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Condor senza meta

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Tutto il contenuto pubblicato da Condor senza meta

  1. Condor senza meta

    [Color Tex N. 21] La gazza ladra

    Sulla strana espressione di Tex concordo Sandro, può anche darsi però che ci sia pure un concorso di colpa con Ruju. Si dovrebbe vedere cosa c'era scritto nella sceneggiatura: è una vignetta senza testo e credo che lo sceneggiatore, prevedendo un primo piano "muto", abbia spiegato per sommi capi l'espressione da disegnare. L'ultima vignetta è un errore, ma veniale volendo. Tex può aver cambiato posizione tra uno stacco e l'altro.
  2. Ti ringrazio per le belle parole Jeff. Spesso i ricordi e le malinconie prendono il sopravvento nei miei commenti lo ammetto, soprattutto nelle storie lette da ragazzo; non so se sia un bene, forse si rischia di annoiare gli utenti con questi attacchi di "filosofite" , ma oltre agli aspetti prettamente tecnici, che ci accingiamo ogni volta a discutere soggettivamente sul forum, ritengo che possa pure essere bello cercare di esprimere e condividere le emozioni personali e la passione che la lettura ci infonde nell'anima. "Siamo fatti della stessa sostanza dei sogni" affermava un celeberrimo drammaturgo del passato e trovo che la razionalità, seppur importante nella vita, non debba mai del tutto eclissare la voce del cuore. Guai se fosse così: la vita diverrebbe vuota e ripetitiva senza i sentimenti, anche quelli che scaturiscono durante la lettura del nostro fumetto preferito.
  3. Finora il recupero dei cartonati mi ha donato piacevoli letture, però con il presente albo ho avuto il primo intoppo. Ma procediamo per gradi. I testi per l'occasione furono affidati a una guest star internazionale e l'iniziativa può starci trattandosi di una collana non convenzionale e che punta all'esito autoriale. Se Chuck Dixon era all'esordio su Tex, per Alberti rappresentava un ritorno, dopo la buona prova di "Frontera", edita sempre per il medesimo format. Ma anche sul compato grafico tornerò in seguito. Ho esordito il mio commento parlando d'intoppo e in effetti ammetto che la storia non mi ha fatto fare i salti di gioia. Anche considerando l'attenuante di una non eccessiva conoscenza del personaggio, sono state alcune scelte narrative a me poco chiare a non convincermi durante la lettura e darmi la sensazione che l'autore abbia montato la storia con un collage di scene a effetto, non del tutto legate fra loro, più un colpo di scena finale poco costruito nella trama e un po' fine a se stesso. Dopo questa premessa, provo a entrare nel dettaglio: Si inizia con la banda dei rapinatori che fa ingresso a Cinnamon Wells e si indugia per ben due pagine a discutere di bacon e uova (due pagine su quarantacinque possono sembrare eccessive ma sorvoliamo, forse il fatto che la storia non mi sia piaciuta, mi fa accettare meno cose normalissime). La tradizionalissima rapina alla banca del paese presenta la prima stonatura: capisco che i banditi venivano da fuori, ma perchè delinquere a volto scoperto in mezzo a una folta folla? Ci scappa l'inevitabile fuga con sparatoria e uno dei banditi, col vicesceriffo che gli spara senza riparo dinanzi l'ufficio, che fa? Mira allo sceriffo disabile quasi invisibile sulla porta. Sfiga? Pessima mira? Forzatura narrativa per giustificare la successiva posse e la collaborazione del giovane vice con Tex? Fate voi. Si organizza l'inseguimento e guarda caso spunta il nostro ranger con un tempismo perfetto. Arriva con due morti di traverso sulla sella per consegnarli allo sceriffo con tanto di distintivo a vista appeso sulla camicia (come documentazione a Dixon hanno dato storie di Nolitta e Nizzi?). Doveva ritirare le taglie? Perchè non seppellirli? Avrei optato per una soluzione più credibile, ovvero che il nostro si fosse incontrato per caso sulla pista degli ignoti rapinatori e dopo la sparatoria li portava allo sceriffo per il riconoscimento, o che essendogli già alle costole, almeno uno dei due lo consegnasse vivo legato al cavallo, la coincidenza del suo arrivo in un paesino così sperduto avrebbe a mio avviso inciso meno, ma la scelta dell'autore è diversa e non posso far altro di accettarla. Si pensa che la posse possa essere il fulcro dell'episodio ma subito ci si ricrede: tutti i componenti si tirano indietro per evitare il deserto (erano convinti di andare a fare una passeggiata? Dei banditi che desiderano far perdere le tracce scelgono l'autostrada? ) ma ancor peggio ben presto il povero vice sceriffo viene impiombato come un tordo, con Tex che cade banalmente nell'agguato senza sospettare nulla e dire che fino a poche