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Io E La Causa Indiana:il Segreto Del Mio Successo?


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Quali sono i motivi del successo senza tempo di Tex Willer?


Perche' tra i tanti personaggi di fumetti presenti a decine nelle edicole italiane negli anni '50/60 e' l'unico ad essere sopravvissuto e a rimanere indenne attraverso il tempo, le mode, i costumi?


Senza dubbio sono molteplici le ragioni che hanno reso il personaggio di Aquila della Notte un fenomeno editoriale senza precedenti, battendo qualsiasi record di vendita e di durata:i dialoghi, la qualita' delle storie, la personalita' di Tex, il senso dell'amicizia etc..


Ma se vogliamo dirla tutta, l'intuizione geniale di G. L. Bonelli e' stata quella di anticipare nella serie di Tex almeno ventanni prima, quel revisionismo riguardante la causa indiana che negli anni'70 porto' il cinema di Hollywood a correggere il tiro su di essi, producendo dei film dove i nativi d'America erano visti sotto un aspetto diverso, e sicuramente piu' positivo da come ce li avevano descritto attraverso le pellicole degli anni precedenti.


Come e' a tutti noto,Tex sposa la figlia di un capo navajo, diventando a tutti gli effetti un amico del popolo rosso e a vedere gli indiani sotto un altra prospettiva. Si accorge, attraverso gli anni trascorsi insieme a loro, che e' un etnia costituita da gente in cui la parola onore e lealta' e' sacra, che la loro massima ambizione e' quella di vivere tranquilli nella terra dei loro padri, che in effetti la lingua biforcuta dell'uomo bianco li ha ingannati piu' di una volta costringendoli a firmare trattati di pace poi non rispettati. Sono questi in linea di massima, i motivi che hanno spinto piu' di una volta Aquila della Notte a perorare la loro causa, subendo l'accusa di rinnegato affrontando generali dell'esercito statunitense ambiziosi e colonnelli arroganti.


Sono molte le storie in cui Tex e i suoi pards combattono al fianco di capi indiani o difendono i diritti del popolo Navajo di cui ormai da anni fanno parte:


"Sangue Navajo", puo' considerarsi a tutti gli effetti la storia antesignana del filone filoindiano, dove Tex per la prima volta prende ufficialmente le difese del popolo rosso. Aquila della Notte in quell'occasione, chiede solo che venga fatta giustizia per l'uccisione di cinque giovani navajos trucidati solo per divertimento. Ma trattandosi solo di gente appartenente alla razza indiana, il governo per risposta manda una colonna di militari capitanata dall'ottuso colonnello Elbert al fine di calmare le proteste e le agitazioni del popolo navajo.


In "Vendetta indiana" succede quasi la stessa cosa:Tex chiede giustizia per un ignobile quanto gratuito massacro ai danni di un villaggio indiano Ute, condotto da una colonna militare giudata dal colonnello Arlington, uno dei tanti ufficiali che pensano che la questione indiana deve essere risolta per mezzo delle armi.


Ne "Il carro di fuoco", il nostro eroe si contrappone alla decisione del governo degli Stati Uniti di deportare intere tribu' di Apaches ammassati in treno come bestiame nelle paludi delle Everglades, in Florida, dove il clima umido e malsano significava morte certa per quei poveri uomini dalla pelle rossa.


Ne "Il messaggero di morte",Tex e' costretto ancora una volta a combattere contro l'esercito americano, stavolta al fianco dei Cheyennes di Lupo Grigio. Il solito colonnello in cerca di gloria,Middleton, in seguito a degli incidenti causati da alcuni giovani pellerossa a causa delle cattive condizioni climatiche in cui perversano nella riserva in cui sono costretti a vivere, non perde l'occasione per scatenare una nuova guerra indiana. Tex aiutera' Lupo Grigio e i suoi Cheyennes nella loro fuga dalla riserva, inseguiti a distanza dalla colonna militare condotta dall'arrogante colonnello.


