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Ennesima notizia ferale in quello che, dopo meno di un mese, si prospetta sotto tutti gli aspetti come un Annus Horribilis dal punto di vista politico, sociale, culturale. Nonostante fossi a conoscenza della sua malattia la cosa mi coglie di sorpresa, dato che l'ultimo numero della sua newsletter è arrivato nella mia casella di posta il 6 gennaio. Mi mancherà la sua prospettiva radicale e orgogliosamente "fuori tempo", il rifiuto di arrendersi alle logiche di un mondo governato solo dal Dio Denaro e dall'interesse personale, che ha dimenticato il significato di termini come "collettività" e "socializzazione". Mi rimarranno invece per sempre i suoi fumetti e i suoi libri, ho già ripreso in mano l'ultima trilogia di Magico Vento, sempre ben documentati e mai banali, e le sue canzoni che continueranno a riportarmi ad un periodo in cui si poteva ancora sperare in un futuro migliore, senza bisogno di andare su Marte inseguendo le follie di un oligarca demente. Grazie Gianfranco e ovunque tu sia Mitakuye Oyasin.9 points
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Messaggio lasciato da sua figlia, poco fa: E’ con immenso dolore che annuncio la scomparsa di mio papà Gianfranco Manfredi. Un vero genio che sapeva sempre leggere ed interpretare il mondo e i suoi cambiamenti, una mente curiosa che non smetteva mai di studiare, scoprire e aggiornarsi. Negli ultimi due anni ha scritto ininterrottamente nonostante la sua malattia: saggi letterari e storici, fumetti, canzoni, volumi sul cinema, sceneggiature, la sua newsletter. Un cervello brillante e un artista mai stanco che ha dato tanto a chi ha avuto la fortuna di conoscerlo di persona o attraverso la sua musica, i suoi libri e i suoi fumetti. Gli artisti come lui in fondo non ci lasciano mai, Gianfranco vivrà sempre attraverso tutto quello che ci ha lasciato e questo allevia il nostro dolore. La cerimonia di saluto sarà in forma civile e privata, con la famiglia e i più cari amici, ma appena raccoglieremo le forze promettiamo uno o più eventi celebrativi pubblici in stile Gianfranco: con arte, musica e allegria. Oggi ricordatelo ascoltando una sua canzone, leggendo una delle migliaia di pagine da lui scritte, o ripensando a un momento passato insieme, lo farebbe sicuramente felice. Nei suoi ultimi momenti mi ha chiesto di cercare un’immagine di Magico Vento a colori, che salutava o che andava via a cavallo, e di scrivere in rosso il saluto Dakota. Ho fatto tutto il più velocemente possibile per riuscire a fargliela vedere e approvare. Mi ha detto “ok, va bene, mandala alla Bonelli”. Fino alla fine il suo pensiero è stato per i suoi lettori e i suoi personaggi. Ci mancherai infinitamente papà. Grazie di tutto, ti vogliamo tanto bene.5 points
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Un piccolo omaggio a Gianfranco Manfredi, fatto rapidamente con la biro durante il lavoro. Mitakuye Oyasin5 points
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Un mio piccolo aneddoto sull'autore che ci ha lasciati. Eravamo nel 2009, credo, e Manfredi era appena passato alla serie regolare con la storia dell'acqua disegnata da Civitelli e ricordata poco sopra da Monni. Era l'epoca in cui il forum cercava di emergere dalla mediocrità e tra gli utenti che si davano da fare vi era un indiavolato Anthony Steffen, che davvero si prodigava in tutte le maniere. Fu lui ad avere l'idea del Tex Magazine del forum e sempre lui a fare una piccola intervista a Manfredi che aveva contattato in privato. Ricordo che mentre ne parlavamo gli dissi: Carmelo, che ne dici di mettere l'intervista direttamente sul magazine? (Era inizialmente prevista infatti la sua pubblicazione sulle pagine del forum). Fu così che decidemmo di fare qualche altra domanda a Manfredi e alla fine ne venne fuori un'intervista carina e simpatica di diverse pagine. Lui fu gentilissimo e rispose a tutto senza mai tirarsi indietro. Quando il magazine fu online, attraverso Mauro Boselli giunse nelle mani di Sergio, immagino in una versione cartacea stampata negli uffici della casa editrice. Il Sergione ci fece sapere che reputava la nostra davvero una bella iniziativa, aveva sempre un occhio di riguardo e qualche buona parola per i piccoli fanzinari da incoraggiare, e venne fuori che una delle cose che maggiormente lo sorprese fu proprio la disponibilità che Manfredi ci aveva concesso (visto che eravamo proprio alle prime armi e nessuno ci conosceva). Non riusciva proprio a capacitarsene. Con l'autore ebbi anche il modo di fare una gaffe ponendogli la domanda se dovessimo considerare quella storia in edicola come una storia a tesi, idea che lo rivoltava proprio, che ne potevo sapere, decisi lo stesso di conservare quella domanda nell'intervista del magazine e la relativa risposta un po' piccata in cui il buon Manfredi mi tirava le orecchie! Lo ricordo con molta simpatia anche se le storie pubblicate su Tex le ho sempre giudicate atipiche.5 points
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Mi unisco al cordoglio dei vari pards che mi hanno preceduto per la scomparsa di Gianfranco Manfredi. Non ero un suo lettore. Ho cominciato e non finito Adam Wild, non ho mai cominciato Volto Nascosto e Shangay Devil, Magico Vento mi respingeva per i suoi tratti fantastici. Su Facebook ricevetti una non simpatica risposta da lui a un mio commento sulla Baraldini, alcuni suoi Tex li reputo particolarmente infelici, non solo per la cifra ideologica sempre presente ma anche per il modo eretico con cui il personaggio talvolta veniva trattato. Era tuttavia, per quello che traspariva da Facebook, un uomo appassionato e arguto, oltre ad essere un artista i cui campi di interesse svariavano dalla storia alla letteratura, dalla musica al fumetto. Soprattutto, il tanto affetto che vedo qui e altrove mi fa percepire l'importanza della sua figura e il grande peso che rappresenta la sua perdita. Era relativamente giovane, non aveva smesso di scrivere, di appassionarsi, di voler comunicare e trasmettere. Penso di avere un "debito" nei suoi confronti, in termini di letture mai fatte e di personaggi ignorati a torto, come tanti di voi mi hanno fatto capire. Quando l'ho apprezzato, l'ho fatto davvero, con intensità. Verso l'Oregon e I due fuggitivi sono tra le storie più belle che mi sia capitato di leggere, due sceneggiature preziose, poetiche e forti al contempo. Due tra i Tex più belli di sempre. Eccellente anche il suo cartonato alla francese, Sfida nel Montana, e alcune sue sceneggiature per la regolare, come La grande sete e la storia sulla vecchia strega messicana. Sono sufficienti questi pochi racconti per svelare la tempra del suo essere autore, sceneggiatore, artista. Del suo essere un appassionato e vigoroso intellettuale, di cui sentiremo la mancanza. Io colmerò alcune mie lacune, facendone rivivere la voce tramite la mia lettura. Perché se c'è una consolazione davanti a questi lutti, sta nel fatto che la voce di colui che non c'è più non finisce di parlare, di trasmettere, di donare. Non lo farà finché ci sarà qualcuno che leggerà quanto da lui scritto. E io auguro agli scritti di Manfredi, siano essi libri o fumetti o canzoni, di durare, di restare attuali, di essere apprezzati nel tempo. Gli auguro di parlare ancora, e ancora a lungo.5 points
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Rientrare da lavoro e apprendere una simile notizia rattrista molto. E' difficile da spiegare, ma quando ci lascia un artista che ha accompagnato col suo lavoro il tuo percorso dell'esistenza, rimani disorientato. Non ho mai nascosto la mia stima per Gianfranco; un artista eclettico, originale, di personalità. Cantautore, scrittore, sceneggiatore, fumettista, attore, un talento davvero multimediale per un uomo colto e intellettuale, con ideali ben chiari e saldi. Davvero una gran perdita e col senno di poi, anche le sue sfuriate sui social (a volte un po' fuori dagli schemi a dire il vero) da oggi mancheranno tanto. Sebbene non del tutto a suo agio su Tex, ha fornito il suo onesto contributo alla saga, ma creature come Magico Vento, Volto Nascosto, Adam Wild denotano una preparazione storica e una capacità narrativa non indifferente. Ma ciò che non dimenticherò tanto facilmente è la sua umile disponibilità: svariati anni fa sottoposi un mio racconto alla sua attenzione, nutrendo pochi dubbi di ricevere risposta e invece Gianfranco mi stupì oltremodo. Non solo aveva letto attentamente il mio scritto, ma si premurò a rispondermi sinceramente e fornendomi tanti preziosi consigli e correzioni per migliorare l'opera e raffinare lo stile. Sembra poco ma per me non lo è. Quel messaggio rimarrà da oggi ancora più impresso nel mio cuore e lo considererò una sorta di testamento stilistico personale, donatomi da un grande autore che amava tanto il suo lavoro, a tal punto da non snobbare nemmeno carneadi come me, incitandoli a migliorare ma sempre tenendo un basso profilo. Grazie Gianfranco! Che la terra ti sia lieve.5 points
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Diablero ha spesso il vizio di trattare le proprie opinioni come se fossero dati oggettivi e non, appunto, opinioni.5 points
