Vai al contenuto
TWF - Tex Willer Forum

Condor senza meta

Ranchero
  • Contatore Interventi Texiani

    1246
  • Iscritto

  • Ultima attività

  • Giorni con riconoscenze

    82

Tutto il contenuto pubblicato da Condor senza meta

  1. Ho deciso di chiudere la mia breve parentesi di recensioni di storie a cavallo tra gli ultimi numeri del primo centinaio e le prime prove post 100, con questa piccola perla bonelliana. Suppongo che in futuro (tempo e voglia permettendo) mi dedicherò alla rilettura dei primi e pioneristici episodi, anche se son conscio che non sarà facilissimo commentarli. Comunque rimanendo in tema, “Il massacro” è davvero un’ottima prova del grande G.L. Bonelli. Per l’occasione, il papà di Tex, recupera un suo vecchio romanzo “Il massacro di Goldena” e lo sceneggia per i disegni Ticci, facendo rivivere ai lettori del ranger la cruda trama della perfida vendetta del rinnegato Fraser e l’inflessibilità di Tex nel punire l’odioso villain. Premetto che preferisco il romanzo: con questo non voglio dire che l’autore abbia scritto una brutta sceneggiatura, tutt’altro, tuttavia la letteratura ha sempre quel tocco in più che consiste nell’immaginazione del lettore. Le parole aprono porte della fantasia che le immagini di una pellicola o le vignette di un fumetto non riescono a fare, visto che l’occhio è condotto dalle immagini e quest’ultime influenzano la mente, oltretutto ho avuto l’impressione che Bonelli alcune sessioni le abbia un po’ ammorbidite, un esempio, l’incipit in cui Tex disarma Fraser tranciandogli l’indice con una pallottola. Per il resto, i tempi narrativi sono apprezzabili e pure la scena dell’assalto di Goldena è sceneggiata magistralmente, con tocchi di lirismo elevati come l’eccidio della coppia all’emporio. La trama scivola via decisa, senza inciampi e l’epilogo conserva tutto il fascino che il romanzo era riuscito a creare. Tex che bracca Fraser, terrorizzandolo con ululati e risate, costringendolo a guardare in faccia la sua coscienza e le sue malefatte, è pura poesia. Un ranger implacabile che lascia l’avversario solo con i suoi spettri e alla mercè dei lupi, condannandolo alla più cruda delle morti, ma doverosa punizione per tutto il sangue e il dolore di innocui coloni, sterminati solo per il barbaro desiderio di una infernale vendetta. Unico gesto di pietà, una pistola con un solo colpo lasciata a pochi metri dal tronco in cui si è accasciato l’esausto Fraser: una mesta scorciatoia per la bolgia dell’inferno in cui il vile rinnegato è fatalmente destinato. Non so voi, ma simili scene bonelliane per me sono straordinarie; frutto di una grandissima abilità narrativa di un uomo nato per dar forma ai suoi sogni e alla sconfinata fantasia. Un autore giunto all’apice della sua ispirazione, che non sbaglia un passaggio, cesella perfettamente passaggi di sceneggiatura e arricchisce tutto con una secchezza di dialoghi e un gergo inimitabile, che ha fatto storia. Il comparto grafico fu affidato all’emergente Ticci, giunto alla seconda prova sulla celebre testata. Il maestro senese, svolge in maniera egregia la sua parte, con una performance grafica solida, molto efficace e personale. Il suo stile ancora molto giolittiano, ha comunque il merito di apparire “moderno” per i tempi e molto diverso dall’abituale cifra stilistica di allora. Espressioni ben rese, ottimi scorci paesaggistici (che diventeranno il marchio di fabbrica del maestro), vignette molto curate e dinamiche, e un’eccellente rappresentazione dei cavalli. Da notare le splendide posture dei quadrupedi nella scena delle esplosioni, rappresentati in pose molto difficili da interpretare che denotano una perfetta tecnica anatomica. Non a caso l’immenso Ticci diverrà il faro per le future schiere di disegnatori e il fatto che fosse un predestinato nella saga, lo dimostra pure che le sue prime storie per Tex siano del calibro di “Vendetta indiana”, “Il massacro”, “Sulle piste del nord”, “Terra promessa”. Il mio voto finale è 9
  2. Evidentemente Mac si è fatto prendere dalla foga del commento e ha scritto un'inesattezza ed è altrettanto sacrosanto correggerlo, in questo caso. Comunque, vista l'ambientazione, la presenza del giovane Carson in un'indagine parallela, e il futuro innesto di Lena e Clammons, le premesse per un ulteriore grande episodio della giovane testata, ci sono tutte. Anche grazie al contributo di Del Vecchio, un disegnatore che stimo molto.
  3. Personalmente reputo che sia sacrosanto che ogni utente esponga il suo pensiero e fai bene a farlo; siam su questo forum per confrontarci, discutere e arricchire la nostra passione texiana. La risposta è ahimè semplice: i cartonati non sono mai rientrati in quella mia lista della spesa, citata pocanzi. Ciò non toglie, che la storia attuale, possa indurmi a recuperare l'opera dagli arretrati.
  4. Concordo con Carlo; se si decide di concatenare le storie della nuova serie con episodi già narrati sulla regolare o sugli speciali, un minimo di "riepilogo" è necessario. Capisco che per chi ha letto il cartonato, rivivere un flashback riassuntivo può non apparire il massimo, ma bisogna pure mettersi nei panni di chi, come il sottoscritto, "Sfida nel Montana" non lo ha letto e senza quelle tavole scritte da Borden, avrebbe faticato a raccapezzarsi. Anche nella precedente avventura Mauro ha saggiamente optato per uno schema simile, riprendendo peraltro un episodio cult della serie. In quel caso la storia la conoscevo bene ma ammetto che il "riepilogo" non mi ha disturbato affatto, anzi chissà per quanti, soprattutto fra le giovani leve, è stato utile per scoprire un vecchio episodio sconosciuto e introdurli degnamente alla narrazione inedita. Non è affatto semplice districarsi in un simile mosaico narrativo, cercando di garantire un'originale continuity degli eventi e mantenere esplosivi i ritmi e l'azione senza snaturare i passaggi chiave della saga; personalmente ritengo che finora Borden se la stia cavando alla grande e anche questo aspetto mi ha convinto a far rientrare il "Tex Willer" nella lista della spesa d'edicola.
  5. Condor senza meta