In "Sioux", sia per odio razziale e sia per la bramosia dell'oro nascosto in quel territorrio, uno sporco complotto fanno si' che Aquila della Notte si schieri ancora una volta al fianco degli indiani, questa volta con i fieri Sioux di Nuvola Bianca, adottando una sorta di guerriglia contro l'esercito capitanato dal generale Stonewell.


"Io non mi sento vincolato dai legami di sangue, ma dall'amicizia e dall'onore. Io non distinguo la gente dal colore della pelle, ma da cio' che ha nel cuore."


Questa frase pronunciata da Tex sintetizza tutto il suo pensiero riguardante la questione indiana e il suo disprezzo nei confronti degli alti papaveri di Washington e su tutti quei colonnelli e generali dell'esercito, che con la loro sete di potere e di gloria, hanno fatto in modo che si senta, molto spesso, appartenente di piu' al popolo rosso anziche' alla sua vera razza.


Questa caratteristica del suo pensiero e queste prese di posizioni, quanto ha influito sul successo della serie?


E' stata la cosiddetta carta vincente di un successo che continua malgrado i sessantanni e piu' di vita editoriale?


E' stato un elemento, secondo voi, fin troppo abusato nella serie, e platealmente fin troppo simpatizzante nei confronti dei nativi americani?


La parola a chi vuole dire la sua...

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Forse più che la difesa degli indiani quello che ha fatto presa sui lettori è la difesa ad ogni costo dei più deboli. Naturalmente nelle storie in cui sono presenti gli indiani i più deboli sono quasi sempre loro (come poi è stato storicamente), però io penso che Tex più che difendere un popolo difenda un concetto (ed è questo concetto che è comune alla maggior parte delle persone che a mio parere ha consentito alla serie di raggiungere questo successo), ossia quello di proteggere il più debole dai soprusi del più forte.

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  • Collaboratori

Quello delle guerre indiane ( con Tex che parteggia con i pellerossa ) è sicuramente un filone classico delle sue avventure. E in tante altre storie, anche quando non è in atto qualche episodio belllico, ci sono decine e decine di scene che mostrano il legame fortissimo che unisce l'eroe agli indiani. Penso alle storie con Cochise, a quelle con i comancheros che vanno da "Tucson" a "Furia Rossa", oppure ad altre come "Documento d'accusa" che lo vedono schierato in prima linea in difesa degli oppressi. E vorrei ricordare una storia particolarissima, "Il grande intrigo", dove in un albo viene mostrata la riconoscenza del popolo rosso verso Aquila della Notte, quando spietati cacciatori di uomini come i Mohaves si raccolgono per facilitarne e proteggerne la fuga. Certo esistono anche indiani cattivi, o meglio ostili, hualpai e utes, comanches o tribu del grande Nord, ci sono copertine di grande effetto come "Tortura!", e stanno l' a dimostrare che l'eroe non sposa solo la causa di un popolo, ma quella della giustizia, compiendo scelte coraggiose e difficili in momenti altamente drammatici, scelte come quella del texone "Patagonia" che ne spiegano fin troppo bene le ragioni del successo. Una scelta vincente, dunque, da parte di Bonelli e dei suoi successori che l'hanno sposata incondizionatamente. Certo, è ovvio, non la sola che basti a spiegare i suoi sessanta e più anni di vita editoriale!