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Siccome sembro un fenomeno da baraccone, che ricordo i primi numeri, spiego perché: Non appena uscì Magico Vento andai all'Università. I fumetti e i libri restarono a casa dei miei, e io avevo solo le uscite del mese da leggere (a parte qualche libro che mi portavo avanti e indietro). Ricordo molto bene quel periodo di Tex, Zagor, MV, Napoleone, i primi 15 di Julia (che non poteva essere così noioso se era scritto dall'autore di KP), e Dampyr. Non avevo la TV a casa, il mio coinquilino comprava solo Metal Shock e io conoscevo pochissime persone. Quindi il Magico Vento, il Napoleone, il Dampyr venivano consumati dalle riletture. E peccato che Ristampa Dago arrivò alcuni anni dopo, altrimenti ricorderei benissimo anche quelli. Un'unica correzione @Diablero, Frisenda arriva subito a disegnare MV, suoi sono il numero 4 e il numero 8. E Parlov arriva appena finisce il texone (numeri 11 e 16) e Mastantuono disegna il 5. E Barbati e Ramella che sono il cuore pulsante della serie ne disegnano una 10ina tra i primi 30. Sul finale di Magico Vento (che ho finito di leggere e che ho apprezzato molto poco) io credo che sia un insieme di fattori. Il passaggio alle 132 pagine non giova secondo me alla serie. Manfredi non si abitua subito alla nuova dimensione e ci mette qualche numero per ingranare, ma secondo me le pagine restano troppe per il singolo episodio di MV e con la bimestralità le storie doppie vengono più difficili (ci sono, sì, ma è l'autore a renderle meno doppie- nel senso che spesso hanno una conclusione interna che lascia più o meno soddisfatti e alcune vicende riprendono nel numero successivo). Inoltre restano Barbati, Ramella e Perovic, ma tutti gli altri lasciano. Frisenda, Mastantuono e Milano passano a Tex (come poi farà Biglia), Parlov se ne va in America, Milazzo va per la sua strada, e di nuovi arriva solo Siniscalchi. Credo che Manfredi fosse deluso dalla cosa e anche per questa ragione decide di chiudere sperando che Shanghai Devil possa andare bene come Volto Nascosto e invece delude molto (anche noi lettori). Sul resto della produzione di Manfredi mi sono già espresso. Aggiungo solo alcune cose che mi sono tornate alla mente. Da Shanghai Devil in poi manca la supervisione di Queirolo sulle serie di Manfredi (lo dice forse in una intervista che ha riportato @Poe sul topic di MV in questo stesso forum che stava per andare in pensione) Per Adam Wild Manfredi stesso fece lo scouting dei disegnatori, trovando Lucchi, Laci e altri. Adam Wild è una serie che ci mette un sacco a ingranare. Le copertine erano le più respingenti della Bonelli, i personaggi, solo negli ultimi 5-6 numeri sembra che si fossero amalgamati e Amina è il personaggio più antipatico di Manfredi e della storia del fumetto. Le storie sembrano dei western ambientati in Africa. E Adam Wild vuole essere simpatico, ma ogni battuta che fa ride solo lui. Io credo che la mancata supervisione di Queirolo che, a conti fatti, metteva un freno a Manfredi (vedi la storia disegnata da Marcello -annunciato nel giornale SBE-, Il ragno e il coyote, che fu scartata al momento dell'uscita e recuperata per lo speciale, per non lasciarla in giacenza) si sia fatta sentire in una serie di scelte che non hanno premiato la serie. Però se fosse continuato per un'altra decina di numeri secondo me avrebbe ingranato. Certo la crisi e tutto, ma Dragonero, uscito solo due anni prima, macina ancora un sacco di pagine al mese. Mujiko e Coney Island non so come commentarle, così come anche l'Inquisitore, tutte storie acquistate per fiducia in Manfredi ma di dubbio gusto. L'inquisitore contiene anche una incongruenza storica bella grossa, i templari nel sedicesimo secolo, ad esempio. Cani sciolti è un memoir che parte in maniera interessante e si blocca al numero 3, quando i sessantottini vanno in vacanza. Anche qui credo che ci siano stati due problemi: il primo era la mancanza di un supervisore con cui discutere i soggetti e una foliazione ancora differente. Ho come l'impressione che Manfredi avesse bisogno di tempo per abituarsi ai propri personaggi per capire cosa avessero da dire (MV parte come un western Horror ma diventa altro e AW parte come un liberatore degli schiavi, ma sarebbe diventato altro) e al numero giusto di pagine per poter raccontare le storie dei suoi protagonisti. L'unica volta in cui non ho avuto quest'impressione è stata su Volto Nascosto, ma secondo me per una ragione diversa. Non era una serie infinita, come MV e AW, ma una storia in 14 capitoli che proseguiva di albo in albo e che quindi doveva portare subito al dunque. I personaggi respingenti o meno, restavano uguali a sé stessi e li si accettava all'interno della narrazione. Shanghai Devil aveva invece un numero di capitoli iniziali lentissimo, arriva in Cina, impara il cinese, va a salvare la ragazza sensibile... Tanto che la rivolta dei boxer comincia intorno al numero 8 o 9, mentre prima apparecchia la tavola. Vabbè, smetto di tediarvi4 points
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Poiché da Nizzi ormai non mi aspetto più nulla, le mie basse aspettative mi hanno fatto apprezzare questo suo congedo dalla regolare (se così sarà), anche se indubbiamente ad incrementare la mia soglia di gradimento hanno contribuito dei disegni che mi sono piaciuti tantissimo, richiamando questi l'ariosita' e il dinamismo del primo e secondo Ticci. Buoni dialoghi, scoppiettanti battute, sceneggiatura tutto sommato incalzante, anche se un po' diluita soprattutto nel secondo albo, hanno adempiuto al minimo sindacale che si chiede ad un albo di Tex: intrattenere senza annoiare. Lo so che non è questo che si dovrebbe chiedere a un fumetto: la lettura di un albo dovrebbe appagarci, farci sentire soddisfatti, oppure esaltarci, emozionarci. Ma dopo mesi in cui Tex è stato calato in vicende poco western e con dialoghi poco brillanti, questo ritorno a atmosfere d'antan e alle punzecchiature tra i due pards in cui Nizzi è un maestro mi ha dato un po' di ossigeno, e mi ci sono pure divertito. Poi, certo, Carson che arriva al forte giusto in tempo per finalizzare la recita texiana davanti al comandante o Nahomi che attende Stanley fuori dal forte per illuminazione divina fanno sorridere, tanto è evidente il totale disimpegno con cui queste scelte narrative sono state fatte. Ma tant'è, questo ha passato il convento: ci ho passato una buona ventina di minuti (troppo pochi, lo so)? Me li faccio andar bene, anche e soprattutto grazie a Bruzzo. Ho ritrovato, qua e là, scampoli del Nizzi che ho amato negli anni ottanta, di quell'autore che mi fece avvicinare alla testata da bambino, con quelle sue battute e quei suoi momenti coloriti tra i due pards. L'avessi letta negli anni duemila, avrei chiuso l'albo infastidito, come mi succedeva quando leggevo il nome di Nizzi dopo un capolavoro boselliano. Oggi, dopo le tante prove non di mio gusto per temi e ambientazione, assaporo le vignette e i dialoghi come rigustando un sapore antico, una madeleine texiana. E scusate se è poco.4 points
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Ma sì dai, una storia inoffensiva alla fine. Il tutto è narrato in modo talmente "fanciullesco" che mi sono immaginato di leggere un fumetto western per ragazzi degli anni 50. Peccato che Tex in quegli anni rappresentasse proprio l'eccezione a quell'ingenuità, almeno come stile e toni, e che comunque fumetti come Capitan Miki o il Grande Blek erano scritti infinitamente meglio. Alla fine è Bruzzo che, chissà quanto consapevolmente, ci mette il tocco curioso, caratterizzando l'indianina quasi come una sexi-eroina di un fumetto degli anni 70, naturalmente dalle "potenzialità inespresse" in una storia di Tex. Ma che l'unico personaggo vagamente interessante della storia sia caratterizzato in chiave quasi trash almeno rende più giocoso il trash, quello sì del tutto involontario, dei copia-incolla alla carlona da altre storie di Nizzi. Oltre ad un'altra copertina di Villa anonima e generica, anteprima della prossima storia perplimente. Ancora false accuse, amori contrastati e innocenti in fuga?4 points
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In realtà Tex, sotto questo aspetto, non è cambiato col passare degli anni. GLBonelli alternava storie con indiani brutti e cattivi ad altre con indiani vittime dell’avidità, dei soprusi e del razzismo dei bianchi. Ed è ancora così. Basta vedere l’ultima storia di Rauch in edicola sul Magazine: Tex deve vedersela con una banda di predoni comanche che hanno rapito una ragazza bianca che, dopo dieci anni vissuti con loro, non vede l’ora di fuggire il più lontano possibile. Nessun politicamente corretto o idealizzazione, mi sembra. Nelle storie scritte da Nizzi, Boselli, Faraci, Manfredi, Rauch e Giusfredi non si sono mai visti "angelici" indiani "puri e innocenti". Di feroci predoni o di teste calde apaches in cerca di gloria e bottino è piena la serie. Mi sembra una polemica fuori bersaglio, almeno per quanto riguarda Tex.3 points
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Talento poliedrico è dir poco. Passava dai fumetti western-horror di "Magico Vento" alla serie Tv "Colletti bianchi". Da romanzi come "Ultimi vampiri" a dischi come "Zombie di tutto il mondo unitevi". Da attore in "Abbronzatissimi 2" a saggi come "C'era una volta il popolo: storia della cultura popolare" o a "Gordon link". Dall'antimperialismo di "Volto nascosto" alla sceneggiatura del film "Liquirizia". Come dicevo, mi è capitato di leggere due anni fa il suo libro di saggistica "A qualcuno piace scorretto: per una storia delle provocazioni letterarie (1851-1869)", pubblicato nel 2022, un libro molto bello, molto colto, che analizza in 30 capitoli, con piglio da critico letterario esperto ma allo stesso tempo divulgativo, 30 romanzi di successo che hanno trasgredito le regole del loro genere letterario e/o dei valori dominanti nell'epoca in cui furono scritti: si va da romanzi famosi come "Il signore delle mosche" di Golding a "Mattatoio n. 5" di Vonnegut, da "Il pasto nudo" di Burroughs a "Il mondo nuovo" di Huxley, a "Il buio oltre la siepe" di Harper Lee, ecc. ecc. a romanzi un po' meno noti come "Il cacciatore di scalpi" di Reid, a "Il tallone di ferro" di Jack London, a "La giungla" di Upton Sinclair a "I 500 milioni della Begum" di Jules Verne, ecc. Tutte opere che servono anche a riflettere sul concetto di "politicamente corretto" e "politicamente scorretto" e su come a volte, per paradosso, la scorrettezza iniziale possa trasformarsi in "forma estrema della correttezza". E' un libro che fa venir voglia di leggere altri libri... In particolare a me ha fatto venir voglia di leggere - non lo conoscevo - "La giungla" di Upton Sinclair, un romanzo del 1906 che descrive la "giungla" del quartiere dei macelli di Chicago (sembra la Chicago di Hogan in Magico Vento ) dove lavoratori sottopagati conducevano una vita ben poco allegra... Leggo su Wikipedia che Gianfranco Manfredi era laureato in filosofia con una tesi su Rousseau e per qualche tempo ha lavorato per l'Istituto di Storia della Filosofia. Davvero poliedrico...3 points
