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TWF - Tex Willer Forum

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Mostrando i contenuti con la più alta reputazione il 19/12/2023 in tutte le sezioni

  1. Non è mai così. Ripeterò Diablero, ma gli universi condivisi sono forse il più grande male della narrativa seriale dei nostri tempi (anche se ne stanno abusando soprattutto al cinema, nei fumetti dopo la sbornia degli anni ‘90 ormai hanno capito tutti che anziché aumentare le vendite nel lungo periodo le fanno calare). Ovviamente le ragioni per creare un universo condiviso sono esclusivamente commerciali, quindi che la Bonelli che non è una casa editrice alla canna del gas come la Marvel degli anni ‘90 (anche se sembra voglia diventarlo, visto che la sta copiando in tutto e per tutto) ci si butti a pesce faccio proprio fatica a capirlo. In realtà è ovvio (o dovrebbe esserlo) che gli eroi Bonelli e il mondo in cui vivono sono talmente peculiari e caratterizzati che non possono esistere al di fuori delle loro testate (l’horror di Dylan Dog e quello di Dampyr ad esempio sono completamente diversi tra di loro, anche se Recchioni ne ha fatto lo stesso un crossover, il Far West di Tex, Zagor, Storia del West, Ken Parker e Magico Vento idem). Nella creazione di un universo condiviso io ci vedo l’ennesimo tassello della trasformazione del proprio target di riferimento da parte della SBE: con Sergio Bonelli si rivolgeva ai “lettori”, adesso il pubblico a cui sembra mirare è quello dei “nerd”.
    4 points
  2. Se rimanesse il male di un crossover ogni tanto, che rimane confinato su uno speciale che puoi comprare o non comprare senza mai influenzare la serie regolare, avresti ragione. Ma finora la Bonelli Post-Nolitta sta copiando TUTTO della Marvel anni 90 (che temo sia la vera passione della dirigenza Bonelli: quando era ancora fanzinaro prima di essere assunto in Bonelli, Masiero scriveva libri e articoli sui supereroi Marvel e DC, non sugli eroi Bonelli. Quando ha iniziato a scrivere professionalmente è stato per la Star Comics (supereroi). Quando è stato assunto alla Bonelli l'hanno messo su Mister No ha dimostrato subito di essere un corpo estraneo alla tradizione della casa editrice, quando ne divenne curatore fece un "reboot" maldestro, roba appunto da Marvel o DC, che reboottano i loro eroi regolarmente, ammazzando la testata. Airoldi addirittura viene dritto dalla Marvel Italia...). (tanto per far capire cosa porta il "modello Marvel anni 90", la Marvel negli anni 90 a furia di reboot, crossover, cover variant multiple, moltiplicazione assurda delle testate che triplicarono, etc, scaccio praticamente tutti i lettori che la seguivano all'epoca di Jim Shooter, la qualità andò a rotoli con robaccia inguardabile, la casa editrice andò in fallimento e le serie a fumetti finirono in proprietà ad un creditore, ma intanto lo speculatore di borsa che aveva comprato la Marvel anni prima e dato vita a quelle speculazioni era già scappato all'estero, inseguito dalla polizia, con le tasche gonfie dei dollari che aveva razziato... ecco perchè parlo di politiche editoriali "prendi i soldi e scappa", perchè SONO STATE IDEATE PROPRIO PER PRENDERE I SOLDI E SCAPPARE. Chi se lo immaginava che quelli che erano giovanissimi nerd all'epoca rimanessero così affascinati da quel colossale disastro editoriale e finanziato da pensare che fosse "buona editoria"?) Per fare un crossover ogni tanto, non ti serve un "universo condiviso". La Bonelli li ha fatti per anni (pochissimi) crossover, ma se parlavi a Sergio Bonelli di "universi condivisi" si incazzava. Nella sua visione erano "storie extra", si rendeva conto che erano una "chicca" per "nerd che cercavano chicche" (e tu non vuoi dare chicche ai piccolini che te le chiedono?) ma le serie regolari rimanevano totalmente separate. Quando inizi a parlare di "Universo Condiviso", sei un fan sfegatato dei crossover Marvel, e sotto la tua direzione i team up, crossover, etc iniziano a moltiplicarsi insieme a cover variant e limited, impossibile non sentire una nettissima puzza di "Marvel anni 90" (una casa editrice comandata da uno speculatore che l'ha affossata per scappare con i soldi...)
