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ymalpas

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Tutto il contenuto pubblicato da ymalpas

  1. GLB diceva: "Tex è nato per reazione a tutte le rotture di scatole di questo mondo. Da piccoli c'erano i genitori, poi sono venuti i professori, poi il sergente, il colonnello, il capoufficio, il padrone... Quanta gente che rompe! La gente ha un mucchio di maledetti rompiscatole intorno: allora è arrivato Tex che i rompiballe li prende a calci in faccia, giustamente. Questo è il motivo del suo successo".
  2. Sono andato a rivedermi alcune delle storie che hai citato: Delta Queen: 6 vignette Mondego: due scazzottate per un totale di quattro o cinque (esagerando) pagine su un totale di 280 pagine Giovani assassini: percentuale più alta, cinque pagine in cui maltratta il bounty di cui una di sberle e quattro di bagno nell'abbeveratoio dei cavalli.
  3. Perché parli al passato ? Guarda che è ancora così. Ma la storia in Tex è solo un punto di partenza, a meno che non se ne voglia fare una lettura sinistroide, per l'appunto. Senza giungere a queste esagerazioni, se Tex tornasse allo spirito delle storie di cinquant'anni fa non ci sarebbe più bisogno di programmare ogni sei o sette anni una nuova ristampa. Sappiamo entrambi che non è vero, una cosa è sbandierarlo, un'altra è scrivere di fumo ma a piccole dosi, un'altra è cancellare la sigaretta dalla copertina del texone di Milazzo (del 1999), caro Carlo, lasciando Tex con quell'aria da beota. Quanto alle scazzottate, non sono più i colossali pestaggi di una volta, nessun personaggio vola più dalla finestra e accidentalemente si rompe l'osso del collo, sembrano più un contentino, anche questo rigorosamente dosato. Anzi, spesso il pestaggio è solo raccontato.
  4. Infatti non è una questione di pregiudizi su delle minoranze. Fermo restando che certi coloriti epiteti non sono più in uso e che se lo fossero ne parlerebbero anche i giornali interrogandosi sulla liceità della lettura di Tex da parte delle nuove generazioni. Che il caso Codacons abbia fatto scuola vincendo a mani basse la partita è un fatto indiscutibile e ignorarlo o peggio negarlo sarebbe una pura perdita di tempo (quante sigarette abbiamo visto nelle copertine di Tex negli ultimi anni ? indovinate quale è stata l'ultima ?). Contesti che la lettura della storia di Zamberletti ( ma anche quella di Ruju prima e quella di Boselli fra qualche mese) sia di stampo buonista e istituzionalmente corretta, non noti bontà tua nessuna compiacenza, per me invece questo Tex non è l'anarchico bonelliano che non guardava in faccia nessuno, ma un personaggio di stampo sinistramente sinistroide. E non mi riferisco solo alla lettura di quel povero e castrato magazine per cui ho pagato più di sei euro.
  5. ymalpas

    Tex Classic

    Rispetto alla prima versione c'è un miglioramento evidente, non resta che aspettare l'impatto da edicola.
  6. ymalpas

    Tex Classic

    Il problema è che non hanno più gli originali in b/n. Così la prima copertina è ricalcata (o lucidata se vi pare), la seconda invece no. Per esempio, un originale:
  7. ymalpas