pagine prima, nel più assoluto buio della notte, aveva scorto il segno di una roccia scheggiata dai ferri del cavallo dei banditi! Scena commovente quella della dipartita del povero vice affezionato allo sceriffo "secondo padre", ma anche in questo caso la trovo una trovata per scuotere il lettore e poco giustificabile, visto la figura che fa Tex, incapace di proteggere il giovane e dire che si proponeva di fargli da chioccia grazie alla sua esperienza. Gus, il miglior tiratore dei banditi, è tanto bravo con le armi e ce lo mostra liquidando vigliaccamente il vice, ma viene ricompensato con un calcio nel sedere dai soci e lasciato a morire di sete nel deserto per essersi fatto impiombare il cavallo; l'autore vuole farci vedere quanto siano cinici i componenti della banda, ma mi chiedo come mai Gus accetti così passivamente la sua condanna. Essendo il più abile con le pistole, ci si aspetterebbe che qualche reazione potesse intentarla, a maggior ragione che gli ex compagni non si prendono la briga di disarmarlo e si allontanano dandogli le spalle. Gus che fa dunque? Volta le spalle, con la sella a carico e si allontana nell'altra direzione mestamente! Giunti a tal punto, Dixon muove la trama inserendo un'altra scena slegata che a me non mi ha per nulla convinto. Il boicottaggio al lago può essere spiegato con le ragioni che ci raccontano i tre scalcinati dinamitardi, ma la sequenza che segue l'ho dovuta rileggere più volte e ancora non la comprendo. Che cosa passa nella testa di Tex per andare incontro a un carro minato? Cosa voleva fare? Spegnere con le mani la miccia? Ha sbagliato banalmente i tempi? Non se la sentiva di tentare il taglio miccia con un colpo di winchester e per la vergogna decide di suicidarsi? Onestamente, questa scena stento a comprederla, per me è illogica come illogico pare che, trovandosi a pochi centimetri dall'esplosione, un uomo possa evitare di finire in brandelli, ma forse qui è Alberti a sbagliare le misure del disegno, rappresentando il cavallo di Tex troppo vicino allo scoppio. Mi chiedo: e se la scena "incriminata" serve solo all'autore per fare incontrare Gus e Tex? Di fatto il "bandido abbandonato" che ha già le sue rogne da risolvere essendo in un deserto a piedi e senza una goccia d'acqua, dopo aver sentito il boato che fa? Si sciroppa chissà quanta strada sotto il sole per sincerarsene e salvare Tex. Che non riconosca in lui l'uomo che lo seguiva può starci, ma la deviazione del percorso? Si trovava solo a passare di li? Non stiamo qui a spaccare il capello in quattro. Inizia così la sequenza in cui i due "naufraghi del deserto" si alleano, tra illazioni e sguardi di sfida, al solo scopo per reperire dell'acqua e non morire di sete e di colpo il deserto si popola più di una città balneare in piena estate. I due incontrano una carovana di pionieri sprovveduti che, oltre ad avventurarsi in una zona del tutto balorda, sono così ingenui da affidare i loro muli e la poca riserva d'acqua a due perfetti sconosciuti; chi poteva loro garantire che i due uomini non se la filassero lasciandoli come pivelli alle prese con la sete? Segue l'altro incontro "casuale" della strana coppia Tex- Gus contro i tre dinamitardi (guarda un po' chi si rivede!). Esito scontato della sparatoria e via alla successiva sequenza. Si arriva a Cinnamon Wells e, dopo tantissime ore in cui armato Gus poteva tentare di sorprendere il ranger magari quando gli dava apparentemente le spalle, il tiratore che fa? Lo sfida in duello per dare vita all'ennesima scena a effetto ma alquanto discutibile per come è preparata. L'epilogo lo reputo ancor più indigesto. Sorvolando sul breve cameo di Carson del tutto supefluo a quel punto, mi si è quasi rivoltato lo stomaco quando il vecchio cammello esorta il pard a lasciare i banditi al loro destino, d'altronde "non può seguirli tutti!" Ma siamo su Scherzi a parte? Che cosa si è fumato Carson? E Tex che gli dà pure retta? Capisco che il nostro "personaggio in camicia gialla" voglia prima salvare dalla sete la carovana di ingenui, ma come mandar giù che si rassegni a lasciare liberi i banditi? Ma non era questo il suo scopo appena unitosi alla posse? Così vendica il giovane vice sceriffo morto sotto i suoi occhi? Stendiamo un velo pietoso! Il lettore dovrebbe ritenersi soddisfatto del fatto che nella scena finale (l'ennesima sequenza slegata) i banditi mai nemmeno visti da Tex, pagano i loro crimini cadendo sotto il piombo degli Apache alleati al nativo della banda, ma mi chiedo il motivo di un simile agguato. Da quando in qua gli indigeni uccidono per il denaro? E se non era quello il movente dell'agguato finale, quale scopo porta all'eccidio? Bah. Mi spiace, ma tutte questi punti che ho elencato e che non mi hanno convinto, mi costringono a giudicare insufficiente la storia. Anche Alberti, rispetto all'esordio, lo trovo meno preciso e pulito. Tratto sintetizzato o un po' tirato via per la fretta di realizzazione? Poco convincenti le rappresentazioni di Tex e Carson ma di contro, buona la resa degli sfondi e il dinamismo delle vignette. Le gabbie sono meno ardite di altri cartonati, ma la colorazione di Vattani è eccellente e nel complesso il comparto grafico è sopra la sufficienza. Per il resto, cartonato atipico ma la texianità non pervenuta. Il mio voto finale è 4
