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Kamoose

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Tutto il contenuto pubblicato da Kamoose

  1. Kamoose

    [755] La cavalcata del destino

    Ah...adesso il parallelo con Yama lo facciamo noi, siamo arrivati alla supercazzola atomica...una super-combo per il colpo definitivo Scherzo, non voglio discutere ulteriormente ma di Yama hai parlato tu, io ho semplicemente cercato di spiegare perchè il parallelo che hai portato non ha ragione di esistere, ma dalla tua replica capisco che non hai compreso quello che ho scritto quindi ci riprovo un ultima volta. Persino nei tuoi quote ignori la parte più importante del mio messaggio che è quella riferita all'unicità de Il giuramento, se non si vuole capire questo punto tutto il resto è inutile, Yama come tanti altri nemici di Tex sarà anche un personaggio più definito e accattivante di Higgins ma non è lui che ha ucciso Lilyth portando le coperte infette nel villaggio navajo. Potrei sbagliare ma dubito che ci sia stato qualche lettore che all'uscita de Il ritorno di Yama si sia scandalizzato sostenendo che tale seguito intaccava il senso/significato/valore della precedente avventura, e questo non è successo per un motivo molto semplice, Il figlio di Mefisto non era una storia di vendetta nella quale Tex giurava sulla tomba della moglie di uccidere TUTTI gli uomini responsabili di tale crimine. Ne consegue che se Yama torna non c'è nessuna ret-con, nessuna riscrittura di un classico unico...per me questa cosa è talmente ovvia che mi sembra assurdo stare qui a spiegarla ma tantè, tu sostieni l'esatto contrario per cui non vedi l'unicità de Il giuramento. FINE Infine, quando ho scritto che GL Bonelli poteva riportare Yama in vita un miliardo di volte intendevo dire che come creatore del personaggio di Yama poteva farci quello che voleva, questo è un altro punto della questione che sembra sfuggire a molti, GL Bonelli non ha riportato in vita ne Higgins ne nessun altro personaggio presente ne Il giuramento, gli uomini che hanno ucciso Lilyth sono morti, GL Bonelli non li ha più ripresi in nessuna storia, questo è un fatto indiscutibile e resta tale nonostante le fantasiose ipotesi che alcuni possono fare. Ma voglio stare al gioco, se La cavalcata del destino l'avesse scritta GL Bonelli le mie critiche sarebbero state le stesse perchè questa storia per me è clamorosamente SBAGLIATA, ma un GL Bonelli del 2023 presente in questo forum poteva rispondermi "Il personaggio è mio, Il giuramento l'ho scritto io, Higgins e Lilyth li ho creati io...quindi ci faccio quello che voglio" E non avrebbe avuto tutti i torti...perchè un altro punto della questione è che sarebbe cosa buona e giusta che un autore mettesse mano o penna sulle storie e sui personaggi da lui creati, non su quelli degli altri, specialmente se andiamo a toccare pilastri fondamentali della saga. Se fra venti anni con Boselli in pensione il buon Giusfredi se ne esce con un seguito (riscrittura?) de Il passato di Carson che ne stravolge il senso, ne cambia il significato, ne modifica qualsiasi elemento che per me è definito e perfetto così com'è io mi incazzo nello stesso modo. Tu no?
  2. Kamoose

    [755] La cavalcata del destino

    Ben vengano le visioni diverse dalla mia, magari visto che siamo in un forum se sono argomentate è anche meglio ma capisco che a volte trovare argomentazioni può essere difficile...molto più facile invece perculare chi non la pensa come te (vedi @Il sassaroli). Le contorsioni mentali non si riferivano ad un diverso modo di approcciarsi al fumetto (rileggi il mio post è scritto in italiano) ma ai tentativi delle groupie di ridimensionare un classico texiano, tentativi che alla fine hanno stancato anche Boselli, che per fortuna non è scappato dal forum come qualcuno ipotizzava. Che Il giuramento venga pesantemente intaccato/affossato/sminuito da questa ret-con malriuscita è un dato di fatto indiscutibile, se tu non lo vedi lasciami dire che il problema è tutto tuo, vorrei ricordare per l’ennesima volta che GL Bonelli chiudeva la SUA storia con una lancia che si spezza a simboleggiare la morte di TUTTI i colpevoli, se questi colpevoli non muoiono il senso di quella storia viene COMPLETAMENTE stravolto e sinceramente è paradossale doverlo spiegare in un forum di appassionati di Tex. Grazie all’accoppiata Frediani/Boselli scopriamo invece che Higgins non solo è vivo ma si è pure rimesso a spargere coperte infette in giro per il west ammazzando altri innocenti, l’inevitabile conseguenza di tutto questo è che GL Bonelli al tempo non ci rese partecipi del compimento di una solenne promessa, il giuramento fatto da Tex sulla tomba della moglie morta (ripeto...sulla TOMBA DELLA MOGLIE MORTA), ma di un clamoroso fallimento e della più grande sconfitta del nostro ranger. Il problema di alcuni di voi è che continuano a considerare Il Giuramento una storia come tante altre mentre invece è un unicum nell’intera saga Texiana, perché sia un unicum dovrebbe essere chiaro a tutti gli amanti di questo fumetto ma evidentemente non è così, di certo questa storia aveva un’importanza particolare per GL Bonelli visto che dovendo scrivere una sceneggiatura per un film (che poi purtroppo non si è mai fatto) ha scelto proprio questo racconto e non uno con protagonista Mefisto o Yama. E veniamo a Yama...il tuo accostamento non ha veramente senso per i motivi che ti sono stati già spiegati da altri utenti, davvero vuoi fare un parallelo del genere? Vuoi paragonare il figlio di Mefisto a Higgins, il butterato che ha ucciso la moglie di Tex? E allora ritorniamo all’unicità de Il Giuramento che vi continua a sfuggire (o che preferite non vedere), Lilyth muore UNA VOLTA SOLA, la uccide materialmente Higgins non Yama, Tex giura di uccidere Higgins non Yama, la lancia si spezza perché muore Higgins non Yama. Yama può tornare in vita un miliardo di volte perché è un cattivo seriale come tanti altri (ben riuscito mal riuscito non importa), un personaggio creato da GL Bonelli che lo riporta in scena quante volte vuole, magari domandati perché il papà di Tex riprende Yama, Mefisto o Proteus mentre non si sogna nemmeno lontanamente di riprendere Higgins. Forse (finalmente) vedrai l’unicità de Il giuramento...forse. Quindi riepiloghiamo, tu non argomenti...ti limiti ad insultare chi non la pensa come te. Vieni qui, scrivi due scemenze sulla riscrittura dei classici (a tuo avviso legittima), ti lamenti in continuazione delle 20 pagine di questo topic che tu stesso hai alimentato (scrivendo probabilmente più post di me e di molti altri che criticano argomentando), ci illumini con il concetto di "continuity implant funzionale al racconto" che non sai neanche cosa sia...e per chiudere in bellezza tiri fuori la Marvel che in questo contesto non c'entra assolutamente NULLA. Tolta questa fuffa cosa resta? Restano gli insulti: talebani, estremisti, portatori del verbo, nerd, fanboy...malati di mente. Scrivi in un forum monotematico su Tex ma il tuo contributo è limitato agli insulti verso gli altri utenti...non so, così a naso mi sembri fuori posto ma forse mi sbaglio Dici di aver letto supereroi a lungo ma o non è vero o anche lì ci hai capito poco, la continuity nella Marvel non è un dogma ma una tecnica narrativa? Potrei perdere 10 minuti della mia vita a spiegarti perchè non hai capito una ceppa nemmeno dei supereroi e della continuity Marvel ma non lo farò perchè non lo meriti, del resto perchè dovrei argomentare? Saluti
  3. Kamoose