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Indubbiamente uno degli elementi più importanti del successo di Tex sta nel modo in cui nei suoi albi viene trattata la "questione indiana". Non è questo, come si diceva, l'unico motivo del suo successo, ma è indiscutibile che questa sia una delle caratteristiche principali della serie e del personaggio, e una delle più conosciute, diventata tratto distintivo del personaggio anche agli occhi del grande pubblico che magari Tex lo conosce poco. Caratteristica peculiare che, sopratutto, rappresenta uno dei meriti storici incontestati della serie, e che è quindi una delle prove maggiori della qualità del fumetto. Ma, come diceva At the rocks,Tex è innanzitutto il paladino dei più deboli, una vera e propria incarnazione della Giustizia. Tex è con gli indiani perchè loro sono i deboli e gli sconfitti, mentre i bianchi sono gli oppressori che perpetuano l'ingiustizia. Ma Tex(ed è questa la cosa secondo me più importante)sè bene che il mondo non è diviso precisamente in buoni e cattivi, sè che non c'è una separazione netta ;e sè che tale distinzione non dipende dalla razza o dal colore della pelle. Ci sono indiani e indiani, bianchi e bianchi:così, come non ha dubbi nel difendere Natay o Apache Kid, non ne ha nemmeno quando decide di fermare Chunz... Per Tex non è una questione di essere bianchi o indiani o neri... se così fosse,Tex sarebbe un razzista. Ma ovviamente lui sa bene che il popolo indiano è il popolo oppresso;e sa bene che il popolo indiano in genere ha valori più alti di quelli dei bianchi(o almeno, valori che lui condivide). La Storia vuole che siano gli indiani a soccombere e a subire l'ingiustizia:Tex è un'Eroe-se non l'Eroe per eccellenza-e quindi, anche se sa che non sempre potr? uscirne vincitore, non ci pensa due volte a sfidare la Storia...

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A costo di ripetere il mio commento su Patagonia, dico che la scelta fondamentale di Tex a favore della Giustizia, che non poteva non portarlo a un atteggiamento per l'epoca quasi rivoluzionario verso gli indiani, va inquadrato in un sano realismo che non lo porta mai e poi mai a mettersi completamente contro il governo e l'esercito USA. Nel west texiano ormai siamo già nel sistema delle riserve, la colonizzazione-civilizzazione è avanti di un pezzo. Tex sa che la Storia non potr? mai andare indietro, è un sostenitore del sistema delle riserve nei territori ancestrali delle tribù in funzione difensiva contro l'estinzione fisica di questi popoli e soprattutto contro il genocidio culturale. Ma non ci si deve illudere che, per esempio, come si dice spesso, i Navajos non siano mai stati così prosperi come ai tempi della riserva, perchè questa vita è necessariamente ridotta, in termini di libertà, cultura, tradizioni eccetera. Il Tex capo prevale sul Tex agente indiano, non vediamo mai una baracca-ufficio per sbrigare gli affari burocratici che sono invece il pane quotidiano, sarebbe anche poco interessante forse, vediamo invece un Tex che preferisce vivere con e come i suoi protetti in un hogan rifiutando quasi in toto lo stile di vita americano. Anche questo potrebbe aver contribuito al mito di Tex. Grande merito secondo me è stato anche quello di aver evitato certo buonismo imperante derivante da un revisionismo spinto all'eccesso e da una certa cultura new age, tipo quello di Balla coi Lupi o degli indiani intesi come custodi della madre terra, e di averli presentati in una grande ricchezza di sfumature, crudeli e spietati come effettivamente erano ma pur sempre uomini tra gli uomini. Anche se, bisogna dirlo, forse gli indiani cattivi a posteriori avevano ragione. Tex non accetta la violenza verso i deboli in nessun caso, ma i coloni indifesi non sono stati forse tanti cavalli di Troia che permettevano all'esercito e al governo di intrufolarsi e rubare spazi sempre più considerevoli di terra indiana? Tex non si potr? mai mettere con un capo ribelle, odioso come tanti che abbiamo visto, e quando si è messo con Geronimo è stato per riparare ad un'ingiustizia subita e soprattutto senza causare morti tra i soldati. Questo, se si vuole, è il limite imprescindibile a cui Tex non potr? mai sottrarsi, pena il ridiventare un fuorilegge braccato dall'esercito e la fine della collana. La violenza indiana può essere considerata a livello generale una violenza reattiva, di reazione, contrapposta a quella attiva e schiacciasassi dei colonizzatori. Tex non mi sembra faccia questo tipo di distinzione: per lui la violenza contro un debole che reclama i propri diritti è un'ingiustizia punto e basta, comprensibile ma non giustificabile, e come tale da combattere. Ci sarebbe anche da dire che l'universo texiano è molto manicheo, o bianco o nero, o bene o male, c'è poco spazio per le sfumature nelle situazioni e nei personaggi, e che Tex potrebbe addirittura essere considerato un artefice della repressione contrariamente ad ogni sua intenzione. Comunque quest?universo e questo personaggio reggono ancora dopo 60 anni forse grazie a questo sottile equilibrio stabile, di cui il rapporto con gli indiani è una delle parti fondamentali. Ma fuori da questo contesto storico, con un processo di colonizzazione agli inizi, vedi Patagonia, non solo Tex può permettersi di infrangere questi limiti, anzi, può aggiungere un capitolo e un valore al suo eroismo e al suo mito: la lotta senza quartiere contro l'invasore, contro uno stato nazionale costruito sull'ingiustizia, il massacro e lo sterminio, in difesa dei ?barbari?. Questo qualifica Tex come eroe a livello assoluto, come paladino della Giustizia, come vero e proprio mujaheddin, nonostante sia già sconfitto in partenza dalla Storia, incarnata nella superiorit? numerica, militare e tecnologica di un esercito. Tutto questo in difesa degli indios, degli ?incivili?, degli ?ostili?, come non sarebbe assolutamente possibile in patria. La sconfitta storica rende Tex, paradossalmente, ancora più grande. Dimenticavo Cochise: quello incontrato da Tex è un Cochise post 1871, quando accetta una riserva per i suoi e non combatter? più contro i soldati, un Cochise che ha capito con gli anni quello che per Tex è sempre stato un caposaldo irrinunciabile, e cioè che solo la pace può garantire all'uomo rosso un minimo di stabilità, di vita nonostante tutto, al riparo dallo strapotere dell'uomo bianco. Si fossero incontrati, o meglio scontrati, negli anni della guerriglia chiricahua, cosa sarebbe successo?

