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TWF - Tex Willer Forum

Condor senza meta

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Tutto il contenuto pubblicato da Condor senza meta

  1. Premetto che solitamente i cartonati non li acquisto; un formato che, per quanto elegante e fuori dei canoni, a mio avviso poco si confà alle caratteristiche del Tex che prediligo. Una foliazione ridotta che costringe a ritmi narrativi non consueti, anche le gabbie che dovrebbero esulare dai classici schemi del formato bonelli, a tratti mi son sembrate forzate, poco "coraggiose". In alcuni casi ti ritrovi con tavole con quattro strisce contraddistinte da vignette piccole, riempite da disegni che rischiano in un simile formato di essere troppo compressi e poco leggibili. Considerazioni personali ovviamente, come è mio pensiero che una simile pubblicazione proposta una tantum andrebbe bene, ma con una periodicità semestrale diviene meno appetibile. Dopo simile premessa, mi si può chiedere: come mai lo hai comprato questa volta? Ovvio; dopo aver visto la straordinaria attività su questo post, mi sono incuriosito e mi andava di leggerlo. Ammetto però che diviene molto difficile scrivere la propria, dopo pagine e pagine di post dettagliati e contrastanti. Ho provato a leggerli tutti, ma alla fine ho desistito, sia per mancanza di tempo che per evitare di essere troppo influenzato nel mio giudizio. Provo comunque a esprimere le mie opinioni su questo albo, che ha suscitato un vespaio che era dai tempi che non si creava sul forum. Essendo ormai stato vivisezionato ogni passaggio e sequenza, sembrerebbe superfluo aggiungere l'avviso di spoiler, tuttavia per netiquette non mi asterrò. Spoiler L'incipit è davvero molto bello: un gruppo di contadini che si ribella ai soprusi del consueto "signorotto", reo di aver assetato il loro campi con una inopportuna diga. Il volo dei corvi, i forconi agitati a mo' di arma, le urla, il crepitare dei fucili, il sangue dei peones. Un prologo ben sceneggiato, che ci mostra di quanto Ruju sia in grado di creare sequenze ispirate e cinematografiche quando vuole, il tutto reso ancor più avvincente dall'eccellente resa grafica di Casertano. Dopo poche pagine però s'incappa nel primo punto stonato: si apprende che Felipe, il leader della rivolta, non figura tra i caduti. Che fine può aver fatto? E' stato imprigionato? Ferito? Gettato in un dirupo? Nessuna risposta, né sequenza chiarificatrice. Capisco che in una sceneggiatura non tutto deve essere spiegato al lettore, a maggior ragione in una storia di così poche pagine, ma rivedere Felipe vivo e vegeto e senza un graffio, ti fa chiedere come diamine possa aver fatto a schivare il piombo nemico e trarsi in salvo. Forzatura? Ognuno si fa la sua idea. Per me lo è! Ancor più nebuloso il piano dello stesso Felipe per ricattare l'odiato don Vincente Samargo. Mi chiedo, visto che la figlia del presunto villain è palesemente innamorata del giovane, perchè mettere in mezzo degli ineffabili bandidos per rapirla? Non sarebbe bastato convocarla con una scusa e costringerla a seguirlo? Come non prevedere che il desperado, una volta compiuto il misfatto non lo avrebbe tradito, come di fatto avviene? Felipe se la cava alla grande con una semplice ferita di striscio e un volo attutito dai provvidenziali cespugli (seconda forzatura?), ma la stranezza della sua scelta e l'ingenuità mostrata nel contesto rimane. L'efferatezza che la banda di Juan Heredia vorrebbe usare sull'ostaggio, dal taglio dell'orecchio alla violenza carnale, è un tocco di crudo realismo nella trama, ma vedremo che, alla resa dei conti, la cricca si scioglierà come neve al sole sotto il piombo dei due pards, ed effettivamente il loro innesto nella trama sembra anche a me un pretesto per far menare le mani ai nostri. Veniamo al tanto dibattuto finale, che ha suscitato molto clamore e diviso nettamente la platea degli utenti. Ammetto che la sequenza finale è molto a effetto e spettacolare; concordo con Diablero quando sostiene che Ruju sia partito proprio da questa idea per costruire la sua sceneggiatura, lo si fa quando si compone non è certo un mistero, l'importante è però rendere tutto il percorso scorrevole e senza forzature fine alla scena madre e purtroppo su questo aspetto, a mio avviso, l'autore stavolta si mostra deficitario. Il colpo di scena lascia il segno, è vero, tuttavia nasce da alcune