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TWF - Tex Willer Forum

virgin

Ranchero
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  1. "La pistola più veloce del West", non solo in senso denotativo.
  2. @MacParland: quando ti iscrivesti al forum eri più maturo della media dei ragazzi della tua età; ora sei anche più maturo degli adulti. P.S.: salutami il sindaco di Bari.
  3. "Immagino che voi siate Marie Gold". "Felice intuizione. Che cosa ve lo fa credere?" A quel punto, perdonatemi, nella mia testa il professore di "Un sacco bello" ha urlato: "LE POCCE DE FORIII".
  4. Io penso con sommo divertimento a chi, nel futuro, aprirà questa discussione pensando: "Ma sì, vediamo che cosa hanno detto su quella storia di Ruju..." Se sei arrivato a leggere fin qui, capisco perfettamente che cosa stai provando, bro.
  5. Notare, @joe7, che nel campo dei fumetti hai citato esempi tratti da opere di Gianluigi Bonelli, Gino D'Antonio, Monkey Punch, Eiichiro Oda... Narratori eccelsi, ciascuno nel proprio campo.
  6. Si vede che non sono il solo a cui la parola "negro" suscita istintiva ilarità, al pari di altre meraviglie del nostro idioma, come ad esempio la parola "cuccuma". Purtroppo, mai nessuno che faccia OT sulle cuccume.
  7. Non intervengo più molto sul forum (cosa aurea, quando non si ha niente da dire; sebbene ancora più saggio sarebbe non intervenire del tutto), ma lo leggo sempre con attenzione e affetto (che forse è anche nostalgia: nostalgia dei ricordi, fumettistici ed esistenziali, a cui esso è legato): vedo, quindi, che in linea generale le storie di Boselli suscitano meno entusiasmo rispetto a qualche anno fa. Fino a ieri sera, le ultime tre sue storie che avevo letto, in ordine di pubblicazione, erano il Texone di Villa (eccellente), la storia breve su soggetto di @Mister P (molto bella, una delle migliori nel genere) e la Tigre Nera (ammorbante come poche); tuttavia, se dovessi basarmi solo su quest'ultima, non considererei Boselli un autore in disarmo. Sulla pesantezza della sceneggiatura molto dissi all'epoca, ma di certo un autore in crisi creativa non sta lì a inventarsi una saga così articolata e ambiziosa la cui trama, cosa rara, sta perfettamente in piedi; e sappiamo bene tutti che, quando un autore è in crisi, la coerenza e il senso delle storie sono le prime cose che ne risentono. Poiché non si disimpara a sceneggiare di colpo, la mia sensazione è che, come avanzato da alcuni tra cui soprattutto @Diablero, la mole di lavoro impedisca al Nostro di rifinire e soppesare i testi come un tempo. Perché sto scrivendo tutto ciò in questa discussione? Un complemento di tempo qualche riga sopra avrebbe già dovuto farlo intuire. Ad ogni modo, c'entra la mia tendenza a fare amicizia soprattutto con i colleghi ultrasessantenni, fra i quali fatalmente può capitarne uno non solo appassionato di Tex, ma anche molto generoso, che non si fa problemi a prestarti un esemplare della collezione che ha cominciato a sei anni, nel lontano 1964, e mai interrotta; c'entra anche la mia curiosità verso questa storia, riguardo la quale molto sangue forumistico è stato sparso; c'entra, infine, forse anche il mio affetto (e nostalgia, ut supra) verso questo forum, che mi porta, una volta letta questa storia, a cercare la discussione per intervenire, sicché eccomi qui. Tuttavia, voglio molto bene a Boselli e Villa, perciò, invece di lasciarmi andare ai facili sarcasmi con cui bersagliai la Tigre Nera, mi limito a dire: nihil nisi bonum.
  8. "Un disegnatore di fumetti produce un'emozione che è pari a quella di un artista; e nessuno si stupisce che Picasso sia milionario".
  9. Esco dal mio silenzio (momentaneo? Boh. Ogni volta che provo a scrivere un messaggio mi blocco, trovando più utile non scriverlo) solo per offrire una riflessione: la presenza degli autori sul forum altera la discussione? Certo. Come, al postutto, quella di ogni altro utente, perché la discussione non è un'entità astratta, ma il prodotto tangibile delle interazioni tra le nostre personalità. Poi c'è chi preferirebbe avere gli autori come chi preferirebbe non averli, chi preferisce un forum con Diablero, Letizia, Grande Tex, Mister P, il sottoscritto e via elencando; e chi senza. Anche tra gli autori, c'è chi preferisce partecipare e chi no, chi partecipa in maniera funzionale e garbata e chi insulta gli insegnanti di sostegno degli interlocutori (vedi alla voce "Roberto Recchioni")... Tutto ciò ricade nella categoria ben descritta da uomini migliori di noi con la locuzione "Tot capita, tot sententiae". Sul litigio specifico, non facendo parte dello staff, non mi esprimo. Mi permetto, però, di condividere l'appello di @Mister P.