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Il discorso di Jack65 non fa' una grinza.
C'e' da dire pero' anche, che alle volte Tex e' stato fin troppo indulgente con il popolo rosso rischiando di diventare un sostenitore degli indiani con gli occhi bendati.
E' il caso de "Il segno di Cruzado" di Nolitta, dove Aquila della Notte si trovo' ad inseguire alcuni giovani navajos scappati dal suo villaggio e rei di aver partecipato a sanguinose scorrerie guidati appunto dal ribelli Cruzado. In quell'occasione ritengo che la sua comprensione e il suo intento di riportare sulla retta via quel gruppo di giovani guerrieri, evitando che siano processati dalle leggi degli uomini bianchi, sia esagerata e troppo accondiscente. In poche parole troppo di parte. E' vero che quella storia (pessima) di Nolitta fa' acqua da tutte le parti, ma fa' sempre testo e per riallacciarmii ad una delle domande del post di apertura, forse il pensiero di Tex e' stato fin troppo simpatizzante nei confronti del popolo rosso, al di la' che sia il piu' debole e che sia stato defraudato dall'avanzare della civilta' dei bianchi.

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Ma se vogliamo dirla tutta, l'intuizione geniale di G. L. Bonelli e' stata quella di anticipare nella serie di Tex almeno ventanni prima, quel revisionismo riguardante la causa indiana che negli anni'70  porto' il cinema di Hollywood a correggere il tiro su di essi, producendo dei film dove i nativi d'America erano visti sotto un aspetto diverso, e sicuramente piu' positivo da come ce li avevano descritto attraverso le pellicole degli anni precedenti.

Personalmente, non parlerei di "intuizione geniale": G. L. Bonelli infatti si è rifatto a una tradizione letteraria molto antecedente che parte da The Last of the Mohicans (L'ultimo dei Mohicani) di Fenimore Cooper (1826), passando per i vari Red Cloud The Solitary Sioux (Nuvola Rossa, il Sioux solitario) di C. B. Butler (1892) e la narrazione romanzata della morte di Toro Seduto e la Ghost Dance di W. Fletcher Johnson Life of Sitting Bull (Vita di Toro Seduto) (1891) per arrivare ai romanzi storici (o storie romanzate, se si preferisce) di Mari Sandoz Crazy Horse, the Strange Man of the Oglalas (Cavallo Pazzo, lo strano uomo degli Oglala) (1942) e Cheyenne Autumn (Autunno Cheyenne, che poi sarà adattato per il grande schermo da John Ford e distribuito in Italia con il titolo "Il grande sentiero").