scelte di Tex rischiose e discutibili. In primis, ci si aspetterebbe un Tex più deciso e meno legalitario dopo aver visto il triste carico di innocenti peones, sterminati dai bravacci di don Vincente. Di fronte a tanta crudeltà e arroganza, le prove per fare giustizia Tex di solito se le fuma nella pipa, al cospetto poi di un influente ranchero che si può permettere pure di far restituire i corpi alle famiglie, azione che denota il suo sentirsi forte e spalleggiato dalle autorità. Il piano studiato da Tex, mi spiace dirlo, ma è poco plausibile e sembra solo il pretesto per giungere al colpo di scena finale, posto a base del soggetto. Anche ammettendo che don Vincente voglia inscenare l'incidente esplosivo per giustificare la morte di Felipe (scelta che entra in contrasto con la sicumera del primo eccidio), perchè condurlo vivo ai piedi della diga? Perchè non tagliargli la gola prima e poi far saltare in aria un corpo senza vita? Ancor più mi chiedo come mai Tex non preveda questa ipotesi e rischi la vita del suo protetto per cercar prove (protetto sì visto le promesse fatte alla madre che non verranno mantenute per azzardo). Mica s'infiltra in incognito fra gli uomini del boss per controllare, quindi come può essere sicuro che l'esecuzione avvenga sul luogo della diga? (Terza forzatura?) Il sacrificio eroico di Felipe è una trovata dell'autore per arricchire di pathos la vicenda e dare un epilogo epico alla vicenda, ma troppe forzature logiche a mio avviso si spendono per un tale traguardo. Un finale che anche a me ricorda Nolitta a dire il vero e che, per quanto efficace, suona poco texiano. Graficamente sono soddisfatto. Una prova molto ben confezionata e colorata degnamente. Casertano è un artista che stimo da decenni e ammetto che mi ha molto stupito la sua versatilità per il genere western. Un autore dallo stile personale e riconoscibilissimo, che ha il suo punto di forza sulla recitazione dei personaggi e il giusto dosaggio fra realismo e lieve ironia caricaturale di alcune espressioni. Un po' da migliorare l'anatomia dei cavalli ma per il resto il suo ingresso nella scuderia texiana è doveroso. Per la valutazione finale, riconosco un lieve passo indietro di Ruju rispetto alla riuscita prova sul Magazine su soggetto del nostro pard Carlo; una sceneggiatura a luci e ombre che stavolta non mi ha dato l'impressione di aver azzeccato la scelta dell'acquisto. Il mio voto finale è 5
  2. Visto che nella recente intervista Mauro ha ammesso che è particolarmente legato ai simpatici "giovanotti" della palestra Hercules, non mi stupirebbe che un domani potesse optare per un'effervescente storia a suon di sganassoni con Lefty Potrero, Bingo, Angelo e i loro aitanti allievi. Pugni, risate e azione sarebbero assicurate tra i quartieri di San Francisco.
  3. Si potrebbe proporre una storia di Mac Parland, magari coinvolto in un'indagine in solitaria o Tom Rupert in quel di Tucson come personaggio "storico della saga". A dire il vero, non vedrei di cattivo occhio l'utilizzo di personaggi più recenti creati da Mauro, per esempio Lena/Donna o Laredo/ Liz. Ipotesi alquanto difficile quest'ultima, lo ammetto, ma chissà...
  4. Condor senza meta

    [Maxi Tex N. 29] Mississippi Ring

    Manfredi su Tex: croce o delizia? Me lo chiedo da tempo, visto che, nonostante lo stimi tantissimo come autore, sulla saga di Aquila della Notte non mi ha mai tanto convinto e proprio questo dubbio, rincarato dalla non sufficiente prova del color estivo, mi ha tentato fino all'ultimo di saltare l'acquisto. "Prendere o non prendere" questo fu il mio dubbio amletico appena visto il malloppone sullo scaffale dell'edicola. Se mi ritrovo qui a scrivere il commento, la mia scelta finale è sottintesa, però ho posticipato via via la lettura, preferendo prima altre pubblicazioni. Mi ritrovo così a scrivere le mie considerazioni con discreto ritardo; in teoria dovrei rischiare meno di spoilerare, ma a scanso d'equivoci, per non disturbare altri eventuali ritardatari, l'avviso lo metto comunque. ------Spoiler------ Ne è valsa la pena decidere di acquistare il maxi? Sì indubbiamente. La storia mi è tutto sommato piaciuta e l'autore, a mio avviso, ha riscattato il passo falso estivo. L'avvio è molto coinvolgente, con uno spietato killer che uccide senza batter ciglio e lascia i luoghi del delitto, suonando una marcia funebre con la sua armonica. E' inoltre evidente