rimasto particolarmente coinvolto dalla vicenda. L’introduzione di Barbieri, Rapiti dagli indiani!, per quanto interessante, giunto alla fine della storia mi è sembrata un po’ sprecata: il tema del rapimento dei due ragazzi è sì funzionale nell’evolversi della vicenda, ma è superficiale, poco approfondito, come la caratterizzazione di Selina e dello Yaqui, personaggi giusto abbozzati; una nota di colore per variare il tema principale dell’affarista privo di scrupoli. Al contrario, a mio parere, questo aspetto e le diverse esperienze dei due protagonisti, avrebbe meritato di ricevere maggior considerazione. Una storia, nel complesso, poco emozionante e in cui tutto resta sullo sfondo, senza guizzi particolari. Su disegni e disegnatori manifesto la mia più ampia ignoranza, motivo per cui mi limito a dire che il tratto di Palumbo, per quanto insolito, non mi è dispiaciuto, anche se l’ho trovato poco adatto al western che si voleva rappresentare. Appoggiandomi a commentatori precedenti ho riletto alcune sequenze, traendone la conclusione che tutti quei neri è probabile che avrebbero reso meglio in una storia cittadina, cupa, claustrofobica, con una minaccia oscura. Volendo dare un voto, direi 6 e mezzo.
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Storia discreta. Ho trovato piacevole la vicenda di Lagarde, ciò che premeva raccontare a Ruju, al netto della prevedibilità o meno dell'esito (ammetto che quando leggo le storie... leggo le storie ! Difficilmente penso a come potrebbero proseguire o terminare. In questo senso raramente le trovo prevedibili ). Ho apprezzato molto la pagina finale. La girandola di personaggi, azioni e scene di contorno - Tex e Carson, Big Frank, l'avvocato, gli indiani, i banditi, le giubbe rosse - in alcuni momenti li ho trovati ben inseriti nella vicenda, in altre parti un po' meno convincenti e molto è già stato detto. Aggiungo tre lievi osservazioni: L'evoluzione di Nadie che passa in mezza giornata dall'aver assistito a una strage nella sua tribù, i suoi parenti afferma Lagarde, a bearsi del flirt con quest'ultimo mi è apparsa fin troppo repentina, forse effetto più di un colpo in testa che di un colpo di fulmine o forse gli stavano tutti parecchio antipatici La scelta di Jim Brandon di affidare la spedizione che dà il via alla vicenda a Lagarde, sconvolto dalla perdita della fidanzata e indifferente ai possibili rischi, è un po' debole. Ruju , furbescamente , si fa giustificare dallo stesso Jim facendogli dire che non ha mai avuto dubbi sulle capacità operative di Lagarde (2° albo, pag. 68)... tra cui però dovrebbe esserci la capacità di valutare correttamente i rischi... Il confronto finale aperto tra Lagarde e Big Frank, armato e con Nadie in ostaggio, per quanto di sicuro effetto scenico, è illogico, come tutti i casi analoghi: è evidente che la soluzione migliore sarebbe colpire Big Frank di sorpresa e non pararglisi davanti pretendendo che molli l'ostaggio e si faccia ammazzare o arrestare. Elementi, questi e alcuni di quelli già evidenziati da altri che, nel complesso, non mi hanno impedito di godere della lettura. Con un appunto, però: Carson sorpreso da Big Frank per me è un errore, un errore molto grave. Ritengo accettabile che Tex o gli altri incontrino avversari più abili per qualche caratteristica (per esempio conoscenza dell'ambiente) o che siano in difficoltà per qualche causa non a loro imputabile (cavalli più freschi, condizioni ambientali come neve/pioggia, ignoranza di alcuni retroscena...). Non mi piace, invece, quando Tex e pard commettono marchiani errori. In generale, se proprio vogliamo usare l'espressione essere fregati, per me lo sceneggiatore dovrebbe costruire la scena per giustificare il fatto che i pard, al meglio delle loro possibilità in quella situazione, possano essere credibilmente fregati. Motivo per cui ho trovato la scena di Carson messo fuori gioco un errore grave. In quel momento, la situazione con gli indiani si è tranquillizzata (hanno riconosciuto Aquila della Notte, abbassato le armi e accettato di parlare con lui), quindi l'obiettivo unico di Carson è non far fuggire Big Frank... che riesce a raccogliere un ramo o un sasso, avvicinarsi a Carson e colpirlo senza che questi se ne accorga o reagisca, anche solo con un colpo di fucile... per me totalmente non credibile. Significa che Carson dava tranquillamente le spalle a Big Frank. E Ruju, sempre furbescamente , non ci mostra come ciò sia avvenuto, altrimenti credo sarebbe stato impossibile non far passare Carson per un piedidolci dell'est. I disegni non mi sono dispiaciuti e l'ambientazione nordica è sempre affascinante. Come voto darei 7.