    TOP 12 Mauro Boselli

    Certo anche i disegni influiscono nella valutazione di una storia. Ma nel caso specifico non credo dipenda solo da Font, visto che tutto sommato ho abbastanza accettato il suo stile latino e "caricaturale" su Tex. Ovvio che, se una storia è splendida, lo assimili meglio, in caso contrario un po' meno; tuttavia perle come "Nei territori del nord-ovest" "Colorado Belle" e "I lupi Rossi" portano la sua firma e le adoro. Anzi non riesco a immaginarmele illustrate da altri disegnatori. Semplice coincidenza!
  6. Condor senza meta

    TOP 12 Mauro Boselli

    E dire che la stoia "I sette assassini" ha ricevuto il mio 8 pieno. Il proseguo mi ha convinto poco, forse il personaggio di Kid Rodelo non mi ha mai affascinato e il percorso di riabilitazione, portato avanti da Borden nella trilogia, non ha contribuito a farmi amare quelle storie. In Winnipeg poi pure Thunder l'ho trovato un tantino "snaturato" rispetto alle origini e anche questo ha influito nel mio giudizio non positivo.
  7. Condor senza meta

    TOP 12 Mauro Boselli

    No i maxi non li ho considerati. La mia statistica personale al momento riguarda solo le storie della regolare. Come giustamente scritto da Mac, l'unica storia da 4 è "Giovani assassini", mentre i tre cinque sono stati affibbiati a "Winnipeg", "Faccia di cuoio" e "Morte nella nebbia". Lo so, parecchi utenti quest'ultima la classificano fra le migliori di Mauro, ma personalmente non mi è mai piaciuta.
  8. Condor senza meta