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L'abilità di un grande narratore va riscontrata pure nella capacità di scrivere scene che colpiscono il lettore e rimangono nell'immaginario collettivo e sotto questo aspetto il celebre Gian Luigi Bonelli aveva talento da vendere. Prendiamo in esempio questa storia; sebbene la brevità e l'oggettiva valutazione che non sia una delle sue migliori, ma di sequenze memorabili l'autore ce ne dona a iosa. Già nell'incipit, il rinvenimento nel deserto del povero informatore indiano, letteralmente spolpato dalle formiche rosse ha il suo macabro fascino. Non pago, Bonelli ci delizia con la splendida Esmeralda intenta a far il bagno in una sorta di piscina pullulante di minacciosi alligatori. Una miscela perfetta di sex appeal, mistero e sensazioni. Ma non finisce certo qui: per la prima volta appare sulla saga l'interessantissima figura del Morisco, con la sua casa atipica, le teche con esemplari d'insetti e rettili velenosi, l'inquietante Eusebio che si presenta ai nostri con un grosso coltello in mano e il suo aspetto di tetro menagramo, l'eleganza e la sapienza del dotto Morisco, simpatico fin dalla prima vignetta e destinato a diventare un amico ricorrente fidato e importante. Ulteriore scena geniale è quella in cui Tex prova i famigerati funghi sacri e la sua mente si smarrisce nei turbini delle allucinazioni, con tanto di mostri preistorici, centauri in azione con archi e frecce, templi aztechi, globi luminosi e il ghigno di Mefisto, in quella che anche Morisco asserisce, è una sorta di premonizione al suo imminente ritorno nella famosa storia con Padma. Già basterebbe solo questo per rimanere soddisfatti della storia, resa graficamente in maniera impeccabile da un Letteri sempre più a suo agio con l'universo di Aquila della Notte. Ma oltre alle singole scene, l'episodio si fa apprezzare pure per la buona struttura e l'idea di base. Chiamati a indagare per la strana tendenza dei Comanches in rivolta di razziare il bestiame, Tex e Carson scoprono un traffico aldilà del confine, fra i predoni rossi e una banda di banditi messicani agli ordini del'ineffabile Fidel Romulio. Il comanchero conosce l'accesso a una valle in cui nascono dei strani funghi dagli straordinari effetti allucinogeni che fornisce alla bella Esmeralda e i suoi Aztechi in cambio del bestiame razziato dai Comanches di Tonito. Fidel vorrebbe pure sposare la splendida donna, più per interesse che per altro, visto che mira al possesso del faraonico tesoro stipato nei sotterranei del tempio situato nella Valle dell'Hueso. Dopo aver rischiato la vita molte volte, con l'aiuto di alcuni allevatori amici e delle Giacche Blu in un drammatico assedio del ranch, Tex e Carson vengono indirizzati a Pilares e dal Morisco ottengono chiarimenti fondamentali per svelare l'arcano. A voler essere pignoli (ho notato che in tanti lo hanno fatto prima di me), bisogna dire che gli aiuti esterni stavolta sono un tantino troppi ma nel complesso della storia si accettano e bisogna riconoscere che le sparatorie con i Comanches e l'assedio al ranch sono scritte in maniera impeccabile da Bonelli, che sfrutta appieno pure la grande abilità di Letteri ai pennelli. La cupidigia di Fidel lo porterà a tradire la gente di Esmeralda e perire miseramente nel sotterraneo del tesoro, gli stessi Aztechi verranno spazzati da banditi messicani assoldati da Romulio e ai nostri non rimane che fare da spettatori (altra scelta narrativa alquanto discutibile) La bella e sfortunata Esmeralda morirà fra le braccia di Tex e il suo ultimo desiderio di essere seppellita nel tempio, verrà esaudito dai nostri. Da notare come la storia possa essere considerata un prequel del capolavoro che Bonelli scriverà qualche anno dopo, ovvero "Diablero". Di fatti, oltre alla stessa collocazione geografica, anche Mitla userà i funghi sacri per far trasformare il suo Guaimas e tornerà nuovamente il Morisco ad affiancare i nostri. A pensarci bene Esmeralda rimane avvolta da un alone di mistero come Mitla, e reputo che sia una grande trovata dell'autore, che così rende ancora più affascinanti e memorabili le due splendide creature (Letteri è bravissimo a rappresentarle con un fascino che buca la pagina). Spero che nessuno degli sceneggiatori attuali si faccia mai venire l'idea di scrivere un ipotetico seguito in cui scopriamo che le due donne erano sorrellastre. Ovviamente sono ironico, anzi la smetto subito per non fornire strane idee bizzarre. Scherzi a parte, ho trovato l'episodio davvero molto piacevole e valevole, anche al netto del difettuccio dei nostri meno incisivi e decisivi come altre situazioni simili, ma nel complesso questa consapevolezza non ha affatto rovinato la mia lettura. Che dire di Letteri: il suo ingaggio fu davvero provvidenziale per la saga. Oltre a saper rendere in maniera splendida le figure femminili come Esmeralda, il compianto disegnatore romano sfodera una sequenza di tavole davvero molto dinamiche e ad effetto con Comanches in assalto, mandrie lanciate nella prateria, ranch assediati, templi misteriosi con sotterranei pittoreschi ed arcani, per non dimenticare il fatto che proprio dalle sue matite nascono personaggi importanti come il Morisco ed Eusebio, che bissano Nat Mc Kenneth della precedente prova. Come già fatto notare, ancora qualche lieve imprecisione nei primi piani dei nostri si riscontra fra le pagine, ma il suo stile pulito ed elegante e la sua immensa duttilità si fanno largo alla grande nelle sue prove. Storie come questa o "Diablero" devono molto ai suoi disegni e bisogna riconoscere che anche il suo contributo fu fondamentale in termine di quantità e qualità nel costituire le fondamenta del periodo d'oro della testata. Il mio voto finale è 83 points
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I miei quattro centesmi sull'opera di Manfredi. Gordon Link: curioso che il poi il fumettisticamente serissimo Manfredi esordisse con una serie goliardica e trash come Gordon Link. E' la sua variante di Dylan Dog in cui mescolava Ghostbusters e Twin Peaks, sempre pericolosamente in bilico tra l'arguzia di un John Landis e lo svacco alla fratelli Vanzina. Comunque una perfetta capsula del tempo dei primissimi anni 90. Magico Vento: il suo capolavoro, dal primo all'ultimo numero. E' vero che i primi numeri non erano o non sembravano a fuoco, ma riletti una volta dipanatosi l'affresco storico/ucronico dell'intero serie per me sono comunque un gran leggere. Anzi, ci trovo una freschezza avventurosa che in seguito Manfredi un po' sacrificherà alle ambizioni romanzesche. Volto Nascosto: un grande romanzo storico avventuroso come quelli che venivano pubblicati all'epoca in cui è ambientata la storia. Shanghai Devil: forse un pelo troppo lungo, è vero, ma per me per nulla inferiore a Volto Nascosto, anzi con una parte finale ben più sentita ed emozionante. Adam Wild: sottovalutatissima, è la sua serie pulp più divertita. Soprattutto nei primi numeri Adam Wild sembra il Tex delle prime strisce al quadrato, ancora più violento, giustiziere e gustosamente stronzo. Coney Island: un altro intrigante romanzo a fumetti che riprende toni e modi di romanzi, film, fumetti e sceneggiati radiofonici degli anni che mette in scena. Per me sempre tra l'ottimo e il molto buono su Tex, con il capolavoro "Sei divise nella polvere": ammetto però che sono uno di quelli per cui i "sacri canoni texiani" ogni tanto possono tranquillamente andare a farsi un giro. Dylan Dog: in "omaggio" tra ieri sera e oggi ho riletto i suoi 7 albi per il menisile. Storie che ricordavo gradevoli e ovviamente ben scritte, ma troppo razionali e lineari, che legavo a un periodo di normalizzazione del personaggio. A rileggerle ora sono molto divertenti e intriganti pur non diventando dei capolavori, ma hanno una solidità, una scorrevolezza e una densità di scrittura che oggi sembrano mediamente perse nel fumetto italiano. Le sue storie per Nick Raider per me si perdono nelle nebbie della memoria come tutta la serie. Saranno state in linea con il buon livello dell'intera serie.3 points
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Sì, ma... a storia finita. Nel senso che Volto Nascosto è la storia dell'incontro e dello scontro tra tre persone, fra Roma e l'Africa, e di una maschera (il volto nascosto) portata da più persone diverse. La storia si conclude chiudendo tutti i fili, senza possibilità di seguiti. La maschera rimane alla fine ad uno dei personaggi principali superstiti. Shangai Devil prende quel personaggio e lo porta in Cina, con la maschera, ma la maschera non ha più alcuna funzione e alcun significato, sradicata dal suo contesto: è una maschera come qualunque altra. Non è "le nuove avventure di Volto Nascosto". Volto Nascosto è morto. È "guardate cosa fa questo tizio anni dopo dall'altra parte del mondo con questa maschera abbandonata che non usava più nessuno" In realtà Shangai Devil è la storia della rivolta dei boxer in Cina, e per raccontarla Manfredi utilizza come testimone degli eventi un suo vecchio personaggio preso da una storia precedente, come poteva prendere chiunque altro. Ma mentre in Volto Nascosto la persona dietro la maschera (che non era la stessa di Shangai Devil) era decisivo per le sorti della guerra e c'erano storie private altrettanto importanti, Shangai Devil perde tutti i personaggi meno uno, che diventa un mero testimone di un racconto storico. Sono due storie diverse che non hanno nemmeno gli stessi protagonisti, visto che xxxxxxxx in Shangai Devil non è un protagonista.3 points
