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TWF - Tex Willer Forum

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Mostrando i contenuti con la più alta reputazione il 02/09/2021 in tutte le sezioni

  1. Ma figurati @virgin, una risata non ha mai ammazzato nessuno, almeno che io sappia e poi, se dovessi rimanerci male per una faccina sorridente significherebbe che mi prendo un po' troppo sul serio. Comunque ti ringrazio per il like, quello mi fa molto piacere, dimostra che hai apprezzato quello che ho scritto e non è poco
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  2. @Bob Rock, vorrei mettere una risata per la prima parte del post, ma poi potresti pensare che sarebbe rivolta al post intero, perciò dovrai accontentarti di un "mi piace".
    1 point
  3. In Virginia nel 1800 si parlava inglese. E persino un inglese un po' diverso da quello attuale. Quindi il fumetto (Bonelli) dovrebbe avere i dialoghi in inglese? Ma anche rimanendo in Italia e con l'italiano: un fumetto attuale su Dante e la sua vita dovrebbe essere scritto in volgare fiorentino dell'epoca? È ovvio che un fumetto (o più in generale un opera) scritto oggi, essendo "tradotto" nel linguaggio corrente, deve utilizzare appunto il linguaggio attuale. Se ci sono parole tanto desuete che un lettore non capirebbe più, non si usano. E se ci sono parole oggi... "proibite", non si usano nemmeno quelle. Semmai, sarebbe da discutere se debbano esistere parole "proibite" indipendentemente dal contesto, ma non solo questa è una discussione più "filosofica" sul linguaggio, ma è anche una discussione (purtroppo0 ormai persa e superata: nella mentalità comune oggi ci sono "parolacce" che non possono essere usate senza commettere Peccato Mortale, indipendentemente dall'uso e dal contesto (come nell'Italia bigotta degli anni 50, a cui stiamo tornando ma con diverse parole proibite). Ma una volta che il linguaggio corrente ha preso una certa piega, chi deve "tradurre" la parlata di un virginiano del 1800 in "italiano corrente", si adatta e scrive in Italiano corrente. E quindi si adatta alla lingua attuale, senza voler "fare la rivoluzione" con un fumetto... Diverso è il caso di opere create per un pubblico diverso e tempi diversi. Lì l'opera esiste già. Già scritta. E si rispetta. Se un lettore attuale si offende per qualcosa scritta negli anni 50, si attacca, può arrabbiarsi e offendersi, è suo diritto, ma l'opera esiste già e non va cambiata per adattarla a lui (e non sto dicendo che abbia per forza torto il lettore, eh, che ci sono opere davvero offensive, ma lo erano già all'epoca. Ma cosa facciamo, pubblichiamo il "Mein Kampf" sostituendo alle idee di Hitler altre idee più moderne e non razziste? Andiamo...) Quindi è ovvio che certi Tex, se fossero scritto ora, sarebbero scritti in un linguaggio diverso. Adatto ai tempi. Ma guardate che questo lo faceva già GL Bonelli, da solo! Negli anni 70 mica scriveva come negli anni 50! Ma il fatto che la Bonelli continui a pubblicare solo versioni censurate e riscritte delle sue opere continua a farmi girare le palle... (frase che oggi si può usare tranquillamente, ma che negli anni 50 sarebbe stata censurata...)
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  4. comunque @JohnnyColt sul fatto che i tuoi post ricevano scarse attenzioni non puoi proprio lamentarti, prova ne è che sono uscito dal mio letargo per esprimere la mia opinione, anzi, mi sembra di ricordare che i tuoi interventi hanno spesso “scatenato” più di qualche reazione e, a volte, anche abbastanza animate; e allora io che dovrei dire? i miei post vengono sistematicamente ignorati avendo la riprova, se mai ne avessi bisogno, che non dico niente che sia degno di nota Continui a parlare di Bonelli monopolista, e se con questo intendi che è la sola casa editrice italiana che produce una moltitudine di testate con personaggi ed autori propri, ti posso dare ragione perché in Italia non ce n’è un’altra che le si avvicina, nemmeno l’Astorina che produce anch’essa i propri albi con i suoi autori, ma lo fa, da 60 anni, con un unico e solo personaggio, ma non credo che tu intendessi questo definendola monopolista de facto e tutte le altre case editrici italiane, Panini, Star Comics, Cosmo, RW Edizioni ecc., non producono un bel niente ma pubblicano fumetti esteri compresi i tanto “decantati” Manga. Ti rispondo punto per punto: Come ti ho già detto lo sta già facendo con il progetto BCU che prevede il film di Dampyr (gia presentato a Lucca Comics 2019, il cartone animato di Dragonero, la serie tv di Dylan Dog, quindi mi pare che si stiano attrezzando per quella diversificazione che tu ti auspichi; Per i videogiochi non dipende dalla Bonelli ma ci vuole una casa che produce videogiochi che compri i diritti dei personaggi Bonelli, e se questo non è ancora successo evidentemente è perché non hanno il necessario appeal e, probabilmente, di un gioco con Tex, Dylan Dog, Zagor e co. non gliene frega niente a nessuno; Per le statuine vale lo stesso discorso dei videogiochi e, comunque, sono già state fatte e distribuite i edicola e, indovina un po' chi le ha comprate? I soliti “vecchi lettori di Tex perché ai ragazzini gliene frega il giusto di Aquila della notte, meglio quelle di Dragon Ball; I social vengono già sfruttati dalla Bonelli proprio per pubblicizzare il BCU come potrai vedere su questo link Bonelli Universe in streaming! - Sergio Bonelli Le fumetterie non vengono snobbate, semplicemente funzionano diversamente dalle edicole, nelle fumetterie non c’è la resa dell’invenduto, pagando, quindi, solo il venduto, ciò che non si vende lo si è già pagato e rimane sul groppone, ecco perché se vuoi Tex o Diabolik devi fare un abbonamento grazie al quale la fumetteria ordina i tuoi albi che arrivano in negozio con qualche giorno di ritardo rispetto alle edicole proprio perché il canale distributivo non è lo stesso. Poi tieni conto, inoltre, che le fumetterie in Italia non sono, forse, nemmeno 500 contro le 25/26.000 edicole e questo ti fa capire come il fumetto popolare, finchè il sistema rimane questo, può uscire regolarmente solo in edicola, al contrario dei libri a fumetti che in edicola non arrivano ma li trovi solo nel circuito delle librerie e delle fumetterie, ma leggi questo esaustivo articolo dell’Associazione Librerie del Fumetto e capirai come funziona l’editoria a fumetti in Italia: La Distribuzione: l’arte di complicare le cose semplici – ALF – ASSOCIAZIONE LIBRERIE DEL FUMETTO (assofumetterie.it) Come, ad esempio, un’altra tua considerazione che ritengo sbagliata è quando paragoni le graphic novel come Zerocalcare o i fumetti francesi (che per ogni personaggio fanno un volume all’anno e quasi sempre a colori), al fumetto popolare italiano (che invece è prevalentemente in b/n). Per forza di cose questi prodotti sono comparabili tra loro avendo, oltretutto, canali distributivi e di vendita diversi che raggiungono utenze differenti, infatti l’età media del lettore di GN è molto più bassa rispetto al lettore di fumetti popolari come quelli Bonelli. Per concludere continuo a pensare, e te lo dico con simpatia, che tu faccia un po' di confusione, anche perché molte delle cose che chiedi alla Bonelli o le ha già fatte o le sta facendo cercando, appunto, di diversificare i suoi prodotti.
