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Condor senza meta

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Tutto il contenuto pubblicato da Condor senza meta

  1. Ti sei risposto da solo, a mio modo di vedere. Gli introiti pubblicitari aiutano ad assorbire i costi di produzione, e già negli anni '80 (ovvero quando compravo Topolino anch'io) erano più le pagine dedicate alla pubblicità che quelle alle rubriche.
  2. Condor senza meta

    [Maxi Tex N.32] La grande congiura

    A mio avviso le fazioni fra "Pro Nizzi" e "contro Nizzi" non potranno mai venirsi incontro per un semplice motivo: i favorevoli non riconoscono il palese crollo dell'autore nella seconda fase di carriera, i contro vedono solo quello e dimenticano gli anni importanti che coincidono con il centenario 300. Quando si parla di Nizzi si estremizza sempre al massimo e ciò non permette un dialogo tra le fazioni e i flame sono sempre dietro l'angolo; in effetti non succede per nessun altro autore della saga e alla lunga stufa. Permettetemi, ma il fanatismo (di qualsiasi fazione) non è affatto positivo e porta solo allo scontro e non al confronto.
  3. Condor senza meta

    [Maxi Tex N.32] La grande congiura

    La tolleranza, questa dote ormai sconosciuta! Se un autore non piace, lo si ignora lasciando l'albo in edicola. Ma se lo stesso autore ad altri utenti garba (anche per ragioni che non si riesce proprio a comprendere) perchè etichettarli e fare infinite filippiche? Si accusa pure il curatore che avalla la pubblicazione di albi che svariate decine di migliaia di lettori accolgono con piacere: sbaglio o qualcosa sta sfuggendo di mano? Sia ben chiaro, di difendere Nizzi non mi passa nemmeno per l'anticamera del cervello, visto che sono il primo a criticarlo quando lo ritengo necessario e anch'io lo reputo un autore ormai alla frutta, ma personalmente biasimo l'atteggiamento di sminuire il parere di chi non la pensa come me. Il mondo è bello perchè è vario e ognuno di noi dovrebbe farsene una ragione.
  4. Condor senza meta

    [25/26] L'agguato

    Scrivo questo commento dopo parecchi giorni che ho letto l'episodio, quindi non riuscirò ad articolare una recensione molto dettagliata stavolta. Per una volta, suppongo, sarò più telegrafico del solito, magari per il sollievo degli utenti che mal digeriscono i miei commenti poco sintetici. A dire il vero, mi è rimasto poco in testa di ciò che ho letto a distanza di giorni e questo per me è sintomo di una prova non esaltante e poco ambiziosa. Un'indagine breve (troppo facilmente il nostro si ritrova sulla giusta via), la solita decisione risolutiva di Tex che punisce i colpevoli che si sono intascati l'oro, facendo ricadere la colpa sul malcapitato proprietario di diligenze e parecchie scazzottate. Il ritmo è piacevole, la lettura pure, ma in effetti l'episodio sembra più che altro un funzionale riempitivo, che si divora voracemente ma lascia poca sostanza. Storia comunque dignitosa e scandita sempre dalla buona verve di Bonelli in cabina di regia e Galep ai pennelli. Ci stanno in una longeva saga prove con meno pretese ma tutto sommato riuscite, però personalmente preferisco soggetti più articolati e respiri narrativi più ampi. Il mio voto finale è 6
  5. Io sono riuscito a trovare sia la minicopertina di "Una stella per Tex" che "Chinatown" (così come votato nel sondaggio) e dalla contentezza non ricordo nemmeno più in quale cassetto della scrivania le ho messe. Se la Bonelli dovesse fare affidamento su collezionisti come me, per far funzionare queste trovate editoriali, potrebbe chiudere battenti in un amen
  6. Condor senza meta