In questi scritti, specie in quelli apparsi tra la fine del XIX secolo e l'inizio del XX, si avvertono forti influssi dei vari movimenti per l'emancipazione degli indiani d'America sviluppatosi nell'ultimo trentennio dell'Ottocento negli Stati Orientali degli USA - da una parte il benevolo incoraggiamento paterno/paternalistico nei confronti dei nativi adattatasi a vivere nelle riserve e d'altra parte, il riconoscimento del valore dei nemici "irriducibili" e della loro resistenza, atteggiamenti che, guarda caso, ritroviamo nel Tex di G. L. Bonelli, che può averli ricalcati o direttamente sui modelli americani, oppure su traduzioni e filtri letterari (ad es. il ciclo del Far West con le storie di Minnehaha di Salgari); contiamo pure che l'immagine dell'"eroico e nobile selvaggio" si era formata in Italia anche grazie alle tourn°e di inizio Novecento del Wild West di Buffalo Bill e tramite certa propaganda fascista che, per puro spirito anti-statunitense, esaltava la causa indiana (attenzione! Non sto dicendo che Bonelli fosse fascista, ma, avendo vissuto quegli anni, indubbiamente deve aver assorbito certe influenze).

Il "revisionismo nei confronti della causa indiana" di cui si parlava nel primo messaggio della discussione nasce alla fine degli anni Sessanta e coinvolge in modo dirompente la cinematografia ("Soldato Blu", del 1970, ne è l'esempio più evidente) in primo luogo, ma anche la storiografia (Seppellite il mio cuore a Wounded Knee di Dee Brown e Custer died for your sins ["Custer è morto per i vostri peccati&quot] di Vine Deloria, entrambi del 1970) come "parabola di condanna" nei confronti della guerra del Vietnam; questa adesione totale alla causa indiana favorisce la nascita dell'American Indian Movement e negli Stati Uniti il problema acquista rilievo nazionale con l'occupazione di Wounded Knee del 1973. Storie come "Il segno di Cruzado", che è del 1981, vanno quindi inserite in questo contesto culturale.

Per quanto riguarda il filone naturalista/new-age, che si sviluppa a partire della fine degli anni Ottanta, non mi sembra che Tex ne abbia risentito particolarmente (per fortuna, se posso aggiungere un parere personale :capoInguerra: )

Non credo insomma che la simpatia di Tex per i nativi sia stato l'elemento chiave del successo del fumetto; semmai il merito va dato agli autori (Bonelli, Nolitta, Nizzi e Boselli - non cito altri, perchè sono questi quelli che hanno scritto di più per la serie e lasciato una certa "impronta") che hanno saputo diversificare i personaggio rendendolo un eroe per tutte le stagioni (e la fasce, generazionali e culturali, di lettori), ma questo è un problema da affrontare in altra sede.

Anpetu lila waste!

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Personalmente, non parlerei di "intuizione geniale": G. L. Bonelli infatti si è rifatto a una tradizione letteraria molto antecedente...