che non colpisca a caso e che le sue azioni criminose siano accomunate da un movente e ciò incuriosisce. La trama si dipana bene nella prima parte, con i nostri chiamati a scortare dei preziosi testimoni in un importante processo contro un ring ben organizzato di malfattori, composto da speculatori, servizi deviati e poliziotti corrotti. Manfredi, come suo stile, calca parecchio la mano con i suoi personaggi, di fatto sia il colonello che la vedova appaiono come due pedine alquanto sui generis, ma la lettura non annoia e il viaggio sul Mississippi, costellato tra sparatorie e scene spettacolari, come lo speronamento del battello, si fa apprezzare. Tuttavia ho notato un evidente calo nella seconda parte, visto che alcuni personaggi perdono mordente (vedi l'uomo con l'armonica) e la sceneggiatura si fa un po' più macchinosa e artefatta. Sembra che l'autore, dopo aver annodato per bene i fili della sua trama, abbia faticato un po' a scioglierli con naturalezza. La resa dei villain, tradisce un po' l'alone di "perfetta organizzazione a delinquere" dipinto fino a lì, anche l'epilogo è più stiracchiato e perde quella verve mostrata all'inizio, ma tirando le somme la prova è positiva e a tratti Manfredi sembra aver toccato i giusti tasti texiani, cosa che non sempre gli riesce. Mi è piaciuto poco l'atteggiamento di Tex che mostra spesso la patacca o il dialogo tra la vedova svalvolata e Carson: capisco che il vecchio cammello non abbia affatto intenzione di farsi mettere le pastoie da una moglie, ma da un "reprobo" del suo calibro, non mi aspetto una risposta "mi sono unito al corpo dei ranger". Bah dialogo improbabile. Episodio accettabile che chiude un'annata di maxi su un buon livello. Sotto l'aspetto grafico, Rotundo svolge un buon lavoro, con uno stile alquanto personale e affine alla tematica western. Ho apprezzato molto le scene fluviali e gli scorci cittadini, di contro, una uniformità maggiore sulle fattezze dei nostri sarebbe stata gradita, ma su una lunghissima distanza come un maxi, un margine di tolleranza di giudizio va adottato. D'altronde il valore di Rotundo è noto da tempo e su una saga prestigiosa come Tex non sfigura minimamente. Visto l'esito della mia scelta, devo seguire più spesso il mio istinto e pazienza se lo scorso anno mi ha portato a sforare abbondantemente il budget prefissato; le piacevoli ore trascorse in compagnia del mio eroe preferito meritano un esborso extra, d'altronde è proverbiale che "per fare una gustosa frittata occorre rompere le uova" Il mio voto finale è 7
  5. Lo strillo sulla quarta di copertina negli albi precedenti, posso pure capirlo, ma il logo (realizzato peraltro senza un briciolo di stile grafico) è un pugno nello stomaco. Che bisogno c'era di sporcare così la copertina? Mi sembra una trovata simile al conteggio alla rovescia per l'arrivo della cometa sul Dylan recchionano, ma su Tex era così necessaria una simile scelta? Onestamente mi sembra una tamarrata. Manca solo la copertina adesiva come i "Cioè" degli anni 80 e il dado è tratto.
  6. Più che prove, suppongo siano studi anatomici dei personaggi, utili al disegnatore per prendere le misure con i protagonisti in fase di realizzazione della storia. Dubito che una volta assegnata a un professionista una sceneggiatura, gli possa venire tolta. Più che altro si può valutare se un autore sia più adatto con una tematica rispetto a un'altra in fase di assegnazione, ma questo è un altro paio di maniche.
  7. Un'affermazione che non mi trova affatto d'accordo, ma comprendo che sia inutile cercare di convincerti del contrario; se questo è il tuo pensiero non posso costringerti di cambiarlo.
  8. Che "Giungla crudele" sia in parte un'eccezione per ciò che riguarda Nolitta, posso essere sostanzialmente d'accordo, ma su Bonelli padre non viaggiamo affatto sulla stessa frequenza d'onda. Capisco che un autore possa piacere o meno (a maggior ragione quando il salto generazionale è così grande) ma criticare GLBonelli equivale a criticare Tex. Il ranger e il suo creatore sono un'unica entità. Concetto che vale per ogni saga: non mi verrai a dire che il Dylan Dog di Sclavi non sia il vero Old boy o che lo Zagor di Nolitta non tiene il passo con quello di Burattini? Poi è ovvio che ogni singolo lettore è libero di scegliersi le storie e gli autori che lo aggradano, ma, a mio avviso, è ingeneroso sparare sentenze e non rispettare le origini.