    [Maxi Tex N.32] La grande congiura

    Infatti, oltretutto il suo stile molto caricaturale e minimale, non lo vedo adattisimo alla saga del ranger. Un po' la stessa pecca che riscontro in disegnatori come Torti e Filippucci (che vuoi o non vuoi influenze Alessandrine ne hanno), tuttavia gli ultimi due mi convincono di più su Tex. Impressioni mie personali ovviamente. Beh l'ultimo non potevo di certo perdermelo e, visto la magnificenza dello show, ho fatto bene a fare nuovamente una capatina a Milano, dopo dodici anni dal suo scorso concerto. Un artista immenso che riesce sempre a commuoverti, sia per la celebre storia che si porta dietro (come cofondatore di una delle band più influenti di tutti i tempi) e sia per il suo carisma e potere comunicativo impareggiabili. Le sue idee possono anche non essere comprese e condivise da tutti (e ribadisco "comprese" poichè chi lo critica sconosce completamente le sue origini e i suoi ideali pacifisti), ma ci mette sempre la faccia e l'anima e, onestamente, sono pochissime le rockstar che riescono a muovere una fiumara di fans tale a quasi ottant'anni.
  7. Condor senza meta

    [Maxi Tex N.32] La grande congiura

    Io a dire il vero sono rimasto indeciso fino all'ultimo se prenderlo. Nizzi ormai non mi dà tanta fiducia e Alessandrini, sebbene su MM lo apprezzi, non lo vedo adattissimo al west. Tuttavia alla fine ho ceduto, ma è ovvio che prima prediggo altre letture. Sono curioso della nuova storia che porta il secondo soggetto del nostro caro pard @Barbanera. In quanto alla rilettura degli albi classici di Bonelli, ogni tanto è doveroso e fantastico "tornare alla fonte". Purtroppo anch'io sto procedendo troppo lentamente fra impegni e altre letture, ma mi sto divertendo tantissimo a rileggerle e recensirle.
  8. Condor senza meta

    [Maxi Tex N.32] La grande congiura

    Come ottimizzare al meglio il weekend pasquale. P.s. Alla fine ho ceduto e acquistato pure il maxi. Spero che almeno meriti una sufficienza. Le minicopertine sono davvero poca cosa, ma in fondo chi se ne frega: possono marcire nel cassetto, a me interessa solo passare qualche ora in compagnia del mio eroe preferito.
  9. Più aumentano i prezzi e meno saranno i lettori (occasionali e non) che acquisteranno gli albi. Più diminuiscono gli acquirenti e più l'editore dovrà puntare sullo zoccolo duro di fan per fare numero e introiti, moltiplicando in eccesso le uscite e limando i costi (e aumentando i prezzi ulteriolmente se necessario). Più aumentano le uscite e maggiore è il rischio che la qualità delle storie cali. Calando la qualità, altri lettori datati potrebbero decidere di smettere, complicando ulteriolmente l'emoragia. Più cala il numero di lettori e più si dovranno trovare escamotage di marketing (figurine, carte da gioco, medagliette, covercard, mutande con logo) per acchiappare i collezionisti e fare cassa, scontentando in par tempo altri fans storici, con conseguente necessità di aumentare nuovamente il prezzo di copertina e riniziare daccapo. Purtroppo è un circolo vizioso che promette poco per il futuro. Qui tutti teniamo alla Bonelli, ma onestamente le recenti strategie appaiono poco lungimiranti e aldilà di vendite "dopate" per qualche numero con gadget, rischiano di rivelarsi improduttive (se non addirittura dannose) per il futuro. Si sta tergiversando senza grandi stimoli, temendo di dover gettare prima o poi la spugna? Il fumetto è davvero destinato a soccombere?
  10. Purtroppo quello dei rincari è sempre un argomento spinoso e destinato a non trovare mai d'accordo le due parti in causa. Da una parte il produttore li vede necessari per salvaguardare i bilanci in tempi di crisi, dall'altra il lettore li accetta malvolentieri, come è ovvio che sia. Tutto si basa su un labile equilibrio che, se mantenuto, garantisce l'incedere della testata, ma se si dovesse spezzare (e purtroppo aumentare sistematicamente di 50 cent ogni due anni gli albi non depone in questo senso) rischia di rendere il fumetto un prodotto di nicchia e destinato a una porzione sempre meno ampia di fluitori. Non mi va di difendere, nè accusare nessuno (ognuno in fondo cerca di portarsi l'acqua al proprio mulino), di certo la situazione è poco rosea.
  11. Condor senza meta