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1991/1993 - Gordon Link: 14 albi (su 22) e 2 speciali 1994/1999 - Dylan Dog: 7 albi, 1 speciale, 4 storie per il Gigante e 2 storie per il Maxi 1996/1998 - Nick Raider: 17 albi e 2 almanacchi del Giallo 1997/2010 - Magico Vento: 123 albi (su 130), 1 Speciale e due miniserie da 4 e 3 numeri 2005/2022 - Tex: 10 albi, 2 Texoni, 2 color, 1 "cartonato" e 3 storie per il Maxi 2007/2008 - Volto Nascosto: 14 albi 2011/2013 - Shanghai Devil: 18 albi 2014/2016 - Adam Wild: 26 albi 2015 - Coney Island: miniserie da 3 albi 2017/2021 - "Le Storie": Mugiko, n.59, e L'inquisitore, speciali n. 5 e 8 2018/2019 - Cani sciolti: 14 albi 2022 - O procurador / Il Procuratore: graphic novel A parte i due speciali delle Storie credo di aver letto praticamente tutto quello che ha scritto per il fumetto.3 points
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Il gusto è personale e quindi può essere orrido senza alcun limite (ormai la pacchianeria regna incontrastata), e si può tranquillamente preferire la Trap a Battiato o Battisti, tutti i gusti son gusti. Ma per fortuna, la qualità invece è oggettiva e non dipende dai gusti della maggioranza, la Divina Commedia sarà sempre meglio di Tony Effe. Che le orride colorazioni attuali coprano i disegni falsandone l'effetto è oggettivo. Che sembrano date da un branco di daltonici infoiati con fotoshop è oggettivo. Che piacciano al "gusto" attuale purtroppo è altrettanto oggettivo. Ma chi chiede un consiglio A ME riceve il mio consiglio basato sulle mie valutazioni, non su "quello che piace oggi"...3 points
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L'interazione tra personaggi reali e immaginari, rispettando allo stesso tempo la Storia, non è facile, ma è fattibile. Nella storia qui sotto, ad esempio, Bill Adams (personaggio immaginario) non funge da co-protagonista, ma da protagonista principale, nonostante il fumetto sia dedicato a Jesse James: Ciò premesso, il racconto di Boselli mi è sembrato preciso ed accurato, ma anche freddo e cronachistico.3 points
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Non solo nei film d'azione. A sinistra: quando gli Apache sparano a Tex e Carson. A destra: quando Tex e Carson sparano agli Apache.3 points
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Una storia breve ma intensa: non comincia con Tex come ci si aspetterebbe, ma con un tizio sconosciuto inseguito dagli indiani di Plateado ("argentato", perchè ha i capelli bianchi. Forse Kit Carson, "capelli d'argento" è chiamato nell'originale "Cabello plateado"...). Il disgraziato viene sepolto nella terra, tranne la testa, e viene dato in pasto alle formiche rosse. E la storia inizia così, col botto. Solo dopo compaiono Tex e Carson, al forte, quando vengono a sapere della morte del poveraccio e della sua identità: Sam Flatter, cercatore d'oro. Tex e Kit devono trovare la moglie e la figlia, malata, di Flatter, e salvarle, perchè forse sono nelle mani degli indiani. Da lì inizia la storia: motivazioni forti, situazioni pericolose, 81 pagine che si leggono tutte d'un fiato. Si capisce bene perchè fu scelto come storia per il "Diario arancione di Tex" del 1964 (quindi quando era ancora stato stampato in formato libretto: la stampa sul gigante fu realizzata nel 1967, tre anni dopo). Tex aiuta la vedova di Flatter e la figlia, che è ancora convalescente: la donna agisce da donna del west. Infatti, prima punta il fucile su Tex, ignorando chi sia, e, dopo che le cose sono chiarite, accetta la pistola del ranger, dicendo chiaro che gli indiani non l'avranno viva. Il sottinteso qui è ben crudo, e adesso non si fa più perchè non è politicamente corretto. Infatti, adesso gli indiani (pardon, nativi americani) sono visti come dei puri angeli che parlano sempre con alate e nobili parole e camminano in mezzo agli sporchi e ottusi diavoli bianchi. Tipo "Balla coi lupi". Invece, in questa storia, ben più aderente alla realtà, gli indiani semplicemente l'avrebbero violentata a morte, sia lei che la figlia. E quella pistola che porta significa che lei avrebbe prima ammazzato la figlia e poi si sarebbe suicidata. Alla faccia degli indiani "puri e innocenti". L'idea che le storie di Tex di Gianluigi Bonelli avessero poche donne è sbagliata: molte volte invece appaiono delle donne come questa, senza nome, ma assai carismatiche e decise. Senza dare alcuno spazio alle svenevolezze che si vogliono mettere adesso: un western non ne ha bisogno. Ogni storia western è uno scontro contro la morte: non c'è spazio quindi per cose simili. Tutta la banda di Plateado è vista - giustamente - come una banda di predoni. Ma adesso che gli indiani sono tutti buoni e in pace coi bianchi, queste scene di tensione ce le possiamo scordare. Tex sfida apertamente Plateado, dicendo a uno dei suoi che "Aquila della Notte è sul sentiero di guerra, e il suo coltello ha sete di sangue Apache". Altri tempi. C'è anche il momento topico, quello che fa solo il Tex di GL Bonelli: quello in cui dice "Ecco il piano che ho in mente..." Il piano non viene rivelato e il lettore lo scoprirà a poco a poco che si sviluppa la storia, riconoscendo alla fine che è un ottimo piano. Dov'è finito il Tex intelligente di allora? Gli scontri sono sempre al cardiopalma: per esempio, compaiono all'improvviso due indiani mentre Kit segue le tracce degli altri indiani che lo porteranno al rifugio di Palteado. Quindi lui deve sparargli e scappare, perchè ormai tutta la tribù lo inseguirà. Tex e Kit usano dei candelotti di dinamite piazzati e ai quali sparano per rallentare l'avanzata della banda di Plateado: è da notare che gli indiani non rallentano mai, nonostante tutto, tranne quando i due piazzano l'ultima carica. E anche qui, avranno solo un pò di tempo guadagnato. Insomma, non è una passeggiata. Non sono su una diligenza circondata dai banditi dove loro fanno solo pum pum e li sistemano tutti, facendo fatica a non sbadigliare mentre lo fanno. Qui c'è tensione vera. Plateado è una comparsa, non tornerà più e morirà alla fine della storia, anzi muore alla svelta, fuori campo, davanti alla carica a sorpresa dei soldati (e anche questo faceva parte del piano di Tex). Davanti a queste cose, si parla spesso del "finale troppo rapido". Ma a GL Bonelli non interessava fare uno scontro culminante tra Plateado e Tex, magari con un classico duello all'ultimo sangue. Era quello che tutti magari si sarebbero aspettati. Ma al Gianluigi interessava la tensione della storia, non lo scontro finale col cattivissimo, cosa fin troppo prevedibile. In questa storia si vede bene la mano di Gamba, oltre a quella di Galep. Citando Diablero: "Chiaramente i disegni non sono del solo Galep (anche se Wikipedia sostiene che lo siano: questo è un caso in cui credo più ai miei occhi che non a Wikipedia). All'epoca, si faceva aiutare spesso da Gamba, che però quando inchiostrava era ben riconoscibile. Qui si fa più fatica a capire chi ha collaborato (e ammetto di non essere mai stato un grande esperto nel riconoscere le varie "mani", non vorrei dire boiate ma mi sembra un inchiostrazione galleppiniana su matite di altri. Basta vedere il colonnello nella prima striscia di pagina 105, galleppiniano, ma deforme nelle proporzioni, o la faccia di Tex in fondo nella stessa pagina." Una cosa però vorrei chiedere a Diablero. Lui ha scritto: P.S.: come mai la storia qui è intitolata "El Plateado"? Su Wikipedia è indicata come "Fort Apache", ed è composta da tre strisce pubblicate nell'ottobre 1965 intitolate: Forte Apache In corsa con la morte Il grande agguato Capisco il non voler usare "Fort Apache" già usato per il numero 100 (anche se io avrei chiamato "Fort Apache" questa e "SuperTex" il numero 100), ma perchè non utilizzare uno degli altri due titoli? "In corsa con la morte" in particolare descrive bene la storia... Forse hanno scelto su questo forum il titolo "Plateado" così da far ricordare subito che storia fosse. Ma, a parte questo, c'è una cosa che non mi torna. Hai detto che le tre strisce di Tex sono state pubblicate nell'Ottobre del 1965. Ebbene, il "Diario arancione di Tex" è stato pubblicato nel 1964, quindi un anno prima. Allora hanno pubblicato per la prima volta questa storia nel diario anzichè nelle strisce?2 points