  4. Anche il sottoscritto trova che la bozza di Letizia sia più pulita e meno invasiva rispetto all'originale. Il font andrebbe un tantino migliorato, ma suppongo che sia stato realizzato in fretta e furia a scopo dimostrativo. Auspico che si apporti qualche modifica a quel titolo prima della pubblicazione: un albo di pregio della collana Bonelli non merita simile obbrobbrio.
  5. Legnate magari no, ma una energica tirata d'orecchie è il minimo. Ben lungi dal voler insegnare il mestiere a dei professionisti, ma reputo che una soluzione grafica così pesante per il font, equivale ad assassinare una copertina. Anche ammettendo che si volesse scegliere la tridimensionalità dei caratteri, era da evitare una profondità così eccessiva e il nero per il riempimento: un colore che rende pesante e inelegante il titolo, ancor più considerando che non vi è nessun stacco tra le "ombre" delle lettere. Mi spiace dirlo, ma sembra il frutto di un lavoro frettoloso fatto senza un minimo di cura e rispetto per il lavoro del copertinista. Se fossi stato in Gomez un po' mi sarei incavolato a vedere questo scempio. Quel "muro nero" posto al centro della cover, sporca pure lo splendido ritratto della pellerossa nel fondo della copertina. Grafica da rivedere assolutamente per il futuro!
  6. Approfittando degli ultimi scampoli di ferie, ho proseguito il mio recupero dei cartonati. Mi sono imbattuto così nella presente storia, che rappresenta un'ideale prosecuzione dell'albo "Il vendicatore" e segue la formula del giovane Tex (in voga in quei mesi), che tocca con Nueces Valley l'apice e rappresenta il preludio alla collana "Tex Willer" varata qualche tempo dopo. Episodio breve ma corposo; un classico western duro e carico d'azione, ben sceneggiato da Borden, che tra le pieghe del giovane Tex va a nozze, e reso molto bene graficamente da Mastantuono. La trama è semplice ma valevole e Tex, coadiuvato da uno stuolo di abili alleati del calibro di Callaghan, riesce a farsi giustizia a suon di piombo. Curioso pure l'epilogo con una scena secca e fulminea che sembra slegata dalla storia, ma non lo è tanto per il lettore attento, che riconosce nel misterioso attentatore, uno dei pochi superstiti della banda. Pochi fronzoli e tanto dinamismo, per una lettura d'evasione che allieta il tempo e intrattiene. Soggetto non trascendentale ma esito superiore rispetto al capitolo precedente, secondo i miei gusti personali. Storie dallo stampo classico e più "semplici" non guastano di tanto in tanto e Mauro mostra di saperle scrivere, sebbene sia più propenso alle trame areose e intricate, caratterizzate da tantissimi personaggi. (vedasi il recente Tex Willer!) Mastantuono sfrutta bene la maggiore libertà espressiva e mostra tutti i suoi progressi alle prese col genere. Molto accattivanti pure le colorazioni, che esaltano le scene notturne e al tramonto, e forniscono una maggiore tridimensionalità alle pose del disegnatore, molto migliorate rispetto ai legnosi esordi. Personale la sua caratterizzazione grafica del giovane Tex, alquanto capellone. A me non dispiace, ma comprendo che qualcuno possa essersi lamentato di una rappresentazione così poca canonica. Nel complesso un buon albo, che mi conferma l'idea di dover rivalutare decisamente il format. Il voto finale è 7
  7. Condor senza meta

    [164/166] Apache Kid

    Anche il grande Bonelli a volte ci dona un Tex sconfitto. In questo caso non poteva essere altrimenti visto che il soggetto è basato su un personaggio storico e di certo non si poteva cambiare l'epilogo. Vivisezionando l'episodio però, troviamo che stavolta il nostro eroe ne esce con le ossa rotte, visto che subisce passivamente un processo ingiusto dei suoi protetti, dopo averli convinti a consegnarsi all'esercito. Oltretutto stona come non venga preso minimamente in considerazione da Apache Kid nel finale, e non biasimi la lunga scia di sangue innocente che quest'ultimo si lascia alla spalle. Trovo che la scelta di inserire Tex nella biografia di Apache Kid non fu felice e personalmente lo reputo un episodio non del tutto riuscito.
