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TWF - Tex Willer Forum

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Contenuto popolare

Mostrando i contenuti con la più alta reputazione il 03/02/2024 in tutte le sezioni

  1. Giusto ciò che dici @Magic Wind, ma infatti non ho mai messo in dubbio le qualità di Nolitta come autore, solo il suo stile lo reputo non adatto alla saga creata dal padre (così come Bonelli senior era poco affine alle atmosfere di Zagor come correttamente da te fatto notare). Il fatto però di avere uno stile personale non giustifica che tu possa stravolgere un personaggio, bisogna attenersi alla serie adattandosi al tuo modo di scrivere, così come fa da anni Mauro e Pasquale. Io posso essere un ottimo musicista di liscio, ma se mi scritturano i Led Zeppelin non posso eseguire la marzurka 😂
    1 point
  2. Ringrazio @ymalpas e @Diablero per aver già detto, con i loro ottimi messaggi, tutto quanto avrei avuto da dire di serio su questa storia, così da sollevarmi da un incomodo di cui non mi sarei comunque sobbarcato. Per quanto riguarda il giudizio generale, concordo più col secondo che col secondo; cionondimeno, ritengo che questa storia sia geniale nel modo in cui prende in contropiede le attese di chi legge. Nell'ordine: I - sapendo che la storia sarebbe stata composta da quattro albi, tutti ci aspettavamo di leggere 440 pagine di storia; invece, ci siamo trovati davanti 420 pagine di introduzione e 20 pagine di storia; II - grazie alle anteprime, tutti ci attendevamo atmosfere salgariane e avventura esotica; invece, ci siamo trovati davanti una commedia romantica; III - in virtù delle aspettative di cui al punto precedente, tutti ci attendevamo scene d'azione mozzafiato, l’emozione del viaggio e dell’ignoto, colpi di scena emozionanti; invece, ci siamo trovati davanti 440 pagine di dialoghi senza il minimo mordente che ammorbano perfino le scene d’azione; IV – tutti ci aspettavamo che Lohana morisse tentando di salvare la Tigre Nera e che la Tigre Nera morisse nel vendicarla, lasciando così il trono al figlio; invece… ah, no, è successo esattamente questo, niente da dire, bro, ‘tapposto. Ma le sorprese non finiscono qui: questa storia per me è rivoluzionaria, una pietra miliare della saga dopo la quale nulla sarà più come prima. So che starete pensando alle mie solite uscite, ma sono serissimo. Abbiamo finalmente (e chi l’avrebbe mai detto che ciò sarebbe avvenuto per opera di Boselli, a opinione di molti e anche mia il più serio e valido continuatore dell’opera di Gianluigi Bonelli) il primo personaggio dichiaratamente bisessuale della saga: il principe Sumankan, che prima si sposa con Miriam e poi si accompagna con Lohana, ma è palesemente attratto da Tex Willer. Per carità, qualcuno potrebbe far notare che, non avendo mai visto vignette con lui intento a pijallo in berta, al massimo potremmo definirlo eterosessuale biromantico, ma io non sono un esperto di simili questioni, sicché lascio ad altri tali prelibatezze da connaisseur. In compenso, abbiamo la prima storia d’amore chiaramente omosessuale della saga: quella tra Kit Willer e il giovane erede della Tigre Nera; per carità, come primo esempio caschiamo male, perché era da anni che non mi capitava di vedere una storia d’amore così loffia, con dialoghi che suscitano imbarazzo soltanto a ricordarli. Tuttavia, il valore di questa storia risiede appunto nel suo carattere seminale: borden stesso ci ha detto che altri autori su Tex sono molto più attratti di lui dal politicamente corretto e da altre simili modernaglie; ebbene, quando costoro avranno finalmente mano libera, questa avventura sarà il punto di riferimento e grazie a essa non ci sembrerà così strano vedere Kit Willer che si slinguazza languidamente con un aitante giovanotto (in un bagno turco? Con dentro un turco? Magari, sono tipi così tosti), che poi, cioè, tirerà fuori la sua lunghissima spada de foco… Non dimentichiamo, inoltre, che Kit, al pari