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Chiaramente i disegni non sono del solo Galep (anche se wikipedia sostiene che lo siano, questo è un caso in cui credo più ai miei occhi che non a wikipedia). All'epoca si faceva aiutare spesso da Gamba, che però quando inchiostrava era ben riconoscibile, qui si fa più fatica a capire chi ha collaborato (e ammetto di non essere mai stato un grande esperto nel riconoscere le varie "mani", non vorrei dire boiate ma mi sembra un inchiostrazione galleppiniana su matite di altri (basta vedere il colonnello nella prima striscia di pagina 105, galleppiniano ma deforme nelle proporzioni, o la faccia di Tex in fondo nella stessa pagina. Era il periodo in cui la produzione era quasi triplicata (da 32 a 80 strisce settimanali), stavano arrivando anche altri autori a dare man forte a Galep ma per il momento erano arrivati solo Letteri e Muzzi (il primo veloce ma appena arrivato, il secondo lentissimo), Nicolò aveva fatto un tentativo ma era tornato alla Universo prima del suo definitivo ritorno nel 1969 e Ticci doveva ancora arrivare... e Galep si arrangiava come poteva, in molte storie di quel periodo di Galep c'è davvero poco e si fa fatica a capire davvero quante mani sono intervenute (quello è il periodo circa in cui fu tentato anche Tarquinio, con la storia interrotta pubblicata recentemente in volume) Detto questo, questa breve storia mi è sempre piaciuta. La brevità non la rende un mero "riempitivo" come si vede oggi con autori "cinematografici" che in 81 pagine ti fanno quattro scene con pagine e pagine di personaggi che parlano e disegni che mostrano tutte le sequenze: qui in 81 pagine abbiamo una vicenda drammatica e compiuta, dall'uccisione del cercatore d'oro all'intervento di Tex e Carson fino alla disfatta degli Apaches. Dovrebbero mandarla a tutti quelli che fanno fatica a far stare una storia in un albo con un bigliettino "si fa così"... E poi vedere Tex che trolla per gran parte di quelle pagine gli apaches, deridendoli apertamente per farli arrabbiare abbandonando ogni prudenza, non ha prezzo... "plateado, lo vuoi ancora il mio scalpo?" P.S.: come mai la storia qui è intitolata "El Plateado"? Su Wikipedia è indicata come "Fort Apache", ed è composta da tre strisce pubblicate nell'ottobre 1965 intitolate: Forte Apache In corsa con la morte Il grande agguato Capisco il non voler usare "Fort Apache" già usato per il numero 100 (anche se io avrei chiamato "Fort Apache" questa e "SuperTex" il numero 100), ma perchè non utilizzare uno degli altri due titoli? "In corsa con la morte" in particolare descrive bene la storia...2 points
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Nel ricordo di Luca Crovi sul sito SBE c'è il link al servizio digitale delle Biblioteche Lombarde, da dove è liberamente scaricabile il romanzo storico-horror "Magia Rossa" sia nello standard aperto (ePub) che nel vecchio formato proprietario kindle (mobi). Se vi fosse sfuggito lo ripropongo qui sotto. https://milano.medialibrary.it/media/scheda.aspx?id=850636211&source=ebook_mlol_carousel2 points
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@Diablero il giornale di SBE, in coda al numero 3 (o al numero 4 di MV) parla di 180mila copie. Manfredi, nell'intervento di @Poe a pagina due di questo topic confermava (170 o 180), ma in quel periodo anche il numero 1 di Napoleone (la serie migliore della Bonelli di quegli anni, per scrittura- secondo me) vendette 130mila copie (credo fosse scritto sulla quarta del numero 3 dello stesso Nap). Detto questo se per arrivare a mettere a fuoco la serie ci metti un po', e siamo abbastanza concordi (più o meno tutti) che il botto arriva con il numero 16, mi sembra normale che un po' di lettori li perdi per strada. Noto che sulle altre serie scritte da Manfredi siamo più o meno d'accordo. Volto Nascosto è un grande affresco, molto interessante che sorprende e spiazza, ma il resto lascia un po' a desiderare. Credo che il grosso problema delle miniserie Bonelli, sia stato il successo di Brad Barron che ha convinto tutti che gli episodi singoli, fossero quelli consigliabili per miniserie da 15-16 episodi, invece di storie compatte che potessero sorprendere il lettore. Dopotutto i primi albi di Shanghai Devil hanno lo stesso tipo di narrazione degli episodi singoli (addirittura tra il numero 2 e il numero 3- mi sembra passi un anno). Altre informazioni sparse. @borden da qualche parte in questo stesso forum dichiarò che DYD arrivò a vendere 470mila copie (per pochi mesi- secondo me tra il numero 70 e il numero 80 - credo che in tutte le scuole si sia letto, sotto i banchi il lungo addio e credo che il numero 100 di Dyd sia stato uno dei numeri più venduti, perché tutti lo volevano comprare per rivenderselo a peso d'oro negli anni successivi), che poi, assieme alle varie ristampe superava il milione. Sulle altre vendite non mi pronuncio, ma credo che Nathan Never sia rimasto stabile, per un bel po' di anni. Credo almeno i primi 10 anni. OFF TOPIC Tra i primi 10 albi di Dylan Dog, secondo me ci sono almeno due chicche non indifferenti. Gli Uccisori e La bellezza del Demonio. La bellezza del demonio porta tutti i semi che poi diventeranno il vero DYD di Sclavi. I personaggi sconfitti, il tizio con la mamma cicciona, Larry Varedo (hai una cicca ragazzo?), Mala, il giovane ispettore Bloch, il bellissimo racconto in prima persona che apre la storia con l'impiccagione e una copertina di Villa meravigliosa.2 points
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Ricordo che nel 2016 mi stavo riavvicinando ai fumetti e avevo ripreso a comprare Tex, cercando nel contempo anche altre serie...una mattina al mercatino dell'usato trovo "La grande Visione"...dopo un albo del genere non ho potuto fare altro che recuperli tutti! Magico Vento gran bella serie però sono d'accordo che chiuso il ciclo delle Black Hills sia andata in calando. Anche nei primi cento numeri c'è qualche albo singolo non eccezionale, com'è del resto normale, però se penso alle storie post Cavallo Pazzo non ne ricordo nessuna come particolarmente brillante. Ne il ritorno di Aiwass, ne la caccia ad Hogan, che proprio mi aveva annoiato, ne altre. Generalmente buone storie, si, ma con un livello medio distante da quello del primo centinaio. Con il trasferimento nel sudovest come dice Magic Wind si ha un parziale cambio di registro che ravviva un pò qualche numero, ma si arriva comunque un po' stancamente al finale. Ho intenzione di rileggerla tutta, prima o poi, e sono stato contento di ritrovare il personaggio ed il suo mondo nella nuova miniserie, e oltre che per i famigliari, spiace non avere più la possibilità di leggere un vero finale per quest'ultima. Su Tex di suo ho letto le storie per la regolare e i Texoni. Su tutte spicca "Verso L'oregon", buone sei divise nella polvere e la grande sete, particolare e un po' grottesca oro nero, che comunue ho apprezzato, le altre discrete ma qualcuna anche sconclusionata, se penso alla seconda parte de La banda dei serpenti. Comunue un ottimo autore per quello che ho letto.2 points
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Anch'io mi ricordo la maggior parte dei numeri di "Magico Vento". Per un semplice motivo, che ogni tanto me li rileggo. Come faccio anche con Tex o con altri fumetti (anche perché di nuovi che mi interessino oggi ce ne sono pochi). E le riletture sono, di solito, anche più piacevoli... Sono abbastanza d'accordo con Geronimo nel giudizio generale sulla serie: comincia a ingranare con il n. 16 "La grande visione" disegnata da Parlov, anche se questo non significa che prima non ci siano alcune perle (per esempio il n. 4 "Lady Charity" e il n. 12 "Cielo di Piombo" coi disegni di Ortiz, il n. 8 "Windigo" con un Frisenda eccezionale, una delle mie storie preferite), solo che all'inizio non si capisce bene dove la serie stia andando, alternando mostri vari a storie western-magiche non ancora ben a fuoco, in alcuni momenti quasi fantasy. Dopo il n. 16 Manfredi riesce a trovare il filo della narrazione e comincia a collezionare una serie di storie in continuity che vanno via via migliorando: il n. 19 "La mano sinistra del diavolo" (capolavoro secondo me, con disegni di Frisenda), il n. 24 "L'uomo senza volto", ancora Frisenda, il n. 30 "Shado" con l'arrivo di Milazzo, il n. 32 "L'incendio di Chicago" di Barbati/Ramella, il n. 33 "Il ladro di bisonti" di Parlov, i n. 37-38 "La via oscura"/"Sipario nero" di Parlov + Frisenda. Tutte storie che approfondiscono il rapporto con Hogan e la Volta Nera, introducendo personaggi fondamentali come Dick Carr e Norma Snow e allo stesso tempo sviluppano il discorso sula vita nella tribù dei Lakota, facendone conoscere usi e costumi e protagonisti. Poi ci sono un sacco di splendidi fill-in, storie slegate dalla continuity che però non sono assolutamente riempitivi, anzi sorprendono quasi sempre per l'originalità dei soggetti: il n. 50 "Fango" di Ramella (su un ragazzino lakota che vuole diventare un campione nella corsa), il n. 60 "Minuti contati" di Barbati/di Vincenzo (su una cittadina abitata da emigranti svizzeri ossessionata dagli orologi), il n. 67 "Freedom" (su un'insolita e ambigua comunità libertaria), n. 69-70 "Cento fucili" / "Pista senza ritorno" di Milazzo, il n. 73 "La montagna degli specchi" di Barbati (su quattro vecchi indiani che devono valicare una montagna), il n. 76 "I totem" di Parlov (dei tagliaboschi che risvegliano antichi spiriti), il n. 95 "Agorafobia" di Barbati/Di Vincenzo (sulla poetessa Emily Dickinson e le sue fobie), ecc. ecc. O semplicemente ottime storie western "normali": n. 49 "Il regolatore" di Barbati, n. 63 "La banda degli innocenti" di Ramella, n. 92 "La carica dei bisonti" di Biglia /Talami. L'apice della serie poi si raggiunge con il ciclo della guerra di Toro Seduto, Cavallo Pazzo e Custer dal n. 97 al 101, preceduto da altre perle come il n. 91 "I misteri di New York" di Frisenda (con il ritorno di Norma Snow) o il n. 89 "Il giorno dei cani pazzi" di Parlov (il matrimonio di Rifiuta-di-smettere). Il n. 101 "Bandiera bianca" di Biglia/Talami sull'epilogo di Cavallo Pazzo è un altro capolavoro. Dopo, a mio parere, dal 102 fino al n. 130 (+ 1 speciale) la serie va in calando, e cominciano anche le storie deludenti. Hogan, Aiwass e gli Antichi stufano, i disegni peggiorano e Manfredi sembra aver perso il suo tocco magico, forse anche distratto da "Volto nascosto", che scrive in quegli anni. Non sono storie da buttare, tutt'altro, ma non hanno lo stesso spirito, la stessa fantasia né il giusto equilibrio tra western e fantastico delle precedenti. Le migliori dell'ultimo periodo per me sono: il n. 108-109 "L'esilio" / "La pista dei fuorilegge" di Biglia/Talami + Barbati/Volante (su Toro seduto in esilio in Canada) e il n. 113-114 "L'ora dei vigliacchi" / "Il segreto e la colpa" di Biglia + Barbati /Spadoni (ambientata a Deadwood). Ma anche queste storie in 2 albi sono penalizzate dall' avere disegnatori diversi. Una bella cosa che potrebbe fare quest'anno la Bonelli è ristampare in un brossurato in b/n alcune delle migliori storie di Magico Vento (per