    Adios Ernesto Garcia Seijas

    Ognitalvolta che giunge la notizia di un lutto nel mondo del fumetto, la prima sensazione spiacevole che mi viene in mente è quella che mai più avrò la possibilità di rivedere tra le pagine del mio albo preferito, quella cifra artistica e stilistica che mi ha accompagnato per anni e anni durante le letture. Via via che si sono spenti titani del calibro di Galep, Letteri, Monti, Fusco, Giolitti, Ortiz (praticamente gran parte del gruppo storico di disegnatori), un senso di vuoto incolmabile ha investito i miei pensieri. E' vero che personalmente non ho mai conosciuto nessuno di questi grandi artisti, ma fluendo della loro arte è come se li avessi avuti accanto da sempre e le loro vignette hanno contribuito ad accompagnare la mia crescita e allietato le ore migliori della mia adolescenza. Anche adesso che ormai sono un uomo più maturo, queste tristi notizie mantengono lo stesso effetto melanconico del passato. A maggior ragione quando a lasciarci è un autore che meritava tutta la mia stima, e Seijas era indubbiamente uno di questi. Un artista molto stiloso, dal tratto deciso e molto espressivo. Un giusto connubio fra classicità e linea più moderna. Non a caso lo definivo come una delle colonne portanti della "legione straniera" di autori texiani. Esprimo tutto il mio cordoglio; ci rimarranno le sue grandi opere come ricordo, ma sapere che da domani il suo nome non potrà più apparire tra i crediti di una storia inedita, mi mette tanta tristezza. Una tristezza già provata in giorni recenti all'annuncio dell'addio di Piccatto, altro grande autore che con le sue vignette ha accompagnato la mia gioventù. Purtroppo siamo tutte anime vaganti nel cerchio della vita.
  12. Personalmente sto trovando molto interessante la storia. A differenza dell'episodio con Cortina, in cui forse Mauro ha un po' esagerato con personaggi e sottotrame, rischiando di disorientare il lettore, qui il "doppio binario" narrativo sta scorrendo bene e la lettura non la trovo affatto appesantita. L'ultimo albo (ma anche quello precedente a dire il vero) l'ho gustato tutto d'un fiato e con sempre maggior interesse. Mi sento di rivolgere i miei complimenti per la stesura della sceneggiatura, finora molto funzionale. Ultimamente (me compreso!) passiamo più tempo a lamentarci di proliferazione di uscite, rincari e scelte di marketing odiose, e ci stiamo dimenticando di dare il giusto peso a ciò che più conta: il valore delle storie! E questa in questione merita un plauso.
  13. Uno dei meriti indiscussi del grande Bonelli era quello di riuscire a creare sceneggiature scoppiettanti, anche quando gli spunti di soggetto non eccellevano. Prendiamo in esame la storia che mi appresto a commentare: l'idea non è affatto originale e rimarca episodi simili già precedentemente editi (vedi la banda della Pantera) e si sviluppa a tratti con passaggi narrativi già visti (il rapimento di Kit, la presenza di una donna anch'essa rapita, la loro azione per liberarsi) eppure, nonostante tutto suoni di già visto e ha sapore di riciclo, la storia mantiene un buon ritmo e diverte. Molto a effetto l'incipit, con la scena del povero indiano legato al dorso del bisonte (Bonelli era un asso a creare situazioni da lasciare il segno), così come ha il suo perchè l'usanza della setta di usare copricapi così inusuali con tanto di corna. Come già detto pocanzi, lo sviluppo segue degli