    [755] La cavalcata del destino

    Io sinceramente trovo più patetiche le tue difese "automatiche" che non entrano mai nel merito delle critiche fatte, trovo patetico la facilità con cui parli della riscrittura dei classici texiani, così come il tuo svicolare dal dibattito dando dell'integralista a chi non la pensa come te (anche a gente che ha sempre incensato Boselli), e infine trovo patetico il tuo definire bazzecola il ritorno in vita di Higgins e tutto quello che ne deriva, ossia l'affossamento totale di un capolavoro come Il giuramento in nome di una continuity implant funzionale che vedi solo te. Ah, si...le critiche sono fondate eccome, ci sono post argomentati che lo testimoniano chiaramente e questo alla faccia dei difensori d'ufficio ai quali va sempre tutto bene, persino il tentativo veramente indegno di ridimensionare l'importanza e l'epica di un pilastro texiano come Il giuramento. E ne abbiamo lette in questo topic di grattate sui vetri, barricate di pastafrolla messe in piedi da utenti che non ricordavano (o peggio non avevano mai letto) la storia di GL Bonelli e che nemmeno si sono presi la briga di rileggerla prima di scrivere inesattezze clamorose, altri che con grande affanno cercavano incongruenze logiche inesistenti con l'unico obiettivo di ridimensionare il capolavoro passato a beneficio di una nuova storia palesemente sbagliata nelle fondamenta, contorsioni mentali talmente divertenti da leggere che quasi mi è dispiaciuto quando è intervenuto Boselli a metterci un freno. Io non vedo tante Annie Wilkes...vedo utenti che criticano argomentando e poi vedo alcune groupie in affannosa adorazione.
  4. Dalla piccola Leadville alla grande New Orleans, da McParland a McKennet, da Morel a Levasseur, dalla Tigre Nera al principe Sumankan, per questo inevitabile e annunciato sequel Nizzi punta sul sicuro e sulla “squadra che vince non si cambia”, ma la facile operazione di ricalco non raggiunge l’obiettivo prefissato e non si avvicina neanche lontanamente al riuscito lavoro originale. La struttura basilare della storia è praticamente la stessa, una prima parte che vede i quattro pards indagare, una seconda più action e l’inevitabile finale con la fuga del nemico che giurando vendetta si dilegua nel cuore della notte, l’inserimento in questo contesto della tematica voodoo (un classico per le storie ambientate in Louisiana) con l’entrata in scena di nuovi personaggi come Lohana e Omoro non viene approfondita a dovere sprecando a mio avviso le potenzialità di due figure che inizialmente apparivano interessanti. La prima parte con l’indagine di Tex e Carson (aiutati stavolta anche da Kit e Tiger) soffre di una narrazione compassata e ripetitiva fatta di pedinamenti, origliate, appostamenti e molte chiacchiere, manca la verve e sopratutto la forte componente ironica che invece rendeva piacevole l’indagine nella prima avventura, il viaggio notturno di Levasseur che ci porta alla scoperta del nuovo covo del principe malese è praticamente identico a quello compiuto da Jean Morel ed è paradossale che tale sequenza mi sia apparsa fra le migliori della storia (anche grazie ai disegni di Civitelli). Il proseguo della storia con il nuovo faccia a faccia tra Tex e la “testa pelata” non migliora la situazione generale, anzi nella mia scala di gradimento si scende di una tacca con l’entrata in scena degli zombi evocati da Omoro, ancora una volta è inevitabile confrontare la frizzante sfida del primo capitolo con le trappole micidiali e i gemelli giganti con questi nemici barcollanti che Tex elimina semplicemente minacciando Lohana (una scelta perlomeno discutibile) e obbligando lo stregone Omoro a richiamarli nelle tombe, nel frattempo Sumankan fugge di nuovo con estrema facilità ma stavolta in compagnia della bella seguace di lui innamorata, preannunciando un terzo capitolo che non ho mai letto e che spero proponga qualcosa di diverso e di più riuscito. La Tigre Nera resta un personaggio affascinante ma in questa storia il suo protagonismo viene fortemente limitato da un soggetto che ne frena l’azione relegandolo al suo covo nella palude, lo vediamo incontrare Levasseur, duettare con Tex e Carson legati come salami e infine fuggire con Lohana, a ben vedere non ha nessun ruolo attivo nell’avventura e anche il suo confronto diretto con Tex risulta meno efficace e coinvolgente, per un nemico del suo calibro decisamente poca roba. Peccato...per me questo secondo capitolo è una grande occasione persa, Nizzi alla fine si salva con un po' di mestiere (interessante il finale in “differita” che ci mostra la sorte di Scudder e Levasseur e i personaggi secondari del Cap. Finnegan e Natal) e sopratutto grazie al fondamentale aiuto di Civitelli ai disegni, ma in tutta onestà le mie aspettative erano ben altre. Storia: 6 Disegni: 8
  5. Ho un nipotino di quattro anni che chiaramente ancora non legge ma appena ne ho la possibilità gli metto un fumetto in mano e gli racconto la storia mostrandogli le vignette, al momento la cosa sembra incuriosirlo molto e spesso mi chiede di leggere per lui le storie dei super-eroi, chiaramente conosce molti personaggi della Marvel a cominciare da Spider-man, ma non ha idea di chi sia Tex e a naso le storie di cowboy e indiani lo attirano molto meno. Detto questo appena sarà in grado di leggere cercherò di capire insieme a lui cosa lo appassiona di più per poi indirizzarlo verso le letture del caso, ma sono consapevole che l'impresa è assai proibitiva, io da bambino mi sono appassionato ai fumetti e ancora oggi li leggo con grande piacere ma la società contemporanea è profondamente cambiata ed è palese come agli occhi di un ragazzo il fumetto risulti un media dal basso se non nullo appeal. Tanto per dire mio nipote non legge ma dispone già di un tablet per bambini che maneggia con assoluta padronanza e utilizza per vedere cartoni animati, lo accende, mette la password, seleziona youtube o Netflix bambini per scegliere il programma che lo interesse e a fine visione lo spegne. La tecnologia oggi è alla portata di tutti, più immediata, di più facile accesso e sopratutto meno impegnativa...non si può modificare questo stato di cose, si può cercare di inserire un piccolo "seme" come il fumetto all'interno di questo mondo con la speranza che ne nasca una piantina da coltivare pian piano, ma come detto all'inizio per me è un'impresa quasi impossibile.
  6. Ho scoperto Chuck Dixon nei primi anni ‘90, al tempo ero un avido lettore della Marvel e mi piacevano particolarmente gli eroi metropolitani dalla moralità discutibile, la rivista che seguivo con interesse era quella de Il Punitore che ospitava le diverse serie di Frank Castle e di altri personaggi dai forti contrasti se non completamente folli (la miniserie de L’insanicida/Foolkiller scritta da Gerber resta a tutt’oggi una delle cose più belle che abbia mai letto in ambito Marvel). Dixon scriveva il Punisher War Journal disegnato da un John Romita Jr. in grande spolvero ma anche il Moon Knight di Sal Velluto, entrambe le serie erano molto valide anche se la programmazione della rivista non era ottimale, tuttavia certe storie le ricordo ancora oggi e sopratutto mi ricordo di Chuck Dixon. La prima riflessione che mi viene da fare dopo aver letto Cinnamon Wells è che Dixon la pagnotta se la porta a casa anche in questa occasione, la sua è una storia solida e per certi versi anche sorprendente, un racconto western ruvido e spietato che parte in modo scontato con la classica rapina in banca e l’inseguimento dei banditi ma che poi, a metà percorso, cambia registro e ci racconta di un ranger e un assassino (di un cacciatore e di una preda) che si trovano sulla stessa pista desertica, senza cavalli e senza acqua. La scelta narrativa di interrompere la caccia ai banditi lasciandoli al loro destino (che arriva nell’ultima pagina e non per mano di Tex) mi ha inizialmente spiazzato, è una soluzione non consueta per i canoni classici ma che ci può stare nell’ottica di un prodotto “diverso” come di fatto è questa serie di cartonati, del resto anche la caratterizzazione di Tex non si può dire fedele agli stilemi del personaggio ma se ci pensiamo non potrebbe essere altrimenti considerando che ai testi c’è un americano che per quanto “indottrinato” di Tex conosce poco o nulla. La naturale conseguenza è che questa storia presa come puro racconto western funziona molto bene mentre risulta difficile inserirla in quella dimensione familiare che è la mitologia texiana, ma attenzione io non mi lamento di questo perché è esattamente quello che mi aspetto da una storia scritta da Chuck Dixon (o da un qualsiasi autore esterno), ossia trovarci dentro un punto di vista e una visione narrativa del tutto nuova. Tecnicamente parlando mi ha lasciato perplesso la composizione ordinaria delle tavole, molte di queste (la maggioranza) presentano solo 5/6 vignette sfruttando poco e male il grande formato a disposizione, se la confrontiamo con Frontera! sempre disegnata da Mario Alberti (sul quale è necessario tornare) la differenza è abissale tanto da farmi pensare che questo racconto sia stato originariamente concepito come storia breve e poi adattato per il cartonato. Sicuramente mi sbaglio ma questa è la sensazione che ho avuto in lettura e mi sembrava giusto evidenziarla, come mi è impossibile non notare il deludente lavoro di Alberti ai disegni, che essendo alla sua seconda prova su questo formato ci fornisce una facile occasione di confronto. A me i disegni di Frontera! erano piaciuti moltissimo ma l’autore di Cinnamon Wells sembra il cugino cieco di quello ammirato in quell’occasione e non si tratta di una ricercata sintesi nel tratto ma proprio di un lavoro sbrigativo e poco curato, tanto che mi sorprende sia stato pubblicato. Ci sono moltissime pagine dove i personaggi sono irriconoscibili, tratteggiati con poche linee e appena abbozzati, in pratica cambiano fisionomia da una vignetta all’altra, per non parlare di come disegna le mani e le armi, potrei fare molti esempi ma basta guardare le pagine che vanno da 32 a 38 per rendersi conto dell’approssimazione generale. Uno dei disegnatori western che ho amato di più è stato Ivo Milazzo che della sintesi faceva un suo punto di forza, ma per raggiungere tali livelli ci vuole un grande talento e tanto studio, mi dispiace dirlo ma Alberti è distante anni luce dal raggiungere uno standard accettabile e Cinnamon Wells sotto il comparto grafico risulta a mio avviso largamente insufficiente. Storia: 7 Disegni: 5
  7. Kamoose