    2 points
  3. Continuando di questo passo, col cavolo che vedremo tornare @borden !
    1 point
  4. Il ragionamento è nato non tanto dall' albo in questione (in parte si) ma più che altro da annunci e dichiarazioni sull'esistenza incontrastabile dell' universo condiviso e sul fatto che noi lettori dobbiamo abituarci. Penso un minimo di preoccupazione sia comprensibile. Quindi non si parla solo della Zenith o di Zagor e Cico; e in teoria tu hai ragione, è impossibile che certe cose avvengano, ma visti i tempi che corrono ci si può aspettare di tutto. E se noi lettori diciamo che ci piace l'universo condiviso (come fa qualcuno) non si avrà più il piacere di leggere Zagor nel mondo di Zagor ma dovrai "abituarti" al mondo di Zagor che è lo stesso di un altro, con mille problemi, forzature e incongruenze. Sono processi lenti, non lo si nota subito ma se approvato come decisione generale della casa editrice, l' universo condiviso può diventare realtà, e in quel caso ci resteranno solo i vecchi fumetti o quelli di altri per consolarci. Io mi auguro che non avvenga.
    1 point
  5. Le annate giunte in semifinale, fanno ben comprendere che Gian Luigi Bonelli era un autentico fuoriclasse e negli anni di grazia creativa, ha toccato vette di qualità e continuità superlative. Meriterebbero tutte l'ex aequo, ma dovendo fare una scelta, voto 1972 e 1973. Certo lasciare fuori annate straordinarie come il 1969 e il 1971 è dura, ma il gioco è gioco. P.s. Le giovani leve di lettori spesso disdegnano lo stile di Bonelli sr, ma dinanzi a un filotto così ampio di capolavori, come non riconoscere che è uno dei più grandi sceneggiatori della storia del fumetto Italiano?
    1 point
  6. Adesso comincio a capire perché i nativi americani comunicavano attraverso i cloud. A quei tempi c'era già AOL perché altrimenti non si spiega come cavolo facesse Hellingen a usare il suo precursore telefoninico se non c'era campo. Me lo immagino già Tex che si rivolge a Zagor: "Nay (come affettuosamente Tex chiamava lo spirito con la nay), mi dai il numero di Hellingen?"
    1 point
  7. Sarà anche risibile per te ma non per tutti. Ma ti riesce davvero così difficile capirlo?
    1 point
  8. In una storia come questa, con la Tigre in fuga verso il Borneo, con Kit Willer in ostaggio, e Tex ed i pards costretti a tallonarli via nave navigando sul Pacifico, va da sé che di azione non credo ce ne potessimo aspettare più di tanta, per cui l'unica via per riempire le pagine, detta molto prosaicamente, era riempirle di dialoghi. E, personalmente, li ho trovati dialoghi ad hoc ed utili a contestualizzare la vicenda e ad illustrare abbastanza esaustivamente il background degli antagonisti, e di conseguenza funzionali alla vicenda per come sinora si è svolta. L'azione nella più tipica accezione texiana, ne sono convinto, la vedremo nell'albo di gennaio, quando le due fazioni arriveranno inevitabilmente a scontrarsi.
    1 point
  9. Mmm... se Venturi si è annoiato a disegnare questa storia vuol dire che è una persona particolarmente noiosa, perché credo siano pochissime le avventure di Tex in cui avvengono tanti cambiamenti di scenari e personaggi come in questa: si va dalla città di San Francisco alle paludi della Louisiana, da New Orleans alla giungla tropicale e ai treni di Panama, dai porti del Nicaragua alle foreste e ai paesaggi del Borneo, scontri a fuoco nelle paludi, pestaggi in bettole, duelli sulle navi, scontri a fuoco tra vascelli, imbarcazioni di tutti i tipi, palazzi reali del Borneo, isolotti e spiagge esotiche, personaggi di etnie diverse, malesi, cinesi, olandesi, afroamericani, seguaci del voodoo, bellezze malesi e sbirri della Pinkerton, persino scene orrorifiche (le visioni di Omoro), ecc. ecc. Secondo me Venturi non si è lamentato troppo, piuttosto che disegnare i soliti deserti, cactus e apache...
    1 point
  10. Questo perché probabilmente l'hai guardato con una prospettiva errata. Il rapimento di Kit serve a più di una funzione narrativa. La meno importante è rafforzare la determinazione di Tex nell'inseguimento della Tigre Nera. Soprattutto, quel che è veramente importante è la costruzione del rapporto tra Kit e Daniel Silva in cui Kit agisce sostanzialmente da buona coscienza del ragazzo che non conosce realmente suo padre e prima che la storia finisca sarà , ne sono sicuro, costretto a fare una scelta. Per tutto l'albo Kit è tutt'altro che inerme e se la caverebbe benissimo da solo se la fuga non fosse oggettivamente impossibile. Il suo rapporto con la Tigre Nera è emblematico: Sumankan può anche avere un suo personale codice d'onore, ma è e rimane un cattivo. Non ci sarà redenzione per lui, Tex ed i pards non lo aiuteranno a riconquistare il suo trono , ma nemmeno staranno dalla parte di Van Gulik. Saranno 110 pagine molto interessanti mi sa .
    1 point
  11. Io non rischio di fare alcuna anticipazione; dico solo che so di essere in presenza di una GRANDE AVVENTURA. Qualunque sia il prosieguo, quale che sia il finale (il rischio costante di un finale troppo sintetico ...), quello che ho visto, letto, finora - soprattutto questo albo - mi appaga totalmente. Siamo ai livelli della grande avventura nella tundra e nel circolo polare... Queste sono vere e proprie gemme che, da sole, meriterebbero l'acquisto costante di una collana. Complimenti.