es. quelle disegnate da Parlov di argomento indiano lakota). Oppure anche ristampare "Volto Nascosto" (il tema del colonialismo e del rapporto con l'Africa è sempre attuale!) negli originali 14 albi mensili. Sicuramente non venderebbe 65.000 copie come nel 2007-2008, ma magari neanche così poco... A proposito dei motivi della chiusura di Magico Vento (ricopio quello già postato nel 2023 nel topic apposito): Gianfranco Manfredi: [...] "tra i molti motivi che mi portarono a questa scelta, il principale era che avevo cominciato un’altra serie (Volto Nascosto), gestirne due scrivendo da solo era complicato. Riguardo al presunto flop che alcuni adducono, dopo la sua chiusura, Magico Vento venne pubblicato in più di una dozzina di paesi tra i quali Turchia, India (vicino a Calcutta) e negli stessi USA cosa mai capitata prima a un fumetto western italiano. Ancora percepisco diritti d’autore da queste edizioni estere. Fossero tutti così i flop… Il primo numero di MV vendette tra 170.000 e 180.000 copie. Il numero 131, quando la serie si interruppe, vendette circa 40.000 copie e questo spiega perché la casa editrice mi chieda di scrivere nuove avventure del nostro sciamano preferito. Il fatto che la Bonelli abbia chiesto di realizzare nuovi episodi è la dimostrazione che fu un errore chiudere la serie. Errore mio (per stanchezza) ed errore di Marcheselli che era allora direttore di fatto e siccome Volto Nascosto vendeva 65.000 copie preferiva che io andassi avanti con quello. Poi pesarono anche altri motivi: i due disegnatori principali di MV, Frisenda e Parlov, non erano più disponibili, Milazzo era impegnato con altri progetti ed il resto dei disegnatori erano passati a Tex. La stanchezza non era solo mia. Infine il mio braccio destro Renato Queirolo, che aveva curato la serie stava andando in pensione."2 points
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Beh, se le altre serie fossero state del livello di Volto Nascosto, magari i lettori avrebbero avuto più fiducia a provare nuove serie... È incredibile per me vedere parlare di vendite e mercato e di crisi come se fossero TOTALMENTE INDIPENDENTI DAL VALORE DELLE STORIE. Come se gli autori fossero povere verginelle incolpevoli, sbatacchiati da una forza inarrestabile chiamata "crisi", che prende tutti alla stessa maniera. Capisco gli autori: è brutto accettare che i lettori si sono stufati DELLE TUE STORIE, e che per quello fuggono a frotte: è molto più consolatorio pensare che con chiunque altro sarebbe andata nella stessa maniera. Consolatorio e falso, visto che solo per fare un esempio Dylan Dog un tempo vendeva più di Tex e ora molto meno: se davvero gli autori non contassero nulla, vorrebbe dire che il western è un genere alla moda molto più dell'horror... Capisco, insomma, gli autori che non vogliono accettare colpe: non capisco i lettori che accettano questa cosa senza porsi domande. Perché è come dire "io, lettore, compro o non compro un fumetto in base a quello che mi dice una tizia chiamata "crisi", indipendentemente dal fatto che un fumetto mi piaccia o meno". Davvero tutti quelli che fanno questi discorso la sottoscriverebbero una simile dichiarazione? O lo pensando solo "degli altri"? Personalmente, ho perso man mano fiducia, e pazienza, con tanti autori Bonelli. Ciofeca dopo ciofeca, lungaggine dopo lungaggine, tamarrata respingente dopo tamarrata respingente, sono riusciti a cacciare via tanti lettori, e ad irritare chi rimaneva come me. Non mi meraviglia per nulla vedere questo calo, vista l'offerta: mi meraviglia che non l'abbiano prevista e messa in conto prima, a vedere quello che pubblicavano... Guardando la mia storia di lettore, vedo in generale un calo continuo di fiducia e pazienza. Ai tempi di Dylan Dog i primi numeri mi delusero parecchio, anche oggi mi sembrano davvero brutti, "citazionisti" fino al plagio smaccato (in un albo citato pari pari i dialoghi di Blade Runner, che era un film uscito da poco, citando parola per parola uno dei dialoghi più iconici, dando davvero l'impressione che pensassero che non se ne sarebbe accorto nessuno: ma si può?), ma ho continuato a prenderlo "sulla fiducia" per quasi un anno, fino alla svolta di "Attraverso lo Specchio" e al cambio di tono che lo portò al boom. E mi chiedo: oggi avrei preso tanti albi di una serie che non mi piaceva, sperando in un miglioramento? All'epoca era normale perchè in passato quella fiducia era stata premiata, nessuna serie Bonelli da Tex, Zagor fino a Ken Parker o Martin Mystere era mai partita subito col botto, ma tutte erano migliorate man mano con il tempo. Lo davo praticamente per scontato. Poi arrivarono Nathan Never e compagnia a farmi capire che non erano più quei tempi. Nathan Never l'ho preso per quasi 50 numeri prima di arrendermi all'evidenza, che non sarebbe mai migliorato, che sarebbe sempre rimasto così (o al limite peggiorato) Magico Vento anche all'inizio non mi faceva arrabbiare come i primi NN o Dylan Dog, quindi capisco perchè comunque l'ho letto tanto tempo prima che ingranasse sul serio. E non ero il solo. Il primo numero si dice vendette 200.000 copie. Tale era la fiducia che dava la Bonelli all'epoca (e aiutava anche il fatto che nella pubblicità evocava sia Tex che Dylan Dog...). Ma il pubblico Bonelli aveva già meno pazienza, calarono rapidamente, fino alle 40.000 citate prima. Non ho la memoria di ricordarmi i singoli episodi come fa Geronimo, mi ricordo i singoli Tex perchè li lessi quando ero bambino e mi leggevo un fumetto alla settimana e non c'era nulla in TV, facile così... quando uscì Magico Vento leggevo gli albi mese per mese, ma in mezzo a tanta altra roba, non mi ricordo le singole storie. Ricordo i periodi... Un primo periodo di perplessità, di fronte a storie che erano davvero "il mostro del mese", disegni che spesso lasciavano perplessi (ma era Queirolo che prendeva spesso disegnatori scarsi o inadatti, o li affibbiavano a lui dall'alto? Le serie curate da lui hanno sempre avuto questo problema, tutte, anche Nizzi si lamentava dei disegnatori di Nick Raider...), che dura una quindicina di numeri. Poi, dopo poco più di un anno, le storie prendono quota. E Magico Vento diventa, per anni, la serie che leggo con maggiore piacere, la prima che leggevo quando usciva, e la mia serie Bonelli preferita fra quelle pubblicate all'epoca (e anche i segnatori migliorano, o perchè migliorano loro e per l'arrivo di un sacco di gente proveniente da Ken Parker come Frisenda). Questo periodo dura fino alla Guerra delle Black Hills (fino al 101), poi... ...poi non so che succede. Escono i numeri e si accumulano. "Aspetto a leggerli", ma è chiaro che è sempre più un dovere (i vecchi Magico Vento li leggevo prima di arrivare a casa...). Non aiuta la bimestralità. Un paio di volte mi leggo tutti i numeri accumulati, poi torno ad accumulare... fino a quando smetto di leggerli. Forse se li rileggessi oggi, uno dietro l'altro, identificherei le cause di questo disamoramento, ma all'epoca stavo smettendo troppe serie insieme (calai davvero drasticamente il numero di serie che compravo e leggevo, mi rendevo ormai conto che troppi fumetti non mi davano più alcun piacere nella lettura, Magico Vento finì nel mucchio). Poco dopo la serie chiuse e visto che mi mancavano pochi numeri me li procurai per arrivare in fondo alla serie.. ma non li ho mai letti. Volto Nascosto mi piace un sacco e anche lì li leggo appena escono. Come detto nel suo thread, mi delude la pagina finale ma il voto complessivo è ottimo. Aspetto che esca Shangai Devil e inizio a leggerlo... ma anche lì, dopo un po' li leggo più tardi, poi li accumulo con l'idea di leggerli alla fine, a storia finita. Ma non l'ho mai fatto, gli ultimi numeri devo ancora leggerli. Su Coney Island e Mugiko taccio per carità di patria, Adam Wyld non mi piace da subito e smetto presto. Non ho più voglia di dare fiducia alle serie Bonelli che non mi prendono da subito. I suoi ultimi MaxiTex li ho proprio evitati, nemmeno presi. Come fa il mio autore Bonelli preferito a diventare un autore che evito, in così pochi anni? Mi viene quasi voglia di indagare, di rileggere, per capire. Sono cambiato io o è cambiato lui? E in che cosa? Qualcosa ho riletto, recentemente per altri motivi (Verso L'Oregon) e altro adesso dopo la notizia della sua morte. Ma mi sono orientato più sulle storie che mi erano piaciute allora. E ho visto che mi piacciono ancora. Non ho ancora affrontato gli albi finali delle serie che avevo mollato. Non so se è davvero tanto importante capire perchè non mi piaceva più. Meglio ricordare le storie che mi sono piaciute, e tanto.2 points
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Di Nick Raider ricordo una sua storia davvero notevole, La rosa gialla del Texas, disegnata da Mastantuono, in cui per la prima volta mi resi conto delle sue potenzialità di scrittore. Magico Vento non è che parte "lento", è che inizia come un “Weird Western” che declina in chiave horror i miti e le leggende dei nativi americani e in particolare dei Lakota. Poi, col tempo, si trasforma in un grande affresco sulla frontiera americana, che per me sta alla pari con la Storia del West di D'Antonio. Di più, Manfredi scrive una sorta di "storia segreta dell'America", dove sono i grandi potentati industriali e le lobby politiche a determinare i cambiamenti di direzione della Storia ed è con la violenza istituzionalizzata che questa viene costruita. Di recente Manfredi aveva dichiarato che fu un errore chiuderla, visto che col venduto che aveva poteva stare ancora tranquillamente in edicola. Gran peccato, in effetti. Volto Nascosto è l’altro suo capolavoro, mentre Shangai Devil, pur buona, non ne raggiunge i vertici e si perde in troppi intrighi e macchinazioni. Adam Wild per me è un’altra serie di assoluto livello, purtroppo ha chiuso proprio mentre stava ingranando alla grande, col tempo avrebbe potuto trasformarsi in un Magico Vento africano. Cani sciolti ho smesso di seguirla quando hanno chiuso la serie da edicola, è stata poi completata? Ti sei perso le sue storie migliori (a parte Verso l’Oregon). Sei divise nella polvere è tout court una delle più belle storie di Tex post-Bonelli. Ma sono ottime, e per me per niente “atipiche”, anche La grande sete, Oro nero, La banda dei serpenti e Deserto Mohave. Dopo di queste per un periodo mollò Tex (mi pare per dei dissensi con Boselli o forse con la casa editrice). Tornò con La regina dei vampiri, ma non raggiunse più i livelli di prima (mi mancano da leggere la storia di Freghieri e quella di Rotundo, però).2 points