    TOP 12 Mauro Boselli

    Sebbene in ritardo, anche il sottoscritto vuole lasciare il suo contributo per il sondaggio. Premetto, che la mia lista conterrà solo storie della regolare (già è complicato così condensare in soli 12 titoli l'ottima opera di Borden su Tex, figurarsi se aggiungessi pure gli speciali e i Tex Willer); inoltre questa mia scelta è stata pure influenzata dall'idea di stilare la graduatoria, basandomi sui voti che ho assegnato alle storie nelle recensioni in questi due anni. 1 - Il passato di Carson (voto 10) 2 - Gli invincibili (10) 3 - La grande invasione (10) 4 - Cercatori di piste (9) 5 - Sulla pista di Fort Apache (9) 6 - La miniera fantasma (9) 7 - Colorado Belle (9) 8 - Omicidio in Bourbon Street (9) 9 - La mano del morto (9) 10 - El Supremo (9) 11 - Luna insanguinata (9) 12 - Il segno di Yama (9) P.s. Da amante delle statistiche, mi son passato il tempo rivedendo tutte le mie valutazioni alle storie di Mauro sulla serie regolare. Fino ad oggi le sceneggiature sono 56 (spero di non averne saltata nessuna). I miei voti sono così distribuiti: Voto 10: 3 episodi voto 9: 11 episodi voto 8: 13 episodi voto 7: 19 episodi voto 6: 6 episodi voto 5: 3 episodi voto 4: 1 episodio. Media voto = 7,52 (Che dire: nei miei giudizi, una media di notevole spessore e non credo possa essere avvicinata al momento da alcun altro sceneggiatore)
  9. Se tre indizi equivalgono a una prova, i tre colpi grossi sparati da Bonelli a inizio centinaio sono il fulgido esempio di quanto l'autore fosse in quel periodo in stato di grazia. Gilas, sebbene un gradino più basso rispetto a gioielli narrativi del calibro del Giuramento o Il signore dell'abisso, è comunque una prova eccellente, di impostazione classica e con i giusti ritmi narrativi. Il soggetto è semplice ma efficace e Tex, torna a vestire i panni del fuorilegge per introdursi nel covo della banda dei banditi comandata dal bieco Lingo, nel villaggio di Robber City. Memorabile a tal proposito, il look piratesco ben reso da Nicolò, con il ranger con tanto di benda sull'occhio e folta barba. Ma non è solo il look a colpire, bensì la determinazione con cui il nostro eroe agisce e il carisma che sfodera, ritagliandosi subito un ruolo di spicco nella banda. Molto scoppiettanti i suoi dialoghi e non manca nemmeno il piano per una finta rapina, condotta comunque con polso fermo e in maniera convincente. Non mancheranno i dissapori con alcuni "colleghi", come Clem, che lo vedono col fumo negli occhi e faranno di tutto per seppellirlo non riuscendoci ovviamente, ma Bonelli riesce a rendere più appetitosa la portata con l'inserimento di Juan Ortega. Il messicano, un uomo comune finito a suo malgrado nella banda, si lega subito a Tex e sebbene non sia un eroe, col proseguo della trama accattiva il lettore. La sua morte è alquanto scontata a dire il vero, ma arreca lo stesso un tocco di dispiacere, sebbene l’autore evita scene stucchevoli e strappa lacrime. Comunque è indubbio che anche Tex è rapito dalla semplicità del messicano, lo battezza subito come compagno nella sua impresa e vorrebbe portarlo fuori da Robber City e permettergli di esaudire il suo sogno di un pezzo di terra nei dintorni di Nogales, purtroppo il destino ha un piano diverso per lui e il povero Ortega raggiunge la fine della pista contro una pallottola sparata dagli ex complici, senza che il ranger riesca a evitarlo. Un personaggio minore, volendo, ma che si fa ricordare. Il finale è pirotecnico e pieno di polvere da sparo. In fondo Lingo non si dimostra un villain di eccessivo spessore e addirittura non scoprirà nemmeno la vera identità di Gilas, forse l'epilogo è un po' tirato via e Carson e Tiger rimangono troppo sullo sfondo, tuttavia l'episodio si fa apprezzare, è questa in fondo l'unica cosa che conta. Consueta pulizia di tratto del compianto Nicolò'. Stile classico ed elegante, che sebbene non adattissimo col genere western che di solito si sposa meglio con mani “più sporche”, si fa comunque ammirare e poi, come già accennato dinanzi, la sua rappresentazione di Tex bandito rimane nella memoria del lettore. Piccole curiosità in chiusura di commento: da notare la continuity abbozzata da Bonelli con la prima didascalia, che ci specifica che è passato un tot di tempo dall'ultima avventura; passaggi molto usati nei primi albi a striscia dove spesso le avventure erano collegate una con l’altra, poi un po' trascurati dall'autore nel corso degli anni e infine il refuso a pag. 56 dell’albo “Gilas”, in cui il capo banda, in una vignetta fuori campo che immortala il saloon, viene chiamato Ringo. Un errore può sfuggire ovviamente, ma avendolo riscontrato nella lettura della collana TuttoTex, si desume che il suddetto refuso sia sfuggito ai revisori tre volte, o forse solo nel lettering specifico della ristampa, visto che i ballons per le ristampe mi par di ricordare che sono stati rimodulati. Magari se qualche pards possiede l’albo originale può verificare se la mia deduzione è corretta o meno. Il mio voto finale è 8
  10. Mi piace la similitudine usata da Valerio, di considerare la saga di Tex come una serie a più rami, ma la regolare, a mio avviso, è il tronco principale e se si sega quello, viene giù tutto. Non essendoci più i dati di vendita degli anni '70, posso pur capire l'esigenza di dover aumentare le uscite collaterali, ma trascurare la regolare è un'operazione rischiosa: Tex ha una platea ampia di lettori tradizionalisti. La serie Tex Willer fa storia a se, ma è indubbio che le ragioni del successo, sono tutte merito dell'altissima qualità finora garantita da Borden e dallo staff di disegnatori. Le due prove di Ruju sono state "leggerine" a dire il vero, e sullo speciale di Recchioni, non ho più voglia di tornarci. Si evince quindi che anche sulla nuova serie, Mauro è difficilmente sostituibile e se fossi nella dirigenza editoriale tanto tranquillo non starei.