  8. Per comodità, Tex potrebbe indossare una bella camicia ocra, così da mimetizzare le macchie di polvere accumulate durante i lunghissimi trasferimenti a cavallo lungo le piste polverose del west. Per i cattivi odori, un bel deodorante con intrugli di erbe confezionato direttamente dallo stregone della tribù e la "freschezza" è assicurata!
  9. Mi perdoni Davide Bonelli, ma stavolta l'albo mi è toccato prenderlo a un'edicola distante centinaia di chilometri da quella in cui mi servo abitualmente . Non volevo comunque correre il rischio di non trovarlo al ritorno. Albo interlocutorio, con alcune importanti new entry come Lily, El Morisco e Narbas, che presumo diverranno importanti nell'economia della trama. Rispetto alla prova che la precede in San Francisco, ambientata in una location molto originale come il manicomio criminale, il proseguo sembra seguire un filo più tradizionale, con i villain storici che scelgono un antro sperduto, con tanto di alleati nativi, per stabilire la loro base e mettere in moto i piani di vendetta. Leggendo le pagine, ho avuto l'impressione che Mauro abbia voluto "donarci" una sorta di quiete che precede la tempesta. Ritmi blandi, qualche dialogo un po' prolisso e scene di preparazione dilatate che di certo ci anticiperanno un finale rovente. Personalmente mi fa un particolare effetto vedere agire in contemporanea Mefisto, Yama e Lily (non tacendo Ruth destinata imho ad avere altre apparizioni sulla saga) da un lato, e i nostri alleati con Padma ed El Morisco dall'altro: sembra una di quelle supersfide in cui due selezione di stelle del calcio si affrontano per dare spettacolo all'interno del quadrato verde.
  10. Condor senza meta

    [Color Tex N. 21] La gazza ladra

    La scelta di acquistare il Color estivo si è rivelata azzeccata. Dalle anticipazioni sul forum, avevo desunto che si potesse trattare di un'uscita interessante e la lettura ha confermato le attese. Esaurita la breve premessa, entro un po' nel dettaglio, ma ovviamente mi avvarrò del comando spoiler.
  11. Nulla da eccepire @PapeSatan, anch'io da un forum mi attendo discussioni costruttive che mi permettano di arricchire il mio bagaglio di conoscenze texiane, ma i toni sono fondamentali e il rispetto per l'interlocutore non deve mai venire meno, soprattutto quando non si è d'accordo. Se in discordanza di opinioni, si comincia a mettere in dubbio la comprensione degli altri utenti, non è più un confronto costruttivo, a prescindere dal fatto di poter avere ragione. Gli insulti poi, velati o meno, sono assolutamente inaccettabili. Ironia e leggerezza sono fondamentali, a mio avviso, per mantenere l'armonia in un simile lido virtuale.
  12. Il fumetto è arte e nelle forme artistiche in genere la tecnica è importante ma non fondamentale, così come l'appartenenza a un genere artistico. Un'opera può essere tecnicamente ineccepibile ma vuota, inversamente può suscitare fortissime emozioni sebbene non ortodossa dal punto di vista squisitamente stilistico. Conta più la tecnica o le emozioni? Ognuno ha le sue idee in proposito ma non esiste una legge suprema in merito. Tutto è soggettivo. "Fuga da Anderville" presenta alcune pecche ed è fuori dai canoni? Lo ammetto, ma non è l'unico episodio a esserlo nella lunga saga di Aquila della Notte, ma rispetto a molte altre storie simili, emoziona e commuove. Non è perfettamente texiana? Pazienza, nessuna di Nolitta lo è e anche alcune di Bonelli (vedi Apache Kid) hanno un finale amaro con Tex sconfitto, quindi che senso ha tutto questa vivisezione vignetta per vignetta? Quando assistetti al concerto di Knopfler, non sono stato a controllare la singola nota sbagliata (che può capitare) o criticato il suo modo di suonare autodidatta che non si sposa perfettamente con le tecniche chitarristiche propriamente dette, mi è bastato immergermi nelle splendide sensazioni donatami dai suoi assoli e mi sono lasciato cullare dalla magia sprigionata dalle sue sei-corde. Non capisco nulla di musica? Può essere, ma chi se ne importa se ho sognato due ore a occhi aperti? Se poi qualcuno preferisce lambiccarsi il cervello con diecimila congetture e appunti tecnici, libero di farlo, ma lasci sognare in pace chi vuole godere di un'opera d'arte per ritemprare lo spirito e stingere le ansie e le preoccupazioni del quotidiano vivere.
