Anche per me un inizio di storia molto bello e intrigante, con un Tex che ancora una volta dimostra grande intraprendenza e amore per il rischio e ho anche molto gradito il fatto di riprendere il filo del discorso di una narrazione lasciata interrotta in una storia precedente.
Poi il personaggio di Pedro Raza appare fin da subito dotato di una sua "grandezza", non solo per il timore che suscita (e che sa ben coltivare nei suoi sottoposti), ma anche perché, pur essendo spregiudicato e attento anzitutto agli affari, si coglie che ha un affetto sincero per il figlio (certo, anche nella prospettiva di farne l'erede del suo "impero"). Quindi, si profila un incontro/scontro degno di nota tra lui e Tex.
L'unica nota che mi pare un pochino esagerata in questo albo è la considerazione di cui Tex pare godere da parte dei vari capi delle tribù indiane. Non solo riescono a riconoscerlo, nonostante non stia ancora indossando la sua fatidica camicia gialla, ma non si lasciano neppure ingannare dal nomignolo di Teobaldo (notoriamente, santo protettore dei Carbonari). E il suo vero nome è talmente degno di riverenza che - pur conoscendolo - neppure lo pronunciano, quasi presi da sacro timore...
Scherzi a parte, mi sembra che l'autorevolezza che viene riconosciuta a un giovane uomo bianco come Tex anche da chi può averne sentito parlare poco e lo incontra per la prima volta e il prestigio di cui sembra godere presso queste tribù (che gli permette fra l'altro di uscire indenne, anzi con un aiuto, da situazioni difficili), pare quasi già prerogativa di Aquila della Notte...