della Tigre Nera, oltre agli uomini notoriamente non disdegna di guardare anche alle donne, ciò che lo rende un po’ fluido; una bazza, insomma. Al di là di ciò, la storia era potenzialmente molto buona: il soggetto c’è, ma è il modo in cui è stato messo su carta a lasciare molto, troppo, a desiderare. Ogni tanto un po' di atmosfera emerge, un paio di scene riuscite ci sono (Kit al villaggio dei tagliatori di teste); ma per il resto si sbadiglia, con dialoghi perfino al di là della ridondanza e mai l’ombra di qualcosa che rimanga in mente, anche laddove i contenuti non mancherebbero. Quando di colpo la storia parte, verso pagina 90 del quarto albo, io ormai mi ero rotto le palle da tempo e comunque sapevo che tutto sarebbe stato concluso di fretta, senza nemmeno dar tempo a Kit Willer e al giovane tigrotto di concretizzare il loro flirt; tanto che, come giustamente notato da @Magic Wind , ci sono perfino delle strisce composte da tre vignette, che mi piacciono sempre, ma fanno capire come, dopo aver sprecato tre albi e tre quarti in chiacchiere e preliminari, si sia chiuso tutto di corsa. L’ultima storia di Boselli che avevo letto, il Texone di Villa, era di ben altro spessore; tanto che viene da dire che a mancare sono le storie classiche fatte come si deve, invece di storie, come ben dice Diablero, più simili a funerali in cui si rivedono i cugini di terzo grado persi di vista da un decennio (e lo dice uno che adora i funerali: sono cerimonie composte, solenni, forse una delle poche cose dignitose rimaste nel nostro tempo, in cui ci si raccoglie spiritualmente e, al contempo, si scioglie ed eterna il proprio rapporto col morto; occasioni intense ed emozionanti, a differenza dei matrimoni e dei battesimi, ormai trasformati in pacchianate in cui si fa gara a dare il proprio peggio). Questo ritorno non è nemmeno privo di interesse: il nuovo passato creato per la Tigre Nera la rende un personaggio molto più interessante, al netto delle piccole ret-con notate da Diablero, che però non costituiscono un problema. Sconfessare quanto detto da un balloon di Nizzi non costituirebbe problema mai e men che meno lo costituisce dopo che, pochi mesi fa, si è pensato bene di proporre una storia celebrativa che celebra Tex facendo strame di una delle storie più significative di Gianluigi Bonelli. Leggendo le anteprime del 2024 mi era venuta voglia di acquistare due o tre storie che mi attiravano, ma dopo questa mattonata mi è passata; quando mi salterà il ticchio di leggere Tex, invece di dirigermi verso l’edicola, mi dirigerò verso gli scaffali in cui conservo la mia collezione. Il lavoro di Venturi? Già, a causa dei dialoghi terrificanti, per leggere ogni albo ho impiegato un’ora e mezza (cosa per me insolita: di consueto, la lettura di un numero di Tex mi porta via dai cinquanta ai sessanta minuti); figurarsi se avessi guardato anche i disegni. Battute a parte, ottimi paesaggi e ottime anatomie. Facce a volte un po’ deformi, come la Tigre e Lohana nel primo albo, ma soprattutto dai lineamenti un po’ cangianti, ciò che comunque è una costante di Venturi. Il tratto, ad ogni modo, è molto affascinante. P.S.: stavo quasi dimenticandomene. Il punto più alto della storia si ha quando, a pp. 91-93 del terzo albo, appare lei. Proprio lei, chi l'avrebbe mai detto? L'acutezza, l'amenità, l'ἀπροσδόκητον, l'arguzia, la battuta, la beffa, la burla, il cachinno, la corbellatura, la derisione, il divertimento, la facezia, il frizzo, il fulmen in clausula, l'ironia, il lazzo, la lepidezza, la pointe, la sagacia, il sarcasmo addirittura, lo scherzo financo, la zingarata perfino... Confesso che, leggendo, ho riso di gusto. Grazie a Boselli per aver scritto quella scena, ma grazie ancor di più a Nizzi, senza il quale tale scena non sarebbe mai stata scritta. Un caso, che essa appaia proprio in una storia ispirata da Nizzi? Chissà. Ad ogni modo, la aggiungerei ai rimandi e alle assonanze già intelligentemente individuati da Sandro.