  9. Anche se in ritardo, sono riuscito a leggere il magazine. Purtroppo ho dovuto attendere la fine dell'isolamento per procurarmelo, ma ne è valsa davvero la pena. Non ho ancora letto le rubriche e non so se lo farò, a dire il vero; ho preferito subito tuffarmi nella lettura dei due fumetti e devo ammettere di essere soddisfatto. Seguono due brevi giudizi. - Spoiler - MAVERICK BUNCH La storia di Manuela Montoya, che vedeva il debutto come soggettista del nostro pard Carlo, non mi aveva soddisfatto più di tanto, pure a causa di una sceneggiatura poco ispirata di Mauro e i disegni alquanto deludenti del pur stimato Laurenti. Stavolta tutte le tessere del puzzle sono andate nel posto giusto e l'episodio è funzionale e piacevole. Carlo tira fuori un soggetto puramente western, con pochi fronzoli e molto interessante. La presenza di un bounty hunter abile ma con in cuore radicato il senso dell'onore, una banda di banditi organizzati e diretti da uno sceriffo colluso, il nostro Tex deciso e spigliato, tutte tessere adatte per un buon mosaico. Ruju ci mette del suo con una sceneggiatura adeguata, ritmata e scevra di forzature e scene sui generis; l'autore mostra di trovarsi meglio nei panni di sceneggiatore su spunto altrui, rispetto a Borden, che a mio avviso ha faticato un po' di più nella sua collaborazione con Monni, ma è anche vero che non tutte le ciambelle riescono col buco e ci sta che qualcuna possa fallire, dopo l'enorme mole sfornate. Mi è piaciuta la trovata di mostrarci il villain in azione e farci scoprire in corsa che era lo sceriffo, così come funziona, anche se era prevedibile, che Walker finisca con l'allearsi con Tex. La giustizia alla fine trionferà e ad attenderlo ci sarà pure uno spiraglio rosa. Di mio gradimento pure i disegni di D'Agata; un mix tra Villa e Piccinelli, con disegni molto dettagliati e stilosi. Ho notato una cura particolare nel panneggio e a tratti mi ha ricordato Giolitti in questo aspetto. Un artista che sebbene in evidente fase di rodaggio (belli i suoi primi piani anche se ancora troppo calamitati dall'influenza villiana) mostra di essere all'altezza per la celebre saga e spero possa entrare definitivamente nello staff. Da migliorare qualche fisionomia nei corpi in secondo piano, ma è solo una lieve imprecisione che son certo verrà migliorata finito il rodaggio. Il mio voto finale è 7 IL RITORNO DEL DESPERADO Storia breve ma intensa. Mauro ancora una volta riesce a trovare la quadratura del cerchio e cesella una trama cucita sul passato di Montales che è destinata a farsi ricordare. La scena dell'eccidio alla hacienda è ben sceneggiata e trabocca di pathos, così come ho trovato interessante l'innesto a intermittenza del giovane Tex nel flashback del desperado messicano sul sentiero di rivalsa. Con caparbia e decisione Montales riuscirà a ottenere la sua vendetta e se è vero che è un piatto che si consuma freddo, visto la lunga attesa, lo ha potuto gustare appieno. Mauro svia i sospetti dei lettori, escogitando l'interessante trucchetto della tripla identità di Raul: così come Montales lo crede morto a causa del temuto capo della polizia Salazar, anche noi lettori cadiamo in errore e all'atto finale, scopriamo a sorpresa che Raul, Salazar e Don Fulgenzio sono la stessa persona. Episodio che mi è molto piaciuto e secondo il mio parere rappresenta il migliore fra quelli in solitaria dei singoli personaggi. Mauro ispirato, ha fatto un ottimo lavoro, coadiuvato perfettamente dal solito Dotti, disegnatore che prova dopo prova, mostra di essere un'autentica punta di diamante. I chiaroscuri, presumibilmente ottenuti con la matita, sono il suo segno distintivo e mi aggradano molto. Il mio voto finale è 8
  10. Di certo un lettore comune, che si approccia al fumetto per passare un'ora di svago e staccare dai pensieri quotidiani, non si ferma a sottilizzare e vivisezionare una storia passaggio per passaggio, e ci sta, ci mancherebbe. Ognuno fruisce del prodotto come meglio crede. In par modo però, ci sono pure quelle tipologie di lettori, che dopo decenni di passione, hanno maturato un'occhio critico che li induce a stare attenti anche a quei particolari che sfuggono ai più e, a mio avviso, non vanno stigmatizzati o additati di pignoleria. In effetti l'osservazione evidenziata da Diablero è valida e condivisibile: la scena, per quanto ad effetto, è forzata. Per non essere notato Tex deve aver volato o bevuto la porzione d'invisibilità del professor Verybad di zagoriana memoria . Leggere gli interventi e le recensioni di altri utenti è interessante pure per questo; non è stato stavolta il caso, visto che la forzatura mi era arrivata all'occhio, ma spesso alcuni commenti mi hanno fatto notare passaggi che mi erano sfuggiti durante la lettura e ciò arricchisce il bagaglio di lettore.
  11. Condor senza meta

    TOP 5 Maxi Tex

    Di solito trovo molte difficoltà a stilare graduatorie così risicate, ma per i maxi mi risulta tutto più semplificato. Reputo che la media negli anni si sia attestata a un livello più basso rispetto alle origini, tranne poche eccezioni e di conseguenza è raro che episodi recenti riescano a rientrare nella mia top five. 1 - Oklahoma (Berardi - Letteri) 2 - Nei territori del Nord - Ovest (Boselli - Font) 3 - Nueces Valley (Boselli - Del Vecchio) 4 - Rio Hondo (Nizzi - Repetto) 5 - Il cacciatore di fossili (Segura - Ortiz) P.s. Oklahoma a mio modo di vedere andrebbe considerato un fuori serie a parte, d'altronde quando la storia fu pubblicata, l'idea editoriale dei Maxi non era ancora nata. Una gemma compositiva da lode, che occupa un posto particolare nel mio cuore di lettore. Sebbene non rientrino nella top five, meritano pure menzione la recente "I tre Bill", "L'oro del sud", "Il treno blindato" e "La pista degli agguati" (si parla bene di Mississippi Ring, ma ancora devo leggerlo dunque non posso giudicarlo)
  12. Beh resta comunque un gran bel lavoro . I software aiutano, ma il merito è comunque dell'operatore che li dirige. Sempre in tema di statistiche: chissà se riuscissimo in futuro a contabilizzare gli avversari uccisi da Tex e company in ben settantaquattro anni di avventure.