    Tex Classic

    Quell' eroe creato da papa’, re delle edicole Sergio Bonelli, lei si ricorda com' erano le edicole negli anni Quaranta? Me le ricordo bene. Una qui a Milano in piazza Brescia aveva una bella vetrinona davanti alla quale mi fermavo a guardare voglioso tutti gli albi dell' Uomo Mascherato o di Flash Gordon. Purtroppo ne potevo acquistare solo uno ogni tanto. E poi ce n' era un' altra a piazza De Angelis. Quando andavo alle elementari e veniva mio padre Gianluigi Bonelli a prendermi mi faceva passare davanti a una pasticceria in via Marghera e mi metteva davanti al grande dubbio: un maron glacè o un fumetto? E allora non avevo dubbi: si andava a piazza De Angelis a comprare Topolino, che costava 50 centesimi. Qual è la principale differenza con un' edicola di oggi? Allora erano fondamentali le copertine. Adesso le facciamo belle perché ci piace, ma un tempo erano determinanti per il successo di un personaggio. Quanto la bellezza di un cartellone per il successo di un film. È vero che uno dei suoi primi incarichi professionali riguardava proprio il rapporto con le edicole? Mia madre Tea, che era a capo della nostra piccolissima casa editrice, mi faceva fare il giro delle edicole di Milano in lambretta per verificare la vendita delle nostre pubblicazioni. Un lavoro terribile: ero timido, per gli edicolanti ero solo un ragazzino e mi facevo almeno cinquanta chilometri in scooter. Terribile. Quand' è che Tex cominciò a diventare il protagonista delle edicole? Dieci anni dopo il suo esordio, quando lo proponemmo con il formato attuale. Prima il fumetto era letto dai bambini, che gli preferivano Capitan Miki, il Grande Blek e il Piccolo Sceriffo e non amavano i lunghi dialoghi tipici della scrittura di Bonelli padre, che si ispirava alla letteratura popolare di Rider Haggard, o di Conrad o di Zane Grey. Per questo venne creato Kit Willer, il figlio di Tex? Sì. Un po' perché Gianluigi era appassionato dei moschettieri e voleva ricreare la squadra dei quattro pards, un po' per avvicinarsi ai più piccoli, tanto che a un certo punto gli venne in mente di creare una serie tutta per lui. Ma fortunatamente non si fece. Io non l' ho mai amato, un po' perché è un doppio e un po' perché un ragazzo che spara non mi sembra bello. Quanto è cambiato Tex in questi sessant' anni? È cambiato ogni volta che è cambiato il soggettista. Già quando ho cominciato a scriverlo io Tex era diverso, più dubbioso. Il Tex di Bonelli padre non aveva mai dubbi, capiva al primo sguardo se uno era un cattivo, e allora per lui erano guai. E forse è stata proprio questa mancanza di incertezze uno dei motivi del suo successo. Intervista di Luca Raffaelli a Sergio Bonelli apparsa su Repubblica — 30 settembre 2008 Ripropongo questa vecchia intervista a Sergio Bonelli perché un po' parla dell'estetica delle copertine e perché un po' parla del rapporto con le edicole, quando Tea Bonelli, editrice avveduta, cercava di tenere il passo con i suoi lettori mandando il giovane Sergio di edicola in edicola a fare domande. Di questa ennesima ristampa me ne infischio altamente, lascio sullo scaffale persino il cartonato di Galep, però mi chiedo quanta di quella umiltà di allora si sia conservata oggi nel pianificare in maniera così insensata la NONA ristampa degli episodi di Tex. Sinceramente resto sbalordito da una serie di iniziative, pensate a quell'obbrobrio di cover variant del primo albo di Yama, clamorosamente toppate. Certo non mancano i like nella pagina ufficiale di facebook mentre noi forumisti siamo guardati con diffidenza, voglio vedere le vendite adesso per vedere chi avrà ragione. Curiosità passata, per me sarà un'ecatombe di invenduti.
  8. ymalpas

    Tex Classic

    Giudica tu...
  9. ymalpas

    Tex Classic

    Così si spiega anche il "vintage"
  10. ymalpas

    Tex Classic

    Non oso immaginare cosa tireranno fuori per la copertina "Stella d'argento" e per la terza versione ispirata a "La Mano rossa". Chi è il disegnatore chiamato a realizzarle ? Sembra Diso
  11. ymalpas

    Tex Classic

    Guardate che sono copertine ispirate agli albi d'oro, la prima è completamente ridisegnata. Da chi? Non sembra Villa, per fortuna.
  12. ymalpas

    [548/549] Documento D' Accusa

    La vediamo in modo diverso. Per te il flashback come lo usa Nizzi è contorno o antiquato, per me non presenta nessun problema di lettura. Se tu hai problemi con i flashback usati da Faraci nell'ultima storiellina (Il ragazzo rapito, per i posteri), ti consiglio anmichevolmente una bella vacanza
  13. ymalpas