  10. Trovo veramente interessante come una discussione su "Quando è iniziato il successo di Tex" verta in gran parte su quando sia iniziato il declino di Tex. Cioè, un po' come se io dicessi: "Bella, raga, stasera tutti al bar a raccontarci le nostre ultime rimorchiate", e poi mi ritrovassi a una tavolata di preti.
  11. Ho la fortissima tentazione di accattarmelo, lo ammetto.
  12. Io un po' brutalmente sono uso dire che nel giro di qualche decennio siamo passati da autori di fumetti che avevano una solida formazione letteraria ad autori di fumetti cresciuti guardando i cartonati giapponesi. Un po' brutalmente, ma anche realisticamente. Anche se faccio sempre l'esempio di Guido Martina e Gianluigi Bonelli (che dovette abbandonare la scuola durante il Ginnasio per mantenere la famiglia; ma all'epoca uno studente ginnasiale aveva una cultura molto più vasta e profonda di molti laureati odierni), Boselli stesso appartiene a pieno titolo a questa categoria. Quando leggo storie di sceneggiatori più giovani mi trovo di fronte a storie magari ben realizzate tecnicamente (Nucci quando scrive storie brevi, ad esempio), ma meccaniche fino alla sgradevolezza e che non hanno niente da dire. E, alla fine, se devo scegliere tra Nucci che sembra scrivere ricalcando un cliché e Boselli... be', cento volte meglio il secondo, foss'anche nella forma smagliata e logorroica dell'ultima Tigre Nera. (ma, in effetti, come molti anziani, dico sempre le stesse cose)
  13. Non è "come se": è esattamente così. Poi, certo, il Medioevo da bravo nano sulle spalle dei giganti ha portato le conquiste del mondo antico alla perfezione; ma a partire dal Trecento è cominciata la decadenza per arrivare, infine, agli ultimi tre-quattrocento anni in cui l'umanità ha accumulato una sequenza di figure di merda tale che, se si fosse estinta dopo aver disegnato il primo cavallino sulla parete di una grotta, avrebbe fatto più bella figura.
  14. E io che pensavo che il nick "Trinità" si riferisse a Terence Hill.
  15. Un Tex in camicia rossa che si batte in nome del CLM (Comitato di Liberazione del Messico). La questione si fa sempre più gustosa.
  16. “L'eroe e la leggenda” fu il primo Tex inedito che non acquistai, quindi un albo per me davvero significativo, l'inizio del percorso che mi portò a diventare un ex-acquirente di Tex (ex-lettore mai). Certo, negli anni successivi arrivarono i Color con le storie brevi, i Color di Recchioni, i passi falsi di Faraci e Manfredi sulla serie regolare e dei Maxi poco riusciti di Ruju a farmi maturare la decisione di diminuire e poi troncare del tutto gli acquisti; ma “L'eroe e la leggenda” nella mia memoria rimarrà sempre il momento in cui si ruppe qualcosa, come quando guardi la ragazza con cui stai da tempo e, per la prima volta, ti chiedi: “Ma io che ci faccio con questa qui?”
  17. Che è la stessa risposta, con i medesimi esempi, fornita da Craxi illo tempore quando gli si rimproveravano le sue simpatie per Arafat. Andreotti, più sobriamente, diceva: "Fossi nato in un campo profughi in Giordania, sarei diventato un terrorista anch'io"; Cossiga si limitava a dire che definire Arafat un terrorista fosse una bestialità. Pentapartitico e basatissimo Borden.
  18. Fan di Nizzi quando fai notare che in una storia scritta da Nizzi c'è una cosa scritta da Nizzi: https://piped.kavin.rocks/watch?v=A4WKBUXpbX4
  19. Concordo con @Diablero e, a proposito di copertine, aggiungo un dettaglio tangenziale: l'altro giorno confrontavo le copertine originali del Comandante Mark nella Collana Araldo a quelle con i disegni ritoccati e la grafica cambiata nella ristampa Tutto Mark. Dopo aver provato a trovarci un senso, sono giunto alla conclusione che si tratti semplicemente di genuino gusto per lo sbagliato, per l'orrendo.