    1 point
  3. Un pugno ad un amico, oltretutto più anziano di chi lo sferra? Fuori luogo. Meglio fermarsi alle punzecchiature verbali ed anche su quelle avrei da ridire quando sono esasperate.
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  4. 1 point
  5. Questa, come scriveva un utente in un altro topic, è una scena “alla Mister No” (Mister No ed Esse-Esse per quanto siano amici per la pelle si sono scazzottati spesso e volentieri). Ed è probabilmente una scena con cui Nolitta, grande appassionato di cinema, voleva richiamare analoghi momenti di famosi film western, come Il fiume rosso. E’ una scena quindi in puro “Nolitta style”, i cui personaggi hanno spesso le “emozioni a fior di pelle”, che è magari fuori contesto, ma non certo scritta con l’intenzione di ridicolizzare Tex per più o meno oscure motivazioni psicologiche.
    1 point
  6. Ho spostato i messaggi off topic in questa vecchissima discussione e ripristinato le immagini che erano state rimosse. Dal n. 15 della collezione storica a colori, parola a Sergio Bonelli:
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  7. CONTIENE SPOILER Le prime tavole sembrano proporre la solita storia di una faida tra due famiglie confinanti, a cui poco dopo si aggiunge l'elemento dei ladri di bestiame: due temi classici, che forse non sono estranei alla destinazione di questa sceneggiatura su un Maxi. Pensateci bene: da quant'è che sulla regolare non leggiamo una storia classica, una storia western old style? Forse, tali tematiche sono considerate talmente demodé da non poter più trovare asilo tra le pagine del mensile, e allora ecco che interviene il nostro bel Maxi, per giunta disegnato anche lui da un artista demodé, non fosse che per gli anni sul groppone, ad accogliere a braccia aperte questi "scarti di produzione". Più tardi, al "festival dell'ordinaria amministrazione" si aggiunge anche, del tutto avulsa peraltro dal resto della storia, la scena del regolamento di conti nei confronti di un baro, con l'unico elemento inconsueto nel protagonista di questa che resta tutto sommato una bella parentesi, Kit Willer al posto del già notissimo baro Tex. Il ritorno sui binari principali di questa avventura è cupo, con la morte del giovane figlio di Alan Foster: un uomo, quest'ultimo, tutto d'un pezzo, un duro e anche uno dei due contendenti della faida, quello tuttavia destinato a giocare la parte del "buono" agli occhi del lettore: la morte di suo figlio colpisce quindi, sia per le modalità con cui avviene che per le successive scene originate da questa giovane vita spezzata: la madre distrutta dal dolore e i sensi di colpa del cowboy Dixon, uno degli uomini di Templeton. Più volte Ruju indugerà sui rimorsi di quest'uomo, rimorsi che avranno un risvolto concreto nel finale. Nel frattempo Templeton, l'altro contendente, esce allo scoperto assoldando la posse di Cougar, protagonista di una bella parte in occasione dell'uccisione del ladro di bestiame Corrigan: sorridente, gioca al gatto col topo in maniera spietata e poi si fregia con Tex di stare dalla parte della legge. A proposito di legge, altrettanto riuscita è la scena della deposizione dello sceriffo McKay, anch'essa ordita dall'anima nera Templeton. E sempre a Templeton è legata un'altra bella sequenza, quella in cui Carson (che bello vederlo agire una volta tanto senza Tex!) va a parlargli in tutta franchezza di quello che potrebbe accadere se il ranchero si mettesse contro i pards. Il gran finale, in cui i vari nodi di questa avventura si sciolgono, l'ho trovato sbrigativo e un po' confusionario, non all'altezza del resto della storia. Non tale tuttavia da compromettere la riuscita di quest'albo, che con le sue tante belle