    [676-677] Il ragazzo rapito

    Nell'ultima storia di Yama, bada bene che non è una critica, mi sono divertito a leggere in che modo Tex avrebbe preso posizione contro la comunità "straniera", ovvero quella indù. Ricordo che in uno dei vecchi episodi, che ci sono più cari, un Eusebio mostrava per esempio poca simpatia nei confronti dei pard visti, allora, come quelli che avevano "matrattato" la sua gente. Insomma, ai tempi di GLB e di Nizzi (pensiamo per esempio a vecchie storie come "Thonga il tiranno" oppure a "Nelle paludi della Louisiana") Tex strapazza certa gentaglia, specie se riunita in clan e simpatizzante di religioni ultraortodosse e prevaricatrici delle libertà altrui. Il lettore si aspetta una severa lezione e scorrendo le pagine è accontentato. Nella tua storia recente Yama si appoggia a un gruppo di quattro fedeli seguaci e solo in parte sulla comunità indù losangelana, che a parte qualche elemento, resta "pulita". L'incontro nella taverna che ricalca per certi versi la visita al "baron samedi" è esemplificativa nel senso che non dobbiamo fare di tutto un fascio la medesima erba. Non so fino a che punto sia una scelta voluta o una scelta dettata dalla convenienza, premettendo che in ogni caso non è oggetto di contestazione da parte mia quanto di sana e semplice curiosità.
  14. ymalpas

    [676-677] Il ragazzo rapito

    Quoto. E dire che dopo quasi settanta anni di storie questo si dovrebbe essere capito bene.
  15. ymalpas

    [548/549] Documento D' Accusa

    Scusami Nobody, è la seconda volta che ti cito oggi, ma quello che affermi non mi sembra condivisibile, è solo un tuo modo di vedere, non una legge generale. Il flashback va usato quando e dove serve, non può essere limitato dal numero delle pagine, deve servire solo a raccontare la storia (cosa significa soggettiva interna?), il problema di storie come "Documento d'accusa" non è certo la lunghezza o la sostanza del flashback o di come strutturalmente avviene la narrazione, sono invece le domande senza risposta per cui il lettore resta insoddisfatto alla fine della lettura: cioè come possa il quartetto assistere all'esecuzione senza battere ciglio (se Leland meritava, come dice Tex alla fine, di morire) e come mai Tex non abbia fatto i conti con Leland in vent'anni ovvero come mai quello che avrebbe dovuto fare Tex lo abbia fatto alla fine il figlio di Natay, ormai cresciuto. In ogni caso questa storia, con tutti i suoi difetti, è meglio della robetta che la SBE spaccia in edicola questo mese guarda caso con una fenomenale copertina di Villa.
  16. ymalpas

