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TWF - Tex Willer Forum

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Mostrando i contenuti con la più alta reputazione il 02/01/2024 in tutte le sezioni

  1. non c'era nulla da criticare in quellla scena, saranno stati i soliti quattro scassaminchia a cui non va mai bene niente "scassaminchia" = "chi fa attenzione a quello che legge e conosce Tex"... Ecco un prepotente, in un albo di Tex: Chiunque abbia letto anche un solo albo di Tex precedente a quelli scritti da Nolitta, sa cosa aspettarsi adesso: che Tex prenda il prepotente per il bavero e inizi a sbatacchiarlo come un tappeto. Tex ha sempre odiato i prepotenti, e funziona come la "vendetta dei deboli", facendo sentire al prepotente di turno come si sentivano le loro vittime. Ma non questo Tex: Il Tex di Nolitta, nelle sue prime storie, è un odioso prepotente, quindi si unisce naturalmente ai prepotenti. Se questo per te è Tex...
    5 points
  2. Robin Wood è la quintessenza dell'autore "popolare" e "seriale". Se vai a leggere tutta la lunghissima storia di Dago, per migliaia e migliaia di pagine, vedi che trovi quasi sempre situazioni già viste, personaggi appartenenti a certi "tipi" molto... "tipici" (quante migliaia di ragazze belle e ribelli che poi si innamorano di Dago si sono viste?). Eppure sempre con gli stessi ingredienti, ogni volta la zuppa e buona. Basta cambiare qualche accostamento, qualche dettaglio, l'ambientazione, e poi alla fine anche se tutto è identico è passato tanto tempo in una saga quarantennale che chi se lo ricorda? Questa riproposizione fissa di elementi costanti viene considerata da una certa critica snob e superficiale l'essenza del fumetto "popolare" e "seriale", ma non è così. Quella è la base. È il substrato, le fondamenta. Perché ogni dannata settimana (o due) la storia di Dago su Lanciostory deve esserci. Poi però ogni tanto arrivano le storie diverse. In cui magari la gran parte degli ingredienti (i soliti "tipi" umani standard che popolano le avventure di Dago) si uniscono a cose che hanno ispirato l'autore e che sono uniche nella saga (il sacco di Roma, per esempio). Senza queste "punte" memorabili, che si distaccano dalla routine, una saga non colpisce abbastanza il lettore per essere ricordata. Senza, diventa una cosa tipo Billy Bis (o Julia). Una cosiddetta "critica" che non se ne rende conto non è "critica", è ignoranza snob (nel caso di Dago, la fortuna della serie per me sta anche nel fatto che proprio le primissime storie, quelle in continuity serrata, sono una di queste "punte", lasciando poi alla serie un patrimonio di rendita (i lettori che attendono la vendetta) che li ha fatti interessare subito al personaggio). La stragrande maggioranza degli sceneggiatori di fumetti oggi (ma pure in passato, eh) non riesce ad avere "vette" memorabili. Rispetto al passato oggi però latita anche il "substrato" valido: invece di variate la pietanza con gli ingredienti soliti, fatto sembra la stessa sbobba, anche se provano a cambiare qualche ingrediente (anche il tipo di ingredienti conta, Robin Wood usava amore, molte, sesso, vendetta, tragedia, speranza, ideali, tradimenti, oggi troppi autori usano citazioni dall'albo x, citazioni dall'albo y, pam pam, bum bum, rissa, duella, e tanta, tanta, tanta noia...) In passato, per un Robin Wood che veniva ricordato dal pubblico che lo seguiva, c'erano tanti "anonimi artigiani" incapaci di raggiungere vette memorabili ma che comunque la "pagnotta" (la storia settimanale, adeguatamente appassionante) la portavano a casa, e rappresentavano il grosso del fumetto "popolare". "Popolare" qui non nel senso deteriore usato oggi, di "dozzinale", ma nel senso reale, di fumetto che vende, che piace a molti, che soddisfa i lettori. Quando ancora il fumetto piaceva... Come si applica tutto questo alla Bonelli, e in particolare a Tex? Quando Tex era un albetto a striscia settimanale di 32 pagine, GL Bonelli faceva in pratica lo stesso mestiere di Robin Wood (anche il numero di pagine di ogni episodio era pressappoco lo stesso: 32 strisce contro 11 pagine, poi diventate 14): tutte le dannate settimane Tex doveva uscire, affrontando ogni volta un pericolo, un avversario, di solito non molto memorabile, poi ogni tanto c'erano cose memorabili (la storia in cui incontra Gros-Jean, quella in cui sposa lilith, etc.) Il confronto mette in luce le grandi