    1 point
  5. Texone storico e bellissimo. Probabilmente, sommando il valore di storia e disegni, il migliore in assoluto assieme al recente Tex l'inesorabile. Magnus eccezionale. Forse i personaggi sono un pò troppo da cartoon a volte, ma la qualità complessiva è davvero esaltante. Non c'è un particolare lasciato al caso. Tutto trasuda di emozione e di pioggia, alla fine ti senti l'umidità nelle ossa. Anche la storia è bellissima, un thriller degno del miglior Nizzi con continui colpi di scena e personaggi bellissimi, tra cui troneggia May-Ling, la perfida cinese, davvero un personaggio abbietto e tra i più odiosi tra quelli femminili comparsi su Tex. Ma tutta la storia dei vendicatori e del fratello scomparso è stupenda. Non c'è nulla che non sia men che perfetto e in definitiva si può parlare di capolavoro o quasi anche per la parte testuale. Capolavoro da leggere e rileggere. Per una volta devo essere di manica larga. Non concedo facilmente dei 9 e 10 ma non posso esimermi. Nizzi 9 Magnus 10
    1 point
  6. Finalmente la pausa estiva mi dà la possibilità di rimettermi in pari con le letture texiane e di intervenire anche qui sul forum. Sono purtroppo in ritardo e il texone non è ormai più al centro dell'attenzione, ma devo dire che la discussione qui sul forum si è concentrata principalmente su aspetti che ritengo marginali e che hanno per me un peso relativamente basso nell'economia della lettura (gli anacronismi linguistici, i paroloni di Boselli...). Partiamo dal soggetto, che si gioca su due idee principali: un gruppo di ranger corrotti, mossi dall'odio razziale verso i Comanche, e l'incarico a Kit di infiltrarsi e indagare su di loro. Entrambi gli spunti sono davvero originali e costituiscono le premesse di una storia interessante e non banale. Prima di tutto, è decisamente inusuale mettere in dubbio l'integrità del corpo dei Ranger, che sono sempre dipinti - non solo su Tex - come veri e propri eroi della frontiera, non certo come razzisti massacratori di indiani. Su questo si innesta il secondo tema, quello di un Kit che si trova in difficoltà a dover interpretare il ruolo di "spia" infiltrata non tra una banda di fuorilegge, come già successo in passato, ma in un gruppo di tutori della leggere che sente come suoi commilitoni e a cui, forse, era davvero venuta voglia di unirsi. Così anche il tema dell'"aquilotto che deve prendere il volo" viene introdotto in maniera raffinata e per nulla forzata nel racconto. C'è una perplessità che ho avuto durante la lettura, però, e di cui non ho trovato traccia nei commenti che mi hanno preceduto: ma è davvero credibile che i ranger di Finnegan, che conoscono bene Tex Willer e la solidità che lega il quartetto dei pards, prendano in considerazione l'idea di far entrare Kit nel loro gruppo e di metterlo a parte dei loro inconfessabili segreti? Davvero basta una scazzottata con Carson a fargli pensare che Kit non sia della stessa stoffa del padre? Questo è il punto secondo me più debole e meno credibile del soggetto, che mi ha "tormentato" durante la lettura. Insieme alle mie perplessità devo però anche sottolineare la maestria con cui Boselli lo rende verosimile: dapprima inventandosi, appunto, la scena della scazzottata con Carson; e in un secondo momento con la scena del bivacco, in cui Kit ricorda che anche lui e il padre si sono trovati ad affrontare orde di indiani - gli Hualpai, forse la tribù più bistrattata sulle pagine di Tex - e che non si sono risparmiati nel spedirne il più possibile nelle verdi praterie. Una finezza boselliana. Cè anche da sottolineare come Finnegan rimanga sempre scettico nei confronti del giovane Willer e non abbocchi mai veramente all'amo. La sceneggiatura riesce a sviluppare queste premesse al modo a cui Boselli ci ha abituati da tempo: una prima parte lenta, dialogata, con poca azione e molte parole di introduzione al contesto della storia (che alcuni trovano pallosa, ma a me non ha dato questa sensazione). Il momento clou è la celebre scazzottata tra i due Kit, di cui avevamo già notizia dalle anteprime (e qui viene da domandarsi: era davvero il caso di far trapelare in anteprima una tavola così importante come quella della scazzottata? Capisco che bisogna creare attesa nei lettori, però qui ci siamo davvero trovati di fronte a una scena, una delle principali dell'albo, che avevamo già visto mesi prima...). Nella seconda parte il ritmo e l'azione vengono decisamente accelerati, come d'altra parte è consuetudine nelle sceneggiature di Boselli. Altra consuetudine: non manca un certo grado di complessità della trama, qui legato al fatto di avere tanti diversi gruppi in movimento che vanno a convergere verso il luogo dello scontro finale (i due gruppi in cui si dividono i ranger di Finnegan, Tex-Tiger, Carson-Caine, i comancheros di Robledo, gli uomini di Faver, il gruppetto di indiani). Forse questa è una delle cifre che maggiormente caratterizzano la sceneggiatura di questo texone: non ricordo altre storie in cui lo sceneggiatore dovesse muovere sulla scacchiera così tanti gruppi distinti. È anche questa gestione dei pards, divisi e ciascuno con il suo compito da portare a termine e i suoi momenti di protagonismo, che mi fa apprezzare la scrittura di Boselli. Infine, una nota a proposito dei comprimari: Faver, Robledo e Caine si ritagliano un piccolo significativo spazio e non mi dispiacerebbe rivedere qualcuno di loro in futuro. Majo lo si conosceva già dalle pagine di Dampyr, ma qui dimostra di trovarsi a suo agio anche con il western. Non tra i miei interpreti preferiti di Tex, ma sicuramente non mi dispiacerà rivederlo in futuro! Texone promosso, non tra i migliori della serie ma sicuramente iniziare le ferie con questa lettura è stato decisamente appagante!