    [382/384] La Tigre Nera

    Caro @Leo abbiamo avuto la stessa idea L’uscita dell’inedito con il ritorno della Tigre Nera firmato da Boselli (che leggerò solo a storia conclusa e quindi fra quattro mesi) mi fornisce un ottima occasione per ripassare le gesta criminali del principe malese Sumankan, questa prima avventura pubblicata nel lontano Luglio 1992 credo di averla letta almeno tre volte e sempre con immutato piacere, a differenza del seguito disegnato da Civitelli (che onestamente non ricordo) e di quello di Venturi che invece non ho mai affrontato. Nizzi crea un personaggio affascinante e riuscito, un cattivo di personalità che si giova di una caratterizzazione molto classica ma non per questo scontata, fondamentalmente un pazzo dai folli piani di conquista ma anche uno stratega pericoloso dai mille volti, capace di tramare nell’ombra e di colpire senza pietà. La Tigre Nera si dimostra fin dal principio un avversario di tutto rispetto, si nasconde da insospettabile nella comunità di Leadville gestendo i suoi traffici e muovendo le sue pedine inconsapevoli (il viscido Morel, Wilson, Rickers), servendosi dei bianchi che tanto odia per raggiungere i suoi scopi e non esitando ad eliminarli quando le indagini di Tex e Carson si fanno più pressanti. Questo naturalmente non impedirà ai due pards di scoprire l’ubicazione della sua fortezza nel cuore della montagna e di penetrare al suo interno affrontando una sfida ricca d’azione e colpi di scena, una sfida avvincente dove i nostri se la vedranno con avversari temibili come i giganteschi gemelli malesi (che sembrano usciti da una storia di Conan ma che nel contesto di questa avventura ci stanno benissimo) e con le mille trappole imbastite da un Sumankan che si arrende solo nel finale riuscendo tuttavia a fuggire. Nizzi divide la storia in due segmenti ben distinti, nel primo domina la parte investigativa, l’indagine poliziesca di Tex e Carson per scoprire chi si cela dietro la misteriosa setta, solo la sequenza spettacolare dell’agguato al Cubero Pass spezza una narrazione compassata ma mai noiosa, questo grazie ad una riuscita sceneggiatura che fa della leggerezza e dell’ironia un suo punto di forza. La seconda parte con l’ingresso nella miniera è avventura pura, l’azione si fa serrata e la tensione non manca tra fughe e inseguimenti, trappole micidiali (il pavimento che si apre e le frecce che escono dal muro fanno molto Indiana Jones) e scontri corpo a corpo dall’esito non scontato. Il lavoro di Claudio Villa è stratosferico, perfetto nelle scene cittadine (l’incipit nel teatro, l’incontro con il notaio Madison, l’agguato nel magazzino di Rickers), ma semplicemente grandioso nel caratterizzare l’esotico covo della Tigre Nera e le spettacolari sequenze che si svolgono al suo interno, ci sono delle tavole che fin dalla prima lettura si sono impresse a fuoco nella mia mente e che ancora oggi mi colpiscono con la stessa efficacia. Nizzi con questa storia fa un centro pieno, azzecca un grande antagonista che resta nella memoria e imbastisce un racconto frizzante e appassionante, non l’ho mai considerata un capolavoro e con questa ennesima rilettura confermo il mio giudizio, non lo è per i miei standard (a differenza della successiva Furia Rossa) ma non mi scandalizzo che molti appassionati possano considerarla tale. In chiusura di commento solo tre piccole stonature che non pregiudicano il mio gradimento ma che forse potevano essere gestite meglio, due sono delle soluzioni narrative troppo facili e mi riferisco al fazzoletto di Morel ritrovato nell’ufficio del notaio Madison (una prova rivelatrice) e alla provvidenziale e casuale scoperta della dinamite da parte di Tex braccato dai malesi, la terza è per un finale davvero sbrigativo con la fuga della Tigre Nera e i due pards che rinunciano ad inseguirlo. Storia: 8.5 Disegni: 9
  8. Nonostante le ovvie smentite della SBE io sono convinto che prima o poi questa storia sarà pubblicata anche nel classico formato bonellide, chiaramente in questa fase si punta a valorizzare sotto ogni aspetto (prima di tutto quello economico) questo ritrovamento pubblicandolo in un'edizione cartonata. Il prezzo secondo me è in linea con il mercato attuale, parlare di fumetto a prezzi popolari oggi non è più possibile basta fare un salto in edicola e buttare un occhio anche ad altri "prodotti", molti appassionati di fumetti sono oggi diventati dei collezionisti veri e propri e gli editori incentivano questo mercato con edizioni rilegate, di lusso, variant cover, cofanetti, edizione numerate e firmate, ecc. ecc. ecc. La Panini recentemente si è inventata il Blind pack, ossia una specie di caccia al tesoro stile figurine dove l'obiettivo è quello di trovare le diverse variant disponibili, firmate da autori diversi e con numerazioni diverse, la serie se non sbaglio era quella dello Spider-man Miles Morales e esisteva persino una variant (disegnata da Dell'Otto) con copia unica. Per non parlare della Berserk Eclipse edition stampata con cover rossa in sole 216 copie al prezzo di 200 euro e andata sold-out in 3 minuti con annunci di rivendita immediata a 2000 euro (edesso sta sui 1000 euro), che sia un mercato malato dominato in gran parte da resellers non ci sono dubbi ma se gli editori lo incentivano significa che questi prodotti si vendono.
  9. Le note di presentazione a me sembrano chiare: La storia di GL Bonelli e Tarquinio è completa (quindi con la parola FINE nell'ultima vignetta), nel volume oltre alla sceneggiatura e ai redazionali saranno presenti delle tavole in anteprima di una NUOVA storia di Boselli e Torricelli che si ricollega a questa e che uscirà nel 2024. Volendo si possono fare delle ipotesi sulla genesi di questo sequel firmato Boselli ma al momento mi sembrano premature, per avere un'idea più chiara bisognerà prima leggere Ombre di Morte. La cover non mi fa impazzire ma volendo inserire un disegno di Tarquinio forse non si poteva fare di meglio.
  10. Kamoose