    [676-677] Il ragazzo rapito

    Fortunato te, per me lo stacco dalla storia di Yama a questa storiellina è stato brutale. Come storia si lascia anche leggere, non avessimo letto le precedenti di Faraci. Solita fuga e rincorsa. Solita sparatoria da videogame. Solito personaggio "tormentato" e in rotta con la società. Presenza del bimbominchia con gli incubi e le lacrime che non mi manda certo in solluchero il tradizionale lettroe texiano. Poi ancora, abuso di scenette "allungabrodo" come quella del ragazzino sul dirupo e quella del lupo (potranno anche servire a raccontare la nascita e lo sviluppo del legame con Bowen ma quanti episodi del passato ci ricordano nelle sue sceneggiature?). Pards finora non pervenuti. Se è vero che Faraci ha mollato l'osso, ci restano ancora di una una storia per la serie regolare (Venturi) che leggeremo nel 2018, il Texone di Altuna (fra tre o quattro anni) e due storie brevi per un Magazine (Vannini) che avremmo dovuto leggere quest'anno e un Maxi (Ginosatis) probabilmente fra due anni.
  17. La differenza tra Tex e suo figlio sta anche qui: certe figure a Tex non le puoi far fare, al figlio si. Perché è giovane, ha tanta esperienza ma non quanto quella dei suoi pards, motivo per cui qualche volta può essere colto di sorpresa e se questo accade quando è calato in una serie di eventi poco usuale per lui, il treno, il capotreno, il gioco d'azzardo proibito, quello che cerca di fare non è agire di irruenza ma cercare di spiegare la sua posizione. Non capisce però di essere caduto in una rete di "tagliagola" e quando lo scopre cerca allora di rimediare ma si becca la classica botta in testa. Per quanto riguarda Otis: il gioco delle tre carte è regolare ? Il dubbio resta, ma per me è un imbroglione. Se è vero che i gamblers si servono di un personaggio d'appoggio loro complice che ha il compito di vincere qualche partita per incitare al gioco gli altri personaggi, in assenza di compagno, Otis si serve furbescamente di Kit Willer lasciandogli vincere una serie di 15 partite senza che nessuno si accorga di niente. Non è infatti possibile che in un gioco in cui il banco ha due possibilità su tre di vincere kit Willer sia così bravo o così fortunato, come ironicamente gli rimprovera Otis mentre li portano via. Dixon chiarisce le cose una volta per tutte nel momento in cui Otis cerca di ripetere il giochetto con i cinesi e questa volta non ci sono interruzioni, vuota loro le tasche per cui alla fine loro lo minacciano. Ecco, questo sono le idee di cui parlavo a proposito di Dixon e che donano originalità al racconto. Quanto a Zamberletti, devo un aggiunta al commento precedente per spiegare cosa non va nella sua storia. Sono i personaggi dei negri che devono stare regolarmente dalla parte dei buoni e dei giusti ( con GLB erano anche palle di neve da prendere a calci ) e questa storia (a uno schioppo di distanza dal maxi di Ruju dello scorso ottobre) fa sentire lontano un alone di correttezza politica. Ce ne sbattiamo i cosidetti della political correctness!!! Dai tempi del codacons non se ne può veramente più, tutto millimetricamente calcolato per evitare episodi scandalistici. Ma Tex non era questo, Tex era l'opposto, GLB esponeva le sue idee nelle sue storie senza censurarsi. Ora, in un momento in cui siamo sommersi da un ondata di profughi con i TG nazionali e regionali con la notizia sempre in primo piano da mesi (in verità ormai da anni), ritrovare gli stessi soggetti anche su Tex e una, due e TRE volte (perché dobbiamo mettere in conto anche il ritorno di Jehtro), sinceramente non se ne può più. E poi a questa comunità nera facciamogli fare quello che fanno i comuni mortali perché tra buffalo soldiers e questa storia sembranom loro i migliori: fanno quello che fa Tex, anzi di più. E così una banda di fuorilegge viene fatta fuori anche da personaggi come lo sfigato apache. Come originalità tematiche, siamo vicini allo zero, come compiacenza con il codacons siamo al top, come oscuramento e deleggittimazione del personaggio di Tex quasi, che da eroe inossidabile che sbaraglia gli avversari diventa coadiuvante semplice di quelli che dovrebbe proteggere, alzi la mano chi è soddisfatto di questo personaggio con la camicia gialla e il fazzoletto nero. Freedom ranch, il titolo della storia, ma di libertà metaforicamente, tra autori imbrigliati tra le regole e claustrofobico perbenismo, ne vedo poca. E mi stupisco di chi boccia storie come quella di Dixon e plaude a questa storiellina insignificante. 6,30 euro, dodicimila delle vecchie lire, per questa collana sono un furto.
  18. Ho letto di pareri abbastanza discordanti sulle due storie contenute nel Magazine. Aggiungo anche il mio. Sono sostanzialmente deluso da questa collana d'inizio d'anno, la più debole tra quelle dedicate al personaggio e anche piuttosto cara per il valore effettivo. Deludente la storia di Zamberletti, letta pochi giorni fa l'ho già praticamente dimenticata, roba che con il vecchio Tex ha davvero poco da spartire. Disegni di Venturi sottotono. Il disegnatore ha anche uno stile in sintonia con la collana, però in queste pagine mi ha convinto poco. Di diverso avviso invece sulla storia di Dixon e Rubini, un gioiellino. Disegni bellissimi. Storia originale, una boccata d'aria fresca, Kit Willer convincente e non credo che avrebbe potuto comportarsi diversamente sul treno per sottrarsi alle manete (che d'altra parte non si aspettava, così come non si aspettava i lavori forzati ). Ottimo il personaggio di Otis, veramente gustosa la scenetta nell'ufficio dello sceriffo con Tiger, Tex e il cinturone di Kit, delineati benissimo tutti i personaggi specie nel campo (delle vere canaglie ad iniziare da Frye ma anche insospettabile umanità per dei galeotti, come nel caso dello svedese ), ottima la trovata di far parlare la lingua indiana a Kit Willer, strappa un sorriso la sequenza di Otis con i cinesi che alla fine lo minacciano con gli affilati utensili della cucina... insomma una storiella breve senza chissà quali pretese, ma una storia decisamente indovinata. Un po' poco per i 6,30 euro che abbiamo dovuto sborsare. PS. I vari articoli in stile vecchio almanacco hanno un interesse relativo per me, letti tra vari sbadigli.
  19. Si, Biglia straordinario, dove trovi poi il tempo per lavori extra come questi non si può chiedere. A questo punto s'ha da fare un poster, da includere in una delle prossime uscite (per esempio il color cartonato di Galep di febbraio - se la SBE vuole venderlo su vasta scala ) o fra qualche anno sul n. 700.
  20. Di questo libro non si è mai parlato. Si tratta di una raccolta poetica scritta da Bonelli padre e stampata privatamente nel novembre 1981. Cartonato cm 12,5x16,6 La copertina è di Ferruccio Alessandri. All'interno illustrazioni di Paola Martin.
  21. ymalpas