  13. Lo faccio di rado, ma dopo aver recuperato e letto questo volume cartonato, voglio esordire con una lode veemente agli splendidi disegni di Andreucci. Le gabbie magari non sono eccessivamente "ardite" (non mancano comunque alcune interessanti soluzioni) ma il livello grafico sfoderato dall'artista in questa prova è davvero di altissimo livello. Sfruttando al meglio il taglio più cinematografico che il formato permette, il disegnatore si supera con un'opera elegante, corposa, molto personale e altamente espressiva. Non a caso Andreucci è uno dei miei disegnatori preferiti delle giovani leve su Tex. Al proposito, ho trovato pure molto efficace e piacevole la colorazione di Vattani, che valorizza al meglio parecchie vignette ed eccelle nelle scene in notturna. Considerato lo spettacolo grafico, mi verrebbe da insultarmi da solo davanti allo specchio per aver perso in edicola, alla data di pubblicazione, una simile chicca . Meno male che ci ho messo una pezza, recuperandolo in seguito e non nascondo che sto pian piano rivalutando questo format, da me inizialmente snobbato. La trama in se, non è male ma non tiene il passo allo splendido comparto grafico. Mauro riprende per l'occasione un episodio del passato di Tex e lo elabora, con una sceneggiatura più "originale" (vedere la sequenza iniziale con annesso flashback che al sottoscritto è piaciuta davvero molto) e svariando da scena in scena con tagli netti e serrati. In poche tavole, vediamo agire parecchi personaggi di caratura, da Callahan, a Cortina, e i villain, sebbene meno strutturati, sono alquanto plausibili. L'adrenalina non manca, così come l'azione e il ritmo, tuttavia anch'io ho faticato a comprendere l'operandi di Cortina. Evidentemente il giovane Tex lo ha stregato al punto da tradire senza un evidente motivo un complice (canaglia quanto vogliamo ma sempre alleato). Pure l'irruzione dei rangers, con successiva fuga alla chetichella del giovane fuorilegge, è una scelta narrativa non di immediata comprensione. Perchè rischiare di tirarsi addosso uomini di legge, quando sarebbe bastato usare i propri sgherri per sopprimere la gentaglia agli ordini di Bronson? Cortina comunque avrà la giusta rivalutazione sulla saga Tex Willer, visto che Mauro, in tal sede (Imho), lo sta usando decisamente meglio. Al netto dell'opera di Andreucci (che meriterebbe un nove pieno), alla trama non riesco ad assegnare più della sufficienza. Il mio voto finale è 6
  14. Non capita spesso a dire il vero, ma stavolta sono alquanto in disaccordo su ciò che affermi caro pard. Logicamente esprimo il mio soggettivo punto di vista, per altri può darsi valga ciò che accenni nel tuo commento, ma per me non è affatto così. Se dopo trent'anni continuo a comprare regolarmente Tex, non lo faccio di certo per la collezione (non sono mai stato un completista), né tantomeno per parlarne con gli amici, visto che sin da ragazzo erano rari coloro che lo leggevano. E' vero che da quando frequento il forum, ho sentito l'esigenza di acquistare alcune uscite che senza i commenti dei forumisti avrei lasciato, ma sul forum sono approdato dopo tre decenni di letture texiane, quindi non è nemmeno questo che continua a spingermi in edicola. Ci saranno anche tante distrazioni oggi, partendo da internet, passando alle serie tv o le diavolerie elettroniche, tuttavia nessuna riesce a sostituire l'amore che ho per il fumetto e per il disegno in genere. Come difficilmente riuscirei a rinunciare al rito dell'attesa dell'uscita dell'albo o dell'acquisto in edicola. Tu sostenevi che chi compra è meno esigente di chi lascia l'albo sugli scaffali, ma anche in questo non condivido: oggi sono molto più esigente di vent'anni fa (ci mancherebbe altro) e capita spesso di rimanere deluso di alcune storie, ma basta questo per abbandonare un amore tanto intenso quanto quello che nutro per il fumetto? Altri magari abbandonano, io non ci riesco e non voglio. Posso ridurre qualche acquisto, se ho necessità di budget, ma non mi voglio privare delle emozioni che la lettura delle nuvole parlanti mi dona. Oggi come ieri. Ho migliaia di fumetti, che regolarmente rileggo ma non vedo perchè dovrei smettere di acquistarne di nuovi. La rilettura non è la stessa cosa! Per quanto bella possa essere la storia, si perde un po' di magia! Ti porto un esempio pratico: se è in uscita un nuovo album della band che ami, preferisci evitarlo perchè tanto possiedi tutti gli altri dischi e puoi riascoltarti quelli?