    [755] La cavalcata del destino

    Grazie per le info recuperate dall'onnisciente Wikipedia, da 12 giorni di incubazione a 12 secondi. Ma va bene così dai, non leggo Tex con l'enciclopedia medica sottomano tuttavia certe forzature mi è impossibile ignorarle. Detto questo in questa storia il finale è il problema minore.
  11. Kamoose

    [755] La cavalcata del destino

    Scusa se mi permetto...ma di quale canone parli? Non esiste il canone del lettore, esiste il canone di Tex che si alimenta con il lavoro degli autori da 75 anni. Se fra 20 anni Giusfredi scrive un sequel de Il passato di Carson (o una storia che ne riprende un personaggio) modificandone in parte il significato io da lettore mi incazzo e sono certo si incazzerebbe anche Boselli. Per cui il canone da RISPETTARE e di riferimento è uno solo, quello dell’autore e nel caso de Il Giuramento quello di GL Bonelli. Tu parli di “riconsiderare il già scritto in favore di una nuova creazione”. Sul serio? Tipo prendere un pilastro della saga Texiana e privarlo del suo più importante significato per proporci una storia ad essere molto generosi passabile che, diciamolo chiaramente, sarebbe priva di significato senza l’aggancio di Higgins e quindi il collegamento con Il giuramento, una storia dove i pards affrontano un gruppo di pistoleri mezzi assonnati e ubriachi e dove un personaggio secondario compie una vendetta finale (la coperta infetta in casa del senatore) a dir poco inverosimile? E poi ti stupisci che ci siano 20 pagine di commenti? Che tra l’altro queste pagine di “grida allo scandalo” come scrivi tu non le hanno mica scritte solo gli scontenti e delusi ma anche gli altri, quelli dell’Higgins non si vede morire quindi non era morto, del GL Bonelli che sbaglia perché Brennan riesce a fuggire, quelli che Higgins era un pesce piccolo che non contava nulla (bene, allora ci facciamo la storia dei 75 anni riportandolo in vita), insomma quelli che per “difendere La cavalcata del destino hanno attaccato e criticato la meravigliosa Il Giuramento” (parole di Boselli pag.18). Contento che la storia ti sia piaciuta ma il continuity implant (come tu lo definisci) non è funzionale manco per il cavolo, anzi è un buco nero senza fine, senza logica e profondamente sbagliato nelle fondamenta, ossia quelle di ripescare un personaggio morto e sepolto per farci un seguito che dopo aver succhiato linfa vitale dal capolavoro di GL Bonelli ne stravolge il senso picconando una delle storie più iconiche e importanti dell’intera saga. Poi c'è chi legge Tex anche per passare 20 minuti al bagno, nulla di male in questo e forse la maggioranza dei lettori nemmeno si ricordano di Higgins o non hanno letto Il giuramento...ma qui siamo in uno spazio dedicato e credo/spero di approfondimento, ci scrive gente che Tex lo legge da decenni. Pensare che una storia del genere passi inosservata mi sembra pura utopia...e credo che 20 pagine siano anche poche. Non sono un medico ma il contagio da vaiolo è immediato e quindi il senatore nel giro di 1 minuto ci lascia le penne? Nel senso si contagia e muore sul colpo? E se non è così cosa impedisce al senatore di uscire di casa, la porta sbarrata con un asse di legno? Non ci sono altre uscite? Una casa signorile come quella di un senatore non ha finestre ne uscite di servizio? E se il senatore riesce ad uscire non c'è il rischio che il contagio si propaghi e colpisca anche degli innocenti? Le prime cose che mi vengono in mente...
  12. Sono pagine e pagine che dici di voler chiedere la questione ma poi non la chiudi mai Anzi continui con i tuoi post chilometrici costruiti sul NULLA, o meglio ancora su una tua visione distorta e ignorante di un personaggio che per tua stessa ammissione NON ti piace e che chiaramente non conosci. Tutto questo con la scusa di voler vendere degli albi di Tex...e ti iscrivi in un forum di Tex dove NON ESISTE il mercatino e quindi la possibilità di vendere quei 10 albi di Tutto Tex (e 1 Maxi) che hai messo nel tuo annuncio chiuso giustamente dai moderatori. Appurato che non puoi vendere gli albi (ma questo lo sapevi già prima) sono giorni che vaneggi in questo topic proponendoci le tue argomentazione assurde, surreali e chiaramente OFF TOPIC. Ora...i troll sono divertenti e uno volendo ci può passare qualche ora insieme ma come il pesce dopo un po' vanno a male, è nella natura dei troll giungere ad una inevitabile conclusione perchè alla fine l'aspetto ludico/comico della loro presenza si esaurisce, sono come i fenomeni da baraccone, all'inizio generano curiosità e divertimento, poi solo noia e fastidio. E ripeto ancora...in questo topic sei OFF TOPIC
  13. Kamoose