  11. Ho votato mediocre perchè senza Boselli al timone, la vedrei alquanto dura. Ruju è un buon comprimario, affidabile e preparato, ma onestamente considerata la sua media, non lo reputo adatto ad assumere il ruolo di "Prima penna" della serie. Senza picchi narrativi si rischia l'avvitamento della saga su se stessa e un lento ma inesorabile disinnamoramento dei lettori. Manfredi, sebbene sia un autore che adoro, su Tex non ha mai brillato e credo che non lo farà mai, perchè è evidente che il personaggio non è nelle sue corde. Sul ritorno di Nizzi non ho mai nutrito grandi aspettative, non potrebbe essere altrimenti, visto l'età e la comprensibile ritrosia a sperimentare e rimettersi in gioco. La soluzione ideale, al momento, sarebbe quella di clonare Mauro.
  12. La storia che mi appresto a commentare è un’autentica pietra miliare della saga. Gli anni a cavallo tra i ’60 e i ’70 furono a dir poco magici; G.L. Bonelli, in piena grazia creativa, sfornò in rapida sequenza storie memorabili che contribuirono ad accrescere l’alone di leggenda attorno alla sua creatura letteraria. Dopo una ventina d’anni spesi fra strisce e maratone realizzative per garantire l’albetto in edicola, gettando così le basi per il successo futuro, il passaggio al formato gigante rappresentò per gli autori l’apoteosi creativa e proprio in quelle stagioni si costruì, albo dopo albo, il mito di Tex, mito che ancora oggi risulta intatto ed elemento cardine dello straordinario e longevo successo editoriale. Tornando a quel lontano 1969, non si erano ancora spenti gli echi del grandissimo episodio del Signore dell’abisso, che già spuntava in edicola un albo destinato a rimanere nella memoria dei lettori. Già la suggestiva copertina di Galep, con un Tex affranto dinanzi il sepolcro dell’amata Lilyth, con la luna piena a illuminare la lunga lancia conficcata sulla tomba e il winchester stretto in pugno all’uomo, in segno di imminente vendetta, preannunciava al potenziale acquirente di non trovarsi al cospetto di un albo qualunque e se ciò non fosse bastato, sfogliando le varie sequenze ogni dubbio sarebbe stato fugato. Bonelli decise di costruire la trama, traendo spunto dalla morte di Lilyth, non approfondita “in diretta” negli anni in cui la pensò, colmando di fatto questo potenziale buco narrativo. Simile scelta era già stata presa narrando “Il passato di Tex” dove si spiegava ai lettori i motivi che avevano spinto il nostro eroe a divenire fuorilegge, ma a differenza di quell’episodio, “Il giuramento” è decisamente di tutt’altra caratura. La trama è divisa in due tronconi principali: il primo rivive in flashback i momenti tragici dell’orribile piano di Teller e Brennan, che assetati di rivalsa nei confronti del ranger, seminano la morte fra i navajos con una trovata codarda e terribile. Diffondere il vaiolo con delle coperte infette è un’azione diabolica e disumana. La narrazione del flashback ti mette un macigno nello stomaco; man mano che si procede con la lettura prende un nodo in gola. Scene indimenticabili come l’ultimo saluto della dolce Lilyth o il commovente giuramento di vendetta di Tex sul sepolcro dell’amata moglie sono autentiche gemme narrative del grandissimo Bonelli. Sequenze che raggiungono vette altissime di lirismo narrativo, passaggi epici e intramontabili della saga. Come ovvia reazione a simile barbarie, Tex scende furiosamente sul sentiero della vendetta e stavolta la pietà non farà minimamente capolino tra i suoi pensieri. Gli sciacalli che hanno causato il dolore tra i Navajos non devono avere scampo. Il primo a farne le spese è il bieco Tucker, che prima di poter lasciare la riserva, viene seppellito da una valanga di massi generata da un gruppo di Navajos, sguinzagliati dal furente Aquila della Notte sulle sue tracce. Ma la mannaia della vendetta ben presto si bagna pure del sangue di Higgins e i suoi uomini, rei di essere stati gli esecutori materiali del diabolico piano. Sempre in balia di un ritmo serrato, il lettore viene pilotato a fine flashback, dove il piombo di Tex riesce a falciare uno dei due principali nemici, ovvero l’occhialuto Teller, tuttavia nella concitata sparatoria l’esimio Brennan riesce a farla franca e a Tex e Tiger, feriti, non resta altro di prenderne atto e dover rinviare la resa dei conti. Di tempo Bonelli ne fa passare davvero tanto, visto che la sacrosanta vendetta Tex riuscirà ad averla solo una ventina di anni dopo. Tutta la sequenza ambientata nel presente, si fa apprezzare per ritmo e azione ma è indubbio che perde un po’ di magia e coinvolgimento emotivo rispetto all’indimenticabile flashback. Tex e i suoi pards studiano un piano molto deciso per punire Brennan e lo vanno a seguire fino a New Orleans, dove il bandito nel frattempo ha messo su un lussuoso battello adibito a bisca galleggiante. Ciò che comunque colpisce è che Tex non ha minimamente depotenziato la sua spietatezza negli anni e agisce deciso per seppellire il nemico. Davvero particolare il piano che porterà all’affondamento del battello e alla morte di Brennan, il tutto contraddistinto con una macabra pantomima e diretto senza batter ciglio, dal nostro eroe, che così implacabile forse non è stato mai. Comunque non disturba la durezza del ranger, perché il ricordo va sempre alle scene di dolore del villaggio Navajos, piegato dall’epidemia, e la fine di Brennan appare sacrosanta. Se già la sceneggiatura è da Oscar, i disegni di un Galep ispiratissimo, aggiungono quell’ulteriore tocco per garantire all’episodio un saldo posto nell’Olimpo delle storie Texiane più belle di sempre. Il suo stile classico è ideale per la narrazione, la recitazione dei suoi personaggi è perfetta e in punta