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  7. Riletto oggi dopo anni... Un capolavoro la parte grafica, quando piove mi sento fradicio, nonostante i 40? gradi salentini... quando non piove mi godo il fresco (che quasi riesco a percepire) della splendida foresta che ricopre questa valle del terrore. La storia a mio parere è anch'essa molto buona. All'inizio è ricca d' avventura, poi cominciano, uno dopo l'altro, tutta una serie di colpi di scena che emozionano il lettore: Per me, un grande Texone.
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  8. Che dire di questa storia se non che è un autentico Capolavoro, una delle storie più belle di Tex?Bonelli e Galep, già nel pieno della maturit?, regalano una storia epica, tesa e drammatica, in cui è costante il senso di minaccia che incombe sui territori canadesi e americani, minacciati dalle mire del Grande Re. Sembra che quel che Tex stia affrontando è un qualcosa di troppo grande e vasto anche per lui, un qualcosa che ormai si è da molto tempo messo in moto, inarrestabilmente:ecco quindi che lui e il figlio non possono che separarsi, e agire contemporaneamente su fronti diversi:non c'è tempo per prendere le cose con calma e affrontarle una alla volta... Kit Willer!.... questa è una di quelle storie che i detrattori di Piccolo Falco dovrebbero leggere per mettere alla prova le proprie(rispettabilissime)idee su un personaggio che qui dimostra tutto il suo carisma e tutta la sua forza;Kit è un vero fulmine scatenato che si lancia incontro al pericolo anche se contro forze soverchianti;che, se pur prigioniero(non per colpa sua!), non ha problemi a creare un vero inferno di fuoco e a liberarsi... Davvero GL Bonelli odiava questo personaggio?.. se così fosse, avrebbe mai scritto questa storia?La trama è costruita come meglio non si potrebbe, i dialoghi sono puro stile Bonelliano;alcune scene sono poi da antologia, come quella in cui Tex accetta la sfida del guerriero sioux;Bonelli è maestro nel districarsi tra i vari personaggi, creando, nel secondo albo, quasi due storie parallele, una con protagonista Tex l'altra con protagonosta Kit, senza che la vicenda perda qualcosa in dinamicit? e "avventurosit?". Due i personaggi straordinari di questa storia:il Grande Re, nella sua ambiguit? di avventuriero in cerca di potere e autentico rivoluzionario idealista, che non si arrende alla propria sconfitta e decide di morire orgogliosamente nel suo castello(tanto che Tex ammette:"in ogni caso è stato un uomo di fegato");e qull'animaccia nera, quell'autantico macchinatore di intrighi che risponde al nome di Pierre Gaul, un personaggio che anche grazie al genio di Galep rimane per me indimenticabile. Certo, probabilmente vedere oggi in una storia dell'inedito castelli nel cuore del Canada, pieni di improbabili indiani con improbabili armature, e con un nero bizzarro con la corona in testa, non ci piacerebbe... ma tutto questo, che poteva essere elemento di banalit? e bambinaggine, ne "Il grande re" diventa un qualcosa di bellissimo, un qualcosa dal potente fascino retr? che però non stanca e non annoia, anzi;un qualcosa che rende questa storia non solo caratteristica di un periodo in cui questi elementi erano frequenti in Tex, ma addirittura storia che dimostra in pieno la grandezza di Bonelli, che da questi elementi banali, da film di serie Z, sa far venir fuori un capolavoro!Di Galep invece che dire?Che è e rimarr? il più grande disegnatore di Tex?Che i suoi personaggi e i suoi paesaggi vivono?Che sa usare le ombre come pochi altri?... tutto ciò non basterebbe a descrivene la grandezza.... Ai due autori, un ovvio 10 e lode.. Alla storia, un altrettanto ovvio 10 e lode...
    1 point
  9. E' tempo di affrettarsi Una conversazione con Magnus ( 1995 ) Però, un bel vento... Vento e tempesta quassù, come nell'inverno del '44. La linea gotica passava di qua, ma per poco: da questa parte i Tedeschi e di là, a poche centinaia di metri, gli Inglesi. Storie di guerra, di avventura. Qui a Castei del Rio ci venivo spesso a rinfrancarmi. Sapete, quando si vuole staccare la spina. Il posto lo conoscevo bene e mi piaceva. Cosè, un bel giorno, metto in valigia il Tex, la sceneggiatura, mi piazzo in albergo e mi dico "Resisterò a oltranza". Ho resistito tanto bene che adesso ho preso la residenza qui. I figli sono grandi, vengono quando vogliono un po' di tranquillit?. E Tex mi tiene compagnia. Ma lo hai finito? Ho finito le matite. Rimangono le chine delle ultime 80/90 pagine. Io lo considero finito, anche se... ci sono stati dei momenti in cui ero come preso dalla piena del Po e non sapevo più da dove ero partito o dove volevo andare, nonostante la sceneggiatura fosse lì, tranquillizzante. E intanto montava. E poi gli interni, scene buie, difficili. Come in un castello inglese, un po' gotiche, con tanto di "cantuccio della strega". E la cinese cattiva e altri ancora. Giunti alla catarsi finale, i due eroi se ne partono, come se nulla fosse, e intanto io sono morto. Ma mi sono ritratto, in una squadra di boscaioli che salutano Tex nell'immagine finale, quando torna a valle. Lui ci ha messo pochissimo, io tantissimo. Davvero lo stress è finito, ora che rimane solo il ripasso a china? Spero sia solo questione di braccia, e non più di testa. Quella, per un po', vorrei farla riposare. E fare lavorare l'occhio implacabile, che decider? se in quel punto manca un trattino o se deve restare vuoto. E una questione mia, sono io che devo decidere. E se ci deve essere, ora torno indietro faccio il trattino e non se ne parla più. Il tuo "Texone" e una vera e propria avventura, visti i tempi e le energie che ti sta costando. Che cosa rappresenta per te? Qualcosa di cui, oserei dire, ci si poteva anche rammaricare. Qualcosa in cui ci si imbarca come per il giro del mondo, quando può capitare di ritrovarsi