  20. Regola santa... Che del resto si applica a tutto, non solo al West: a partire da Omero, che raccontando la guerra di Troia e il ritorno di Odisseo in realtà descrive la società aristocratica a lui contemporanea, i tragici che raccontano il mito per parlare dell'Atene del loro tempo, Virgilio che vede Antonio e Ottaviano nella filigrana di Enea, Ariosto che non ricostruisce certo l'età carolingia, ma racconta il Cinquecento, Tasso che riprende la prima Crociata per tratteggiare le urgenze e le questioni del tempo della Controriforma, Manzoni che dice: "Così va spesso il mondo... voglio dire, così andava nel secolo decimo settimo"... aggiungete pure tutti gli esempi che trovate voi. Mi è successa una cosa simile leggendo il proclama del Comitato di Liberazione del Messico che comincia: "Cittadini! Fratelli!", che mi ha fatto venire in mente subito il "Compagni, cittadini, fratelli, partigiani..." di "Per i morti di Reggio Emilia" (che la mia generazione conosce, piuttosto, per il titolo del disco dei CCCP). Peccato che la canzone sia del 1960. La domanda che mi pongo è: "Perché farlo, in questo caso specifico?" Alcuni cambiamenti apparentemente frutto di idiozia, se messi in prospettiva, risultano meno assurdi. Facciamo un esempio estraneo a Tex: l'introduzione della continuity in Dylan Dog voluta da Roberto Recchioni era un abominio di rara insensatezza; tuttavia, trascurando il fatto che fosse realizzata con i piedi da gente priva del minimo discernimento, acquisisce perfettamente senso laddove si consideri che lo scopo era accattivarsi il nuovo pubblico di riferimento del fumetto, costituito da ultratrentenni pelati con la camera piena di pupazzetti che su queste cose vanno in brodo di giuggiole. Pensando alle modifiche apportate alle storie di Gianluigi Bonelli, invece, mi chiedo: "Cui prodest?" Non mi riferisco alle censure del linguaggio, delle gonne e delle scollature, il cui scopo, considerata l'epoca, è fin troppo comprensibile; ma a queste cancellature e revisioni a posteriori. Ed è una domanda che mi pongo non per polemica, ma per schietta curiosità, visto che al tempo o non ero ancora nato o, nel caso della Nuova Ristampa, ero impegnato a giocare con le macchinine Bburago e a cagarmi addosso. Apportando questi cambiamenti, qual era il pubblico che Sergio Bonelli aveva in mente? Pur avendo letto solo la prima storia di Tex Willer, ti darei la stessa risposta che ti ha dato @Diablero: Tex Willer è una serie diversa e il suo fascino risiede proprio nel ricostruire un Tex diciamo così storicizzato, ciò che è bello perché viene fatto fuori dalla serie regolare (esattamente come le tue cronologie erano affascinanti perché erano il lavoro di un fan sul forum). Se però queste storie verranno citate sulla serie regolare, scavalcando quanto detto da Gianluigi Bonelli... Be', allora mi indispettirò.
  21. Grazie, @Mister P! Potete leggere tutta la parte del messaggio relativa a quello e intenderla come lamentela generica numero quattro.