differenze stilistiche fra i due (Robin Wood parte subito con la saga e poi la rallenta, episodi brevi autoconclusivi che si collegano insieme, con il riflettore puntato soprattutto sui personaggi che man mano Dago incontra, GL Bonelli invece è più per l'avventura alla Dumas senza preoccuparsi tanto di origini e saghe, ma gli episodi non sono autoconclusivi e le storie sono più lunghe e articolate), e il confronto mette per me subito in luce come il grande GL Bonelli non sfiguri nemmeno se paragonato a Robin Wood (anzi). L'aspetto che però mi interessava qui è il fatto che anche per GL Bonelli in questo periodo vale quello che dice Wood: anche lui, secondo me, scriveva ogni settimana senza piani, senza sapere come sarebbe andata a finire. Poi Tex cambia formato, cambia periodicità, GL Bonelli inizia a dedicarci tutto il suo tempo che prima era diviso fra vari personaggi, e non so quanto questo sia ancora vero successivamente. Nel "periodo d'oro" ci sono storie così ben costruite da farmi ritenere che, anche se non aveva un soggetto scritto, GL Bonelli sapesse dall'inizio dove voleva andare a parare, 300 pagine dopo. Si riprendono parti della saga (che NON È VERO che non cambia, Kit continua a crescere nelle storie di GL Bonelli, quello degli albi attorno al 200 è chiaramente cresciuto rispetto a quello degli albi attorno al 70), tipo Lilith, ci sono storie in cui si spiega da dove Tex prenda i soldi, in dettaglio (Dugan il Bandito), anche il passato di Tex viene rivisto (Tra Due Bandiere). [E Tex in quel periodo diventa una rarissima rarità, il sacro graal degli autori seriali: un fumetto seriale FATTO SOLO DI "VETTE" (almeno per una mezza dozzina di anni indiscutibilmente, ma per me possiamo anche andare fino a quasi 10 anni in cui ogni singola storia è memorabile...)] Tutto questo NON vuol dire che Tex abbia una "continuity": GL Bonelli sistema il passato di Tex (ad essere precisi, lo devasta facendogli fare due volte la guerra di secessione, ma è un dettaglio, non sottilizziamo... ), risponde ad alcune "frequently Asked Questions", ma la cosa finisce lì: non ha la benché minima intenzione di raccontarci "la storia di Tex" Nizzi men che meno, proprio non ci pensa nemmeno (oltretutto, con la sua solita sciatteria e faciloneria, cosparge la saga di errori grossolani, sbagliando non solo il luogo dove è sepolta Lilyth ma pure dove è nato Tex, dove è morto il fratello, dove si svolgono le prime avventure, etc.) È con Boselli che arriva questa "necessità" di definire la storia di Tex (necessità che si scontra con la sua impossibilità, troppe incongruenze sono già inserite nella saga, diventa un impresa tipo Capitano Achab contro Moby Dick...). Necessità che credo derivi anche ad una ribellione al "personaggio immutabile". I personaggi più importanti del fumetto non nascono "immutabili". Persino i supereroi Marvel, se vai a vedere l'uomo Ragno quando lo scriveva Stan Lee, CRESCEVA. Nel primo numero avrà 15-16 anni, in tre anni di storie si diploma a va all'università. Nel frattempo ha una prima relazione "stabile", durata anni, con Betty Brant la segretaria di JJJ, poi conosce (all'università) Gwen e (tramite la zia) Mary Jane, per un po' viene attratto da entrambe ma poi si mette con Gwen, etc Finchè lo scrive Stan Lee (o Steve Ditko) Peter Parker cresce, cambia ragazza e scuola e i cambiamenti sono PERMANENTI. Non tornerà mai più con Betty. Non tornerà mai più alle medie. Poi però il personaggio (e l'intero universo marvel) ha troppo successo, e... viene "congelato": ...e questa è la maniera più disonesta di farlo. Ma deriva proprio dal fatto che I FUMETTI MARVEL HANNO FATTO SUCCESSO QUANDO NON ERANO COSÌ. uno dei (tanti) motivi per il successo della Marvel era proprio questo cambiamento continuo, che NON ERANO IMMUTABILI, i lettori vedevano i loro eroi crescere come loro, sposarsi (come Reed e Sue o Hank e Janet), fare i figli (come Franklyn Richards), morire (come Gwen Stacy, e non era stata certo la prima, checché ne dicano certi critici ignoranti...). Rispetto agli altri eroi dei fumetti (tipo Superman o anche Tex e Zagor in Italia) era una rivoluzione epocale. Tutte le odierne ridicole saghe dove "tutto non sarà più come prima" che poi vengono sempre ret-connate e cancellate sono semplicemente il tentativo di "gabbare il lettore" facendogli credere che la Marvel sia "viva" come allora quando in realtà è morta, rigida