bloccati dai mari in tempesta e il lavoro non può essere costante. Ho cominciato quasi sette anni fa, ma a Tex ho lavorato molto meno, facendo anche altre cose. In un certo senso, sono stato costretto a fare altre cose. Impossibile restare su Tex a tempo pieno con tutto l'impegno che richiede. Ogni vignetta è e deve essere studiata appositamente, avere una sua storia e - alla fine - un suo valore. A una recente mostra hanno esposto delle mie cose di Tex e volevano che consigliassi loro come sceglierle. E io ho detto "scegliete quello che volete, sono tutte uguali", nel senso di quello che ci ho messo dentro. E ci hai messo molto, a quanto pare. Ma non è poi così difficile. è solo lungo. Perchè volevo risolvere la luce senza ricorrere al nero pieno ma a un certo tratteggio, alla Galeppini. E i volumi, modellarli secondo certe mie idee. Ecco, forse ho esagerato per eccesso. In fondo, per me era, è ancora un'occasione, ma i "veri" disegnatori di Tex sono altri. Sono gli eroi che lo portano in edicola tutti i mesi che Dio manda in terra, a colpi di 110 pagine per volta, qualcosa di assolutamente impensabile per me. Quelli sono i professionisti, quello è Tex. Quando dici che hai sbagliato per eccesso, ti riferisci agli studi preliminari troppo lunghi, o forse a un tuo approccio "esitante" alla sceneggiatura di Claudio Nizzi? Tex è un fumetto d'azione, un fumetto di figure molto complesso. Se il cocchiere dall'alto della diligenza tira fuori la carabina e spara, ecco, già siamo in una situazione complicata: la carrozza; i cavalli con le bardature, i finimenti e tutto il resto; uno o più passeggeri in parte visibili anche dall'esterno; uno o più conducenti, uno dei quali estrae una carabina (non uno schioppo qualunque) per fare fuoco in una direzione ben precisa; e poi l'arrivo della diligenza, nuvole di polvere sollevate in frenata, cani che abbaiano in mezzo alle ruote. E tutto ciò Galep l'ha disegnato, con slancio, istintivamente, in maniera esauriente. C'è chi ci riesce. Bisogna capire che Tex vive di tutto ciò. Allora ho cercato di metterci il più possibile, di rendere omaggio a Tex. E ci ho provato con gli sfondi, lavorando molto su quello che avviene dietro. Alcune volte ha funzionato; altre meno, perchè invece di dare risalto ai personaggi li ha un po' messi nell'ombra. Ma nel complesso credo di essermela cavata, nel senso che a seconda dei casi, delle scene e del numero di pagine, il lettore va frenato o sollecitato. E mi sembra di essere riuscito a farlo. In tema di studi, ci sono quelli della casa, che è una specie di protagonista. La storia che la riguarda è molto divertente. Doveva essere una vecchia missione spagnola abbandonata, in seguito ristrutturata e adattata a fortino. E quindi, per gentile concessione degli archivi Bonelli, mi sono tuffato in libri come Storia della California, Storia del Messico e così via. E a un certo punto salta fuori questa missione, di cui per motivi di funzionalità bisognava studiare la disposizione dei nuclei abitativi. Era anche necessario garantire una qualche coerenza nel tempo, a mano a mano che la storia si sviluppava in questo ambiente. Quì ho discusso parecchio con Nizzi, perchè ogni volta che lui mi proponeva una certa scena io subito dovevo correre a calcolare tutto ciò che questa implicava. E poi c'erano più piani, lungo i quali Tex si aggirava nelle sue perlustrazioni. In un certo senso, con questa fortezza ho "sfidato" Nizzi, che dopo essersela ritrovata sotto gli occhi ha detto: "Perbacco, ma è inespugnabile"; "Sì, ma se la guardi bene, ti accorgerai che un varco te l'ho lasciato"... e lui l'ha beccato in pieno. Un vero e proprio gioco tra te e lo sceneggiatore. Sì, ma va detto che gli sceneggiatori di Bonelli sono estremamente precisi e quadrati, cosa a cui tengono pure moltissimo. Poi, il disegnatore può sgarrare un po'. Non capita spesso, ma io l'ho fatto. La fortezza l'avevo studiata così e così, fatta in una certa maniera, e al momento dell'assalto finale Nizzi ha dovuto tenerne conto: essendo difesa da Tex Willer e Kit Carson andava assalita con estrema forza. E abilità. Ogni tanto mi diceva "Fai sporgere un po di più quel muro, altrimenti come faccio a prenderli?" e io lo allungavo. E poi gli attaccanti. A un certo punto ce ne sono in giro 23, ciascuno con la sua faccia e i suoi vestiti. Poi rimangono in nove. Vuoi dire che li hai seguiti uno per uno lungo la sparatoria? Sì, anche se loro si sono persi in assalti sbagliati. Ma il lettore non dovrà preoccuparsi di seguirli o riconoscerli. Non è importante. Se vuole, potrà farlo, scoprendo che quel certo figuro si è arrampicato da quella parte, e l'altro da quell'altra, ma non è necessario. è un lavoro che ho fatto io, per me. Alla fine è Nizzi che me l'ha espugnata, la fortezza. D'altra parte, contro Tex Willer e Kit Carson, come si fa? C'è stato uno studio così elaborato per tutte le scene? Per tutte quelle in cui mi sembrava necessario. Per esempio c'è quella fatidica - della cavalcata. In tutte le storie di Tex c'è una lunga cavalcata durante la quale non succede nulla, si parla un sacco e all'arrivo - perchè intanto si va verso una destinazione importante - abbiamo scoperto un sacco di cose fondamentali. Ma nel West si cavalcava per ore e ore. Per giornate intere. Se si partiva al mattino, si arrivava al tramonto o addirittura a notte inoltrata. Quindi la luce doveva cambiare. Cambiare lungo le pagine della cavalcata, perchè il tempo stava passando. Cosè ho cominciato a fare qualcuno dei miei esperimenti. Cosine, di quelle che se falliscono non è grave. Hai cercato di recuperare lo spirito originale di Tex anche nella confezione materiale della storia, scegliendo di lavorare a strisce. Sì, una pagina era troppo grande, tutta in una volta. Ne avrei sottovalutato qualche parte, cosa che con Tex non può