  22. Mi sembra abbastanza strano come, in più di tre lustri di forum, a proposito di questa storia nessuno abbia nominato la guerra civile italiana; quantomeno, non in questa discussione. Eppure, l'ispirazione mi sembra evidente: certo, ci sono dentro suggestioni che derivano da millenni di letteratura anti-tirannica, l'anti-imperialismo romantico e avventuroso dei romanzi di Salgari, la rivoluzione messicana reale; tuttavia, riesce davvero difficile non sentire assonanze con quanto accaduto in Italia fino a quattro anni prima che, per chiunque fosse vivo all'epoca, era ancora carne viva. Abbiamo un governo di tromboni che indossano divise ridicole, il Messico coinvolto in una guerra rovinosa, l'esercito governativo che infierisce sulla popolazione civile con violenze e requisizioni, ribelli che si organizzano spontaneamente e compiono azioni di disturbo e guerriglia a partire dai loro rifugi nelle montagne e poi vengono organizzati da figure politiche perseguitate dal regime che danno vita al Comitato di Liberazione (sic) del Messico. Le coincidenze sarebbero troppe, se solo fossero coincidenze; si tratta, invece, di testimonianze della straordinaria capacità di Gianluigi Bonelli di ispirarsi alla realtà per poi trasfigurarla in storie avventurose e votate all'evasione, che catturano il lettore proprio perché, oltre a essere costruite e orchestrate con perizia somma, sanno rivolgersi a lui con coerente potenza simbolica. Insomma, non credo di esagerare se affermo che questo grandioso romanzo (dall'avventura dei fedeli di Xipe attraverso quella di Mefisto e questa, fino alla successiva Banda del Rosso, abbiamo un'unica vicenda perfettamente coesa in cui i rimandi sono precisi e lo sviluppo, tanto del personaggio di Tex quanto del mondo attorno a lui, è impeccabile) è il secondo più bel fumetto che abbia mai letto sulla guerra civile italiana, dopo l'inarrivabile "Battista, l'ingenuo fascista" di Benito (ah, suprema ironia dell'arte e della vita...) Jacovitti. Venendo a questioni più volgari: leggo questa storia nella Nuova ristampa e non ho purtroppo da nessuna parte trovato la summentovata (da altri) scena del telefono, sicché ne deduco che essa sia stata censurata. Ciò fa pensare che, purtroppo, anche Sergio Bonelli fosse dell'opinione che esso costituisse un anacronismo o, quantomeno, un'incongruenza cronologica con il resto della saga. Tuttavia, sappiamo bene che per Gianluigi Bonelli le prime storie erano ambientate negli ultimissimi anni dell'Ottocento, pur avendo luogo in un West dai tratti in gran parte anteriori, per poi sforare ai primi del Novecento. Come possiamo accordare ciò con le successive storie dell'età dell'oro, ambientate in un West con ampie libertà, ma dai tratti più accurati? Semplice: comportandoci come adulti e accettando la realtà che tutti sappiamo, ovvero che Gianluigi Bonelli cambiò idea in corsa; e ciò non leva nemmeno un'oncia alla bellezza delle sue storie e nemmeno alla coerenza e all'unità della saga. Ovviamente, per chi, come @Carlo Monni e altri, nel corso degli anni, si è dedicato a stendere cronologie coerenti della vita del nostro Tex, tutto ciò costituiva un groviglio inestricabile che, però, era parte del fascino del gioco: queste cronologie erano divertenti, almeno per me, proprio perché lavoravano in vista di uno scopo impossibile, ovvero armonizzare dati inconciliabili; un po' come, insomma, se ci mettessimo a costruire un corpus coerente della mitologia greca, limando ed elidendo tutte le versioni contraddittorie e alternative. Un'opera affascinante e in contrasto con la realtà delle cose; rectius: affascinante in quanto in contrasto con la realtà delle cose. Ma se tutto ciò tracima e viene fatto proprio dall'editore, il gioco non è più divertente proprio perché smette di essere un gioco e diventa revisionismo, menzogna. Sbianchettare le date sui giornali, modificare le vignette con i telefoni (e cara grazia che almeno nella Nuova ristampa, negli episodi successivi, è rimasta la Ford T guidata da Pat MacRyan) è un insulto a Gianluigi Bonelli, nonché un grande errore: perdere la consapevolezza che i miti sono tali proprio perché grandi, complessi, molteplici e, al postutto, contraddittorii significa perdere i miti stessi. Di questo passo, finiremo per negare apertamente quanto scritto da Gianluigi Bonelli in episodi cardine della saga solo per renderlo coerente con nuove storie scadenti e senza sens... Come? ... Davvero? ... Che dire: mi amareggia, ma non mi stupisce. Concludo dicendo che questa storia è meravigliosa. Abbiamo un Gianluigi Bonelli già in pieno possesso dei propri mezzi (più passa il tempo, più lo rileggo, più mi convinco di quanto sia un abbaglio la vulgata che vuole le prime storie di Tex veloci, grezze e ingenue e lo stile di GLB perfezionarsi col passare del tempo. Già le primissime storie, già solo il primo albo della serie gigante, rivelano una gestione del ritmo e dei dialoghi, nonché una coerenza delle caratterizzazioni e delle trame definibili con un'unica parola: perfette) e un Galep che è a dir poco il disegnatore perfetto (in coppia con Uggeri: grazie, Carlo Monni) per dar vita a questo mondo. Chi la pensa diversamente sbaglia. Punto.
  23. "Le storie di Gianluigi Bonelli e Galep sono puerili e rivolte a un pubblico immaturo". Poi procedono a spolverare i funko pop.
  24. Talvolta scritto, per imitare la pronuncia del sud-ovest degli Stati Uniti, "pardners". Non cito per espresso l'abbreviazione più comune di questa parola, perché notissima a qualsiasi lettore di Tex.
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