  13. Caspita pard, di solito mi considero un patito della statistica, ma dinanzi a un simile "lavoraccio", posso solo riconoscere che c'è chi mi batte in volata! Tanto di cappello
  14. Possiamo pure non paragonarle, ma è innegabile che la tendenza di Ruju è quella di "forzare" un po' il gioco con i suoi personaggi per bucare la pagina e spesso l'esito risulta artefatto. Che poi credo fosse proprio questo il pensiero di Ymalpas. Se ci fai caso un po' sopra le righe fu pure il salvataggio del guerriero immortale (la scena che passa indenne in un uragano di piombo poi, proprio non mi va giù) o lo stesso Wolfman che da solo tiene in scacco un'intera città per poi fare una fine barbina. Ruju è un autore preparato e la media accettabile la mantiene quasi sempre (a differenza di Faraci che si smarrì per strada), però comincio a temere che il salto di qualità per fornirci un "capolavoro" su Tex possa pure non esserci. Spero, tuttavia, vivamente di sbagliarmi e di essere smentito.
  15. Vero pard, ma Mefisto è un personaggio di tutt'altro spessore, la vera nemesi dell'eroe e una forzatura simile la si accetta più facilmente per farlo tornare, ma come specificava Sandro (e concordo!), il Chogan di turno non giustifica una scena così eclatante (così come non meritava quei poteri esagerati la strega voodoo incartapecorita). Il suo intervento è acuto e fa riflettere.
  16. Che pressappoco coincide con il mio pensiero, che ho spesso ripetuto sul forum. Nolitta fu indubbiamente un grande autore delle nuvole parlanti e le sue creazioni lo dimostrano, ma su Tex non era per nulla adatto. Anzi a tratti sembra lo facesse di proposito a forzare la caratterizzazione dell'eroe creato dal padre, perchè è ovvio che ognuno si approcci alle sceneggiature con il proprio stile compositivo, ma in una saga seriale è assurdo stravolgere i paletti che la identificano e uno del mestiere dovrebbe saperlo. Come se i Led Zeppelin (riferimento non casuale visto il tuo nickname ) avessero aggiunto un buon musicista per sostituire Bonzo e il prescelto, si mettesse a suonare i tempi della mazurca: per quanto ben suonata quanti pomodori avrebbero tirato i fans? ) Il suo personaggio non è Tex, più che altro sembra uno Zagor mal riuscito che indossa una camicia gialla e una stella di ranger e, per quanto possano essere ben confezionate alcune sue prove, con l'universo di Aquila della Notte non ci azzeccano proprio. Senza l'arrivo di Nizzi in soccorso negli anni 80 il buon Sergio avrebbe affossato la serie e oggi non saremmo ancora qui a parlarne. Ciò però non vuol dire denigrare il Nolitta autore, poichè nelle serie in cui era più a suo agio, se la cavava benissimo. Ho recuperato di recente alcune vecchie storie di Zagor sulla CSAC ed è indubbio che leggendo episodi come "Cavie umane" o "Intrigo a Norfolk" , per non tacere delle classiche del primo centinaio come "La sabbia è rossa" e similari, il livello è alto e il suo stile narrativo perfetto per il contesto (per il contrappasso invece GLB quando aiutò il figlio nei primi numeri su Zagor, faticò parecchio: questione di attitudini!)
  17. Perdonami Mac, ma la similitudine fra le due continuity la riscontro pure io. Nella storia di Bonelli padre, i nostri, a bordo del tre alberi del capitano Bart, sono già sulla via del ritorno e la tempesta, che li costringe a naufragare sull'isola dei canachi, funge da imput al secondo episodio. Idem con Nolitta, ma il secondo capitolo è "giustificato" dal dirottamento della nave a opera di Brooke e soci. Onestamente non mi pare un esempio opposto. Sui toni e i gusti personali, mi astengo dal dare giudizio.
  18. Troppo bella la storia di Borden sulla regolare per non catalizzare tutti i tre voti. Nulla togliendo alla pur ottima prova del giovane Tex Willer nel Missouri, ma l'epica avventura sulle tracce della Spedizione perduta di Franklin è una spanna sopra. Splendida anche la copertina dell'immenso Villa con il "veliero volante" dovuto all'illusione ottica della Fata Morgana. A Tornuak la preferenza per il miglior personaggio dell'anno. Mauro sempre più mattatore sulla serie. Usando il gergo ciclistico: stravince per distacco!