accadere e non è mai accaduto, a onore della pubblicazione e di Bonelli. Certo, anch'io ogni tanto mi sono arreso e ho semplificato qualche vignetta, ma l'ho fatto deliberatamente. Una pagina intera non l'avrei retta. Dovevo procedere vignetta per vignetta, per poi comporre la pagina, in un certo senso automaticamente. Se i vari elementi erano stati pensati "bene", la pagina ne sarebbe uscita "bene". Il problema sono le sequenze lunghe, che comportano situazioni con variazioni minime protratte nel tempo, come le cavalcate, i dialoghi, il sostare il pensarci su. E intanto siamo - per esempio - sempre vicino a un albero che non ha mica cambiato posto o rami. L'albero è sempre quello, con quei rami. Tex arriva nei pressi dell'albero, medita sul da farsi e quindi si allontana. E intanto io ho disegnato numero tre alberi. Che non possono essere fotocopiati, in quanto barbosi, ma che devono ruotare a seconda del punto di vista. Questo si può fare fino a un certo punto e con una certa fedeltà. Poi si impazzisce. Quante sigarette in più ti ha fatto fumare Tex? Interi pacchetti! In certi momenti è stata davvero dura. Una volta, qualche anno fa, entra un amico mentre stavo disegnando tanti "texini", così per allenarmi. Lui li vede e mi fa: "Ma quello non è Tex Willer?". "Meno male che l'hai riconosciuto." "Come mai disegni Tex?" "Perchè me l'ha proposto Bonelli, il suo editore." "Allora realizzi il sogno della tua vita, disegnare fumetti." Capisci, per lui "Tex" vuoi dire "fumetto". Sono sinonimi. Ma anche tu nutri un grande amore per il personaggio. Enorme. E un grande rispetto. Ogni volta che posso, lo omaggio. Quanto è durata complessivamente l'avventura di Tex? La voce che avrei fatto Tex cominciò a circolare quando mi trovavo ancora invischiato nelle ultime pagine dei Briganti, che all'epoca appariva su Comic Art, e quando ancora dovevo finire Le Femmine Incantate, perchè l'editore francese era alquanto arrabiato. Cosè prima di cominciare Tex, mi sono dovuto imbarcare in un altro lavoro mentre cominciavano già a chiedere "E il Tex di Magnus quando esce? Il mese prossimo?" E io: "Se va bene nel '93". Poi, varie circostanze, anche di vita, hanno ulteriormente rimandato la cosa. E poi, per rispetto al personaggio, non ho voluto tartassarlo, affrettano. Ho fatto a modo mio, ho perso molto tempo, ho scelto una delle tecniche più lunghe e - comunque - per me è sempre stato un lavoro molto difficile. Tutto un groviglio di cose. L'importante era non "tirare via". Non l'ho fatto neppure in situazioni meno nobili, anche perchè se il lavoro non viene svolto in un certo modo non dà nessuna soddisfazione. Inoltre, qui c'era di mezzo Tex. E con Tex non si scherza. C'è stato un momento in cui, nonostante il rispetto per il personaggio e per il lavoro, hai avuto la tentazione di mandare tutto a quel paese? Ne sono tentato adesso... [risata] Ma non Posso, mi caccerebbero dalla valle. Prego? Se non finissi questo Tex dovrei cercarmi un'altra casa. Sono anni che mi fanno i complimenti per Tex, ma non hanno ancora visto niente. Fino a oggi li ho tenuti buoni con i disegnini, ma se non salta fuori il malloppone... Già, il malloppone. Quando lo vedremo in edicola? Ci vorranno ancora una decina di mesi. Otto, forse, se alcune circostanze andranno nella direzione giusta. Il grosso del lavoro è già fatto, come certe scene, o lo studio delle ombre, che mi sono costate tempo... tantissimo tempo. Ma andava fatto in quel modo, e ciò vuoi dire un bozzettone di massima che eventualmente andava poi ricalcato. E questo è già un problema, perchè molti bei disegni o certe intuizioni nel ricalco si perdono. Ma occorre rassegnarsi, perchè il tutto viene più proporzionato: se le figure si aggrovigliano le puoi separare meglio, e così via. Insomma, tutto un lavoro che ormai c'è e da l' non si scappa. E poi hanno già inserito il lettering di Renata This, che è bravissima. Anche Decio Canzio ne lodava la leggibilità. La Tuis mette delle nuvolette che illuminano la scena. Dei lampi di luce. E abilissima a giostrarsi con i disegni ancora a matita. A volte le scrivo "Ci stiamo?" e lei risponde "No!". Punto esclamativo. Ci pensa lei a metterti in riga... Assolutamente. La cornice in cui lavori avrà sicuramente infinito sui tuoi tempi. Certo, Castel del Rio mi ha fatto perdere molto tempo, ma anche rilassare. Dovevo prendermi delle ferie. Ferie di vita. Ferie vere, di quelle durante cui si cambia. Questo ha occupato tempo e spazio: mi ritrovo quassè già da quattro nevi. Ed è tempo di affrettarsi. L'anno prossimo, quindi? Dipende da come andranno le cose in agosto. Se ad agosto il sole picchia, dovr? starmene blindato in camera, che è come una sauna. Un ventilatore mi salverà. Per fortuna, qui la sera è come avere l'aria condizionata. Lungo la valle spira la brezza e l'altitudine ci salva. Di sera una giacchettina può servire. Quando a Castel del Rio la notte è calda, Dio protegga i bolognesi. Io che sono di Bologna, so bene cosa possono essere certe notti in centro. Da impazzire. Comunque, Dio volendo (lui, non io) lo dovreste vedere nel 1996... sebbene la cosa dipenda ancora dalla mia costanza. Ma ce l'avrà. Vedere tutte queste pagine già chiuse, con i momenti più drammatici e difficili risolti... mi dà la carica. In che modo hai lavorato alle scene più complesse? Scenograficamente, un po' da teatrante. Un metodo che ho usato spesso, negli ultimi vent'anni. Tutto dipende dal numero dei piani di profondit?. Facciamo l'esempio della battaglia finale. C'è una struttura architettonica su un primo foglio, poi i caduti e infine i combattenti superstiti: sovrapponendo questi tre lucidi ottengo la scena completa. Con una matita abbastanza tenera ripasso le figure principali, in modo che risultino più corpose, mentre con una più dura finisco gli edifici e i dettagli. Infimi, al