    [643/644] L'indomabile

    Leggendo questa storia con protagonista il valoroso apache Nantan, ingiustamente accusato di omicidio e deportato in Florida insieme al cugino Dimas, mi è tornato alla mente il bellissimo film di Robert Aldrich con protagonista un grande Burt Lancaster, sto parlando chiaramente di Apache da noi ribattezzato L’ultimo Apache (anno 1954). Il soggetto scritto da Boselli è chiaramente diverso e sviluppa un intrigo messo in atto dai soliti volponi bianchi per accaparrarsi le commesse della riserva indiana di San Carlos, sono coinvolti apache rinnegati, trafficanti di whisky e persino un colonnello dell’esercito, Tex e i quattro pards aiutano l’agente indiano Webster (vero obiettivo del complotto) cercando di salvare la pelle dei due indiani fuggitivi. Nantan, come il Massai interpretato da Lancaster, fugge dal treno che lo porta al campo di prigionia in Florida e comincia il suo lungo e tortuoso viaggio di ritorno a casa, un viaggio che sarà anche l’occasione per scoprire nuove realtà (l’incontro con il fabbro di colore vessato dal Klan) ma che ha l’obbiettivo primario di vendicare il torto subito punendo tutti i colpevoli, la vendetta è quindi il tema portante di un racconto che giustamente privilegia la dimensione action a tutto il resto. E di azione ne abbiamo parecchia con i quattro pards assoluti protagonisti, se vogliamo un ritorno al classico con modalità punitive degne del miglior GL Bonelli, è un vero piacere vedere Tex che maltratta il boss Marton lasciandolo appeso a godersi lo spettacolo del suo deposito in fiamme, così come assistere ad una movimentata rissa nel saloon di una cittadina dove gli indiani non sono ben voluti. La storia nel complesso è piacevole anche se abbastanza ordinaria, Nantan è un bel personaggio che si ritaglia parecchio spazio senza oscurare le gesta di Tex, l’agente indiano Webster invece risulta abbastanza anonimo, la figura femminile di Nitika è ben caratterizzata, sul fronte dei villain il migliore (per quanto abbastanza stereotipato) è Marton mentre il rinnegato Uday e il bandito Sombra si dimenticano facilmente, il peggiore della cricca dovrebbe essere il colonnello Atwood che però si vede solo all’inizio e nel discutibile finale aperto, vedere un cattivo di tale pasta (che tenta di uccidere Tex con una sciabolata) farla franca non mi ha convinto per nulla. I disegni di Josè Ortiz purtroppo non sono all’altezza, lo dico da grande fan dell’artista spagnolo che ho sempre apprezzato molto considerandolo fra i migliori della scuderia Texiana, il suo tratto sporco era perfetto per il western e il suo lavoro ha dato lustro a moltissime storie del ranger ma anche di Magico Vento e Ken Parker (La carovana Donaver è un capolavoro grafico). Va reso il giusto onore ad Ortiz per aver completato questo lavoro nonostante le precarie condizioni di salute e anche alla Bonelli per averlo pubblicato, ma con la stessa chiarezza bisogna evidenziarne i grossi limiti, sopratutto nelle anatomie e nei volti di alcuni personaggi. Storia: 7 Disegni: 5
  14. Folle e surreale...io lo avevo anticipato in tempi non sospetti Mi sorprende che qualcuno continui a dare spazio ad interventi che a me appaiono chiaramente provocatori e gratuiti...oltre che evidentemente off-topic
  15. La vecchia storia scritta da GL Bonelli non la ricordo nei dettagli ma nell’affrontare questo recupero ho deciso di non rileggerla, anche perché la parte veramente interessante di quell’avventura, cioè quella che riguardava il giudice Bean, la ricordavo invece molto bene. Carson che arriva nella cittadina di Langtry e viene accusato del furto di un cavallo, quella simpatica canaglia del giudice che tra una bevuta e l’altra lo condanna all’impiccagione e lo lega ad un albero appena fuori dal suo tribunale/saloon, Tex che arriva qualche tempo dopo e rimette le cose apposto. Il giudice Bean di Bonelli era una figura divertente e frizzante, non propriamente un buono ma anzi un personaggio al limite della legalità che il lettore tuttavia non poteva che trovare simpatico, la versione di Boselli è invece completamente diversa, costruita su una maggiore fedeltà storica, più rigorosa e meno goliardica, decisamente romantica nell’evidenziare il suo amore sconfinato per la bella attrice Lily Langtry. E questo romanticismo diventa anche uno degli elementi portanti della storia, che nella seconda parte vede Tex e Carson arrivare in soccorso del giudice e chiamati a sventare il rapimento della famosa attrice in trasferta americana nella città di San Antonio, nel bel mezzo abbiamo una banda di desperados guidati da un certo Morientes e un pericoloso bandito di nome Lonnie Moon, che proprio braccando il giudice Bean sperano di arrivare al goloso bottino di una vecchia rapina. Non cito volutamente la banda di Comanche guidati da Cane pazzo perché quella parte della storia è quella che mi ha convinto di meno, anzi ad essere più precisi l’ho trovata abbastanza gratuita e non motivata da sviluppi narrativi credibili, come del resto non è chiaro il collegamento tra la fuga dal carcere di Phoenix di Moon e la banda Morientes, Tex e Carson ne sono certi ma le parole di un testimone che crede di aver sentito “parlare in messicano” non bastano a giustificare la loro convinzione. La storia nel complesso mi è piaciuta anche se non mi ha entusiasmato, non manca certamente di ritmo ed azione e la caratterizzazione dei due pards è molto buona, Tex e Carson fanno il loro non lesinando piombo rovente e liberandosi abbastanza agevolmente dei nemici, che nonostante l’ottima caratterizzazione grafica di Frisenda non lasciano un segno particolare, del resto l’attenzione del lettore è tutta per il giudice Bean per il quale non si può non provare una sincera empatia. Messo da parte il suo lato più colorito e quindi le sue alcoliche sentenze, Boselli ci presenta un personaggio meno eccessivo e più umano, sinceramente perduto nel suo amore per il giglio del Jersey e talmente accecato da questa passione che per i cattivi di turno è facilissimo farsi beffa di lui, nel finale si teme persino il peggio ma trattasi solamente di un ottima soluzione narrativa, peraltro a mia memoria mai usata nella serie. Tecnicamente parlando la storia è certamente valida ma per me pesano negativamente la quarantina di pagine dedicate alla banda di Cavallo pazzo, nel complesso la struttura del racconto è solida e convincente, le parti migliori sono quelle dov’è presente il Giudice Bean, le sequenze dove le emozioni e il coinvolgimento si fa più forte dando vita al racconto. Frisenda io l’ho scoperto sulla seconda serie di Ken Parker (quella che uscì sul Magazine), credo che fosse agli esordi ma magari mi sbaglio, è un disegnatore eccezionale e perfetto per il western, oltre a quel capolavoro Texiano di Patagonia a sua firma ricordo innumerevoli storie di Magico Vento, tutte straordinarie. Il suo talento è confermato anche in questi due albi, tuttavia la sua caratterizzazione di Tex a volte mi è sembrata un po' troppo ordinaria (questa “stonatura” non l’avevo notata in Patagonia, strano), per il resto la sua definizione dei personaggi è riuscitissima, dal bandito Moon a Morientes, dal giudice Bean fino al viscido Josè Gaban (mi ha ricordato il Gollum de Il signore degli anelli), per finire con le ambientazioni semplicemente impeccabili. Storia: 7 Disegni: 8
  16. Più che noiose sono surreali...ma continua così che vai forte
  17. Kamoose

    [274/275] Dinamite!