  19. Il segreto della missione spagnola Del Nizzi 2.0 è la storia che finora preferisco. Certamente non una prova da strapparsi i capelli dalla gioia, ma dignitosa e solida; quantomeno non infarcita dalle "debolezze" che sono diventate consuete nella sua tarda fase di carriera. Lo stratagemma con cui la banda di banditi si libera della posse al suo inseguimento, è un po' ingenuo; o meglio, pecca d'ingenuità colossale lo sceriffo, che non nota tracce e passa sopra la testa dei ricercati, transitando sopra il ponte. L'autore recupera una location a lui cara per il nascondiglio del bottino, ovvero la vecchia missione disabitata nel deserto, e imbastisce la scena dell'assalto degli apache ribelli, dando l'impressione di volerci propinare il solito tran tran di nativi sanguinari e i nostri a metterli sulla retta via. Non sarà del tutto così, visto che la banda di Cohazay sarà solo il pretesto e non il fulcro dell'episodio. Anzi, la loro eliminazione è alquanto affrettata, per dare spazio al vero cardine del soggetto: ovvero la ricerca del giovane bandito, sfuggito miracolosamente alla morte. Simpatica la figura del vecchio Zachary, con cui il lettore entra subito in sintonia. Dove si andrà a parare è chiaro, tuttavia la sceneggiatura è accettabile e non annoia. Anche i due pards commettono meno errori del solito. A dire il vero una botta in testa il buon Carson se la becca, e ci si chiede come non abbia potuto non udire l'avversario alle spalle, ma stavolta Tex provvederà brillantemente, liberandolo dal campo nemico. Il pentimento del giovane Collins è telefonato ma in una trama simile ci sta; anche il suo rapporto con Linda ricorda vecchie sequenze nizziane (a me ricorda i due "colombi" del "Sul sentiero della vendetta"). I villain non brillano onestamente parlando, eppure stavolta si conclude la lettura senza grandi appunti da muovere. Ammetto che ho "tremato" quando, dopo il luccichio del cannocchiale, i nostri vanno a dormire tranquilli fuori dalla missione, con ventimila dollari in saccoccia, ma stavolta non ci sono scuse in mutande o cinturoni slacciati , bensì la tradizionale trappola per prendere nel sacco i banditi. Il lieto fine è inevitabile e sancisce la chiusura di una storia piacevole e senza grandi svarioni. La sequenza finale mi pare un po' allungata, forse l'autore aveva ancora pagine da spendere, però, a mio avviso, poteva risparmiarsi l'inopportuno giochino di regole e regolamenti, discorsi di giudici e assoluzioni: il Tex bonelliano tutte queste menate legislative se le fumava nella pipa, ma su questo aspetto Nizzi non è nuovo. Torti si conferma un disegnatore non elegantissimo ma abbastanza efficace. Non ci avrei giurato sulla sua resa sulle tematiche western e invece mi ha fatto ricredere. Nulla di trascendentale ma tanto mestiere e impegno. Prova grafica alquanto dignitosa. Il mio voto finale è 7 Neve rossa La seconda prova del maxi, affidata a Ruju non mi è dispiaciuta. Siamo lontani dal livello migliore dell'autore ma l'episodio fila e tiene una buona tensione narrativa. Il lungo flashback che ci mostra la rapina della banda, poteva essere bypassato, a mio parere, ma la presenza di Wild, un avversario perfido e tosto, mette pepe alla vicenda. Fra neve, pallottole, puma aggressivi e innocenti ostaggi, il nostro Tex in solitaria, riuscirà a spuntarla, trovando proprio nel "gattone" un inatteso alleato nel momento clou. Trovo forzato che il ranger passi indenne una notte al ghiaccio legato alla staccionata (l'assideramento era il minimo in una situazione simile), così come sembra illogico che Wild, rischi di ucciderlo, ben sapendo che senza di lui trovare il bottino gli è impossibile, ma spesso Ruju ci ha abituato a questi colpi sopra le righe. Storia non memorabile ma onesta. I disegni di De Luca mi hanno convinto nelle prime tavole, ma proseguendo ho scorto un calo, che non pregiudica del tutto la prova, ma mi costringe a rivalutarla al ribasso. Il tratto si fa più sporco, arruffato e la leggibilità delle vignette ne risente. Pure il volto di Tex non trova un equilibrio tra le vignette: a volte più smagrito, altre più rubicondo; o troppo sporcato da tratteggi o troppo pulito, ma il non plus ultra si ottiene nella prima vignetta di pagina 224, quando il profilo del nostro eroe sembra quello della Creatura di Dott. Frankestein . Il mio voto finale è 6
  20. Kit-Carson.jpg

    Uno schizzo veloce del mio pard preferito. :)

  21. Condor senza meta

    [Maxi Tex N. 25] Il boss di Chicago