    1 point
  12. Appena riletta, "Il passato di Carson" si conferma un assoluto capolavoro. Forse, insieme a "Sulla pista di Fort Apache" e "L'uomo senza passato", uno degli ultimi dell'intera saga. Ha IMHO l'enorme pregio di essere innovativa e allo stesso tempo tradizionale, soprattutto nei dialoghi secchi, puntuali, mai superflui, tanto lontani dall' ultima storia boselliana. Dopo quattrocentosei numeri, conosciamo un Carson (qui in un insolito scambio di ruoli con Tex) diverso, che si trova nel presente (e qui la più netta differenza con "Furia rossa" di Nizzi, che ci aveva appena raccontato il passato di Tiger Jack) a confrontarsi con un passato che credeva alle spalle. Le quattro catapecchie di Bannock riprendono vita e gettano un personaggio ormai consolidatissimo come il nostro Kit in un'insolita posizione di crisi, che lo splendido, delicatissimo dialogo con Lena acuir?. L' approfondimento psicologico dei personaggi va di pari passo con l'azione, come nella migliore tradizione bonelliana. Il ritmo è sempre alto, senza che ciò vada a detrimento dello spessore umano della storia. In tal senso, la copertina del n.407 è perfetta nella sua capacità di sintetizzare in un'immagine il senso della storia (tutta basata su un perfetto contrasto di malinconia e azione), risultando IMHO una delle più belle di Villa. Mentre Carson è in viaggio verso Bannock, è Tex, come di consueto abilissimo narratore, a ripercorrere gli avvenimenti del tempo che fu, a beneficio del figlio (e del lettore). E' un racconto (per quanto sia assai improbabile che Tex conosca anche i dettagli di quanto narrato: ma, aggiungo io, chi se ne frega? ) emotivamente splendido, in cui il nostro capo Navajo mostra un affetto davvero profondo per l'amico (molto delicato il passaggio in cui tergiversa col figlio sul reale sentimento di Carson per Lena). Ad aspettarli nella città fantasma una schiera di avversari, lontanissima dalla moltitudine caricaturale quanto fasulla dell'ultima storia e dello spin-off "I sette assassini" . Se è vero che già non mancano personaggi un po' eccessivi o caricaturali (Waco Dolan, l'indiano One-Eyed Hawk, che peraltro non ci è stato presentato nel flash-back di Tex, o Larry il Contabile), altre figure si presentano davvero di spessore. Penso in particolare a Boone, perfetto nella sua descrizione di uomo puramente rozzo e violento, specie di belva, e a Laval, disilluso dalla vita e dalle carte. Memorabile il personaggio di Johnny Lame (cognome o soprannome? 'Lame' significa zoppo in inglese...), la cui valenza drammatica è degna dei Tragici greci. Vile nell'animo e inetto all'azione nel corpo, ha scelto una strada criminosa che non poteva permettersi. Umanissimo nella sua paura, prova una fuga impossibile, cadendo sotto i colpi dell'ambiguo sceriffo Clemmons. Già, Clemmons. Amico e nemico? Il finale catartico non risolve i dubbi, la cui irrisolutezza è uno dei punti forti dell'esordio di Boselli su Tex. E i dubbi sopravvivono anche a Bannock, quando la città torna a lasciar spazio al deserto. Marcello, nonostante quello stile molto spigoloso (non saprei come definirlo: gli addetti ai lavori mi perdonino il linguaggio da vaccaro!) talvolta quasi mi innervosisca, è qui eccezionale nel seguire con le immagini il senso della storia. Perfetto nei personaggi, è grandioso nel ricreare l'atmosfera di un Montana freddo e inospitale. Mozzafiato il campo lungo iniziale (e simmetricamente ripreso a pag.68 del secondo albo) e la scena del recupero della diligenza sotto la tempesta nel flashback di Tex al figlio Kit. In sintesi, ecco i voti, cui aggiungo la valutazione complessiva in stelle, seguendo la mia proposta di qualche tempo fa. Soggetto: 10Sceneggiatura: 10Disegni: 10*****
    1 point
  13. Non avevo dubbi sul fatto che ad Hellingen sarebbe piaciuto questo albo! Diciamo che é piaciuto anche a Kandrax il mago, al barone Rakosi, a Mortimer, a Molok, a Iron Man, a Supermike e al Re delle aquile anzi loro mi hanno detto che se alla fine Zagor fosse morto sarebbe stato ancora più bello!
    0 points
  14. Ma quale indomita, se ci fosse stata una ragazza al posto di Kit (io, per esempio), un bel paio di calci nelle palle al pseudo-tigrotto glieli avrei mollati al primo tentativo di portarmi dalla sua parte.
    0 points
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