tavolo luminoso, riporto tutto su carta e se ancora dovesse essercene bisogno, do una passata di gomma pane, come Galep. Bonvi mi dice sempre "Vanno già bene le matite". Sì, buonanotte... E poi, naturalmente, un ringraziamento smisurato va a Giovanni Romanini che ha gentilmente fornito le cavalcature. A dire il vero, io l'ho ricattato... "O mi fai i cavalli o... o... ti sparo." Una vera e propria minaccia. Un'estorsione. Ha lavorato direttamente sulle tavole o su fogli a parte che poi ricalcavi? Sia l'una che l'altra cosa. Ma a un certo punto, era tutto così preciso già a matita, con gli stinchi e i garretti al posto giusto, che era praticamente impossibile ricalcano. Sbagliare uno zoccolo era roba da ridere e intanto il cavallo non stava più in piedi. Per cui ci siamo accordati perchè i suoi cavaIli li facesse a matita, un po' in tutte le pose, su carta, con tanto di ombre accennando anche la postura del cavaliere. Poi io me li attacco sul foglio. Ora che ci penso, credo che mi farà vedere in Bonelli il giorno in cui arriveranno gli impianti, armato di lametta, pronto a sgarzinare tutti i filetti e le attaccature: mi metto al tavolo luminoso e le passo al vaglio una per una. Lo so dove sono. Non mi sfuggiranno. è stato bravissimo, Giovanni. Senza di lui in quanto a cavalli avrei fatto davvero una brutta figura. Me ne ha chiesto ragione anche Bonelli: "Perchè Romanini disegna bene i cavalli?". E io che ne so? Dote naturale. A me stanno antipatici. Molti invece sono dei veri e propri esperti nel disegno del cavallo, che è uno dei soggetti più difficili: ci vuole niente per alterarne le proporzioni. Con una mina di quelle sottili, una 0,3, a cui già non è più possibile fare la punta, rischi di giocarti lo sfondo con i cavalieri in campo lungo (per non parlare dei dettagli dei Winchester). Occorre grande abilità, specialmente nel passare da un dettaglio all'altro: nel passaggio a china occorre una specie di cambio automatico nel polso, per usare con continuit? il segno che serve di volta in volta. Io arrivo fino a un certo punto, poi mi sono armato di pennarello. Col pennello ci ho provato, ma se non si ha più la mano meglio lasciar stare: il tempo di tirare fuori la china e l'avevo già ribaltata. E poi la tazzona di vetro per lavare il pennello... troppa roba. Meglio i pennarelli, che a volte mi sono pure mancati: non ne trovavo a punta dura, di quelli che io incido a modo mio per ottenere una testa con cui fare un segno sia grosso che sottile. Uso anche quei vecchi pennarelloni con la punta in materiale gommoso, che diventano grigi quasi subito. Quale strumento usare dipenderà anche dal soggetto. Naturalmente. Per esempio, tutte le chiome degli alberi richiedono un pennarello di un certo tipo, e così via, per categoria. Alcuni sono sensibilissimi all'umidità e andrebbero fissati. Altri hanno un'ottima punta ma tendono a diventare bluastri dopo poco tempo. Altri ancora, a base d'alcol, sono tremendi: a volte mi è scappato di usarli per dei fondi e con l'umidità e il calore sono stati assorbiti terribilmente. Hanno cominciato ad apparire degli aloni viola e rosa che non avevo mai visto: dopo lunghe ricerche ho concluso che è il modo in cui quell'inchiostro degrada nel tempo. è un problema di conservazione: impossibile esporre un disegno a pennarello, anche se fissato. Non è come la china. Scolorisce. Per fortuna, quasi nessuno dei disegni che si fanno per i fumetti è da esporre. Su queste cose l'onta del tempo è spaventosa: ho visto degli originali di Salinas tutti gialli, massacrati dal nastro adesivo ormai secco. I tuoi prossimi progetti continueranno a nascere a Castel del Rio? O prevedi ritorni nella "metropoli"? Io amo svisceratamente Castel del Rio, che ritengo femmina. Un luogo femmina. Per la sua bellezza. Un luogo dolce, lussureggiante. Io la conosco in tutte le stagioni, col caldo e col freddo. E non desidero lasciarla, a meno che non nascano circostanze particolari. Io non faccio mai progetti a lunghissimo termine. Due amici, praticamente miei coetanei, sono crollati per infarto nel giro di poco tempo, e - ahimè - questo li ha costretti a sospendere i loro progetti. Cose del genere ti fanno mettere tutto in prospettiva. Abbandoniamo per un attimo il mondo del fumetto. Come rappresenteresti - magari con un disegno - l'attuale situazione politica italiana, il nostro Parlamento? Uno squadrone di ignoti. Una fiumana. Lo dico con tutto il rispetto per le cento professioni da cui provengono. Anche queste elezioni che sembrano prossime, incombenti, hanno visto nascere facce nuove mai viste. Comunque, alla politica va portato rispetto, soprattutto se non è di scontro violento, se non fischiano i colpi alle finestre. Perchè non sarebbe la prima volta che, per terrorizzare, qualche assassino piazza le bombe. Questo sarebbe insopportabile. Mostruoso. Quanto al resto, mi sembra una baraonda con poco senso, finch? tutto annega nei debiti. Cosa possono fare finchè non pagano quelli? Se a uno a cui devi dei milioni - molti milioni - ti presenti con ventimila lire quello cosa ti dice? Che ne mancano. E parecchi. Ci vorranno cent'anni per pareggiare i conti, e dovremo vendere tutto. Venderemo San Pietro agli americani. Quindi questa tua scelta, questo tuo "staccare la spina" e un modo per isolarti dal mondo, magari aiutato dal lavoro che è solitario, da tavolino. Ma qui non siamo poi fuori dal mondo. Ho incontrato situazioni che non mi hanno certo dissociato dal mondo. Vi faccio un esempio. Qui ciascuno - grazie al cielo - è proprietario di casa sua e quindi, in definitiva, sopravvive non male, anche perchè da queste parti le attività agricole non sono mai ristagnate. In realtà non si sta male. Ma è il peso della rarefazione dei ruoli sociali che si fa sentire. Non parlo neppure di disoccupazione. Parlo di energie che ristagnano, che