come un baccalà, da decenni... Ma è ancora così? Scrivere un personaggio che cambia, che si evolve, credo dia molte più soddisfazioni, soprattutto agli autori più "moderni". Tempo fa dicevo che Boselli era forse l'ultimo autore Bonelli capace di fare fumetto seriale "classico", in particolare western. Oggi devo rivedere la mia opinione, e questo passa anche dal rivalutare e guardare con occhi nuovi la sua produzione passata. E rendermi conto che lui ha sempre voluto mettere "il tempo che passa" nelle sue storie di Tex, e con esso i cambiamenti nei personaggi. Guardate "il passato di Carson". Non mostra un cambiamento, un Carson che cambia fra il passato e il presente? E "gli invincibili"? Anche "la grande invasione", inserisce il passare del tempo. Con "Tex Willer" ha trovato la maniera di scrivere UN TEX CHE CAMBIA... e questo credo che gli abbia fatto perdere molto interesse per il Tex "contemporaneo". Ormai le sue storie "contemporanee" sono praticamente sempre "ritorni di", oppure storie "celebrative" (Dio quanto le odio, ci metterei la moratoria...) che vanno a ravanare nelle storie passate o nei personaggi passati, facendo assumere alla serie regolare un tono un po' funereo, come se stessimo sempre a fare il funerale di un Tex rivolto sempre al passato. In compenso, il ruolo di "Tex Willer" si allarga sempre di più: sconfina nei Texoni e negli almanacchi, si arricchisce di "speciali" che spaziano nel tempo, e da serie che "racconta le storie inedite di un Tex giovane e ancora fuorilegge" è diventata "la serie che defrinisce la vita e tutti i cambiamenti della vita di Tex" Un impresa, l'ho già detto, impossibile, ci sono troppe incongruenze. Il motivo per cui non ci ha fatto vedere quanti anni aveva Yama nella storia sul passato di Mefisto: qualunque età avesse avrebbe contraddetto storie passate. idem Kit Willer. O "cela", senza mostrare e senza sbilanciarsi, come in questi due casi, o deve fare ret-con, anche pesanti. Finché era il Tex fuorilegge, era un conto: l'unica storia che ne parlava era "il passato di Tex" che poteva essere ret-connnata senza problemi, non era una storia amatissima, nessuno ha pianto quando ha spostato la storia da Rock Spring (all'epoca senza comunità bianche e troppo distante dal Messico) alla valle del Nueces. Un po' mi ha fatto storcere il naso che abbia "accorciato" il periodo del rodeo da tre anni a pochi mesi, ma vabbè, ci si passa sopra... ...solo che non è finita lì. Ci sono cose un po' inquietanti in questo "furore revisionistico". Per esempio la tendenza ad "appropriarsi" delle morti celebri, rinarrandole (mi aveva dato fastidio la scelta di dire "no, Coffin non è morto in una storia di GL Bonelli, è morto in una MIA storia!", già non vedevo il senso di una scelta simile, figurati vederlo fare anche con Higgins! Fino ad un certo punto, approvo e mi piace questa idea di cercare di "sistemare e storicizzare" la storia di Tex. Cose tipo chiarire perchè la Fascia di Wampun cambia natura e "poteri" (risposta: sono due fasce diverse. Ottimo, questa è una risposta che arricchisce il mito di Tex senza cancellare vecchie storie), mostrare come nel mondo di Tex i rangers non siano mai stati sciolti (sanando le incongruenze storiche di GL Bonelli) e chiarire le cose tipo che Tex utilizzi quella stella fuori dal Texas. Ma temo che Boselli stia esagerando, e questo sforzo positivo che ci ha dato ottime storie rischia di strafare, andando a fare danni. Alle storie attuali (che ormai troppo spesso, come in questo caso, vengono tanto sovrastate dal dover "raccontare gli eventi" da diventare più cronaca che avventura), e ai classici del passato (lui dice di no, ma dopo aver visto sventrare e distruggere il classico dei classici "il giuramento", temo che non ci sia più nessuna storia di GL Bonelli al sicuro).
    2 points
  3. "i fatti" = "40 persone in un forum che non votano nemmeno la scena, ma tutta la storia"! "pochi scassaminchia" = "le trecentomila persone che smisero di comprare Tex in quel periodo, cifra data dallo stessa Bonelli... Vi abbiamo presentato "la matematica secondo gilas2" (certo, non tutti avranno mollato per le storie di Nolitta. Come non tutti quei 40 hanno dato un voto buono alla storia perchè gli piace vedere Tex che fa il prepotente. Sono "prove" dello stesso tipo, molto grossolane. Solo che sono 40 contro trecentomila, e si dice che i "pochi" sono i trecentomila...)