    I fratelli Granger assaltano la banca di Little Rock e dopo averla ripulita si dileguano lasciandosi dietro distruzione e cadaveri, i due banditi si accompagnano con un meticcio cinese e si coprono la fuga lanciando candelotti di dinamite ai malcapitati oppositori, Tex e Carson gli danno la caccia ma sarà il destino sotto forma di un gruppo di indiani Comanche a scrivere la parola fine. Storia breve e decisamente deludente, raffazzonata per costruzione e svolgimento, piena di incongruenze logiche e con i pards in posizione defilata per gran parte del racconto, la prima parte con l’attacco alla banca non è neanche male, buon ritmo e una bella sequenza d’azione, peccato che le buone premesse non siano poi mantenute. Tex e Carson per tutta la storia non fanno altro che seguire la pista della banda di bombaroli non mancando di evidenziare più di una volta come i fuggitivi non si aspettano di avere qualcuno alle costole, cosa che appare incredibilmente stonata considerando che la comitiva dei fratelli Granger (nel frattempo si aggiunge un quarto elemento) lascia dietro di se tracce talmente evidenti che le vedrebbe persino un cieco. Attacchi gratuiti e senza senso uno dietro l’altro, fanno saltare la casa di una povera donna colpevole solo di avergli offerto il pranzo, al porto di Vicksburg bombardano un battello per una stupida ripicca e più avanti se la prendono con un vecchio traghettatore, insomma invece di tenere un basso profilo e di pianificare nuovi colpi (in teoria dovrebbero essere dei rapinatori di banche) si mettono in bella vista compiendo azioni criminali difficili da comprendere, sopratutto per dei banditi in fuga. Alla fine si aggregano ad una comitiva di coloni e in attesa di trovare il momento per rapinarli vengono attaccati da un nutrito gruppo di Comanche, quando Tex e Carson gli arrivano finalmente addosso fanno giusto in tempo a freddare il cinese (l’unico ancora in piedi dopo l’attacco indiano, che invece di fuggire si lancia contro i due rangers) e a salvare i coloni freddando il capo degli indiani. Il GL Bonelli del tempo aveva chiaramente il fiato corto e molte storie uscite in quel periodo danno l’impressione di essere soggetti scartati e rimaneggiati per l’occorrenza, buoni invece i disegni di Fusco. Storia: 5 Disegni: 7
  18. Devo dire che in questo forum non ci si annoia mai
  19. Nel complesso più che dignitoso esordio di Claudio Nizzi, storia dall’impronta tipicamente gialla che soffre un po’ nei dialoghi spesso troppo prolissi ma che si riprende grazie ad un ottimo incipit e ad un finale serrato e avvincente. A parte l’ottima sequenza della valanga d’acqua (drammatica la scena della morte della coppia di anziani) e una breve sparatoria nel mezzo del racconto tutta la componente action viene spesso sostituita da una narrazione molto densa e verbosa, in questo senso va segnalato il lunghissimo confronto/scontro tra il losco Francisco e Tex lungo ben dieci tavole, degno di una piece teatrale. Questo aspetto non per forza di cose va inquadrato in senso negativo ma è chiaro che Nizzi non aveva ancora piena padronanza dei tempi narrativi e tendeva in alcune circostanze ad esagerare, di contro risulta da subito molto efficace l'accoppiata Tex/Carson, in questo caso i dialoghi tra i due rangers mi sono sembrati di ben altra pasta, frizzanti e divertenti. L’attenzione del lettore è mantenuta vigile dalla curiosità di scoprire cosa è realmente accaduto al Colonnello Remington, un vecchio amico dei nostri pards che lasciata la carriera militare si è sposato con la giovane e bellissima Dolores, sul suo conto girano infatti delle brutte voci e i nostri vogliono vederci chiaro. Peccato che Remington dopo un brutto incidente di cavallo si sia ritirato nella sua magione e nessuno a parte la moglie e il dottore del paese riesca a vederlo, ed è proprio grazie a questo mistero e portando avanti una crescente suspense che Nizzi mantiene vivo il suo racconto “poliziesco”, arrivando ad un serrato e convincente finale (tinto da una leggera atmosfera gotica) e alla risoluzione del diabolico intrigo. Ultima storia completa per Erio Nicolò, il suo tratto non mostra segni di cedimento ma anzi nella sequenza del temporale e dell’inondazione si fa valere al meglio, molto buona anche l’atmosfera che riesce a creare nel finale dove la tensione si alimenta anche dei suoi efficaci chiaro/scuri. Storia: 7 Disegni: 7,5
  20. Lo spunto scelto da Giusfredi rientra tra i classici della narrativa d’avventura, da intendersi chiaramente nel senso più totale e onnicomprensivo del termine, che sia la ricerca di una città misteriosa e di origine sconosciuta, la scoperta di un’immensa ricchezza celata dallo scorrere inesorabile del tempo o la miracolosa e leggendaria fonte dell’eterna giovinezza (“Una potente medicina perduta” dice Tiger Jack) non fa alcuna differenza, è il Graal da sempre ambito dal genere umano ma anche la ghiotta occasione per il narratore di raccontare della fallibilità dell’uomo, vinto dal destino beffardo o dal potere invincibile dell’illusione. In questa storia Aquila della notte arriva in soccorso dell’indiano Nakai che teme per la scomparsa di sua figlia adottiva Sitsi, inizialmente non è chiaro se la ragazza sia stata rapita o se al contrario abbia scelto di seguire volontariamente un gruppo di uomini alla ricerca della famigerata fonte della giovinezza, resta il fatto che tutti se la dovranno vedere con la figura mascherata di Nataska, uno spietato indiano che difende il prezioso segreto della tribù Hopi. Come tutti sanno Giusfredi recupera personaggi e situazioni dall’universo Zagoriano mettendo in atto una seconda “collisione” di mondi dopo quella di Bandera! (c’è ne saranno altre?), volendo si può discutere all’infinito sull’opportunità di una scelta di questo tipo e sul valore aggiunto che tale soluzione imprime alla storia, tuttavia alla fine l’unica domanda da farsi è se questa sia una storia pienamente riuscita oppure no. A mio avviso la storia non è pienamente riuscita e uno dei problemi maggiori risiede proprio nella volontà dell’autore di collegarsi alla vecchia vicenda dello Spirito con la scure, per farlo nella prima parte assistiamo ad un lungo e macchinoso spiegone che racconta di personaggi ed eventi passati, avvenimenti e nomi che al lettore di Zagor saranno sembrati superflui mentre a quello di Tex solo confusionari. La storia nel complesso risulta anche godibile, niente di eccelso e certamente molto al di sotto degli standard della serie cartonata (almeno dei volumi che ho letto finora), tuttavia più andavo avanti con la lettura e più mi chiedevo se era davvero necessario ripescare questi personaggi Zagoriani per inserirli a fatica in un racconto dal respiro fortemente limitato dalle sole 48 pagine. Tutto questo impegno per far vivere un’avventura a Tex dove utilizza la mitica scure in una manciata di vignette? O per mostrare Zagor e Cico in una tavola dove si racconta di una vecchia storia? Devo essere onesto, ho trovato questo collegamento una forzatura gratuita, a mio avviso si poteva scrivere la stessa storia senza tirare in ballo Zagor e la sua scure, Giusfredi avrebbe avuto più spazio per raccontare e per meglio definire i diversi personaggi (nessuno di loro lascia il segno) e il tutto sarebbe forse risultato più equilibrato e funzionale, a cominciare da un finale talmente affrettato che nell’ultima pagina l’azione è ancora in corso nonostante l’arrivo dell’implacabile parola FINE. E veniamo ai disegni di Civitelli, quando ho letto il suo nome ho pensato che non poteva esserci scelta migliore considerando il suo tratto particolarmente pulito e definito, concettualmente parlando e prendendo come base la linea chiara d’ispirazione franco/belga Civitelli era semplicemente perfetto per questo tipo di pubblicazione. Confermo il mio apprezzamento dopo aver letto la storia, ho trovato il suo lavoro molto buono sopratutto per quanto riguarda lo studio e la composizione o de-composizione della tavola, il maestro aretino osa parecchio da questo punto di vista e si diverte nella sperimentazione, oltre alle due splendide splash-page (quella dell’allucinazione collettiva e quella del viaggio di Tex e Nakai) abbiamo diverse tavole singole molto originali, quella muta e a “scacchiera” dove Nakai trova la piccola Sitsi, quella che racconta la vecchia storia di Zagor, quella dell’incubo di Tex e quella con protagonisti i conquistadores, entrambe prive dei rigidi confini delle vignette. Sinceramente certe critiche mi sorprendono, una certa staticità del disegno è da sempre presente nell’arte di Civitelli che non ha mai fatto della ruvidezza del tratto e della dinamicità il suo punto di forza, magari la colorazione non eccelsa dell’esordiente Laura Piazza (secondo me non ai livelli di Vattani) può aver evidenziato ancora di più queste caratteristiche ma di certo non le ha generate di sana pianta. Poi per carità è legittimo preferirlo in B/N ma per me il suo lavoro su questo cartonato è di buonissimo livello. Storia: 6,5 Disegni: 7,5
  21. Kamoose

    [139/141] Adios, Amigo!