Un punto di vista che contesta, apparentemente, l'originalità di una scelta di parte, quella che vede schierato l'eroe con i nativi almeno vent'anni prima di "Soldato Blu" e quaranta prima di "Balla coi lupi", che è stata uno dei motivi di orgoglio e di giusta rivendicazione da parte dell'Editore in decine di interviste ( sottolineo decine ) rilasciate nel corso degli anni, nonchè nel libro-intervista che è stato recentemente ripubblicato. E' normale che in tanti lettori quelle parole abbiano avuto il peso che le dichiarazioni di simile interlocutore meritano, soporifero, contribuendo di fatto ad annullare sin dal principio un processo naturale di ricerca, errore in cui sembrano essere caduti in molti. Senza affrettarmi a parlare di revisionismo, è certo che le tue parole risvegliano tutto il nostro interesse, che storici della causa indiana non siamo. Dal momento che quando nasce nel 1948, Tex Willer non è altro che uno dei tanti western pubblicati nelle edicole, non sarebbe male conoscere il punto di vista anche degli svariati altri comics nostrani, dal momento che tu stessa non esiti a contestualizzare, giustamente, un' opera nella sua epoca storica. Chissà che un'analisi di questo tipo non sollevi maggiorni dubbi e non si riveli infine priva di sorprese, che servirebbero molto a smontare la tesi che con questo topic si vuole sostenere.
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Il post di Nuvola Rossa probabilmente ridimensiona un p? il merito di Bonelli di aver anticipato l'atteggiamento giustamente revisionista nei confronti degli indiani e della loro cultura. Ma sinceramente , se anche fosse così, la cosa non sminuisce la cosa più importante:e cioè che tale atteggiamento in Tex c'è stato da sempre. Dunque, se anche Bonelli non è stato il primo, di certo è sempre stato dalla parte giusta:e con lui Tex. D'altronde è un'atteggiamento, questo, del tutto naturale per il personaggio, non forzato:come potrebbe non stare dalla parte degli indiani un'uomo come Tex(e quindi forse come Bonelli), essenzialmente "anarchico", anti-razzista anche prima di aver conosciuto la cultura indiana(e ciò viene mostrato in "Tra due bandiere"), da sempre anti-militarista(sappiamo tutti qual'? l'atteggiamento di fondo di Tex verso i militari). L'essere dalla parte degli indiani diventa quindi, per un uomo del genere e con tali idee, ovviamente naturale. Quindi a me importa poco che Tex sia stato o no il primo:l'importante, per me,? che lui è da sempre stato dalla parte giusta. Il suo stare dalla parte degli indiani non è sicuramente l'unico motivo del suo successo, ma è sicuramente uno dei motivi primari della sua grandezza-che è quindi soprattutto grandezza morale e/o ideologica.

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Se vogliamo esaminare il problema nel contesto più specifico del fumetto, allora Bonelli sicuramente è stato un innovatore, visto che negli stessi anni il problema degli indiani negli altri fumetti western più popolari (il Comandante Mark, Capitan Miki, il Grande Blek - che inoltre operano in un contesto cronologico leggermente diverso, mentre qui forse è meglio lasciar fuori Cocco Bill e i suoi Ciriuacchi haha haha ) non era in fondo realmente trattato i. e. non era uno dei filoni principali, anche se i protagonisti avevano indubbiamente un rapporto simpatetico con il "popolo rosso" (e questo comunque è una conferma indiretta del fatto che l'atteggiamento di Bonelli non fosse squisitamente personale, ma frutto di precise influenze culturali).

Per la natura stessa del personaggio è in ogni caso da escludersi un'adesione totale al mondo indiano, quale si è vista per esempio nella cinematografia post-Soldato Blu (o post-Wounded Knee 1973, se preferite): in altre parole, credo che non avremo mai un Tex Piccolo Grande Uomo, John Dunbar o Grey Owl (se si pone in toto dalla parte degli indiani, lo fa sempre fuori dai confini statunitensi, come in "La strage di Red Hill" o "Patagonia" - correggetemi se trovate esempi che smentiscono). Come detto prima, Tex è un "uomo per tutte le stagioni" e quindi deve avere sempre la possibilità di muoversi al di fuori dell'universo Navajo. Se la carta vincente del successo di Tex fosse stata la causa indiana, non credo sarebbe durato molto più di Blek. L'interrogativo che la discussione poneva era questo, giusto?

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Spero che mi scuserete se in un attacco di pigrizia mi autocito e riporto due miei brevi interventi del passato:Ecco il primoed ecco il secondoPer esprimere conseguentemente il mio parere, dir? che il rapporto di Tex con la causa indiana è uno, e solo uno, degli ingredienti della sua ricetta. Bonelli avrebbe potuto concentrare la sua fantasia sul Tex ranger, dandogli sempre da fare con banditi, banchieri corrotti, farmer prepotenti e chi più ne ha più ne metta; va da sè che il fascino di un capo bianco degli indiani, con tutto ciò che comportava, ha dato tutt'altro sapore ad un piatto che poteva già essere molto gustoso.

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