sequenze e il suo ritmo frenetico si aggiunge ad una ormai nutrita schiera di bei Maxi scritti da @PRuju, che qui cito appositamente per fargli pervenire i miei più sentiti complimenti per l'ennesima bella prova su questa pubblicazione. Già, il negletto Maxi. Disegnato spesso da Diso e Cossu. Eppure i loro Maxi, grazie soprattutto alla penna di Ruju (ma anche Nizzi e Manfredi non se la sono cavata male), sono stati tra le cose più belle lette negli ultimi anni, e credo di non esagerare se dico che mi sono piaciute moltissimo storie come Il Ponte della Battaglia, Caccia a Tiger Jack, Dopo la Tempesta, Il Boss di Chicago. Storie ordinarie, d'accordo, ma scritte bene, texiane, senza fronzoli o grandi velleità ma comunque oneste, robuste, solide, appassionanti. Le storie vanno lette per essere giudicate. Certo, la pregiudiziale sui disegni la capisco. Ma a parte il fatto che anch'essi mi sono parsi tutto sommato adeguati, a mio parere resta apprezzabile una casa editrice che non lascia a terra nessuno, che trova sempre un posticino per coloro che meritano riconoscenza per quanto fatto in passato, che hanno contribuito anch'essi, nel loro piccolo, a mandare avanti la baracca di questo piccolo miracolo italiano. E se il maestro Diso, con tutta la sua veneranda età, non vuole saperne di andare in pensione, e trova ancora autori disposti a scrivergli belle storie e curatori a pubblicargliele, ebbene sappia che trova anche lettori pronti a sciropparsi quei gloriosi e stanchi segni, con affetto e - storia permettendo - gusto.
    1 point
  8. Ho letto questa storia per la prima volta negli ultimi due giorni, nell'ambito delle mie letture di Tex comprati ai mercatini anni fa e mai letti, negli archi dal 300 al 330 e dal 501 a storie come Muddy creek, anche con lo scopo di approfondire e ripassare il lavoro di Nizzi su Tex. Che dire, parto dai due aspetti migliori della storia, i disegni e il soggetto. Galleppini sarà stato non più quello giovane delle prime storie ma nei suoi disegni comprendo appieno la poesia del fumetto, con ambientazioni tra foreste, fiumi, labirinti sotterranei e scene di naufragi, dove Galep si supera. Le riprese, le angolazioni sono capolavori, e Galep in questo non ha perso neanche per un po' (anzi tutto il contrario) la capacità di far sognare, come nessun altro è stato capace di fare per me su Tex. Le prime due copertine della storia molto belle, specialmente la seconda davvero suggestiva, la terza meno di mio gusto... Il soggetto aveva il potenziale per una storia memorabile, tra le migliori possibili, perché offre dei personaggi insoliti, delle ambientazioni particolari e lo spunto per una trama sicuramente brillante, ma la sceneggiatura di fatto è da storia piacevole ma alla fine dimenticabile con le solite pecche. Il Tex di Bonelli (ma correggetemi se sbaglio) è un gran conoscitore dell'animo umano, sicuramente sa leggere negli occhi di un uomo e al 99% capisce se ha di fronte un farabutto. Non è inverosimile, è un eroe del fumetto con altre qualità fuori dal normale e con un'esperienza enorme sul campo (la serie Tex Willer ci mostra come l'esperienza di Tex affondi le radici in tantissime avventure inedite nella sua fase giovane). Con Nizzi, almeno in questa storia (ma l'ho notato in altre dato che sto rileggendo tantissimo di Nizzi ultimamente su Tex) Tex diventa un veggente. All'inizio della storia gli basta un fazzoletto con due nodi e un professore che ipotizza la presenza dei Thugs in America (di per se un evento non proprio scontato) che Tex non solo la da per scontato (e fin qui ci può anche stare per dare una spinta alla trama) ma addirittura ha già capito tutto. Tex è in arrivo a Galvestone e non solo è certo