    2 points
  4. Bella intervista. Ci sono scrittori di fumetti che pianificano meticolosamente e autori che preferiscono "seguire il flusso". Dipende anche dal loro grado di libertà. Nel caso di fumetti come Tex, che prosegue da 75 anni nell'implicita promessa ai lettori di rimanere sempre fedele a se stesso, pianificare è forse pure impossibile. Sappiamo benissimo che non vedremo mai una storia che sconvolga lo status quo dei personaggi e tantomeno vedremo mai la parola "Fine", almeno finché Tex vende. Tex non morirà, Kit non diventerà mai realmente adulto tanto da sposarsi e avere figli. Gli ultimi avvenimenti rilevanti li abbiamo avuti ad inizio anni '50 col passaggio di Kit da bambino a ragazzo con la storia "Il figlio di Tex", tutto quello che è venuto dopo sono state storie solo relativamente importanti e che hanno lasciato il segno su noi lettori (perché erano capolavori) ma che non hanno necessariamente spostato di un millimetro lo stato delle cose all'interno della narrazione. Tex deve rimanere Tex perché a noi piace così ed è così che è riuscito a farsi trovare puntuale nelle edicole per 75 anni: Tex è un porto sicuro, una sicurezza in un mondo che cambia. È il nostro comfort food, ne più ne meno. Quindi quanto in un fumetto come Tex si può realmente pianificare? Poco e solo relativamente alla singola storia, con il vincolo che alla fine di essa si ritorni al punto di partenza senza lasciare grosse tracce. È così per tutti i fumetti di vecchia data in realtà, con l'unica differenza che gli americani sono più sfacciati, meno onesti se vogliamo. Superman muore, ma poi resuscita, Spider-man si sposa, ma poi divorzia. Eventi catastrofici sconvolgono il mondo in modo irreparabile e mai nulla sarà come prima, ma solo fino al successivo retcon che riporta tutto allo stato precedente e intanto i vostri soldi ce li siamo presi. In Tex invece rimane direttamente sempre tutto uguale, senza tanti giri e promesse: è il silenzioso patto coi lettori. Certi personaggi sono troppo iconici per poter morire, è la maledizione dei fumetti di questo tipo e ancor prima è una strategia aziendale, tipicamente occidentale, di alcune case editrici. Se Tex muore la Bonelli dopodomani chiude.
    2 points
  5. Sì, il grande tema delle storie di Boselli è sempre stato fin dall'inizio "il tempo che passa" (a proposito, quest'anno a settembre saranno 30 anni da "Il passato di Carson"), e lo è anche in Dampyr, se è per questo, nel rapporto continuo tra il presente e il passato di vampiri che vivono da secoli. Ma questo mostrare i cambiamenti che avvengono nel tempo vuol forse dire non essere "classici"? Direi di no. Vuol dire solo aggiungervi elementi moderni. Boselli, oltre a GLBonelli, si ispira a Ken Parker, ma ancora di più ultimamente - mi sembra - al Gino D'Antonio di "Storia del West". E le storie di Gino D'Antonio non sono forse western "classicissimi", pur raccontando il passare del tempo e l'invecchiare della famiglia Mac Donald? Boselli rimane ancora, se non l'unico, perlomeno uno dei pochissimi a saper raccontare storie western classiche, ma aggiungendovi elementi moderni (Anthony Mann + Peckinpah). Lo è stato fin dall'inizio e lo è tuttora, e su "Tex Willer" lo si vede bene. Ultimamente per esempio con Cochise e Raza il comanchero. (Poi non sempre tutte le ciambelle riescono col buco, ma questo è normale). Per la serie regolare questo è forse vero, sembra a volte che piano piano si voglia chiudere con tutte le porte rimaste aperte: Proteus è morto, il Maestro anche, Mefisto e Yama sembrano definitivamente liquidati, la Tigre Nera è molto probabile che tra un po' ci lascerà definitivamente, ecc. Anche le storie in lavorazione chiuderanno il discorso sospeso sugli extraterrestri del Monte Rainer, poi ci sarà Barbanera, poi Nick Castle, e Juan Cortina da vecchio. Sembra un po' un bilancio finale della serie... (A proposito, a me piacerebbe rivedere Jethro) Ma per Tex Willer giovane, invece, sembra prepararsi una stagione narrativa nuova e interessante... Dago è una serie straordinaria, le storie con elementi fissi e ripetitivi hanno comunque sempre qualcosa di diverso e originale che le rende interessanti (come per GLB le storie coi rancheri prepotenti del primo centinaio, simili tra loro ma con qualcosa di nuovo che le diversifica e le rende sempre piacevoli). Ma gli archi narrativi che si discostano dalla produzione seriale, le vette della saga, insomma, sono comunque parecchie: oltre al sacco di Roma, ancora migliore è la lunga avventura in Sud America al seguito di Pizarro (dal n. 60 al 72 di Dago Nuova Ristampa), un capolavoro assoluto del fumetto. Poi il ciclo in Andalusia, oppure quello di Padova, le storie attorno alla casa in cui va a vivere in riva al mare, il ciclo di Verdi, ecc. ecc. Tutti archi narrativi notevoli e memorabili. E d'altra parte anche Robin Wood, grandissimo narratore, era un appassionato di Storia (e ovviamente dei romanzi d'appendice).