snodi narrativi già visti, ma non annoia. Anzi ho trovato splendida per tensione narrativa la sequenza nel deserto, con tanto di miraggi e la triste morte dell'indiana alleata ai nostri. Originale pure la trovata del furto di Dinamite e Diablo che dona un'altra ragione ai nostri di inseguire i due banditi bianchi (al capo dell'organizzazione atta a sfruttare la superstizione degli Hopi per arraffare oro a quantità). Quando l'episodio sembra volgere al termine, l'autore improvvisa, aggiungendo una ricca appendice cittadina, ancor più scoppiettante, fra incendi, agguati e sparatorie, sceriffo corrotto e un truffaldino avvocato che vorrebbe farla franca con l'oro, ma che si vede battuto dei nostri. Non manca anche la macchietta ironica dell'irascibile vecchietto (dalle sembianze molto simili a Tim Birra), che nell'intento di farsi "sentire" per rimbrottare al caos che gli impedisce di dormire, fa secco involontariamente uno dei villain (fine buffa e indecorosa a voler essere obiettivi ). Cosa aggiungere a quello finora detto? La storia mi è piaciuta e mi ha divertito. Bonelli molto ispirato, ben coadiuvato ai disegni dal duo Galep-Gamba (con il secondo molto più presente in alcune sessioni, o così mi è parso distinguendo il suo tratto riconoscibile. Curiose alcune scelte grafiche, come la vignetta tratteggiata per rappresentare un flashback o l'inquadratura con una lucertolona in primo piano a pag. 81 del numero 25 (mi pare una delle prime vignette in questo senso, sebbene il rettile rappresentato sembri più un dinosauro a dire il vero ). Come già fatto notare in un precedente commento dal sempre puntuale Carlo Monni, la storia ha pure una caratteristica importante, visto che per la prima volta Tex indossa la camicia con i due tasconi sul petto, ormai divenuta la divisa iconica. Così come da una vignetta all'altra, nei primi numeri, sparirono le originarie flange, anche qui un po' a sorpresa il ranger cambia look con la storia in corso. Si fa menzione all'acquisto di merci in uno store (Pag. 93 albo "L'agguato"), evidentemente la nuova camicia viene da lì e il nostro eroe la indossa dopo il bagno in albergo, ma mi è parso di notare che già in precedenza, nell'ufficio dello sceriffo, le due tasche iniziano a fare capolino in una vignetta (pag, 90 )per sparire subito dopo. Per riapparire nell'ultima vignetta di pag. 93 all'entrata dell'albergo, per poi nuovamente sparire nelle strisce immediatamente successive. Un po' di confusione di guardaroba fra Galep e Gamba . Il mio voto finale è 8
  14. Spiace dirlo, ma da lettore ultradecennale della Bonelli mi sento quasi preso in giro. Che la pillola fosse amara (il rincaro dei prezzi di copertina) lo sapevamo già ed era inevitabile visto l'andazzo, ma sarebbe stato meglio evitarci questa farsa dello "zuccherino" plastificato. Massimo rispetto per i collezionisti disposti a farsi spennare da questa iniziativa puerile, ma da tempo non riconosco più la Bonelli con cui sono cresciuto. Dinanzi a queste "trovate di marketing" che con le politiche del passato (atte a creare un rapporto di fiducia editore/lettore) hanno pochissimo a cui spartire, suppongo che il buon Sergio si rivolti nella tomba.