di pennello riesce a trasmettere sulla carta, tutta il dramma e la tensione narrativa scaturita dall’inesauribile fonte d’ispirazione rappresentata da G.L . Bonelli in quei celebri anni. Solo un appunto mi sento di fare all’indimenticato artista sardo, magari una rappresentazione più giovanile nelle fattezze di Tex nel flashback sarebbe stata più idonea, così si fatica a differenziare il salto temporale presente nell’episodio. Tuttavia suppongo che simili dettagli allora erano poco tenuti in conto e soprattutto la platea di lettori era meno esigente di adesso. Per il resto la resa grafica di Galleppini fu straordinaria. Chiudo facendo notare un refuso in cui incappo’ Bonelli Durante il flashback: nell’ultima vignetta di pag. 81 dell’albo “L’implacabile” lo sgherro descrive Tex a Teller e Brennan come “Un tipo sui quarant’anni… Alto un metro e ottanta etc.” ma una simile descrizione è palesemente errata in quel contesto. Trovandoci in un periodo in cui Kit è ancora in fasce, di conseguenza quasi vent’anni prima del “presente” è impossibile che Tex abbia già quarant’anni. Ne verrebbe che il nostro eroe ottiene la vendetta a quasi sessant’anni compiuti e sappiamo bene che non è possibile. Un refuso che stranamente nemmeno nelle ristampe è stato corretto, o meglio in Tutto Tex no di certo, poi se si è provveduto sulla Nuova ristampa, non so. Piccoli errori fisiologici a parte, ma quanto è bella e poetica l’ultima tavola? Il mio voto finale è 10
  13. Ragionamento che non fa una grinza.
  14. Inizio di centinaio scintillante! A dire il vero, se dovessi lambiccarmi il cervello per trovare gli aggettivi più adatti per descrivere le forti emozioni provate durante la lettura, rischierei di perdere un’intera giornata o riempire il commento da una valanga di elogi. Di certo il Bonelli che si apprestò a comporre questo episodio cardine, era ormai un autore maturo e ben conscio del suo innato talento di narratore. Anche le idee in merito al suo personaggio, erano ormai chiarissime e con l’imminente passaggio dal formato a striscia a quello gigante, i tempi narrativi e le storie a più ampio respiro avrebbero permesso al patriarca del fumetto italiano di marchiare a fuoco la magica epopea del nostro inossidabile ranger. Storie come “Il signore dell’abisso” costituiscono le colonne portanti del successo editoriale di Tex; un episodio epico, avvincente e sceneggiato alla grande da Bonelli. Anche il soggetto è molto forte e originale, sviluppato al massimo con una sceneggiatura in crescendo e intrisa di azione e mistero. Il tutto inizia da quello che sembra un “banale” contrabbando di armi col Messico, ma via via che i nostri iniziano le indagini, si delinea uno scenario molto più imprevedibile e complesso. Le misteriose e orripilanti morti, l’arcano amuleto ritrovato per caso sulla pista, l’ineffabile e rognoso indio Pablito che si premura a eliminare gli alleati per impedire che possano tradire l’organizzazione e la presenza del Morisco, ravvivano alla grande la prima parte. Davvero eccezionale la sequenza delle sabbie mobili, scritta magistralmente dall’autore. Ma tutto l’avvicinamento al regno di Tulac è da manuale. Il lettore divora le pagine con grande interesse e la tensione narrativa non accenna a diminuire. Interessante la visita dei nostri a Pilares, con Tex e Morisco che ancora si danno del lei, ed Eusebio che, non avendo ancora sciolto del tutto le sue riserve nei confronti dei pards, si comporta in maniera ambigua. Il finale è pirotecnico è chiude degnamente la prova, resa indimenticabile pure dalle belle caratterizzazioni degli avversari. L’ennesimo sogno di ribellione degli antichi Aztechi, anche stavolta è destinato a sfumare, tuttavia le figura di Tulac e soprattutto del padre, che dagli antri vulcanici tira fuori le misteriose pietre della morte, sono destinate a rimanere scolpite nell’immaginario degli appassionati. Non meno interessante la figura dell’infido bandoleros El Dorado, tipica canaglia senza scrupoli che pur di raccattare denaro, è disposto a tradire anche l’anziana madre. Su Pablito avevo già speso alcune parole in precedenza ed è indubbio che proprio la sua azione movimenta tutta la prima parte e darà molto filo da torcere ai due pards. Rievocare a memoria tutte le sequenze avvincenti della trama è piuttosto arduo e si finisce sempre col dimenticare qualcosa appena si scrive il commento. Posso solo tirare le somme definendo l’episodio in questione di eccezionale fattura e non è un caso che nei primi anni 80 lo si scelse come soggetto per il film di Tessari. Il caso vuole pure che il sottoscritto abbia rivisto la pellicola quasi in contemporanea con la rilettura degli albi e purtroppo il film non rende minimamente giustizia al fumetto. Tralasciando le differenze, anche l’interpretazione del compianto Gemma mi convince poco; un attore molto bravo ma non adatto per rivestire il ruolo di Tex, essendo troppo serioso e con la faccia di bravo ragazzo. Non essendo questa la sede adatta, non mi dilungherò oltre nei giudizi del film (occasione comunque mancata) e concludo il mio commento citando la grande prova grafica di Guglielmo Letteri. Il disegnatore sfodera tavole su tavole con un’altissima qualità. Espressività, dinamismo, pulizia di tratto, ottime rese paesaggistiche si ripetono in loop tra le tavole senza alcun calo. Contributo perfetto per la resa dell’episodio e stile destinato ancora a crescere negli anni successivi. Disegni distanti anni luce da quelli che l’autore partorirà nella fase calante di carriera e che ammiro sempre con molto piacere. Il mio voto finale è 9