    La didascalia iniziale recita: “All’estremo sud dell’Arizona, ai confini con il Messico”. E poi Tex spara ad un cavallo sofferente...BANG!! E’ sufficiente la prima vignetta per trasportarci nel pieno dell’azione, nessun preambolo, nessuna spiegazione sul perché i quattro pards si trovino in pieno deserto con due cavalli morti e con la prospettiva non piacevole di rimanere senz’acqua. Tiger Jack si prende i due cavalli rimasti con il chiaro obiettivo di raggiungere un centro abitato sui monti Santa Cruz, la presenza di qualche insediamento di minatori potrebbe significare la salvezza ma invece la sfortuna lo porta sulle soglie dell’inferno, Helltown di nome e di fatto è un covo di banditi che non gli concede nemmeno il tempo di una rinfrescata, il navajo viene subito aggredito e violentemente malmenato finendo la sua corsa (più morto che vivo) in un torrente, in attesa dell’arrivo degli avvoltoi. Nel frattempo i tre pard vengono salvati da un “simpatico” commerciate che traffica sia con i banditi di Helltown che con i fin troppo docili minatori della vicina Claypool, informati della situazione si precipitano alla ricerca del loro compagno trovandolo gravemente ferito ma ancora vivo, a questo punto non resta che vendicare Tiger e liberare i minatori taglieggiati dal losco Don Lopez. Chiaramente di questa storia mi è sempre rimasta impressa la scena iniziale, rileggendola dopo tanti anni non posso fare a meno di notarci delle chiare influenze da spaghetti-western, del resto a cavallo tra la fine dei ‘60 e l’inizio dei ‘70 siamo nel pieno del western all’italiana e la violenza mostrata risulta molto più esplicita e realistica del solito. Nella sequenza del pestaggio GLB non ci va leggero, gli uomini di Don Lopez picchiano ferocemente il navajo, lo legano con delle corde e lo trascinano per la città frustandolo ad ogni passaggio, a salvare Tiger è il fortuito intervento della prostituta Rita che si lamenta per il chiasso della festa in corso, del resto chi di notte fa le ore piccole di giorno riposa...o almeno ci prova. Tra tutti i personaggi secondari di questa storia quello di Rita è quello che mi è piaciuto di più, si vede poco ed è protagonista di una manciata di pagine ma nei momenti che contano c’è sempre, salva involontariamente Tiger, ha un bel dialogo col losco Don Lopez nella parte centrale del racconto (lungimirante sul futuro di Helltown al contrario del bandito) e nel finale si fa valere obbligando, pistola puntata alla testa, il suo sfruttatore ad una inevitabile resa. La storia nel complesso è abbastanza semplice ma decisamente divertente, tolto il violento incipit seguiamo Tex, Carson e Kit in operazioni di guerriglia ben orchestrate, si fingono apache e la combriccola di Don Lopez e dello sgherro Manuel non trova rimedi alle loro azioni di sabotaggio, la narrazione fila via che è una bellezza ma in realtà si aspetta solo che Tiger recuperi le forze per chiudere definitivamente i conti, molto bella in questo senso la vignetta che ci mostra i quattro pards cavalcare nella notte accompagnati dal presagio di morte imminente. Tuttavia ai tizi di Helltown va anche di lusso, forse per la presenza delle donne Tex decide di non calcare troppo la mano accontentandosi di radere al suolo il villaggio e di togliere tutto ai banditos a parte la pelle e gli stracci che portano, i minatori di Claypool riavranno gran parte dei soldi e dell’argento rubati per il più classico dei lieto fine. Ma Tex li ammonisce “Che questa brutta storia vi serva da lezione. Procuratevi armi e imparate ad usarle, e ricordate che il guaio peggiore che vi possa capitare non è tanto di perdere il vostro denaro, quanto di vedervi portar via la vostra libertà”. Piccola nota a margine: nella scena del pestaggio gli abitanti di Helltown sono tutti americani e l’unico messicano è il capo Don Lopez, poi nel proseguo della storia diventano tutti messicani, sembra una clamorosa incongruenza...e forse lo è. I disegni di Letteri sono funzionali ed efficaci come sempre, io lo apprezzo maggiormente in contesti più cupi ed esotici ma il suo lavoro è ottimo anche in avventure più prettamente western, rientra certamente tra i big assoluti della serie e il suo tratto distintivo è tra quelli più riconosciuti e iconici. Tra l’altro era tra i disegnatori più veloci in quel tempo e di certo ha dato una grossa mano al buon Galep che finalmente poteva tirare un po’ il fiato. Storia: 7,5 Disegni: 7,5
  22. L'intenzione è quella di prendere il cartonato con l'inedito di GL Bonelli ma come scritto nel topic apposito aspetterò l'uscita per capire bene di cosa si tratta. Il resto non lo prenderò, non mi interessano i cartonati con le ristampe e non li ho mai comprati mentre l'iniziativa delle cover che omaggiano Tex la trovo simpatica (la resa di alcune invece lascia piuttosto a desiderare) ma anche qui non compro albi di serie che non seguo solo perchè si omaggia il 75esimo anniversario di Aquila della Notte.
  23. La premessa fondamentale è questa: se la SBE edita Tex in diverse uscite inedite annuali lo fa perchè ne ha certamente un ritorno economico, altrimenti non lo farebbe, quindi nell'ottica di un azienda che vende un prodotto questa strategia è vincente o funzionale nell'insieme di una strategia più globale. Detto questo io sono tra quelli che pensa che una produzione meno intensa migliora la qualità delle storie per cui preferirei meno uscite, oltre all'inedito compro il Texone e il cartonato alla francese (un prodotto a mio avviso assolutamente innovativo e vincente), il resto lo lascio in edicola o perchè non mi attira come resa finale (il Color Tex tanto per dire) o perchè non avrei comunque il tempo per leggerlo (Tex Willer).
  24. Se Il Vendicatore mi era piaciuto parecchio questo diretto sequel mi ha convinto decisamente meno. La storia vede ancora una volta il giovane Tex impegnato contro i razziatori del Nueces, dopo aver colpito il ranchero Bronson e il messicano Benitez la sua vendetta si sposta su un altro signorotto locale, tal Zeb Mason, anche lui facente parte della (a questo punto nutritissima) cricca coinvolta nei furti di bestiame e nell’uccisione del padre di Tex. Il nostro eroe si muove da fuorilegge ma non è ben chiaro come lo sia diventato, l’accusa è quella di essere complice dei razziatori ma questo era il piano che voleva attuare Benitez prima di essere ucciso (vedi Il vendicatore), probabilmente si può immaginare che lo sceriffo di Corpus Christi, imbeccato dal suo padrone Mason, abbia fabbricato delle false accuse, ma la mia è solo una supposizione visto che la cosa non viene spiegata. Al di là di questo particolare, sul quale volendo si può anche soprassedere, la storia porta avanti lo stesso tema del precedente cartonato, di fatto gli eventi narrati pur essendo chiaramente diversi e avendo una loro autonomia sono sostanzialmente una riproposizione di quanto già visto ne Il vendicatore, questo sinceramente è l’aspetto che proprio non ho digerito, prese singolarmente queste due avventure funzionano più o meno bene ma lette come un’unica storia la seconda parte non regge il passo della prima. La trama è lineare e si giova di un discreto ritmo, l’azione non manca tra inseguimenti e sparatorie ma i vari comprimari non brillano di certo, Mason è una copia sbiadita di Bronson, lo sceriffo Donahue non ha la cattiveria di Benitez, a Dan Bannon manca il fascino di Juan Cortina (e il suo rapporto con il giovane Tex è molto più ordinario), il pistolero Cassidy con quei capelli sembra quasi una caricatura (in questo non aiuta la caratterizzazione di Mastantuono), continua a piacermi molto invece la figura del ranger Callahan e l’utilizzo moderato di Sam Willer, qui accompagnato dalla vedova Harris. E veniamo alla parte grafica, non sono un super-fan di Mastantuono che su Tex non sempre mi convince, la sua interpretazione del giovane ranger conferma questi miei dubbi, la copertina l’ho trovata fantastica (forse la cosa migliore dell’intero volume) ma i primi piani di Tex non mi piacciono e in alcune vignette ci sono delle anatomie in “action” discutibili, nel complesso il lavoro resta comunque molto buono ma fino a questa uscita Mastantuono è il disegnatore che mi ha entusiasmato meno, Vattani ai colori conferma invece il suo enorme talento. Quello che GL Bonelli aveva chiuso in poche pagine (l’uccisione di Ken Willer, la vendetta di Tex a Jimenez con Gunny Bill) viene ampliato da Boselli in due cartonati di 48 pagine e tutto sommato forse ne bastava uno solo, Giustizia a Corpus Christi a mio avviso aggiunge davvero poco a quanto già visto ne Il Vendicatore. Storia: 6,5 Disegni: 7
  25. Kamoose