    Il boss di Chigaco Se non fosse stato per il finale banalotto e un non adeguato sviluppo della trama, la storia non sarebbe stata affatto male. Ruju si ricorda di essere stato ai suoi esordi sulla saga un ideatore di buoni spunti e ne partorisce uno particolare, ambientandolo in una importante città dell'est come Chigaco, con un villain protagonista (vecchio nemico di Carson), che con abili speculazioni edilizie, ha accumulato denaro e potere, divenendo perfino un senatore. Un tipico gangster con le mani in pasta e con appoggi altolocati, che pur di difendere la sua nuova identità di influente papavero, non esita a sopprimere un giornalista a lui ostile. Purtroppo la sceneggiatura non accompagna adeguatamente il soggetto e la trama non assume mai quella ariosità che ci si attenderebbe in una simile ambientazione. La location non viene quasi per nulla sfruttata, così come stona alquanto che un simile boss, sia servito solo da una coppia di bravacci (peraltro nemmeno tanto irresistibili) e che sull'epilogo si muova di persona per risolvere la faccenda. A me pare poco credibile la cosa, ancor più del fatto che un vecchio bandito di due soldi possa essere diventato senatore. Non male l'idea originale del duello sul grattacielo in costruzione, ma reputo l'epilogo troppo facilone e banale: un boss che si fa cogliere con le mani nel sacco e sebbene abbia conoscenze influenti (vedi il capo della polizia che però sparisce dalla sceneggiatura) non riesca a ribaltare una deposizione di una testimone alquanto indifesa, sembra uno snodo un po' ingenuo. Spunto che andava sfruttato decisamente meglio e che a stento strappa una generosa sufficienza. Mi accodo al pard @Leo sul fatto che la sofferenza di Repetto sia tangibile sulle sue ultime tavole. E' vero che il calo è stato meno netto rispetto ad altri colleghi e che, per avere quasi novanta primavere, il livello è altamente decoroso, ma celata dal consueto tratteggio (ho notato che a volte il tradizionale incrociato è rimasto incompleto in alcuni sfondi presentandosi come un poco piacevole reticolato), la stanchezza del tratto si percepisce. Tuttavia l'autore argentino merita un plauso e un ringraziamento per la sua opera sulla saga del nostro eroe preferito. Il mio voto finale è 6 Tempesta Il secondo episodio del maxi, ha un numero di pagine maggiori. La prima parte è un po' noiosetta e lenta, ma innegabile che nel proseguo il ritmo si alzi e la tensione narrativa cresca. Purtroppo ho come l'impressione che alcuni snodi narrativi vengono troppo "artefatti" dall'autore e ciò mi ha un po' infastidito. Il ritrovamento della banconota nella grotta o dei cadaveri sulla collina, la valanga che colpisce la casa del falegname ma lascia lui e la figlia indenni, la scena del saloon con il bevitore che attira l'attenzione di Tex con i suoi cinque dollari, sono solo alcuni episodi che puzzano di stratagemmi narrativi. Se ne potrebbe ancora aggiungerne altri, vedi il fatto che il falegname (guarda caso) assista al rapimento di Carson o che i banditi di vedetta alla montagna scoprano i nostri a disseppellire le salme e altre cose notate durante la lettura ma che adesso mi sfuggono. Tutti passaggi che mi danno l'impressione di scorciatoie troppo forzate per condurre la trama, tipiche del Nizzi ultimo periodo. Più di una volta con Tex ignaro e di spalle, i nemici non sparano, con la scusante che sia troppo pericoloso affrontarlo, per poi doverlo fare alla fine faccia a faccia con il ben prevedibile esito. Avversari poco incisivi, visto come si fanno mettere nel sacco sebbene in grande superiorità numerica. Altro aspetto poco plausibile, a mio avviso, che la sommetta di ventimila dollari possa essere sufficiente a tirar su le sorti di un villaggio in decadenza: dividere fra decine e decine di abitanti il maltolto non credo che avrebbe fornito una cifra tale da giustificare un duplice omicidio. Motivazione tirata coi capelli: era più credibile che fossero stati solo pochi ceffi a prendere una simile decisione, non un paese intero. Buoni i disegni di Rossano Rossi, che continuano a ricordare il primo Civitelli. Da notare con quanta maestria vengono rappresentati i viottoli infangati con rigagnoli e ciottolati, nonché le scene della valanga e della tempesta. Tecnicamente una prova non facilissima da realizzare, ma l'autore se la cava soddisfacentemente. Il mio voto finale è 5
  22. In effetti sarebbe paradossale che in una produzione seriale, gli autori facessero del loro meglio per fare peggio (scusate il voluto gioco di parole!) Solo nel caso in cui si fondasse la "Bonelli Discount" si potrebbe pensare di destinare le storie svogliate a prezzo più basso. A parte le battute, l'arte non è una scienza esatta e l'esito di una buona prova non può essere programmata a tavolino. Ispirazione, verve creativa, stress di realizzazione sono variabili che sfuggono alla programmazione. In par modo non sarebbe nemmeno corretto dirottare le prove migliori o tenere collane "contenitore" (a tal punto sarebbe più logico chiuderle) ma credo che sotto questo aspetto noi lettori tendiamo spesso a travisare, lamentandoci o lodando a secondo quali sono le collane di nostro piacimento.