    1 point
  6. Son fra quelli che ha dato un voto positivo alla storia (7 mi pare di ricordare) ma nella mia recensione non mancavano gli appunti a quegli aspetti poco funzionali (la caratterizzazione di Donovan, la poco centralità di Tex, l'assenza dei pards, il troppo tempo del nostro eroe legato al palo della tortura). Seppur reputando la storia leggibile e tutto sommato piacevole (ma poco texiana, d'altronde Nolitta di texiano ha scritto terribilmente poco!) la scena in questione è sbagliata comunque (altro che opinioni è un dato di fatto!) e farlo notare non denota l'essenza di uno scassamarroni a mio avviso. Se non si può criticare nemmeno questi aspetti, che ci facciamo su un forum tematico?
    1 point
  7. Una cosa sono le opinioni, a cui ognuno ha diritto, ed un'altra cosa sono i fatti. La storia è stata votata da 63 utenti del forum 15 hanno votato 10 15 hanno votato 9 10 hanno votato 8 Quindi 40 votanti su 63 (due su tre, in pratica) l'hanno considerata ottima se non eccellente Probabilmente ha una media tra le più alte di tutti i 75 anni di Tex Dei restanti 23, solo 2 (due) han dato meno di 6 Poi uno si può pure attaccare ad una singola scena, ma farà probabilmente parte di quei suddetti sopra quattro (ma anche tre) scassaminchia cercapelinelluovo a cui non va mai bene niente. I fatti dicono ben altro.
    1 point
  8. Non sono per niente un amante dei crossover e all'inizio avevo forti pregiudizi sui risultati di un incontro Tex & Zagor, per non parlare di quello tra Carson & Cico , ma alla fine devo dire che entrambe le storie mi sono piaciute (pur con qualche difetto di cui ho già detto) e Boselli a mio parere è stato abile a inserire Zagor (e persino Cico) nel mondo di Tex Willer, nel modo più naturale possibile e nel contesto giusto (le guerre coi Comanches), quindi la tua affermazione che "obiettivamente non ha ragione d'essere" è solo un tuo giudizio, scusami ma non molto oggettivo... Non credo proprio che se Boselli scriverà un terzo Speciale di Zagor & Tex lo farà perché deve riempire affannosamente in qualche modo il calendario delle uscite, ma perché gli sarà venuta un'idea e avrà un motivo valido per farli incontrare ancora. Per cui definire "non necessaria" una storia che ancora non conosciamo mi sembra solo un processo alle intenzioni... Qualcuno allora potrebbe dire allo stesso modo che non era necessario neanche il ritorno della Tigre Nera, o che non è necessaria la futura storia in lavorazione con Barbanera, ecc... Se sarà necessaria o meno lo sapremo dopo (in base alla validità dell'idea), non prima. Il ritorno di Higgins si può dire sì che non era necessario (inutile e negativo), ma questa seconda storia di Tex e Zagor - che sia piaciuta o meno - un suo senso invece ce l'ha, anzi forse, al contrario, non ha sviluppato fino in fondo tutte le potenzialità che i numerosi personaggi (non solo Tex e Zagor) e la trama avevano. Forse qualcuno ne è rimasto deluso proprio per questo, perché magari si aspettava più azione, più fuoco e fiamme e più pathos nell'incontro tra i due eroi... Una terza storia con Zagor ulteriormente invecchiato e un Tex più maturo chi può dire come sarà? Il mondo del fumetto popolare e seriale è particolare, e talvolta imprevedibile. Di recente ho letto una vecchia intervista a Robin Wood che così diceva: "Per quel che riguarda la mia carriera… scrivo, niente di più straordinario di quello. Lo faccio con piacere, lo faccio tutti i giorni; quando non lavoro per tre o quattro giorni non mi sento bene, devo fare qualche cosa. Sono fortunato, ho trovato un lavoro che mi piace ogni giorno di più, amo il mio pubblico e senza il pubblico non esisto. Il pubblico mi ha fatto, non sono io ad aver fatto il pubblico. Per questo sono dedito a loro e faccio il mio meglio per essere degno di loro. [...] Io non penso mai quando scrivo, non so cosa vado a scrivere, non ne ho idea. Incomincio e penso: “Beh cosa faccio? Boh?!?” Pianificare, non esiste; la prima riga, quella esiste. “Il sole si è alzato… bla, bla… biondo… fuoco nel cielo…” e tre ore dopo è fatto. DOMANDA: Se un giorno dovessi porre termine alle avventure di Dago come sarebbe l'epilogo? Il giannizzero nero troverà la pace solo nella morte o riuscirà a raggiungere un equilibrio in altre maniere? Non lo so, perché non l’ho scritto. Ti ripeto, io non penso mai a quello che scrivo. Dago pensa, io no. Io incomincio a scrivere ma non penso mai alla fine, la fine è un'altra cosa. Arriverà un giorno, può essere che un giorno dirò: “Qui!”. Come è successo con altri personaggi, capirò che quello è il momento giusto. Una situazione giusta, qualcosa che lasci il lettore, che per me è la cosa più importante, che lasci il lettore commosso, felice, triste, tutto… pieno di cose in un solo colpo che ricorderà per anni. Alla mia maniera io faccio musica."