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Per rispondere a Diablero, non ho tutti i dati sulle storie di Manfredi, però: Texone di Freghieri è del dicembre 2019 Color Tex di Cossu è del dicembre 2019 La regina dei vampiri è del novembre 2016 Il cartonato di De Vita risale ai primi mesi (inverno) del 2015 La banda dei serpenti è del febbraio 2014 Deserto Mojave è un soggetto del novembre 2014 La breve di Biglia del Color Tex è del settembre 2012 Oro nero è dell'agosto 2011 Sei divise nella polvere è del gennaio 2009 La grande sete è dell'autunno 2006 Il texone di Gómez è dell'autunno 2006 Non ho altri dati 😒 Deserto Mojhave era per la serie mensile!2 points
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Post che potrei firmare col mio nome, tanto la mia esperienza è praticamente identica alla tua. Penso ad Adam Wild, abbandonato dopo essermi ostinato a farmelo piacere a tutti i costi, e Magico Vento, il cui elemento fantasy mi ha sempre lasciato perplesso. Verso l'Oregon è per me l'ultimo grande Texone, che una recente rilettura mi ha fatto apprezzare ancora di più. I suoi Nick Raider li reputo più che validi mentre su Dylan Dog solo L'orrenda invasione (nr.105) mi aveva convinto. Volto nascosto, a questo punto, devo assolutamente recuperarlo! Leggendo il suo curriculum ho scoperto (con qualche anno di ritardo) che ha scritto soggetto e sceneggiatura di una serie TV di fine anni '80, "Colletti bianchi", che non ebbe successo ma che ricordo con piacere. Opera intelligente e divertente con, tra gli altri, Faletti, Oppini e Teocoli tra gli intepreti.2 points
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Ricapitolando le storie di Manfredi su Tex. Quella che gli fu commissionata (come soggetto: a quando risale la sceneggiatura?) già nei primi anni 90 e fu poi disegnata da Repetto nel 1998 è il MaxiTex del 2005 "La Pista degli agguati". Ci sono alcune sbavature e momenti "wtf" (Tex che non spara all’aerostato a pochi metri da terra perchè pensa che si schianterebbe come un jumbo jet e ci si arrampica sopra) ma in generale mi sembra molto superiore alle nizzate dello stesso periodo, chissà perchè fu messa nel cassetto per 7 anni...) Tex 584-585 (2009) "La Grande Sete" disegni di Civitelli dovrebbe essere la successiva, fatta oltre dieci anni dopo, di cui parlava Carlo . Poi abbiamo nella serie regolare: Tex 609-610 "Sei divise nella polvere" (2011) disegni di Ticci Tex 654-655 "Oro Nero" (2015) disegni di Leomacs Tex 671-672 "La banda dei serpenti" (2016) disegni di Ernesto Garcia Seijas Tex 701-702 "La Regina dei Vampiri" (2019) disegni di Alessandro Bocci Altri: Texone 25 (2011) "Verso l'Oregon" disegnato da Carlos Gomez. Texone 38 (2022) "I due fuggitivi" disegnato da Freghieri MaxiTex 23 (2018) presenta come una delle due storie "Deserto Mojave" disegnata da Nespolino (220 pagine esatte, era per la regolare?) MaxiTex 29 (2021) "Mississipi Ring" disegnata da Rotundo. Color Tex 4 (il primo "color tex storie brevi", 2013) con la storia breve "L'ultimo della lista" disegnata da Biglia Color Tex 19 (2021) "il killer Fantasma" disegnato da Cossu Tex Cartonato numero 4 (2016) "Lassù nel Montana" disegnato da Giulio De Vita Se quella di Gomez è l'ultima storia ancora nel cassetto, sono 14 storie nell'arco di una ventina d'anni. Ma è probabile che le ultime cose pubblicate siano cose rimaste nel cassetto da tempo. Qualcuno saprebbe "mettere in ordine" questa lista con un idea del periodo di realizzazione? Personalmente, tranne la sbavatura già citata e i disegni di un Repetto ormai lontano dai fasti del passato, la storia "La Pista degli agguati" mi era piaciuta, aveva un ritmo molto sostenuto (anche troppo per un maxi, con continue nuove sfide e incontri ogni poche pagine, pareva di leggere le vecchie strisce raccolte in volume...). Poi però era iniziato il lungo periodo in cui avevo smesso di leggere Tex, e le storie successive le devo ancora recuperare. i Texoni li leggevo ancora però e ricordo che "Verso l'Oregon" mi piacque molto, e le varie riletture hanno sempre confermato questo giudizio. Dopo aver saltato le storie iniziali, ho letto solo le ultime, appesantite da disegnatori come Cossu o (l'attuale) Rotundo, o scarsamente texiane come "La regina dei vampiri" e non mi erano piaciute molto. Non ci ritrovavo più lo sceneggiatore non solo di Magico Vento, ma nemmeno di "Verso l'Oregon". Calo dovuto all'età o a problemi di salute? perdita di fiducia nel pubblico per eccesso di frequentazione di social? (dovrebbe essere una sindrome riconosciuta dalla sanità pubblica ormai...). Scazzi e problemi con la Bonelli? Vallo a capire. Ma compilare questo elenco mi ha ricordato che ci sono ancora diverse storie di Tex scritte da lui e molto più vicine temporalmente a "Verso l'Oregon" che devo ancora leggere, ed è ora che lo faccia...2 points
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Consiglio di iniziare con Volto Nascosto, che è breve e ingrana subito. Magico Vento per lunghi periodi è stata la mia serie Bonelli preferita, ma oltre ad essere molto più lunga fatica un po' all'inizio ad ingranare. Coney Island è ancora più breve di Volto Nascosto, ma per me è una cosa proprio scritta con la mano sinistra, se non proprio "alimentare", mentre Volto Nascosto per me si vede che era una storia a cui teneva (oltre ad essere praticamente unica per la Bonelli per il tema trattato)2 points
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Davvero un gran dispiacere. Era una persona che - come scrive sua figlia - aveva ancora tanto da dare e da raccontare. Da poco ho scoperto che era anche un ottimo saggista e critico letterario, ho letto due suoi libri recentissimi e molto interessanti che consiglio: "A qualcuno piace scorretto: per una storia delle provocazioni letterarie (1851-1969)" e "Il collasso della coscienza borghese: dall'uomo della folla all'uomo senza qualità". Il fumetto gli deve soprattutto "Magico Vento" e "Volto Nascosto". Ci mancherà molto...2 points
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Addio Gianfranco, Grazie per Magico Vento, grazie per le splendide storie di Tex..rimarrai per sempre nel cuore di tutti noi.. ..so long..2 points
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Ci sono delle assonanze perchè anche Sulla pista di Fort Apache omaggiava Ford e i film della "Trilogia della Cavalleria"2 points
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Bonelli aggiunge un altro tassello importante nella costruzione del mitico periodo d'oro della saga. La storia che vede fare l'apparizione di Zhenda è davvero un piccolo gioiellino e segna un importante passaggio nella vita di Aquila della Notte. Il soggetto è davvero straordinario: per la prima volta la figura di capo dei Navajos di Tex viene messa in dubbio e rischia di far scoppiare una sanguinosa guerra fratricida fra il suo popolo. Chi reclama l'insigne del comando è Sagua, un guerriero molto aitante e presumibilmente figlio di Freccia Rossa e la strega Zhenda. I capivillaggio delle terre alte sono soggiogati dal carisma della strega, che si mostra fin dall'inizio la vera artefice della rivolta. Lo stesso Sagua è in fondo un personaggio alquanto leale che vorrebbe prendere il potere grazie al suo valore e non ai trucchi della madre, tuttavia anch'egli almeno all'inizio ne subisce l'influsso e si mobilita per ottenere i piani. L'episodio inizia con la bellissima scena in cui il vecchio stregone eremita Ta-Hu-Na assiste a uno strano presagio e vorrebbe avvisare Tex del pericolo. Purtroppo le belve che Zhenda riesce ad addomesticare come gattini, lo uccideranno su ordine della megera e si comprende fin dall'inizio dell'eccessiva pericolosità del complotto. Non mancano nemmeno i rinnegati fornitori di armi che al cospetto di Sagua capiscono che forse non è il caso "giocare troppo col fuoco" e meglio tenerselo amico. Walcott scomparirà dalla storia, così come il suo presunto intento di indagare dove Zhenda attinga alle pepite. Verrà ripreso poi nel sequel di Nizzi, ma quella è un'altra storia. L'episodio decolla trainato da molta azione. Tex, messosi in moto per scongiurare un assurdo spargimento di sangue tra i Navajos, si ritrova assediato presso il Pueblo Bonito in compagnia di Tiger e i due se la vedranno davvero brutta contro i motivati avversari e riporteranno ferite da piombo più o meno gravi. Anche l'esercito è costretto a intervenire allorquando la banda di Grande Orso (uno dei capi fedeli a Zhenda) assalta un ranch ai confini della riserva. La sequenza è molto serrata e drammatica e ci vorrà l'importante intervento diplomatico di Carson per scongiurare una ritorsione indistinta delle Giacche Blu contro i Navajos. Man mano che ci si avvicina all'epilogo, l'autore arricchisce oltremodo l'approfondimento psicologico dei personaggi che ha posto nella scacchiera; se Zhenda continua imperterrita nei suoi piani per amore del figlio e si affida alla profezia ricevuta nella scena ad effetto degli abissi in presenza della mummia degli avi, Sagua coltiverà i suoi dubbi che lo porteranno alla fine all'armistizio con Tex. Il popolo delle pianure rimarrà fedele a Tex e si metterà in moto per