    [673/675] Il segno di Yama

    In molte storie di Boselli e quest'ultima di Yama non fa eccezione, lo sceneggiatore si serve di una medesima struttura narrativa. Sappiamo che Gianluigi Bonelli aveva le sue e che Nizzi se le era studiate, per bene, nel tentativo di assimilarne il più possibile lo stile. Per chi scrive, insomma, questi impianti narrativi sono gli arnesi del mestiere. Vediamone più da vicino la struttura basilare: a ) Da un certo punto di partenza in cui si annuncia l'antagonista ( I° albo ) b ) si ha un progredire di Tex e pards attraverso le più diverse vie, ( I° e II° albo ) nelle quali si scontrano con ostacoli generalmente umani (antagonisti minori o alleati del nemico), c ) fino al cospetto dell'antagonista che regna incontestato nella sua dimora, ( III° albo ) che riesce a fuggire oppure è eliminato fisicamente. Pensiamo ad alcune recenti storie di Boselli come El Supremo, che è stanato da Tex e dai pards dopo aver a lungo bighellonato nella baja California. Pensiamo per esempio ad avversari come il profeta Revekti in "Caccia infernale" oppure al numero 600 a colori illustrato da Ticci dove "i demoni del Nord" sono spazzati via nelle pagine finali nella loro stessa caverna che serve loro da rifugio. La tecnica è la stessa anche in questa storia di Yama, Tex e pards compiono un lunghissimo giro che contempla anche la California per giungere poi a Naraka nella Death Valley, covo del nemico. Rispetto ad altre storie cambia il finale nel senso che l'antagonista Yama deve riuscire a fuggire. E Boselli certo arricchisce la trama con numerose trovate geniali e divagazioni dal tema principale sopra descritto. Questo schema narrativo è per esempio usato da Nizzi quando deve far scontrare Tex e la Tigre Nera nella prima avventura del ciclo del Borneo. Nizzi e i due Bonelli si servono in genere di intermediari che convocano Tex e danno così l'avvio all'azione (nella storia di Nizzi l'intermediario è l'agente Pinkerton Mac Parland). Boselli preferisce mostrarci i pards già calati nell'azione (nessuno sceriffo o chi per lui li mette sulle tracce dei profanatori della chiesa e dei ladri di reliquie e arredi sacri), li vediamo insomma che è già in corso l'inseguimento dei ladruncoli. Il punto B è in genere piuttosto lungo nelle sceneggiature di Boselli (occupa i 4/5 della storia di Yama) mentre il punto C è risolto spesso da Boselli in una manciata di pagine (1/5 dei tre albi) mentre con Nizzi buona parte dell'azione si svolge all'interno della dimora della Tigre Nera nei cunicoli della montagna. Faccio il paragone tra le due storie spinto dalla copertina del terzo albo con i trabocchetti che sembravano scaturire dalle pareti del covo di Naraka e che sembravano insomma promettere tutte le peripezie più emozionanti affrontate da Tex e Carson nel covo della Tigre Nera. In realtà è una copertina bugiarda che spoilera il finale e che risolve la situazione sopra descritta nello spazio di solo due o tre tavole. Pensavo che gli alleati di Yama rimasti accanto a lui sarebbero stati funzionali nel frapporsi all'avanzata dei pards, niente di tutto questo, anzi uno diventa addirittura un coadiuvante. Parlo di Hayden che di satanico non ha proprio niente e sarebbe bastato poco rifarsi all'iconografia tradizionale piuttosto che raffigurarlo nei panni di un normalissimo cowboy (scelta che mi sembra incomprensibile). In definitiva la storia di Yama ha una parte B forse troppo sviluppata (anche se non mancano "divagazioni" come la discesa negli inferi) e una parte C appena accennata a differenza di quanto accadeva per esempio nella storia "El Supremo". Non si tratta ovviamente di un errore da parte dello sceneggiatore ma di una sua precisa scelta narrativa. Che peraltro va considerata nell'ambito di un ciclo di tre storie. Però, ecco, non ho digerito la terza copertina (vignettone) e forse Tex a spasso nei cunicoli di Naraka, dopo che Civitelli ce l'aveva presentata due volte come residenza monumentale, avrebbe reso il terzo albo forse più appassionante. Immaginate insomma voi che entrate nella piramide e invece di perdervi nelle sue claustrofobiche gallerie, rimanendo vittime di tutti i trabocchetti alla indiana Jones, prima di giungere alla sala del tesoro... appena entrati usate la dinamite per darvela a gambe prima che l'inferno urlante vi faccia la festa.
  22. ymalpas