    1 point
  9. Ben detto! A mia memoria, questa scena si contende la palma della peggior sequenza mai vista in un albo di Tex in una strenua lotta con: - quella/e col bastone che uccide di Ukasi - quella in cui Tex nel cuore della notte esce in mutande e disarmato dalla cabina della nave che doveva sorvegliare, alla mercè degli iper-ultra-super-attesi sabotatori ai quali chiede pure scusa del disturbo per salvarsi il culo.
    1 point
  10. Non so come la pensino adesso gli eredi, ma se avesse provato a scriverla qualcuno mi sa che Sergio Bonelli l'avrebbe querelato, e non si è mai azzardato nessuno... Sono comunque cose personali, che si possono pure immaginare (basta sapere la storia della famiglia, e immaginare cosa deve aver provato il piccolo Sergio quando il padre è tornato dalla svizzera con una nuova famiglia...) ma che dovrebbero rimanere private. Già è antipatico il giornalismo scandalistico sulle star di Hollywood, ma gli autori di fumetti (a parte forse Zerocalcare) non sono personaggi pubblici, e la loro vita privata non è di interesse pubblico. Di persona, Sergio Bonelli ne parlava un po', ma a suo modo, facendo battute (molto divertenti), vai a capire quanto c'era di vero e quanto era il suo gusto per la battuta autoironica. Le "tracce" che abbiamo e che ci sono rimaste sono le storie. In cui si incrociano sia il rapporto personale, sia i diversissimi gusti dei due Bonelli (con Sergio che ama gli eroi perdenti e sconfitti, e quindi il suo Tex all'inizio dovendo vincere non è per niente un eroe, anzi è antipatico, gradasso e odioso, poi per renderlo più simpatico non lo fa più davvero vincere e diventa un perdente sconfitto). E anche il "tipo" di narratore che era Nolitta: le sue storie molto spesso logicamente non stanno in piedi (pensate a quando nella Marcia della Disperazione per distanziare indiani a piedi Zagor decide di scacciare i cavalli e fuggire a piedi, o quando Tex dice che dopo tre ore le tracce di El Muerto, di una banda di gente a cavallo, saranno impossibili da seguire, senza manco vederle), si basano anche più del solito sul "gioco di prestigio" del narratore che non ti lascia il tempo di pensare, e da questo punto di vista sì, nonostante i temi, erano per un pubblico più giovane e "ingenuo". Andare a districare in queste differenze cosa è dovuto al rapporto personale, cosa sia dovuto alla differenza di stile, e cosa sia dovuto anche magari all'astio per doversi occupare di un personaggio non suo al posto di Zagor (abbandonato) e Mister No, è difficile capirlo, e oltretutto non ci serve per "valutare" le sue storie. Ma che di sceneggiare Tex non avesse proprio nessunissima voglia è evidente, anche nel fatto che l'ha fatto solo e unicamente quando costretto (prima dal padre, poi dai problemi di Nizzi) e quando ha potuto smettere l'ha fatto immediatamente, facendo persino terminare le storie a metà da altri.