  15. Ticci è un artista unico. Il suo tratto, sebbene in continua evoluzione come è fisiologico che sia, rimane sempre fresco, attuale, non incline a invecchiare. Oltretutto già negli anni sessanta mostrava una modernità di chi era già avanti anni luce e non è un caso se ha rappresentato da sempre un riferimento per tutti i disegnatori che si sono interfacciati su Tex. Mi scuso per l'OT, ma ci tenevo a elogiare uno dei più grandi maestri del fumetto italico. Poi come non citare i suoi paesaggi superlativi.
  16. A onor del vero, nonostante Magnus fosse un maestro immenso anche per ambientazioni e dettagli (il texone ne è un fulgido esempio), negli anni 60 su serie come Satanik e Kriminal, non disdegnava di prediligere l'espressività e il dinamismo dei personaggi rispetto agli sfondi, spesso ridotti al minimo se non monocromatici. Dipendeva, a mio avviso, pure dal formato che costringeva a un montaggio delle vignette più secco e dinamico. In ogni modo, spesso rimpiango molto i tempi in cui autori come Galep, Fusco e Ticci optavano per vignette senza sfondo e riquadro. Ai miei occhi avevano un fascino davvero particolare e spezzavano la monotonia della gabbia bonelliana. Di Ticci mi ricordo una vignetta di Terra Promessa in cui Tex, lo sceriffo e un gruppo di abitanti corrono verso l'incendio e, al netto di una bella confusione di personaggi in movimento, il fondo è completamente bianco. Una scelta stilistica davvero moderna ed efficace che rende ancor più dinamica all'occhio la sequenza.
  17. Suppongo tu abbia ragione Carlo, tuttavia l'incongruenza rimane ed è piuttosto fastidiosa trattandosi di un personaggio alquanto seriale per la saga. Comprendo che non avendo ricevuto documentazione relativa al personaggio, Ortiz abbia attinto a fonti storiche, ma una volta arrivate in redazione le tavole perchè non correggere l'errore? Non si voleva ridisegnare le poche vignette in cui appariva l'omone, e allora perchè non cambiare il nome e renderlo un agente "anonimo" dell'agenzia? Evidentemente non fu fatto alcun editing e ciò rende ancora più preziosa l'opera dei curatori attuali, che prestano molta più attenzione in questi aspetti.
  18. Per quanto possa essere un campione poco indicativo il forum (in effetti siamo una piccola goccia in un ruscello fra i lettori di Tex) l'assoluto zero percentuale che corrisponde all'opzione "entrambi gli albi" di tutte le domande, dovrebbe far riflettere. Se ne è parlato davvero tanto in questi giorni e ognuno è libero di pensarla come meglio crede, tuttavia dal mio punto di vista, questa iniziativa è alquanto sfacciata e sconclusionata. Non essendo un collezionista sfegatato magari parto prevenuto, ma bisogna proprio essere patiti per accettare l'acquisto di parecchi doppioni solo per accaparrarsi piccoli gadget in plastica, da affiggere al frigo. Bah, il mondo è bello perchè è vario. Per ciò che riguarda il sondaggio, di sicuro acquisterò le due uscite della regolare e di Tex Willer, ovviamente in singola copia, qualsiasi sia la minicopertina allegata. (Magari cercherò di accaparrarmi "Una stella per Tex" cover di Galep che ho sempre adorato, ma se non devessi trovarla non mi strappo di certo quei pochi capelli che mi sono rimasti ) Sono indeciso se prendere il Maxi, visto che Nizzi non offre più tante garanzie, in caso me la penserò al momento, ma per ciò che riguarda le altre uscite (ristampe e Magazine), passo di certo. Non sarà di certo la presenza di un inutile gadget in plastica a farmi modificare la scelta in edicola, tanto so già che l'unica utilità che avrà sulla libreria è quello di attirare la polvere.