  15. In effetti un rincaro così corposo, in un'unica soluzione, mi lascia interdetto. Non entro in merito sui motivi che stanno alla base, non li conosco, li posso solo immaginare ma comunque non ho cognizione di causa per discuterli, tuttavia è il "modus operandi" che mi preoccupa. Qui non si tratta di finire sotto i ponti per una manciata di euro in più, o di non voler sostenere il fumetto da edicola (personalmente lo faccio da più di trent'anni e lo farò ancora), ma si rischia con questo andazzo che lo zoccolo duro di lettori venga semplicemente considerato come una mucca da mungere e non so questo giochino quanto può durare alla lunga, in un periodo in cui la crisi investe molti settori e non solo l'editoria. Non è corretto né per i lettori (quelli di lungo corso perchè di nuovi così hai voglia a volerli acchiappare!), né tantomeno per gli autori, che se da un verso è sacrosanto che vengano giustamente pagati per la loro arte, dall'altro rischiano, alla lunga, di creare solo per una piccolissima elitè di acquirenti collezionisti facoltosi, che magari neanche leggono l'opera e la ripongono sugli scaffali solo per arricchire la collezione.
  16. Diritto sacrosanto quello di puntare sulla quantità se c'è vendita, anche se non sempre quantità e qualità sono proporzionali, ma qui entrano in gioco le valutazioni soggettive dei gusti. In questa logica però, stride il rincaro esponenziali dei prezzi: se si aumenta l'offerta e la domanda rimane pressochè costante, non vedo perchè debba schizzare il prezzo. Non vorrei che si punti troppo sui numeri di vendita di Tex, per colmare i buchi delle altre collane. Diritto sacrosanto pure questo volendo, ma che alla lunga penalizza i lettori dell'universo di Aquila della Notte.
  17. Personalmente non ho smesso di acquistare il maxi per il presunto pregiudizio che ospiti storie dirottate (in alcuni casi secondo me capita ma è pur ovvio che non è una costante, ci mancherebbe) bensì perchè, non ospitando più un unico episodio come in passato, il formato non mi affascina più. Non sono un grande amante delle storie brevi, quindi non vedo il motivo per cui debba privilegiare questa collana rispetto ad altre uscite. Una delle ragioni alla base della mutazione della formula è ovviamente il fatto che al giorno d'oggi i disegnatori non sono più veloci come un tempo e la genesi di un "balenottero" è problematica, ma mi chiedo allora perchè continuare a lasciarlo semestrale. Evidentemente ormai si punta sulla quantità ed è legittimo, chi sono io per criticare una simile scelta editoriale! Però è altrettanto legittimo per un lettore scegliere fra le tante proposte, a maggior ragione nel mio caso in cui il vizio del completismo (citato da Diablero) mi è passato da un pezzo.
  18. Suppongo che le vendite giustifichino la semestralità della collana maxi, ma personalmente è da tempo che mi convince poco la doppia uscita annuale. Alle origini, l'eccezionalità del formato (o meglio del numero di pagine, visto che il formato era identico al gigante a differenza del texone) aveva il suo perchè: potersi gustare un malloppone che conteneva un lungo episodio tutto d'un fiato, a mio avviso valeva il "prezzo del biglietto" e dava un tocco di straordinarietà. Comprendo che al giorno d'oggi sia eccessivamente complicato produrre in tempi accettabili una storia di 330 pagine, ma a mio avviso, non trovo affatto appagante comprare un maxi, per trovarmi due storie "autoconclusive", spesso dirottate sul formato perchè non in linea con i parametri della regolare. Un conto sono le pubblicazioni come Nueces Valley o I tre Bill, un altro quelle che uniscono storie diverse, senza nemmeno un labile filo conduttore.
  19. L'albo che mi appresto a commentare fu speciale davvero, non tanto per la storia in sé, che per vari motivi si presenta alquanto leggerina e non certo epocale, ma soprattutto per quel che rappresentò per la saga e la casa editrice in generale. Sergio Bonelli, nelle sue rubriche, non ha mai nascosto quanto il raggiungimento di un simile traguardo, nel 1969 fosse un'impresa titanica da festeggiare con i botti. Col senno di poi, ogni record editoriale è stato frantumato dal nostro inossidabile Tex, ma allora, raggiungere il numero cento e ventuno anni di vita editoriale per il personaggio fu davvero straordinario. Già l'aria di festa si respira nella copertina: una rivisitazione pittorica personale di un vecchio manifesto di Bogart, a opera di un Galep ispirato e in piena forma. Al tutto si aggiunse il colore, aspetto totalmente straordinario in quel contesto e Bonelli senior, per non essere di meno, tirò fuori una trama particolare che vede la presenza in contemporanea di tre amici importanti quali Jim Brandon, Gross Jean e Pat Mac Ryan. Il soggetto è esile e la sceneggiatura risente forse del limite di foliazione, tutto sommato l'episodio assolve appieno il suo compito celebrativo e funge da apripista al periodo d'oro della serie. Pazienza per l'assenza di Montales, cosi come per la non eccessiva incidenza di Matías e i suoi predoni, tutto sommato la storia intrattiene e diverte, grazie anche alle gag dei due energumeni e un Tex tirato a lucido. Meglio comunque la prima parte, dove i sette castigatori smantellano il servizio d'informatori della banda, che la parte finale in cui Matías viene sconfitto. Qui un po' la velocità con cui si risolve la faccenda disturba un po'. Sull'errore di rappresentare Jim Brandon in divisa d'ordinanza in Messico se ne è già parlato e condivido, non meno curioso quello di rappresentare Cochise giovanissimo e con tanto di chioma nera. A dire il vero anche Bonelli incappa in due leggerezze, a mio avviso: la prima al forte dove l'ufficiale senza uno straccio di prova in fondo, avalla la tesi di Tex in merito alla colpevolezza della guida indiana, ma ancor più insolita, a mio avviso, la scena in cui Tex spara bellamente alle spalle di Runyon senza crearsi problemi. Di solito cerca prima di fermare l'avversario, magari ferendolo