    1 point
  11. non c'era nulla da criticare in quellla scena, saranno stati i soliti quattro scassaminchia a cui non va mai bene niente
    1 point
  12. La copertina del numero 500 Quello che l'immagine non può spiegare, se non osservandola, e che mi piacerebbe fosse capito... e che a seconda del personaggio, a seconda della psicologia del personaggio, ognuno di loro tiene l'arma che ha in mano in un modo ben preciso. C'è per esempio Kit Willer che si basa molto sulla sua fisicit?, per cui per lui l'arma è poco importante e alla fine ecco ( la tiene abbassata, ndc ). Carson è sempre molto guardingo e la tiene piuttosto sollevata. Tiger Jack la tiene come se fosse qualcosa di prezioso, perchè in fondo è un indiano e arrivando dalla sua cultura, le armi sono molto preziose. Tex invece lo tiene come chi sa di poter contare su quest'arma, ma non è fondamentale, più che altro la tiene staccata da se, e quello che si vede... il lettore vede di lui, è più la sua imponenza fisica che l'arma, non la tiene davanti a se, la prima cosa che vedi non è l'arma, per cui, in questo modo, l'immagine parla della psicologia dei personaggi, anche se il lettore forse si rende non perfettamente conto di tutte le cose che sono state dette dal disegnatore, mentre ha costruito quest'immagine... Tratto da un reportage televisivo con cVilla ai microfoni.
    1 point
  13. La lunga estate di Tex con il numero 500 e il ritorno di Mefisto Articolo di - Antonio Salvatore Sassu apparso su La Nuova Sardegna il 19 giugno 2002 Cavalca le praterie di un western di carta dal 1948, e malgrado i 54 anni di vita editoriale, è più pimpante che mai. Stiamo parlando di Tex Willer, un fenomeno editoriale, non solo italiano, che continua a dominare le edicole e si avvia verso una lunga estate calda, calda come gli scenari delle sue avventure e il piombo delle sue micidiali colt. I primi di giugno, infatti, la collana ?Tex Gigante nuova serie?, in edicola dal marzo del 1958, e che viene ristampata anche in tre edizioni diverse, ha festeggiato il numero 500 con un albo a colori, andato esaurito in un paio di giorni e già in corso di ristampa. Ma non c'è solo ?Uomini in fuga?, scritto da Claudio Nizzi, disegnato da Giovanni Ticci e realizzato a colori, come da tradizione, ma sta per uscire anche il Texone disegnato da Bruno Brindisi, ?I predatori del deserto?. La vera sorpresa, però, ci sarà a partire da luglio con il ritorno di Mefisto, con i disegni di Claudio Villa: una lunga avventura nel soprannaturale che ci accompagner? sino a settembre. Che Mefisto non si accontentasse di restare morto e sepolto i lettori di Tex lo sapevano già, ma che fosse così testardo nei suoi ritorni dall'aldil', sempre per annientare il ranger e i suoi pard, è una sorpresa nata da un'idea di Claudio Nizzi, da anni lo sceneggiatore principale delle avventure del nostro. Come dire che a volte ritornano e, nel caso di Mefisto, sempre più indemoniati. Come personaggio e come collana Tex, lo ricordiamo, è in giro dal 1948. Un fenomeno che ha pochi riscontri in tutto il mondo. Ci vengono in mente pochi nomi di personaggi con una vita editoriale simile o più lunga della sua: Superman, Batman e magari anche Topolino. Di più duraturo c'è e c'è stato molto poco. Quale ?, dunque, il segreto di questa lunga vita editoriale e di un successo che non conosce crisi? Ne abbiamo parlato con l'editore Sergio Bonelli, figlio di Gian Luigi, uno dei più grandi narratori del Novecento italiano e inventore di Tex e di centiania di altri personaggi, e anche lui sceneggiatore e creatore di grandi eroi di carta. Al grande successo di Tex 500 si aggiunge la spasmodica attesa per il ritorno di Mefisto. Questo vuol dire che è sempre Tex il più amato dagli italiani? ?Confesso che anche io sono stupito, non ricordo un'adesione così totale. Non ci aspettavamo un successo di queste dimensioni per il numero 500, tanto è vero che in meno di una settimana abbiamo dovuto ristamparlo. Questa è la conferma di un fatto irripetibile che fa capire, una volta di più, che c'è molto affetto intorno a Tex, che è tornato il fumetto italiano più venduto, scalzando Dyland Dog, anche se di poco, pur essendo un personaggio che ha un pubblico adulto, maturo, che non suscita più l'interesse dei ragazzini. Ma il successo c'è ed è innegabile e una parte del merito va sicuramente alla stampa che si sta facendo perdonare tutto il malanimo e le aggressioni contro il fumetto italiano di quando io ero ragazzo?. Questo numero 500 di Tex è stato particolarmente curato dal punto di vista tipografico? ?Anche se i colori