  19. Con questa seconda parte, si chiude la storia dei Piutes. Smascherato Milligan, Tex e il figlio partono a spron battuto sulle tracce di Quantrell, per saldargli il conto. Episodio breve ma carico di azione e sparatorie. Pur di rintracciare l'anima nera in divisa confederata, i nostri eroi non esitano a fronteggiare orde di indiani inferociti e gli eventi si susseguono con ritmo forsennato, rendendo la lettura avvincente. Per una volta Tex viene parzialmente oscurato dal figlio; proprio il giovane Kit riesce con astuzia e decisione a sventare un assedio dei Corvi escogitando la trappola del carro pieno di rocce e, ancor più spietato, il fiume incandescente di alcol infiammato. Sempre Kit riuscirà a liberare il padre legato al palo della tortura e, incredibile ma vero, toccherà a lui rincuorarlo sul finale, quando un quasi irriconoscibile Tex, sebbene ferito, sembra sfiduciato e sul punto di gettare la spugna. Bonelli ha voluto così mostrarci uno sprazzo di umanità nel suo eroe e in fondo ci sta, queste sfaccettature rendono più "vivo" e reale un personaggio di fantasia. L'epilogo mi ha convinto meno, visto che occorre il consueto arrivo della cavalleria per salvare i nostri e soprattutto la caduta di cavallo fatale a Quantrell sa di stratagemma per poter chiudere in fretta l'episodio. Il comparto grafico affidato all'instancabile Galep (con l'aiuto di Gamba) si mantiene di alto livello. Uno stile ormai collaudato e funzionale, dinamico e molto narrativo che rende scorrevole e piacevole la lettura. Considerando i ritmi di lavorazione di allora, era un'autentica impresa riuscire a mantenere una media qualitativa così alta. Il mio voto finale è 7
  20. La questione è alquanto controversa ma, a mio giudizio, può essere così riassunta: se, come sostenuto da alcuni utenti, l'aumento di pubblicazioni serve a garantire nuovi introiti (utilissimi per il sostentamento della casa editrice in tempi grami per il fumetto) e a soddisfare quella frangia di acquirenti che desiderano una maggiore scelta, potrei anche non avere nulla in contrario, visto che non essendo costretto a comprare tutto, me ne infischierei e continuerei a seguire le collane che mi interessano. Detto questo, significa che sono d'accordo con la proliferazione delle testate? Nient'affatto, o quanto meno solo in maniera concettuale. Cerco di spiegarmi. Se teoricamente la qualità degli albi che acquisto di solito rimanesse alta, me ne fregherei se al contempo uscissero altre decine di proposte, ma aldilà della soggettività dei giudizi e sull'ottimismo di alcuni, è quasi impossibile che un così ampio incremento non porti a una variazione al ribasso del prodotto. Vuoi o non vuoi si avrà un maggiore dispendio di energie degli autori, maggiore fretta realizzativa, la necessità di ampliare l'organico senza poter guardare troppo per il sottile nella scelta degli stessi e tutti questi fattori incideranno a mio avviso. Si rischia così che la fascia di lettori che acquista solo la regolare o pochi speciali, possa rimanere delusa delle storie (è impossibile prevedere su quale collana garantire la regolarità qualitativa con tante uscite) e di conseguenza mollare la serie piuttosto che acquistare altri format alla cieca e per ogni migliaio di lettori persi, quante altre uscite dover varare per compensare? Non è il proverbiale caso del cane che si morde la coda?
  21. La mia versione di Lily Dickart, per il contest del Tex Willer Magazine 21