  15. E' consuetudine nei banchetti nuziali dalle mie parti, intervallare, dopo svariate portate (che vanno dagli antipasti ai tris di primi e almeno due secondi) con il sorbetto al limone, prima di proseguire con il resto del ricco menù. Ovviamente l'invitato apprezza e ricorda molto di più il ben di Dio di portate che si strafoga durante il pasto, ma quel break rinfrescante aromatizzato ha il suo perchè e si gradisce oltremodo, prima della seconda trance di piatti. Così come un fresco sorbetto al limone, il bis composto da Ruju, non avrà la pretesa di farsi ricordare in mezzo al kolossal "mefistiano" che, vuoi o non vuoi, segnerà la storia della saga, ma per spezzare il ritmo, si fa apprezzare e si gusta d'un fiato. Non entrando in merito sull'annosa questione dell'eccessiva produzione attuale che rischia di stancare i lettori e far scendere la qualità delle proposte, ormai sembra assodato che a luglio ci troveremo in edicola un tredicesimo albo aggiuntivo e di certo non potremo sempre aspettarci albi ambiziosi come quello dell'Agente Indiano, ottimamente sfornato da Mauro lo scorso anno per tenere a battesimo l'ennesima uscita speciale extra (più extra che speciale, a dire il vero, visto il format, ma il marketing è marketing! ) Tutto sommato Ruju, reduce da prove balbettanti nell'ultimo periodo, stavolta si disimpegna abbastanza bene, con una trama classica e alquanto semplice, ma discretamente ritmata e attenta. Siamo in "piena zona Ruju" nulla di trascendentale quindi, ma rispetto ai vari scivoloni evidenti in cui l'autore è incappato ultimamente, la breve storia si mostra alquanto solida e accettabile. Ho letto molte critiche sulla presunta linearità della trama, ma credo che il palato di noi forumisti texiani sia ormai diventato troppo fino e non invidio affatto gli autori che si devono accingere ad affrontare una simile platea di appassionati. Riassumendo prima di entrare nel dettaglio: episodio poco ambizioso e lineare ma che al sottoscritto è abbastanza piaciuto. Un buon "sorbetto" prima di rituffarci, con appetito nuovamente stuzzicato, nella seconda parte del ricco menù mefistiano. Salvaguardando chi ancora non ha avuto modo di leggere il bis, provo a entrare un po' nel dettaglio della trama con il mio commento:
  16. Siamo in due allora a essere in colpa Loriano. Come scrissi nel mio commento, trovo la storia molto confusionaria e cervellotica. Nel primo albo, mi ero persino dimenticato che fosse un flashback quello che stavo leggendo, dopo tutte quelle pagine. Può darsi che lo stesso Manfredi, se la rileggesse oggi, faticherebbe a comprendere il suo polpettone.
  17. Sfruttando la concomitanza del centenario della nascita del grande Galep, si coprì l'uscita annuale del cartonato con un classico texiano degli anni '70. La scelta della storia "Gli sterminatori" fu ideale visto che già negli anni in cui fu concepita dagli autori, era destinata a un formato diverso rispetto al classico bonelliano della regolare. Purtroppo nel 1971 la redazione non se la sentì di proporlo questo formato atipico e ripiegò sulla normale pubblicazione, ma anche se con quasi cinquanta anni di ritardo, questo piccolo gioiello ha avuto giustizia, potendosi fregiare di essere stampato in un formato elegante che più si confà allo stile che lo contraddistingue. Galep per l'occasione sfoderò una prova superlativa, mettendo in mostra tutto il suo immenso talento. Accantonata la consueta fretta realizzativa, il maestro curò con certosina precisione tutte le vignette che compongono le ricchissime tavole e si sbizzarrì con una gabbia più originale e con inquadrature da urlo. A mio modesto parere, "Gli sterminatori" rappresenta il suo capolavoro grafico è rappresenta il suo apice artistico sulla saga. Detto questo, non deve stupire che, sebbene conoscendo a memoria l'episodio e possedendo l'albo della regolare, appena ho avuto l'occasione di recuperare il cartonato del 2017, non ci ho pensato due volte ad acquistarlo. Non starò a commentare nuovamente la storia, visto che lo avevo già fatto in passato sull'apposito topic, tuttavia per completezza di commento, riporto in seguito il giudizio che scrissi (ancora novellino sul forum) il 3 ottobre del 2018: [...] Episodio