non sono la nostra specialit?, devo dire che ne sono rimasto soddisfatto?. E come se non bastasse, dopo uno scintillante numero 500, sta per ritornare Mefisto ?Direi proprio che la gente "frigge" per il ritorno di Mefisto. E questa è una grande preoccupazione per me perchè ho paura di deludere i lettori, anche se Claudio Villa ha fatto un lavoro straordinario e Claudio Nizzi si è dimostrato, ancora una volta, all'altezza del compito di sceneggiatore principale di Tex?. Come mai il ritorno di Mefisto non è firmato, come sceneggiatore, da Sergio Bonelli-Guido Nolitta? ?Come sceneggiatore io sono già in pensione, e poi devo confessare che Mefisto, come argomento, non è proprio di quelli che a me piacciono più di tanto. Inoltre, quando Nizzi mi ha spiegato l'idea, con una buona giustificazione iniziale e con un approccio insolito e diverso da quelli usati precendemente da Bonelli padre, mi è sembrato giusto che questa storia toccasse a lui?. E ne sei soddisfatto? ?Personalmente trovo che mio padre abbia sfruttato abbastanza l'argomento Mefisto, ma il pubblico me lo chiede, me lo sollecita, e allora è quasi un dovere accontentare questo straordinario pubblico che non è severissimo con noi e che ci consente di ripeterciò. Se Tex gode di buona salute, come sta il fumetto bonelliano in generale? ?Tex è il fumetto italiano più venduto, e quindi gode di buona salute, ma non bisogna dimenticare che ogni anno c'è una perdita di lettori del 6,7 per cento e che, rispetto a sette anni fa, le vendite si sono dimezzate. Questo vuol dire che i giovani hanno altri interessi: la televisione, i videogiochi, la birra al bar, gli amici, ma non solo. E poi leggere fumetti è diventato più faticoso, pur non essendo questo il caso di Tex. Quando ero ragazzo io le storie erano più meccaniche ed elementari, adesso sono più verbose e sicuramente più faticose da seguire?. Malgrado la crisi, state preparando qualche novità? ?Questo, per noi, è un momento di riflessione. Negli ultimi tre anni abbiamo proposto diverse testate e in molti ci hanno accusato di voler invadere le edicole senza capire che dietro ogni testata c'erano progetti sofferti e vissuti per anni. Ognuna di queste testate si indirizzava a un pubblico diverso dal quale ci aspettavamo delle risposte chiare. Invece i segnali di ritorno sono scarsi: Julia continua ad andare molto bene, altri sono in calo, altri ancora non sono mai andati bene?. E la crisi irreversibile del fumetto? ?Questo conferma che dobbiamo pensare al fumetto come a un prodotto di nicchia e più caro, e non più di massa e popolare nei prezzi e nell'aspetto. In tutti i casi c'è un interesse per il primo numero e poi un calo pesante, quasi che la gente rimanesse delusa. E questa è colpa di noi editori che non siamo in grado di capire che cosa vuole il lettore che, viziato dal cinema, dai videogiochi, dagli effetti speciali, vuole forse cose superiori a quelle che gli può dare il fumetto legato alla fissit? dell'immagine e alla mancanza di suoni. Noi della Bonelli come tipo di lavoro non siamo mai stati quelli del mordi e fuggi e abbiamo sempre pensato a prodotti che andavano avanti per molto tempo e oggi non sappiamo bene quali debbano essere le proposte per un pubblico che sembra si stanchi molto presto. Oggi, magari, dovremo sfruttare gli eventi e mutarci, forse, in una squadra di predoni. Siamo quindi in meditazione e il nostro pubblico dovrebbe comunque essere contento di sapere che anche così stiamo sempre lavorando per lui?.
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  14. Disegni preparatori per il texone!
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  15. Non so davvero quanto Nolitta lo facesse apposta.Alla fine anche il suo Zagor era spesso un personaggio abbastanza prepotente e a volte riusciva pure antipatico. Che poi non si curasse molto di come lo scrivesse il padre,é evidente.
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  16. Letto finalmente. Un buon albo però... Io, leggendolo, capisco che la Grande invasione è imminente, non si riuniscono tribù diverse anni prima, quindi siamo nel 1874, al massimo 1873. Nulla di male, Tex ha 35-36 anni, Zagor circa 65 portati molto bene. Quello che non torna è Tomas che ha la sua prima apparizione, come figlio rapito di Lupo Grigio, nel 1840 circa. Dove poteva avere 4-5 anni. Qundi nel 1874 (ma anche fosse nel 1866) è comunque un ultratrentenne, non un ragazzo. Ovviamente queste sono considerazioni da nerd, visto che alla fine conta la storia, non la incongrienze.
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