non vengono rimesse in circolo. Di un motore che resta spento. Ti senti al di fuori di tutto ciò o qualche volta il quotidiano bussa alla tua porta? A volte scendo a Imola, da amici e vedo un po' di TV (che qui c'è solo nei bar, dove mi guai do bene dal seguirla). In un certo senso mi incanta. Una vera lanterna magica E poi cose incredibili Senza entrare nei dettagli ricordo una discussione politica con personaggi di quelli importanti Poi qualcuno dice "Alt" e compaiono delle bottiglie d'olio, E una voce "Quest'olio e buonissimo, Adesso lo lecco". E lo lecca. E io dico: "Tu lecchi l'olio? Stai scherzando?". Non avrei mai immaginato che ci si potesse permettere tanto interrompendo un discorso come quel-10 dii prima. Il 1punto e che i olio fa un sacco di soldi. O io non ho capito niente, o qui stanno dando tutti i numeri. In questo momento il mio problema è eminentemente politico: finire Tex. Ma a Bonelli piace? Ha detto gli ha fatto venire il sangue al naso. dalla rabbia e dall'angoscia. Ma lo capisco. Un editore è abituato a ritmi più serrati. Per lui la mia condotta è scandalosa, al di là di ogni possibile professionalità. Credo che pensi questo. Io me frego altamente, perchè ne rispondo solo a Tex. Chi è Sergio Bonelli? lo non lo conosco. lo conosco solo Tex Willer. E il suo pard, il signor Kit Carson. E io Tex ormai lo finisco anche se Bonelli mi dicesse "No". Perchè un generale nominato da un principe può rifiutare degli ordini" (Sung Tzu, L'arte della Guerra). Bonelli sa benissimo che il tuo Tex è un caso editoriale ancor prima di arrivare in edicola... lo ho abusato di questo "caso editoriale Tex". Se invece di Tex disegnassi il "Cavaliere Verde" la cosa noli interesserebbe a nessuno. Il punto è che qui si incontrano due, miti: quello del personaggio e quello di Magnus. E' lui l'astro che illumina. E lui che fa girare la testa a tutti, anche se non leggono fumetti. Noi siamo troppo abituati a pensare agli autori, che si inventano le loro storielle di 46 pagine. Ma di fronte a un personaggio e a una saga che ha impegnato tanti autori del calibro dii Galep, Letteri, Nicolò, Ticci, Villa puoi solo metterti al servizio dell'Eroe. E anche se a volte qualcuno ha tirato via tutti hanno dato il loro meglio con Tex. Troppi e troppo bravi Io guardo solo Galep. Gli altri non li voglio neanche vedere, altrimenti mi si frigge il cervello. Il Tex che voglio è quello che balugina dalle copertine di Galep. Io miro li. A quel Tex che conoscono proprio tutti, anche quelli che non l'hanno mai comprato ma che l'hanno visto. Cosè mi sono detto, volo basso. Vado sul sicuro. La copertina sarà tua? Ahimé mi toccherà. A tempera, su fondo bianco, secondo la linea della collana "Gigante" in cui comparirà la storia. La farà di stampo classico anni Cinquanta, tipo "La terribile cinese e i nostri eroi". Se i cavalieri del cielo non fossero giunti a portarsi via Galep, giuro che gli avrei mandato una delle mie donnine ignude (di quelle fatte per benino) chiedendo in cambio un bozzetto a matita su carta a quadretti di come lui vedeva la copertina. Poi ci pensavo io. Mi avrebbe dato tante cose che io potrò solo immaginarmi. Che cosa pensi della produzione a fumetti italiana? Niente. Non ho il tempo di pensare. La produzione dei fumetti non d' il tempo di raccogliere le idee e di capire cosa c'è in giro di buono. Mi sembra che non sia un momento felice, se non per i possessori di formule, di brevetti fumettistici (come la Coca-Cola). Ma anche in questo caso l'espansione e l'evoluzione delle collane, che è l'atteggiamento più naturale da parte degli editori, vengono frenate dalla paura di perdere lettori. Lo stesso Tex Willer è un personaggio che terrorizza la Bonelli. è qualcosa che deve rinnovarsi costantemente senza mai cambiare, e ogni minima nuova sfumatura viene vista come un pericolo. L'altro giorno, in un negozio di fumetti, un ragazzo mi ha chiesto se disegnerei mai dei super-eroi, con tutti quei loro mantelli. Io per cortesia sono rimasto ad ascoltare, poi gli ho risposto che per me l'Eroe basta e avanza. Che cosa pensi del fenomeno Dylan Dog? Altro miracolo bonelliano. Tutti i meriti al buon Tiziano e ai vari realizzatori. I miei figli ne comprano due copie, una a testa, per non litigare. Più gli almanacchi. Implacabili. Perchè ritieni che ai tuoi figli piaccia tanto? Non ho mai avuto la pazienza di arrivarci. Credo di avere capito che ci sono diverse ragioni. Loro ne apprezzano l'umorismo, o piuttosto l'umorismo di Groucho. Ora, a me piace Wolinski e quindi la storia finisce qua. Per quanto possa essere un buongustaio e apprezzare tutti i piatti, alcuni sono al di là della mia portata. Loro invece, i miei figli, si compiacciono molto di ridere di quelle situazioni. Faresti mai un Dylan Dog? Mai. Mai? Mai. Per rispetto verso i suoi grandi disegnatori. E della sua gloria. Tex l'ho accettato perchè per me è come La Fanciulla del West, o se preferite L'Uomo del West. E un melodramma che io posso fare all'italiana. Ed è anche una questione anagrafica: è il fumetto della mia vita, della mia epoca. Ed è sopravvissuto trionfante, prospero. E non miserrimo. Archiviato il "Texone", che cos'hai in cantiere? Diciamo che ho voglia di tornare alle mie gommosità. E con Comix ho cominciato alcune Storie Strane. Per ora ne è uscita una sola, ma ho in pentola un'altra cosa che ha intrigato abbastanza Guido De Maria, il direttore della rivista. Gli ridisegno - senza neanche tornare a guardarmela - la storia del "Sogno dello scroscio di pioggia" dal volume della Glittering Image del 1984. La reinvento a memoria, in sei paginone tutte per Comix, molto grafiche, piene di testo. Praticamente disegnerò nei buchi che resteranno. Nei ritagli di tempo, porterò avanti un progetto per la Granata Press di Luigi Bernardi. Si tratta del famoso Conte Notte, un lavoro