  23. Condor senza meta

    [658/660] Winnipeg

    Personalmente la tesi dell'orgoglio non mi convince: un folle psicopatico come Thunder, simili elucubrazioni mentali dinanzi un avversario dubito le facesse, o meglio il Thunder dei "Sette assassini". E' proprio questo il punto: a tratti sembra che ci troviamo di fronte a un villain diverso, quasi rinsavito dalla sua crudele follia. Il duello al buio poteva starci nel primo episodio, dove le circostanze costringevano Jack, incalzato da Tex, a colmare il gap della mancanza della vista, ma in "Winnipeg" perchè complicarsi la vita? Una scelta narrativa a effetto ma che, almeno secondo il mio parere, si confà poco alle caratteristiche originarie del personaggio.
  24. Può darsi che alcune lamentele siano state prese in considerazione.
  25. Facendo di necessità virtù, ho approfittato della forzata inattività dovuta all'isolamento Covid, per godermi questa autentica gemma narrativa dell'indimenticato G.L. Bonelli. Storia epocale, un evergreen che non a caso viene considerato da molti una pietra miliare della saga. Le storie ambientate in Canada hanno sempre un fascino particolare, poi se l'esito dell'ambientazione porta a una sceneggiatura così spumeggiante, ritmata, carica di azione, adrenalina, avventura e dialoghi spumeggianti, si rasenta la perfezione. Già l'incipit, con l'atipica esecuzione del povero uomo crocefisso crea una tensione emotiva molto alta. Inoltre al grande Bonelli bastano poche vignette per presentarci un villain davvero molto interessante, ovvero il furbastro e spietato shaman Ho-Kuan: il suo ghigno malefico ritrae perfettamente gli abissi neri come la pece della sua anima, il suo corvo ammaestrato che prende parola grazie alle sue doti di ventriloquio, sono l'ulteriore pennellata in più dell'autore per definire un avversario memorabile. Toccherà al sempre caro Jim Brandon convocare la squadra al completo, per risolvere il tetro giallo delle morti che celano verosimilmente oscure manovre dei soliti trafficoni, che contano di arricchirsi sfruttando il fanatismo e la superstizione degli indigeni, spingendoli sugli insanguinati sentieri della guerra. Se lo spunto di soggetto non è originalissimo, lo sviluppo della trama è magistrale. Bonelli e Ticci, sulla considerevole distanza di più di 300 tavole, riescono a confezionare il "perfetto manuale" di come realizzare una vera storia di Tex: tra le pagine traspare tutta l'anima di giustiziere di Tex, disposto a mandare al diavolo i cavilli e i regolamenti pur di far trionfare la vera giustizia. L'immenso Ticci, col suo tratto ancor pulito e dettagliato, traccia invece una rotta grafica che farà infiniti proseliti fra le schiere di colleghi suoi successori. La sezione cittadina di Winnipeg è molto divertente e carica d'azione e non mancheranno belle sorprese, quali la maliarda Rita Duchesne, altra pedina che rimane poco sulla scacchiera imbastita da Bonelli, ma che nonostante questo esile arco tempistico, lascia il segno con la sua caratterizzazione e si fa ricordare. Trascinata da una sceneggiatura impeccabile e senza cali di ritmi e dialoghi da manuale, la storia prosegue spedita verso la seconda parte che è a dir poco incantevole. Fra agguati, rulli di tamburi, inseguimenti e dinamite, il lettore divora le pagine perdendo il senso del tempo, catapultandosi nel perfetto turbine di fantasia bonelliana. La sequenza della liberazione di Kit, con tanto di demolizione del folkloristico arco di pietra, a colpi di candelotti di dinamite, è da manuale; cosa chiedere di più da un fumetto d'avventura? Ma uno dei nodi di forza che garantisce il livello altissimo è la gestione perfetta dei pards, tutti equamente importanti e risolutivi (con un Tiger superlativo) e decisi come non mai. Coraggio, ironia e abilità a profusione e tanta polvere da sparo in una trasferta canadese dai contorni leggendari. Erano anni davvero ricchissimi d'ispirazione del grande Bonelli, pensare che dopo questo gioiello, la redazione si apprestava a pubblicare un altro capolavoro della risma del "Figlio di Mefisto". Da Ranger di successo a leggenda, il passo è breve. Ticci si supera in una indimenticabile prova grafica, caratterizzata da sfondi paesaggistici straordinari e un dinamismo narrativo che ha pochi eguali. Come già accennato, il suo stile si mostra alquanto diverso rispetto a quello che ormai siamo abituati ad amare, ma ammetto che pure le prime prove del maestro personalmente mi stregano. Un titano. Sono pochi gli autori che possono vantare tanti emulatori, solo i grandi possono fregiarsi di un tale onore. Sono storie come questa che ti fanno amare l'universo texiano e anche nei momenti più angusti e strampalati, ti donano preziosi attimi di serenità e svago. Un aiuto degno di un vero amico, come finiscono per essere effettivamente Tex e i suoi pard ogni talvolta che apri un volume col noto logo. Può un eroe di carta essere considerato tale? Io lo credo fermamente e anche questa "magia" contribuisce a far cavalcare ancora il nostro inossidabile "amico" dopo più di settant'anni si successi editoriali. Il mio voto finale è 10
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