che vi troverà dei Thugs (ripeto solo sulla base di un fazzoletto, ma nessun segno di strangolamento sul cadavere che lo impugnava a inizio storia), ma è sicuro che i Thugs devono avere delle spie a Galvestone (ed è così), ed è sicuro e fonda il suo piano sul fatto che le spie a Galvestone avranno sicuramente saputo del suo arrivo e dei suoi pards e quindi li aspettano in città. Tutto sulla base di un fazzoletto con due nodi. Praticamente dopo poche pagine di una storia di 3 albi, Tex ha capito tutto e deve solo sgominare la banda dei Thugs e i loro fiancheggiattori. Il lettore quindi sa tutto, Tex sa tutto, i suoi nemici sanno tutto. Calo della suspance inevitabile. Non basta, Tex arriva in città e che succede? Doppia origliata. Un fiancheggiatore li segue e origlia cosa Tex, Carson e Kit dicono allo sceriffo sui loro sospetti riguardo i Thugs (e fa parte del piano di Tex che praticamente sembra muovere i suoi nemici come burratini), ma poi arriva la contro origliata, con Tiger jack che segue l'uomo e scopre dove si nasconde il capo dei fiancheggiatori, origliando e scoprendo che si trama un attentato verso i pards quella notte stessa. Tutto dopo poche pagine. Tutti sanno tutto. La sceneggiatura diventa banale e a poco serve la bella scena della casa in fiamme con Tex e i pard che si fingono morti (espediente migliore della sceneggiatura). La storia prosegue senza alti ne bassi particolari fino a quanto di bassi ne intravedo due; Tex che trova la santabarbara piena di dinamite nelle caverne dei Thugs ma piena anche di fucili (passi la dinamite che i Thugs usano per allargare la caverna, ma anche qui Tex da per scontato che ci sia della dinamite da qualche parte scommettendo tutto su questo, ma i fucili in mano ai thugs??? Non li usano mai nella storia e non potrebbero per il loro credo). Infine le due tigri che potendo avere un ruolo interessante si limitano a saltare in aria con la dinamite (perché non farle ribellare contro il padrone e capo dei Thugs, che magari crederà si tratti di una vendetta della dea Kalì per la distruzione del tempio sotterraneo?). Non serve citare che i Thugs vengono mostrati come una setta super segreta di cui tutti ignorano l'esistenza, ma molti ne sono a conoscenza tra i fiancheggiatori. A nessuno di loro è mai scappata una parola da ubriachi. Continuando a leggere questo autore mi convinco sempre più che... Si, può piacere a molti lettori, e posso capirne le motivazioni, senza dubbio, la lettura è spensierata. Il suo Tex non è pero quello di GLB, e se ne distanzia anche abbastanza, non è sufficiente richiamare le prime storie come il buon Nizzi fa per creare una mini continuitiy. Nizzi non sembra ispirarsi a Bonelli padre, semplicemente cerca di imitarne alcune cose, ma dall'imitazione si finisce spesso alla parodia, con un Tex macchietta (non in questa storia) e diverso dal vero Tex in certi comportamenti, un Carson rimbambito, mega mangiate e l'utilizzo di soltanto alcune espressioni tipiche del repertorio Bonelliano. La scrittura è molto diversa, Bonelli non era così spiegone e il suo Tex aveva qualità innate credibili, Tex era Tex per definizione, con Nizzi Tex cerca di fare il Tex. Diverso ad esempio dal Tex di Boselli, che è Tex ma scritto un po' diversamente (trame intricate, dialoghi mai banali anche se a volte un po' pesanti), ma il personaggio è quello delle origini solo con un autore che ha il suo stile (che a me piace solitamente). Dire che quel Nizzi si mascherava bene e sembrava Bonelli, tanto da diventarne l'erede, mi pare un'eresia. Nizzi ne è l'erede come numero di tavole, e per il passaggio al timone in termini storici, ma non in termini di filosofia del personaggio. Fossi stato un lettore