    [573/574] Terre Maledette

    Il vasto, desolato e inospitale scenario delle Indian Plains si rivela una cornice perfetta per questa avvincente e serratissima avventura, divenendo fin dalle prime tavole un altro protagonista del racconto, di certo non un elemento minore considerando che in molte occasioni i personaggi vengono loro malgrado travolti dalla potenza degli eventi naturali. A cominciare dal quel sinistro e incessante soffiare di gelido vento (“E’ come come se mi tagliasse in due” dice l’avvocato Lyman), il freddo, la pioggia di intensità sempre crescente e infine l’arrivo del devastante tornado che a metà racconto e nel pieno di una tensione quasi insostenibile spazza via le carte in tavola travolgendo tutto e tutti. Secondo Tex la via più breve è sempre la migliore ma in questo caso il destino si mette di traverso, questa scelta non si può dire delle più fortunate per il ranger diretto ad Amarillo (dove lo aspetta il buon Carson), allo stesso tempo si rivelerà invece decisiva per la famiglia Simms, contadini in viaggio verso terre più generose e vivibili, ma sopratutto per il giovane avvocato Lyman, deciso a testimoniare contro il potente Ben Lowe e per questo braccato da un gruppo di pistoleri decisi a fargli la pelle. Boselli imbastisce un soggetto rigoroso che coinvolge il lettore fin dal principio e che, come l’imminente arrivo della tempesta, cresce lentamente fino a giungere al suo culmine nella strepitosa sequenza del tornado, è una narrazione dove la figura di Tex spicca sempre in primo piano, un faro nella notte per i comuni mortali che fuggono dagli assassini prezzolati e dalla violenza della natura. Sono molti i personaggi in scena ma tutti ben delineati, spicca la semplice ingenuità della famiglia Simms, protagonista di un viaggio ad alto rischio ma inevitabile, il coraggio del giovane avvocato che affronta un nemico ben al di sopra delle sue forze e infine l’ambiguità della figura di Hank Mallard, un uomo dalla doppia faccia che si finge menestrello ma non disdegna di ammazzare a sangue freddo. Eppure è proprio il personaggio di Hank a colpirci di più, perché anche lui è travolto da un fato beffardo che non solo lo rimette sulla pista del suo vecchio amico/nemico Jim Bennett, ma lo pone di nuovo davanti all’abisso di una scelta criminale, troppo forte la tentazione della taglia sulla testa dell’avvocato Lyman, troppo luccicante la prospettiva di una svolta decisiva. Del resto lo ribadisce lo stesso Tex, spesso il confine tra bene e male e molto labile “un confine molto più facile da superare di quello che si pensi...a volte bastano le circostanze della vita”, ed è esattamente quello che succede sia per Hank Mallard che quando lo incontriamo sembra aver cambiato vita mettendo da parte l’oscuro passato, sia per il killer di nero vestito Jim Bennett una volta integerrimo uomo di legge. Tanto di cappello a Boselli perché Terre maledette è una grandissima storia, una storia intensa ed emozionante, ricca di tensione e piena di sorprese (vincente anche la comparsata del vecchio Carson nel finale), con personaggi che lasciano il segno anche se si vedono per poche pagine come il viscido bandito Dooley e il suo compare indiano Naweka, come la guida Porter e il giovane pistolero Durango. Se proprio vogliamo trovare qualcosa di non eccelso, la si può individuare nel finale dove la narrazione si fa evidentemente più compressa e i nodi vengono sciolti troppo in fretta, perché il limite dei due albi è ormai raggiunto e la storia va chiusa, credo che con una trentina di pagine in più il risultato sarebbe stato ancora migliore. E infine, ultimo ma non ultimo...Alfonso Font. Confesso di avere da sempre un debole per questo disegnatore, il suo tratto è allo stesso tempo sporco e preciso, le sue vignette piene di particolari e mai “tirate via”, senza dimenticare la sua straordinaria capacità nello storytelling, nel raccontare per immagini con un linguaggio di rara efficacia. Terre maledette è per me il suo capolavoro grafico, la sequenza che vede la famiglia Simms travolta dalla pioggia e dall’inondazione è resa in modo spettacolare e ci sembra quasi di sporcarci di fango anche noi, ma il culmine si raggiunge nella lunghissima scena dove la potenza del tornado esplode in tutta la sua forza, la devastazione del villaggio Creek, la tensione dello scontro al buio fra Tex, Dooley e l’indiano nella casa diroccata, gli animali che fuggono davanti alla potenza della natura e i diversi personaggi che cercano un riparo di fortuna. Font è un grande artista che innalza il suo talento quando il contesto naturale e lo scenario ambientale diventano parte fondante del racconto, esattamente come avviene in Terre maledette, mi sorprende leggere in questo topic diverse critiche per questo disegnatore, addirittura che si fatica a distinguere i protagonisti uno dall’altro...ma come? Font è uno dei migliori disegnatori nella caratterizzazione dei personaggi, nel caso specifico basta guardare la cura che dedica nella definizione del vestiario, dalla guida Porter, ai contadini, tutta la banda di killer è delineata alla perfezione (gli anelli disegnati sulla mano di una mezza calzetta come Ringo), senza contare la varietà di espressioni ed emozioni che riesce a far uscire dai volti, il ghigno di Dooley, la granitica durezza di Tex, l’impenetrabilità di Bennett, l’arroganza infantile di Durango, l’ambiguità di Mallard. Alfonso Font è un fuoriclasse del fumetto, poi ci sta che per gusto personale non piaccia ma discuterlo da un punto di vista tecnico è pura eresia. Storia: 8,5 Disegni: 9
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