atipico, sia per l'esiguo numero di pagine, sia per la gabbia molto diversa dalla canonica usata negli albi Bonelli. Trovo molto plausibile come accennato in precedenti interventi, che gli autori avessero concepito la storia per un albo speciale, per poi dirottarlo sulla serie regolare. La trama risente indubbiamente della brevità delle tavole: parte da un buon spunto di Bonelli, ma poi perde di mordente e si conclude con una plateale scazzottata, che in fondo è una punizione troppo leggera per le due anime nere, ovvero l'agente indiano corrotto e il bieco mercante di pelli. Di tutt'altro spessore la prova di Galep; è palese la cura e l'attenzione che il papà grafico di Tex dedica a ogni singola vignetta dell'episodio. Inquadrature efficaci, ottimi primi piani, un eccezionale equilibrio fra bianco e nero, paesaggi mozzafiato. A tal proposito, le stupende scene che vedono immortalata la caccia ai bisonti, sembrano essere uscite dai pennelli di Frederic Remington, e lo studio anatomico dei cavalli è da urlo. A mio avviso un capolavoro grafico che il compianto Galep faticherà a eguagliare. Il breve episodio inoltre, funge da apripista a un filotto di episodi che diverranno dei veri e propri classici della saga, impreziosendo un centinaio di livello eccelso. Il mio voto finale è 8 (ricavato dalla media aritmetica del 6 alla sceneggiatura e il 10 accordato ai disegni). Chiudo spendendo qualche parola sulla colorazione di Oscar Celestini. Il colorista ha avuto un compito da far tremare i polsi, visto che ha dovuto lavorare su un classico senza tempo realizzato dai "genitori" di Tex. Sebbene non sia un grande patito del colore, riconosco che Oscar se la cavicchiò abbastanza bene, con una colorazione più curata e carica di sfumature rispetto alla piatta policromia a cui sia abituati nelle ristampe e nei color annuali. Continuo a preferire questo gioiello nel classico B/N, ma non è affatto male nemmeno questa versione multicolor. P.s. Piccolo aneddoto, un po' fine a se stesso: conobbi artisticamente Celestini nel 2011, quando fu uno degli autori del fumetto online "Davvero" lanciato da Paola Barbato e il marito Matteo Bussola. Ricordo ci fu una selezione aperta a tutti e mi dilettai a partecipare, sebbene fossi consapevole di non possedere le basi fumettistiche adatte, per poterla superare. Fu comunque una interessante esperienza e Matteo si mostrò molto disponibile e prodigo di consigli e anche se non fui logicamente selezionato, vidi comunque pubblicata nel sito la tavola di prova (chissà se ancora il sito è presente sul web). Già allora Celestini si mostrò un abile disegnatore e colorista di parecchie uscite settimanali online e presumo che sfruttò l'occasione per un meritato trampolino di lancio che lo catapultò nell'orbita Bonelli.
  18. Ahahah sul Tex mensile magari no, ma se continuiamo sull'argomento, finisce che Mauro la risolve così con noi sul forum.
  19. Ahahaha si scherza pard, ci mancherebbe. Comunque è vero come a volte sia difficile captare le reazioni da un testo scritto rispetto alla cadenza vocale.
  20. Ogni autore ha il suo stile di scrittura. I tuoi dialoghi sono spesso corposi è vero, ma uniti a una buona stesura di sceneggiatura e ritmo narrativo, non appesantiscono la trama (tranne in alcune eccezioni visto che, onestamente, nel ritorno di Manuela Montoya un po' pesante lo sei stato davvero ). Sotto questo aspetto ho sempre trovato indigesto il buon Sergio su Tex, visto che ci costringeva spesso a leggere persino pagine e pagine di Tex che parlava da solo o dialogava con il cavallo. In quanto alle storie "bang bang" per cortesia! Non me ne voglia Faraci, ma in un episodio di qualche anno fa, contai almeno una settantina di tavole (su 220 totale) solo di sparatorie "silenziose" e onestamente sono tante. Capisco i "taglie e incolla" dello sceneggiatore per rifiatare un po' e accelerare i tempi, ma quando un lettore legge un albo in solo dieci minuti, l'idea di esser stato un po' preso per i fondelli viene.
  21. Spero che l'ultima minaccia non sia riferita al sottoscritto, perchè se è così, ci tengo poco a incontrarti pard! Capisco che la mia ironia da discount sia discutibile, ma meritare delle once di piombo per questo, mi pare eccessivo!