    [673/675] Il segno di Yama

    Un commento finale a questa storia. Anni fa ero rimasto deluso nell'apprendere che il ritorno sarebbe stato di Yama e non di Mefisto. Si era parlato allora di una specie di storia che fungesse da prologo al ritorno del padre. Dopo aver chiuso il terzo albo mi sono finalmente reso conto che questa è una storia di Yama a tutti gli effetti e soprattutto che getta le basi alla prossima storia di Mefisto sotto una prospettiva che mai avremmo potuto ipotizzare. Mai Tex e i suoi pards sono messi così in seria difficoltà e se partiamo dall'assunto che il recupero di un personaggio come Yama che usciva con le ossa rotte dalla sua precedente apparizione nella serie (a cui si sommava lo svilimento completo in cui lo relegava Nizzi nell'ultima storia di Mefisto) era arduo, il lavoro di Boselli risulta davvero encomiabile. Certo risulta sacrificata la figura di Myriam (onestamente da un personaggio come la vecchia matriarca c'era comunque poco da aspettarsi). Le prime pagine della storia risultano non solo tra le più suggestive ma anche il punto ideale di partenza per ricostruire il personaggio di Yama e la sua voglia di rivincità che ormai può considerarsi autonoma rispetto a quella paterna (laddove il rapporto tra i due nelle storie passate risultava unidimensionale e Yama era letteralmente succube della volontà del vecchio negromante). La volontà di rivalsa è solo una molla nel personaggio che lo spinge a programmare un piano di tutto rispetto per annientare i quattro pards. Da un punto di vita narrativo questa era la scommessa più difficile da vincere per lo sceneggiatore. Abbiamo a lungo fantasticato con chi Yama potesse allearsi senza mai pensare alla soluzione più logica, ovvero la comunità indù. Il nome infatti è quello della divinità dellla morte ovvero il Signore della Morte. Nella cultura vedica il suo nome significa anche "doppio" e proprio di questo sdoppiamento, che evidentemente non è solo della personalità, Yama fa un ampio uso nella storia salvo restarne vittima nelle pagine finali quando la punizione sarà di essere relegato, almeno con lo spirito, tra quattro infernali pareti nere. L'identificazione con il Dio della morte risulta nella mente del personaggio praticamente assoluta, Gli amuleti che distribuisce ai suoi associati riportano proprio il dio Yama indù con le quattro braccia così come ci è raccontato dallo stesso Boselli alla fine del secondo albo. Anche la residenza scelta dall'antagonista nella Valle della morte, cui dà il nome di Naraka, è ripresa dalla tradizione buddista e corrisponde al nostro "purgatorio", ovvero luogo di passaggio dove non si sta in eterno (dalla pagine finali si capisce che la punizione di Yama sarà solo provvisoria per ridimensionarne l'ambizione) ma anche un luogo di rigenerazione. Ora proprio il discorso della rigenerazione è interessante perché Boselli sembra aver dato nuova linfa anche il personaggio di Mefisto che appare letteralmente trasformato nella sola vignetta in cui è ritratto da Civitelli, quella in abiti da illustre dottore o studioso (che lavori in un ospedale o in un centro per alienati mentali d'altronde era stato suggerito anche da Carlo Monni qualche giorno fa). Non sfugge in quella vignetta anche il ritratto della sorella Lily ed è chiaro il desiderio del vecchio mattoide di riunire intorno a se tutta la famiglia. Quello che lascia riflettere sulla prossima storia sarà soprattutto l'approccio con cui Mefisto tenterà di mettere in difficoltà Tex. Condanna infatti nelle ultime pagine del terzo albo la strategia del figlio che definisce tradizionale e ormai superata di fronte a tizzoni del calibro di Tex e dei pards. E questo nonostante Yama in questa storia abbia spinto dove più non si può l'alleanza con gli inferi e le sue mostruose creature che lo spingono a sacrificare in cambio di un effimero potere tutti i suoi più validi collaboratori, nessuno escluso. Resta un po' di curiosità per quanto riguarda la sorte di Shakti, l'unica sopravvissuta, che ha deciso di restare in America dopo il sacrificio del fratello. Sappiamo che per placare l'ira del satanico interlocutore manca solo la sola ragazza. In altre parole, se Mefisto troverà il modo di offrirla al diavolo potrà liberare dalla sua orribile dimora il figlio (addio Shakti dunque) ciò che dispenserebbe a Yama il titolo di Signore della morte, dei suoi accoliti non sopravviverebbe infatti nessuno! Ritornando a Mefisto resta dunque di sicuro interesse la trovata che metterà in atto per mettere in difficoltà Tex. Finora la strategia è rimasta sempre la stessa: spaventarli, attirarli in un certo luogo, metterli in difficoltà, dividerli e catturarli uno dopo l'altro tutti e quattro, per poi sacrificarli tra disumane sofferenze. Niente di tutto questo sembra promettere la nuova storia e anche in questo la presente storia di Yama rappresenta un ponte verso nuovi orizzonti sconosciuti, e quindi nello scegliere di scrivere la prima storia puntando sul figlio e su qualcosa di tradizionale che potesse aprire a consistenti novità Boselli sembra proprio aver vinto la sua prima scommessa.
  23. ymalpas

    [673/675] Il segno di Yama

    Peccato per la copertina che spoilera il finale della storia, vignettone centrale di pagina 100. Fino a che punto sia deleterio questo affidarsi a situazioni descritte all'interno dell'albo possono capirlo solo i lettori alla prima lettura e mi fa sorridere il riserbo fino a qualche anno fa che gli autori manifestano nei confronti delle più piccole rivelazioni fatte sulle loro storie. Come curatore della serie e come autore della storia voglio sperare che Mauro Boselli voglia riflettere anche su questo problema delle copertine che sembrerebbe sfuggire al suo controllo o al suo interesse. ATTENZIONE! Aggiunto il sondaggio alla storia! Nel sondaggio per il miglior personaggio sono ammesse RISPOSTE MULTIPLE. Ho votato così 10 alla storia 9 ai disegni personaggi: Yama, Shakti e Lefeuvre
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