    2020-Lily-Dickart-colori.jpg

  22. Personalmente credo che l'idea che la copertina sia migliore lo si deva solo a una più corretta scelta di colori di sfondo. L'effetto lampadina non regge, visto che, come giustamente osservato da Diablero, è posto dietro la figura. Tuttavia con lo schema rigido di logo e titolo della testata, il cerchio sta come la cipolla sulla carbonara. Sarò prevenuto io, ma queste grafiche uniformate non mi vanno giù e stavolta ce la subiremo pure su "Tex Willer" (precedentemente risparmata sull'albo "Blizzard")
  23. Condor senza meta

    [23/24] Piutes!

    Visto che la storia è divisa in due topic sul forum, comincio con il commentare la prima parte. Bonelli escogita una trama interessante e a tratti originale, con la tribù dei Piutes sobillata da loschi figuri, allo scopo di danneggiare uno stimato allevatore. Ancora sullo sfondo si fa riferimento (erroneamente per la continuity texiana) alla guerra di secessione, visto che le armi che vengono fornite agli indiani provengono dai caduti nei campi di battaglia e dietro al sinistro piano, agitano le loro pedine banditi del calibro del generale Quantrell (non ancora apparso direttamente) o i misteriosi Andy Holt e Bull Sebit: il primo a fine storia scopriamo essere Frank Milligan, mascherato per l’occasione con una finta barba rossa, il secondo non lo sapremo mai, visto che muore in un duello a fuoco con i nostri e l’autore non spiega il perché fosse così importante nascondere la sua reale identità, anche a costo di sopprimere un povero barman in procinto di parlare. Probabile che sia stato una dimenticanza di Bonelli, preso dall’incedere della sceneggiatura. Soggetto vivace ma forse compresso troppo in una sceneggiatura non del tutto ariosa, come sarebbe convenuta. Non si può tacere della prima cotta del giovane Kit Willer nei confronti della giovane nipote di Jim Elmer; purtroppo la ragazza (confermando il detto “che si aspetta il principe azzurro, ma alla fine ci si innamora del pirata”) ha occhi solo per Milligan, ignorando le macchinazioni e l’animaccia nera di quest’ultimo. Assistiamo a un vivace duello tra Tex e Volpe Rossa, il figlio del capovillaggio Piutes che vede di mal occhio le motivazioni che inducono il padre a rinunciare al folle proposito di rivolta e a un movimentato finale con la trappola ai danni di Milligan, che verrà smascherato. Episodio che mi è piaciuto, ma con un maggiore sviluppo e meno fretta narrativa in alcune sessioni (la troppo semplice resa dei Piutes, il trucchetto banale della barba che fa sorgere il dubbio di come potesse ingannare i conoscenti e qualche ferita di striscio di troppo) poteva ambire a voti più alti. Sul comparto grafico, opera anche stavolta del duo Galleppini-Gamba, rinvio il giudizio alla successiva recensione, visto che le due parti dell’episodio possono essere benissimo considerate unite. Il mio voto finale è 7
  24. Giusta precisazione, poichè suppongo che, anche se non può ammetterlo, Mauro non fa i salti di gioia dinanzi a queste "trovate di marketing", che con la qualità degli albi e la storia della saga, hanno poco a cui spartire. Anzi è lodevole che ci metta la faccia in simili lidi con i lettori, cosa che i piani alti non fanno da tempo. Ovviamente nei panni di curatore non può andare contro l'azienda, ma credo che nessuno di noi ignori che le responsabilità siano altrove.
  25. Episodio che si "sgonfia" parecchio nel secondo albo. Il ritmo narrativo e l'azione tengono il passo, ma ciononostante la trama perde di mordente. Il soggetto è interessante, così come sono molto suggestive le location di sfondo. L'autore cerca di sfruttare al meglio questi elementi per creare un miscuglio tra l'esotico e l'horror ma finita le lettura, si ha come l'impressione che qualcosa non ha funzionato del tutto. Cerco di spiegarmi: la storia non è da bocciatura e tutto sommato non annoia, ma non riesce mai a creare quell'atmosfera e tensione tali che in simili spunti sono basilari per coinvolgere il lettore e farlo rapire dalle tematiche misteriose. Come già accennato, Burattini conosce il mestiere e dosa bene i tempi della sceneggiatura, ma la trama si è rivelata prevedibile e piatta e non basta l'epilogo nell'affascinante antro dell'alchimista, con talto di arene e belve, a far lievitare l'esito. Se non coinvolgi il lettore, tutto diviene fiacco. I Chupacabras già alla seconda apparizione non mettono più paura e non basta il fatto che i nostri debbano scaricare le scorte di proiettili per farli fuori ad appassionarti. I due fratelli alla ricerca del padre scomparso, sembrano nascondere secondi fini e la scena della liberazione del prigioniero ne è la prova, ma allo stato dei fatti si rimane delusi delle loro motivazioni. Per la prima volta nella saga assistiamo alla presenza di vampiri (in effetti questo sono, il ricercatore scomparso e i suoi uomini) ma onestamente la spiegazione della pozza metifica che li ha trasformati (che richiama lo stratagemma nolittiano degli uomini Giaguaro), fa cascare le braccia; a tal punto conveniva usarli in maniera più convenzionale. El Morisco non pervenuto; Kit, Carson, Tiger ed Eusebio un semplice contorno. Tex molto abile con le armi ma mai al centro della risoluzione degli eventi. Si poteva fare meglio visto il buon soggetto, ma Burattini, all'esordio sulla regolare, dà l'impressione di non aver osato abbastanza. Rubini è promosso in pieno, visto che il suo lavoro è davvero molto valido e il suo stile spigoloso ma espressivo (a tratti mi ha ricordato un misto tra Marcello e Piccatto) ha contribuito a dare quel ritmo narrativo alla trama. In sintesi: mi accodo alla maggiorparte dei forumisti, visto che reputo la storia sufficiente, ma il primo albo prometteva ben altro. Rubini un ottimo aquisto che merita la regolare! Il mio voto finale è 6
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