o sparando al cavallo, qui, forse avendo fretta, lo liquida in un amen e buonanotte! Comunque sono dettagli che poco incidono in una prova celebrativa e sebbene "Super Tex" la reputo un gradino sotto all' Idolo di Cristallo" la piena sufficienza di valutazione è raggiunta. I disegni di Galep sono ottimi e maestosi come sempre e sebbene la colorazione piatta e "pittoresca" dell'epoca non giova al miglioramento della prova grafica, l'indimenticato maestro si ritaglia il giusto merito nella festa del nostro ranger. D'altronde il suo continuo contributo fu alla base del successo di allora visto che senza lui, un simile traguardo era arduo raggiungerlo. Chiudo con l'ennesimo aneddoto personale legato all'episodio: la prima volta che lessi la storia non fu su un albo ufficiale, bensì nel diario scolastico che nei primi anni novanta fu prodotto e che acquistai immediatamente appena lo vidi in cartoleria. Già amavo Tex e poi la splendida copertina “dell'Enigma del feticcio” che capeggiava in cima al diario, fu l'ennesima folgorazione. Ricordo che l'episodio in B/n era suddiviso per strisce sotto ogni pagina destinata a segnare i compiti delle lezioni. Solo alla fine di ogni mese si trovava una pagina completa, comunque era un'idea originale per passare un anno in compagnia di Tex e cercare di attirare giovani lettori. Un'idea molto più suggestiva rispetto alle operazioni di marketing attuale. Il mio voto finale è 6
  20. Storia breve e atipica, ma al contempo molto interessante e ben scritta. L’esempio di quanto G.L. Bonelli sapesse districarsi anche su trame non del tutto convenzionali. Il soggetto in fondo è basilare: il solito figlio di papà con le pigne nel cervello, rampollo di un prepotente ancor più odioso, convinto di poter fare il bello e il cattivo tempo sull’intera comunità di Silver Bell. La prima parte della storia non ha nulla di eccessivamente particolare, visto che s’incentra sulla punizione di Tex nei confronti del giovane Baker e la successiva rappresaglia per vendetta degli uomini di quest’ultimo, che andranno comunque incontro al piombo dei due pards. Ordinaria amministrazione, direte, eppure il grande Bonelli tira fuori il proverbiale coniglio dal cilindro, arricchendo la parte finale con tanti colpi di scena e personaggi memorabili, facendo far il salto di qualità a quella che in apparenza, sembrava solo una storiellina insipida e poco originale. Non è certo la prima volta che i nemici di Tex assoldano pistoleri prezzolati per farlo fuori, la lista sarebbe lunghissima e potrebbe riempire un volume dello spessore di “Guerra e Pace”, ma bisogna dire che quasi nessuno riesce ad andare vicino dal compiere la missione come Ruby Scott. L’ineffabile meticcio vestito di nero con tanto di giacca ornata da monete d’argento, sapientemente tratteggiato dai pennelli di Galep, con lo sporco trucco della fondina rotante, ferisce seriamente Tex nel duello sulla main street. Tex sconfitto, questa sì che è una notizia e che ciò avvenga dalla penna di Bonelli senior fa ancor più effetto. Una sconfitta nata dalla slealtà, ma pur sempre un epilogo inatteso del duello. Ovviamente la soddisfazione di Scott ha brevissima durata, visto che Tex, contravvenendo ai moniti del medico, ancora parzialmente svestito, otterrà la sua vendetta con la sola mano sinistra, dimostrando che senza il trucco dello swivel un simile avversario se lo beve come un caffè nero e forte. Ruby Scott è in fondo solo un vigliacco, ma col suo gesto, non previsto da Tex, si ritaglia un ruolo importante nella saga. Ma l’episodio ci regala sui titoli di coda altri due colpi di scena memorabili: il primo la fiera vendetta della bella Sahuara, che impiomba l’odioso Baker Jr. ritenendolo responsabile della morte dell’amato e la successiva follia del vecchio Baker, che dopo aver appreso della morte del figlio, si lascia morire tra le fiamme, in una scena di forte impatto. Anche molto interessante la figura del soprastante Keno, che si rivela una persona coscienziosa e di buon senso, stupendo positivamente Tex con il suo gesto di avvisarlo dell’arrivo del macabro Scott a Silver Bell. Solo Bonelli riusciva a condensare tante emozioni in pochissimi tavole, il tutto sempre arricchito dai consueti dialoghi splendidi e ritmo narrativo serrato e mai noioso. Che dire poi dei disegni di Galep: semplicemente splendidi. Un regista visivo d’eccezione che su punta di pennino dà corpo alla fantasia di Bonelli e ci dona tavole molto dinamiche ed espressive. Un tratto classico ma altamente elegante, molto efficace nella recitazione dei personaggi e diretto, con pochi fronzoli e tanta sostanza. Capisco che le giovani leve di lettori facciano fatica a metabolizzare uno stile molto lontano dai canoni grafici moderni, ma commettono un errore notevole nel sottovalutare l’indispensabile e (imprescindibile!) contributo del compianto maestro alla celebre saga di Aquila della Notte. Galep non è solo il papà di Tex, è qualcosa di più e, a mio avviso, senza la sua preziosa opera, son certo che non ci sarebbe stato né Tex né il grande successo. Che poi nel mio piccolo, posso dire che ricopiare i suoi disegni imitandone lo stile è di una difficoltà innata, d’altronde se lo è per mostri sacri come Villa, figurarsi per piccoli scarabbocchiatori amatoriali come il sottoscritto. Chiudo con due piccole curiosità riscontrate durante la rilettura. Nelle tavole 66 e 67 dell’albo “La sconfitta” Galep disegna lo sceriffo Andy Ross molto più magro rispetto alla caratterizzazione grafica data fino a quel momento e pure dopo; semplice svista? Solo io vedo la mano di Muzzi nella quarta e quinta vignetta di pag. 38, nella quarta di pag 39 e nella seconda di pag. 40? Correzioni redazionali o un mio banale abbaglio? Il mio voto finale è 8
  21. Condor senza meta