dell'epoca, mi sarei chiesto cosa stava succedendo a Bonelli padre, e perché il suo modo di scrivere Tex fosse cambiato, e la prova è che oggi da lettore non navigatissimo appena prendo un albo di quell'epoca sgamo al volo se dietro alla firma di Bonelli si nasconde qualcun altro. Sia chiaro, questo non è un difetto che attribuisco a Nizzi, e non è un difetto, ma sono due Tex abbastanza diversi e se qualcuno preferisce lo spunto Nizziano ci mancherebbe! Detto questo, qui si va meglio, molto meglio della storia sul Ritorno della Mano Rossa, pubblicata poco prima, e ho letto con piacere la storia al netto dei punti sopracitati. Disegni: 9 (Galep parte da 8 a prescindere, i suoi disegni vanno oltre la tecnica, sono pura magia, espressività, roba che non descrivi con il righello) Soggetto: 8.5 Sceneggiatura: 6
    1 point
  9. Che strano autore, Nolitta...? capace di inventarsi storie puramente texiane come questa, per poi scriverne le più strampalate il mese dopo." Contro tutti" è formata da due storie di fatto nettamente separate tra loro, il cui tramite di raccordo è nella prostituta alcolizzata Kate. Se tale soluzione può far affiorare in un primo momento il sospetto del brodo allungato nolittiano ( vedasi Cruzado, ad esempio ), si rivela invece IMHO utile nel mostrarci figure diverse nella stessa atmosfera. E di figure ce ne sono tante, tutte bellissime. Nolitta immerge Tex - solo e solitario - e il lettore in un mondo di antieroi, lontanissimo dall'epopea western, tra puttane alcolizzate che han perso l'unico amore, reduci sudisti che delinquono per una chiatta sul fiume e boscaioli balordi in cerca di sopravvivenza vendendo alcool agli indiani. E' una storia popolata da figure molto sfumate: lo stesso Granny Nelson appare più come un ragazzotto senza cervello che come un malvagio, nonostante abbia ucciso Burt Keller e Kate. E Peter, che pure uccide un mercante rivale a sangue freddo, è più un bullo, un ragazzo di strada che un feroce assassino. E' un mondo di reietti, in cui anche i villains son poveracci, da cui si riscattano in pochi: tra questi l' indiano Wiyaka che, pentitosi del male commesso contro il proprio popolo, salver? Tex e lo sceriffo Zane nel finale. In questa atmosfera cupa, Nolitta è però anche bravo ad inserire un personaggio carico di ironia come il barbiere-becchino, cui sarà concessa la vignetta finale. IMHO questo lucido affresco umano, inserito in un ritmo narrativo solido ed essenziale ( che non sempre l'autore è stato capace di creare nella sua vicenda texiana) e unito ai meravigliosi disegni di Nicol' ( splendidi i personaggi, splendide le atmosfere, splendide le scene notturne) , fa si che questa storia, poco conosciuta, sia un autentito capolavoro. Tre curiosità:1) Leggendo il titolo e la didascalia iniziale, mi son detto: " Da quando ci sono alci nel Sud dell'Oklahoma? Certo che Nolitta poteva ragionare un po' sul nome della città! " . Invece mi sbagliavo io : negli USA e in Canada ' elk ' non indica l'alce, ma un cervide leggermente più piccolo che vive nelle zone temperate, il wapiti; ' moose' è invece il termine indicante l'alce. Per la cronaca, Elk City esiste davvero e si trova proprio dove l' ha sistemata l'autore.2) C'è una bella citazione di " Un treno che si chiama Desiderio" : Stanley Nelson e la moglie Stella ricalcano chiaramente ( guarda caso i nomi son quelli ! ) i ruoli di Marlon Brando e Kim Hunter nel film di Kazan.3) Piccolo errore di sceneggiatura nel finale : quando Stella chiede a Tex chi è rimasto colpito dalla tragedia nomina Granny e Tex annuisce, ma in realtà è stato solo stordito. In sintesi:Soggetto: 10Sceneggiatura: 10Disegni: 10
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