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Con questo presupposto, però, le storie di Tex sarebbero solo interminabili fughe : all'approssimarsi della sola ombra di Tex, gli antagonisti di turno si limiterebbero a filarsela. E, invece, avviene solitamente proprio l'opposto: nonostante Tex, la cui fama di castigamatti talvolta è pure conosciuta dagli avversari, l'antagonista ci prova sempre a fregarlo. Ma, come? Non lo sa l'antagonista, come lo sappiamo noi, che ora della fine è già scritto che sarà sconfitto e che, nella migliore delle ipotesi, dovrà raccogliersi i denti dal pavimento? Eppur ci prova . Che Tex non abbia bisogno di prove e non sia, o non dovrebbe essere, uno sbirro ligio ai regolamenti per fortuna me lo ricordo bene, così come non è perché ho riletto troppo Nolitta o Nizzi e troppo poco Bonelli che ho trovato un po' deludente il finale (in realtà, nel mio caso, è l'opposto: certe storie di Nolitta e Nizzi sono certo di non averle mai rilette ). È proprio perché Tex non è uno "sbirro" che è sempre divertente vederlo fare giustizia di chi, facendosi forte della legge o in nome della legge, malversa il prossimo. Ed è quello che sarebbe stato bello vedere, anche se sospetto che tutto quello che Tex avrebbe potuto escogitare contro il banchiere ("amichevole" visita notturna; proprietà e denaro andati in fumo; pedate nel sedere al banchiere...) avrebbero rischiato di essere esagerato: avversari tanto impalpabili non meritavano probabilmente niente di più e un Tex che avesse dato allo sceriffo più di uno sganassone e un amichevole consiglio a non farsi rivedere sarebbe risultato a mio parere grottesco. Ciò di cui mi lamento, in fin dei conti, è che la storia non sia memorabile Lamentela di poco conto, intendiamoci: la storia, che la si voglia definire minore, riempitiva od ordinaria, mi ha intrattenuto il giusto e divertito, scorre liscia dall'inizio alla fine e per me è pienamente sufficiente, ma non mi sarei disperato se fosse stata una storia da un paio di voti in più .
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Tex: Sta giusto venendo verso di noi. Carson: Con una pistola in pugno, però. Tex: Forse ha visto la tua faccia e ci ha scambiato per rapinatori! Carson: Figurati se avesse visto la tua! A quest’ora avrebbe già mollato pistola e cavallo e si sarebbe buttato nel fiume. Complice l’inedito mensile Ritorno a Redrock, come altri negli ultimi giorni ho ripreso in mano questa storia, che ricordavo vagamente e non rileggevo da tempo. Una storia sicuramente minore, ma che a mio parere sa farsi apprezzare, scorre e intrattiene sino alla fine. La storia inizia, come si dice, in medias res: Rick Sander si trova in carcere e, di lui, effettivamente non sappiamo nulla. Lo troviamo già dietro alle sbarre, accusato di omicidio, professarsi innocente. Di lì a poco, approfittando della poca accortezza dello sceriffo, prende il largo, suscitando la preoccupazione di quelli che, si capisce, sono gli antagonisti principali del racconto: Sam Spring e il banchiere Holmer. 2000 dollari, come da titolo del primo albo, la taglia che Holmer promette a Spring per la cattura o, preferibilmente, la morte di Sander. Tex, come sempre buon giudice di uomini, imbattutosi in Sander vuole vederci chiaro: Un’ultima domanda, adesso, ma guardatemi bene negli occhi mentre rispondete… così chiede Tex, che del fuggitivo ha indovinato l’innocenza, prima di sganciarsi dal gruppo per depistare gli inseguitori di Sander. La storia scorre quindi liscia, pur senza annoiare, con una buona antologia di scene classiche e dialoghi brillanti. Una storia ordinaria per soggetto e sceneggiatura e, si può dire, ordinaria anche per i 4 pard che la risolvono senza troppi patemi d’animo, tant’è che Kit rimane con le mani in mano per il paio di giorni di durata dell'avventura e Tiger fa ben poco. Di fronte hanno, d'altra parte, degli avversari tanto sicuri di sé quanto impalpabili e privi di spessore, che costituiscono più una seccatura che una sfida: Spring, con i suoi tirapiedi, niente più di un bulletto di quartiere; il banchiere Holmer, tanto tranquillo all'inizio quanto pronto alla fuga alla fine; John Pratt, titolare dell’ufficio governativo per le concessioni minerarie, che pure del banchiere è principale socio di malaffare, praticamente un’ombra; lo sceriffo, che all’inizio pare solo un ignavo e alla fine si rivela complice del banchiere, non merita comunque più di uno sganassone e una minaccia da parte di Tex; il ribelle apache El Tuerto con la sua ventina di guerrieri, capaci di far la pelle a qualche minatore, ma soverchiati in modo imbarazzante da Tex, Carson e Tiger. Il finale, a mio parere, delude un poco: nonostante i toni roboanti, Tex non ha in mano nulla per inchiodare le menti del progetto criminale (Holmer e Pratt). Sono questi ultimi che, abituati a non avere ostacoli (Sander è stato, probabilmente, il primo e unico che ha cercato di opporsi ai loro crimini), perdono lucidità e si danno alla fuga, finendo la propria corsa in fondo a un fiume. Il giudizio del destino finale, lungi dall’apparire tragico, mi ha dato più l’impressione di un comodo escamotage per una storia arrivata stanca alla fine e che non aveva più nulla da dare. I disegni di Nicolò mi hanno sempre dato l'idea di avere in mano qualcosa di vecchio e polveroso, ma non mi dispiacciono. Davvero belle anche le due copertine di Galep. La storia è ordinaria, un'avventura non memorabile e che si fa leggere senza troppi sussulti, pur lasciando trasparire la maestria di Gianluigi Bonelli.