    Le tre migliori storie di sempre

    Credo, semplicemente, che Mauro abbia partecipato al sondaggio nei panni di lettore, scindendo il suo operato dalla produzione degli autori che lo hanno preceduto. Comunque è consapevole (e se non lo è , noi glielo ricorderemo sempre ) che parecchie sue prove sono degne dell'Olimpo texiano. Il passato di Carson su tutte!
  22. Condor senza meta

    [96/98] La Caccia

    G.L. Bonelli s'impersonava così tanto nel suo personaggio da arrivare a scriverlo in maniera del tutto naturale. Credo che proprio questo aspetto sia alla base del suo inimitabile stile. Qualsiasi soggetto scegliesse, riusciva a svilupparlo in maniera esplosiva. Era in grado di rendere avvincenti anche storie che partivano da spunti deboli o ripetitivi; suppongo che nel periodo in cui era all'apice dell'ispirazione, se gli avessero dato come spunto di partenza un manuale d'istruzione di un frullatore, sarebbe comunque riuscito a partorire qualcosa di buono . Le sue innate doti di narratore sono fuori discussione a mio modo di vedere!
  23. Condor senza meta

    [96/98] La Caccia

    Riposto in soffitta il vecchio formato a striscia, il grande Bonelli si accinse a inaugurare la nuova lineup. Un esordio col botto che, sebbene non ai livelli di capolavori del calibro di “Sangue Navajo” o “Vendetta Indiana”, ci mostra un autore in stato di grazia e già all’apice della maturità artistica e stilistica. Il compianto sceneggiatore fornisce l’ulteriore prova di come sia possibile proporre storie scoppiettanti e divertenti nonostante si attinga al classico e ripetitivo spunto di soggetto. In effetti non sarà la prima, né l’ultima volta, che Tex dovrà indagare su furti di bestiame e fronteggiare i tipici padreterni di paese, che credono che tutto gli sia possibile grazie al loro potere, tuttavia ogni volta il vulcanico G.L.Bonelli riesce a stupire il lettore, con trame avvincenti, condite da ottimo ritmo narrativo e dialoghi efficacissimi. Ciò che più salta all’occhio durante la lettura, la pura essenza della texianità che esala da ogni tavola. Il Tex che agisce nei dintorni di Mohawak è la sintesi perfetta dell’eroe duro come il granito, ironico al punto giusto, abile e deciso come non mai e fine stratega. Il ranger, sotto falso nome, non si ferma dinanzi a nulla pur di punire i colpevoli e non si crea minimamente il problema di infrangere le regole pur di far valere la giustizia. Seguendo il proverbiale detto che “la farina del diavolo finisce tutta in crusca” in sequenze davvero esplosive riduce in tizzoni fumanti l’impero del villain di turno, abilmente manda a farfalle il grosso della manovalanza nemica (a tal proposito molto interessante la trappola del passo di Tule) e mostra per tutta la durata degli albi di aver ben salda in mano la matassa dell’indagine. Come ovvio trionferà alla fine, ma lo fa in maniera netta e meritevole, senza troppi “aiutini” esterni. Molto bello pure l’incipit coll’eremita indiano che gli riferisce alcuni indizi criptici, che sebbene sembrano i vaneggiamenti di un folle (come pure sostenuto da Carson dopo il colloquio), si riveleranno importanti, una volta decifrati, per far luce sul furbo piano usato dalla banda del maggiore Farriman, per far transitare il bestiame rubato in Messico, lungo la linea ferroviaria. Non mancano le furiose scazzottate e i gustosissimi siparietti ironici col fido Carson e giunti all’epilogo, si chiude l’albo soddisfatti, consci di aver gustato una divertente e avvincente storia. Proprio su Carson vorrei soffermarmi un attimo: ho letto che qualcuno sostiene che il vecchio Bonelli lo trascurasse un po’ e che fra i pards era quello meno riuscito, ma reputo che una tale affermazione sia del tutto errata. Prendendo come riferimento “La caccia” (solo perchè in topic ma l’elenco sarebbe lungo), il Carson che agisce a fianco di Tex è sfavillante; una valida spalla ma non troppo, visto che non è subordinato al fido pard, bensì un ottimo comprimario, rapido, affidabile e ben sveglio. Un lontano parente dal Kit che necessita che Tex gli spieghi paro paro ogni cosa; la sua intesa con il pard è perfetta, il suo intuito vivo e visibile, recita la parte del polemico pessimista ma non si tira minimamente indietro dinanzi il pericolo. Che dire poi degli splendidi scambi di battutine fra i due o le divertenti scenette con la burbera arpia affitta camere, che li rimprovera di non usare da tempo il sapone e che li lascia fuori per aver fatto tardi la notte. Prende qualche bottarella di troppo in zucca durante la zuffa di saloon ma si riscatta ampiamente con le colt in pugno. Alto che Carson sottovalutato, la caratterizzazione bonelliana è a mio avviso perfetta, magari tutti gli autori successivi avessero seguito questi stilemi ben definiti! Ricapitolando: non un capolavoro ma un episodio notevole, che rileggo sempre volentieri, mantenendo intatto il livello di divertimento. Ai pennelli di Muzzi, come di consueto, fu affidata questa storia cittadina. Il tratto del disegnatore milanese si mostra alquanto datato agli occhi critici di oggi, ma è indubbio che conserva comunque un particolare fascino. L’artista fa camminare a braccetto classicità e dinamismo e col suo stile riconoscibile, traccia con decisione e discreta resa le scene scoppiettanti che abbondano lungo la sceneggiatura. Gli sfondi sono meno curati rispetto ad altri colleghi, le sue figure forse troppo affusolate e i visi allungati, pure le colt sembrano avere canne troppo lunghe e le donne rappresentate non sono il top del fascino, tuttavia l’indubbia capacità narrativa di Muzzi, fa trascurare gli appunti appena mossi e gli fece meritare appieno la vetrina prestigiosa di Tex. A tal proposito, come già scritto in altri post, continuo a non capire l’assurda scelta redazionale di far ridisegnare i volti di Tex a Galep. Non credo che le fattezze Del ranger tratteggiate da Muzzi fossero così pessime da giustificare una tale opzione e soprattutto, visto l’esito finale che palesa sproporzioni per il 90% dei casi e un Tex che sembra una caricatura stile Franco Bruna, con corpo esile e testa macroscopica, mi fa pensare che il presunto rimedio fosse peggio del “problema”. Può reggere la tesi di Sergio che giustificava questo pasticcio solo per non “disorientare” i lettori con una rappresentazione non canonica del loro eroe? Come la prendeva Muzzi visto che era il solo a dover subire una tale imposizione? Nessuno si lamentava dell’esito finale di alcune vignette non del tutto decoroso? A mio avviso il grossolano errore di valutazione di Sergio, figlio della sua presunta bassa stima delle doti di Muzzi, al giorno d’oggi avrebbe suscitato una indignata sequela di proteste dei lettori, molto più attenti agli aspetti tecnici delle tavole, ma come sovente scriveva Bonelli “inutile piangere sul latte versato”. Il sottoscritto è convinto che senza le rapide e poco ispirate, correzioni redazionali, le tavole di Muzzi sarebbero giunte a noi meno rovinate, ma col senno di poi sono piene le fosse e non ci resta che prenderne atto. Il mio voto finale è 8
  24. Suvvia ragazzi, non sarebbe il caso di stringersi la mano e chiudere qui il diverbio? Continuare questa sorta di guerra fra "Guelfi e Ghibellini" a che serve, se non ad alimentare una tensione nociva per il forum? Diablero ha le sue idee su Nizzi e non vedo perchè non possa esporle. Altri utenti la pensano in maniera opposta e ci sta pure, quindi perchè tirarla così a lungo? Scusate se mi sono permesso di intervenire, ma credo che continuare a battibeccarsi così non porti a nulla se non a esasperare gli animi.
  25. Miglior storia: L'agente federale Miglior copertina: Tex l'inesorabile Miglior personaggio: Ramona
×
×
  • Crea nuovo...

Informazione importante

Termini d'utilizzo - Politica di riservatezza - Questo sito salva i cookies sui vostri PC/Tablet/smartphone/... al fine da migliorarsi continuamente. Puoi regolare i parametri dei cookies o, altrimenti, accettarli integralmente cliccando "Accetto" per continuare.