  22. Non a caso, avevo inserito le virgolette Mauro ; la mia era una proposta ironica (come tutto il resto del commento d'altronde) poichè reputo un po' fuori luogo che ci si accanisca così tanto su dei dialoghi, travalicando la soggettività dei gusti o degli stili compositivi, con l'aggravante, per giunta, di trovarsi al confronto di un autore che ha alle spalle decenni di onorata carriera e conoscenza della materia. Diablero lo vedrei bene (e stavolta non sto scherzando) nei panni di un revisore visto la sua competenza, ma temo che rischierebbe di essere sfidato a duello dagli autori; altro che Queirolo!
  23. O anche un "secco": "Togli quelle zampacce di dosso maledetto tizzone d'inferno!" Comunque visto che stiamo a fare le pulci ai dialoghi, propongo che Mauro, la prossima volta, prima di mandare i testi in stampa, li sottoponga direttamente sul forum per avere la nostra approvazione.
  24. Fai liberamente Franco; gli assist sono fatti per essere finalizzati! Ahahah mi sento in modalità Rui Costa!
  25. La costruzione dell'albo che inaugura la seconda parte della minisaga dedicata a Mefisto, è insolita rispetto al consueto iter narrativo che riguarda le precedenti sfide con l'acerrimo nemico. Mefisto, per la prima volta, dopo essere riuscito a sfuggire in extremis a San Francisco, si trova tallonato molto da vicino dai nostri pards ed è costretto a improvvisare nella fuga, non avendo avuto il tempo né la possibilità di escogitare un adeguato piano. In qualche modo la situazione sembra richiamare il proseguo della "Gola della morte" ma allora lo stregone aveva ancora con se i due Kit (un asso non da poco da giocare) e veniva creduto morto da Tex e Tiger; stavolta sente il fiato dei nemici sul collo e non gli basta "l'orripilante" trucchetto del travestimento da appestato per sviare le ricerche. (Scena davvero assurda, così come fu assurdo che Nizzi fece evitare ai nostri qualsiasi tipo di caccia) Mefistolate a parte, tutto il primo albo assume una sorta di dimensione onirica. Mi spiego: sembra di essere in una gigantesca sala degli specchi, ove quasi nulla è quel che sembra e i nostri (come il lettore d'altronde) fatica a capire cosa sia reale o solo un'illusione. Prendendo per esempio la scena nella dimora del dottore, assistiamo all'arrivo dei nostri che scorgono Mefisto all'interno dello studio; la sequenza prosegue con la scena dei tanti "Mefisti" che minacciano Tex e Carson che salva l'amico sparando a colui che crede Yama armato. L'agguato è reale, ma il resto è illusione! Mefisto non è presente e Carson ha solo eliminato lo sgherro che nella temibile sequenza appare ai nostri come Yama. Pure tutta la scena dell'iceberg e successiva esplosione del battello sul lago è un'illusione che Mefisto genera per permettersi la fuga. Mauro riesce a creare una tela intrigata in cui realtà e illusione sono difficili da discernere, il tutto con sullo sfondo la fuga della nemesi e la caccia dei pards. I ritmi sono a tratti dilatati, dando l'impressione che accada poco, ma realmente l'azione e la travisata realtà non manca. Penso che una trovata simile ci stia trattandosi di un soggetto con Mefisto protagonista, può solo darsi che il lettore texiano sia poco abituato a un simile atmosfera narrativa, visto che Bonelli prediligeva essere più diretto, mentre Nizzi e altri autori non sono, amio avviso, del tutto in grado di comporre una simile tela. Può anche darsi che cominci ad affiorare anche un po' di stanchezza in alcuni lettori dopo quattro albi, rincarati da uno speciale "Tex Willer", non imprescindibile sebbene ben scritto e che ha contribuito a dar l'impressione di una sovraesposizione dell'infido nemico. L'episodio comunque è destinato ad allargarsi così come un cerchio nello stagno, visto che è certo l'ingresso di altri numerosissimi personaggi e Padma, presumibilmente, fungerà da fulcro in questa decisiva sfida tra il bene e il male. Ci toccherà aspettare e valutare il proseguo; ancora, onestamente, mi pare prematuro poter emettere giudizi valevoli. Per ciò che riguarda il discorso dei testi, credo che la composizione di dialoghi corposi faccia parte dello stile di Borden e chiedergli di comporre in maniera diversa, equivale a chiedere a un mancino di scrivere con la mano destra. Nelle sequenze più dinamiche ciò si nota meno, ma laddove i ritmi si dilatano, i ballons sembrano pesare di più. Tuttavia ciò non significa per forza che questo genere di scrittura sia estremamente "ostico" o difficile da digerire, è solo diverso da quello bonelliano, e non potrebbe essere altrimenti. Poi ci sono storie che riescono meglio e altre meno, oppure episodi che piacciono e altri no.
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