che mi porto dietro da tanti anni e a cui tengo parecchio. è del tutto diverso da ogni lavoro fatto in precedenza e ogni tanto mi capita di mettervi mano. Un impegno da prendere col contagocce, comunque, un po' come Tex. Tra l'altro, è di lontana origine cinematografica. A proposito: i tuoi rapporti con il cinema? Tempo fa ci fu un progetto che poi divent? Nosferatu a Venezia e di cui il Conte Notte è lontano parente, ma la cosa and' malissimo. Innanzitutto per un film occorrono più cervelli, uno da solo impazzisce e io non posso permettermi di perdere troppi neuroni. E poi sono modi diversi di lavorare. Il cinema è esigente, ci sono dei direttori di produzione con cui è solo possibile litigare. Al primo accenno di complicazione ti dicono "Guarda che questo non & mica Ben Hur" e ripartono a lavorare. Se poi dietro c'è talento e ci sono idee, tanto meglio, altrimenti... pedalare. Se stai fermo o non riesci a girare entro certi tempi, sono soldi che corrono. E per certi progetti dove le cifre sono miliardarie, beh, conviene assoldare sceneggiatori "usa e getta": avanti il prossimo, e via, fucilato. La macchina è implacabile e non si deve fermare. Morale della favola, hanno massacrato sette/otto persone e solo alla fine hanno trovato tutto il necessario per tirare fuori un copione alto così. Scena uno, scena due, lei, lui, l'altro, il cane, il gatto, la zia... E poi io sono abituato a pensare a tutto. I costumi, per esempio. Se io cercavo di indicare o schizzare i costumi, passava uno che mi faceva "Ma perchè perdi tempo, che poi ci pensa il costumista?". Al che a me veniva da rispondere: "Lo dici a me che faccio il fumettista?". Il cinema è un gioco leggero di molti. Se penso che ogni mattina, prima di cominciare le riprese, ci sono persone il cui compito è sapere (e lo sanno) che occorre un paio di scarpe bianche per la signora Cardinale (numero 37) e una borsetta in tono e che tutto deve essere pronto perchè non c'è tempo e il produttore è l' che scalpita... Il percorso dalla trama (che doveva essere il mio lavoro) alle scarpe e alla borsetta (che & il lavoro di un sacco di altre persone) & lunghissimo. Comunque, sei riuscito a fare tesoro dell'esperienza dirottando il lavoro fatto all'epoca su un nuovo personaggio. Sì, non l'ho perso. Il materiale preparato allora l'ho rielaborato e sostanzialmente quello che ne è venuto fuori è il Conte Notte. Per ora ne esistono cinque pagine... una cosa ridicola, ma da qualche parte bisogna cominciare. In Granata le hanno già viste e hanno dato l'OK. Sono piaciute persino a Roberto Ghiddi [art director della Granata Press] e non è poco. Useranno una tecnica completamente nuova: io disegnerò più o meno tradizionalmente (matita più china) su un fondo pantone colorato, di una certa densità, in modo che non ci sia bianco, che scompaia la carta. Solo bruma e buio. Poi, di pagina in pagina, sarà necessario cambiare leggermente la dominante, il pantone di sfondo, ed è qui che entra in scena il computer, che elaborerà una mia traccia monocromatica (ma non in bianco e nero) che verrà riprodotta in quadricromia. Ci puoi parlare del personaggio? E un redivivo. Che sconta una condanna eterna. Un sepolto vivo un vampiro che torna alla luce, anche se di luce ce n'è poca. Solo alla fine ci sarà un'alba... particolare. Ma tutto il racconto inizia di notte, proseguendo nell'ombra di uffici e di carnevali notturni. Dicevi che il computer giocherà un ruolo importante... Sì, certo. Anche il lettering sarà al computer. A questo proposito, ricordo di avere ricevuto un premio dall'ANAFI come migliore copertinista, per le copertine di Granata. Ma lo sfolgorio di quelle copertine è tutto merito di Ghiddi, dei suoi incredibili pennarelli e dell'uso appassionato che fa della grafica computerizzata, in combutta con l'ottimo fotolitista Paolo Saetti, altro appassionato. Questa del computer è una grande cosa. Tutto quello che una volta era considerata una raffinatezza grafica, i filetti, gli ornamenti, oggi è facile e veloce. Organizzi tutto su schermo, se non piace cambi. Se piace, tutto su dischetto e via. E per me l' il mistero comincia e finisce. Il mistero? I disegni su un dischetto. Roba da fare paura. Mah. Ma nelle realizzazioni, si apprezza davvero tutta questa tecnologia, indubbiamente superiore a quella tradizionale, che è costretta a fotografare qualcosa di materiale, di già esistente. Per poi riprodurlo. E l' si che erano cancheri amari. Ora 110. Si sono impossessati della macchina e la comandano, e se vogliono possono darle informazioni erronee, per i loro scopi. Cosè, un grigio cambia e, docile, diventa un'altra cosa. Non c'è aerografo che tenga. Non c'è pittore che possa giocare in quel modo con la luce. Ormai, non si fanno altro che semilavorati, che poi vengono integrati. Quando lo vedremo? Dovrà aspettare Tex. Bernardi è rassegnato. Lui spera per il 2000. In questi anni il tuo rapporto con Bernardi e la Granata Press è stato particolarmente importante. Bernardi mi ha aiutato moltissimo. Per amicizia, voglio dire. Ha ripubblicato cose mie in edizioni pregevolissime. E io gli sono particolarmente grato. Quale domanda non ti abbiamo fatto? Perchè l'ho fatto. Già, perchè? Perchè era una buona bandiera sotto cui cadere. E dovendo cadere, tanto valeva cadere ad Alamo. Fonte: http://cartoonia. tripod. com
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  10. Ho letto il soggetto solo fino a qui, ma già per me merita la pubblicazione.
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  11. Non riesco a pensare a una più commovente applicazione del mos maiorum. Bravo, @JohnnyColt!
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  12. É un gioco di pesi e leve: prima si salta la risposta per l’esame e poi si salta l’esame per la fregna! 😂
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