spalleggiare Aquila della Notte. Bellissime le sequenze con i messaggi dei tamburi che echeggiano minacciosi per tutta la riserva. Il finale è davvero al cardiopalma: dopo il rapimento di Kit e dell'amico la situazione sembra degenerare e lo scontro armato inevitabile. Eppure dopo il sacrificio di Big Elk che scaraventa con se Zhenda nel burrone dell'esecuzione, il buon senso albeggia in Sagua che accetta la proposta di Tex e scongiura così la guerra. L'unico capo fedele a Zhenda che si ribella all'accordo finirà con i suoi predoni nella bocca dell'esercito e il peggio sembra così scongiurato. La profezia delle due "sole vittime" si è dunque avverata anche se in seguito Nizzi la annullerà facendo ritornare comunque Zhenda in una storia valevole sì, ma non confrontabile a questa gemma bonelliana. Sebbene affezionato al sequel, forse era il caso non farlo, ma piangere sul latte versato è ormai inutile. Proprio con un'immagine romantica e simbolica si chiude la storia (un po' come era iniziata), infatti sarà proprio Nuvola Rossa a vedere dalla Mesa degli Scheletri la figura di un'aquila spiccare il volo stagliandosi contro i raggi del sole morente, a simboleggiare il successo di Aquila della Notte e la pace fra il popolo Navajo. Che dire, davvero una trama molto complessa ma ben sviluppata da Bonelli, che per l'occasione eccelle pure in una sopraffina caratterizzazione dei personaggi, che acquistano una tridimensionalità apprezzabile e denota l'ambizione spesa per la realizzazione di questo episodio cardine un po' troppo sottovalutato dai lettori. Molto ben rese pure le scene di azione e ottimo l'equilibrio e la ritmicità della sceneggiatura. Chi non a Galep poteva essere affidata una simile storia? E l'artista di par suo, sfodera una bellissima prova, dosando bene il suo innato stile fra scene magiche, altre di lotta serrata con molta folla fra le vignette ed espressività dei personaggi. Come fatto notare da qualcuno, s'intravede pure la mano di Gamba e altri disegnatori in aiuto realizzativo, ma l'esito finale è comunque più armonioso e coeso di altre occasioni di collaborazione. Il mio voto finale è 92 points
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Questo potrebbe essere il commento di un lettore occasionale che si è approcciato alla lettura dell'ultima fatica nizziana sulla regolare: "storia simpatica, dal forte gusto classico, con una sceneggiatura ben ritmata e idonea, dialoghi efficaci e frizzanti, trama tutto sommato scorrevole e senza grandi sbavature. Un'oretta spesa bene in compagnia del vecchio caro Tex" Qualcuno dopo aver letto la premessa potrebbe credere che al sottoscritto l'episodio sia piaciuto, ma la risposta non è così scontata. Cerco di spiegarmi meglio: indubbiamente rispetto alle sue ultime prove, Nizzi almeno qui ci fornisce una trama che in qualche modo sta in piedi e non annoia eccessivamente, grazie anche ai nostri che sono più sul pezzo senza commettere quelle assurde piccionate a cui spesso l'autore ci ha abituato negli ultimi anni di carriera, tuttavia un lettore "forte" della saga (e mi inserisco modestamente in questa categoria visto che ormai da più di trent'anni leggo e amo Tex con assoluta continuità) non può ritenersi del tutto soddisfatto di questo compitino che sa di minestrina riscaldata. Ci troviamo al cospetto di una sorta di "opera omnia" di Nizzi; di fatto nei due albi troviamo condensati tutta una serie di topoi e trovate dell'autore, che a tratti mi hanno dato davvero l'impressione di un collage fatto a tavolino o la stoffa di Arlecchino. L'ufficiale corrotto, il giovane da discolpare, l'amico di Tex che chiede il suo aiuto, l'origliata, il salto dalla rupe per lasciare con un palmo di naso gli indiani codardi che non ripetono lo stesso gesto, la trappola del testimone per incastrare il villain corrotto e tanto altro ancora che sa di già visto (fortunatamente manca lo slaccio del cinturone, ma magari sotto questo aspetto il buon Claudio è stato opportunamente catechizzato). Mi ci si può obiettare che dopo tantissime storie è quasi impossibile trovare strade del tutto nuove senza rinnegare gli stilemi della saga e ci può stare, ma se si usano sempre e solo le stesse combinazioni, senza verve e brio, l'esito non può che essere questo brodino riscaldato, che rinfranca magari il palato di un lettore in erba o poco esigente, ma annoia e delude un vecchio appassionato che negli anni ha finanziato l'editore sborsando cifre considerevoli per non mancare a nessun appuntamento in edicola. Anche le battute, che caratterizzano i simpatici siparietti fra i due pards, sembrano essere riprese con un copia e incolla, magari osare un po'sui dialoghi per modificare la pietanza non sarebbe un delitto, ma l'autore non ci pensa nemmeno e sembra proseguire col pilota automatico. Già nel mio precedente commento dopo la lettura del primo albo, avevo grosso modo evidenziato quei punti che reputavo deboli del soggetto. La lettura del volume finale non li scioglie del tutto, ma ripeto, l'esito complessivo risulta più decoroso rispetto alla storia precedente dell'autore di Fiumalbo. Anche le citazioni si sprecano: dopo aver ripreso "Il Soldato comanche", Nizzi nell'epilogo rievoca (più o meno volutamente) quel gran capolavoro di "Vendetta Indiana". Comunque, per quanto le vignette finali siano a effetto, la scena non può minimamente essere equiparata alla celebre bonelliana, anzi a voler essere pignoli, la presenza dell'indianina fuori dal forte in attesa di infilzare come un tordo l'ufficiale corrotto responsabile dell'eccidio della sua gente, suona come una forzatura. Quanto tempo è rimasta lì appostata senza che nessuno notasse la sua presenza? Sapeva forse l'ora precisa in cui il nemico sarebbe passato? Aveva avuto una visione o sperava in un assoluto corpo di fortuna? Ecco, per quanto la scena appare emozionante a un'occhiata distratta, dimostra di essere costruita un po' male e piazzata lì per fare effetto. Anche lo stratagemma dell'arrivo differito di Carson col testimone, usato tante volte dall'autore, in questo caso funziona meno bene rispetto ad altre occasioni. Se alle volte Tex usava questo trucchetto per far tradire il colpevole, stavolta non si capisce benissimo il motivo per cui farlo. Idea copia e incolla? A me pare di sì. Per ciò che riguarda la caratterizzazione dei personaggi, mi aspettavo poco a dire il vero, visto l'andazzo dell'ultimo Nizzi, che in questo aspetto mostra una sciatteria al limite del passabile. L'indianina si difende sotto questo aspetto e mostra una buona personalità che le darà un po' di lustro fra le pagine, di contraltare il soldato disertore si appiattisce molto nel proseguo della trama. Invece di spendere vignette in flashback che mostrano al lettore come procacciavano la selvaggina, con tanto di incursione nel forte per accaparrarsi di un arco, l'autore avrebbe potuto dosare meglio il rapporto fra il soldato e la donna. Il rapporto che emerge dalle sequenze in cui sono insieme, non parrebbe solo di semplice amicizia e la scena stucchevole di quell'abbraccio alla CandyCandy lo avrei evitato. Visto le forme e il decoltè con cui Bruzzo la rappresenta, mi chiedo come abbia fatto il disertore a non cedere, ma questa è tutt'altra storia. Solo un pretesto la futura moglie, che appare sciapa come una minestrina senza sale. Non volendo fare scomodi paragoni con autori che sono riusciti a maneggiare meglio la materia (esempio Borden con il triangolo Laredo-Liz e Parkman) qui Nizzi non riesce nemmeno a pareggiare il livello di alcune sue ottime storie come la Maschera dell'orrore o il texone affidato a Parlov. Perchè inserire un coinvolgimento sentimentale se poi si lascia tutto così insoluto? L'ennesima citazione per arricchire la trama? Anche qui direi di sì. Fortunatamente Tex e Carson non fanno stavolta grandi svarioni e figuracce, ma può bastare solo questo per soddisfare un lettore di lungo corso? Evidentemente storie come queste non sono rivolte a gente da Forum, piuttosto alla grande platea che ha meno pretese da una lettura di un albo e si ritrova a suo agio con le consolidate sequenze e schemi. Buono il lavoro svolto da Bruzzo, che si conferma un artista dal grande potenziale e margini di miglioramento. Anche i suoi disegni danno spesso quel senso di già visto, d'altronde è più che palese che l'autore si ispiri allo stile del primo Ticci e forse proprio per questo acquistano quell'ariosità che rende di spessore il comparto grafico. Certamente storie come quella boselliana ambientata nell'Artico, essendo ambiziose e complicate danno più visibilità alle qualità grafiche di un disegnatore, ma Bruzzo se la cava benissimo anche in sceneggiature più di routine come questa, anzi contribuisce col suo tratto a valorizzare la trama classica e far lievitare il mio giudizio complessivo oltre la sufficienza. Il mio voto finale è 62 points
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SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER Per quanto mi riguarda, questa è una storia da bocciare. Il secondo albo è peggiore del primo (sufficiente), finalmente compare il soldato fuggiasco, ma non si può certo dire che sia un personaggio di un qualche interesse. Tutto sembra un copia e incolla di scene già viste mille volte appiccicate insieme, snodi narrativi scontati, coincidenze forzate, soluzioni sciatte, dialoghi stereotipati, nessuna sorpresa (se non comica, l'indianina che appare dal nulla nel finale). Un collage di cliché, come per esempio la storia d’amore accennata nel primo albo, che non ha alcun senso visto che si risolve in due pagine e una sola battuta di Shirley Temple che abbraccia il soldato fuggiasco con un “Oh, sono stata tanto in pena per te”. O come le ultime quaranta pagine con la manfrina di Tex che accusa il capitano fingendo che il suo complice Tracy sia morto (non si capisce poi perché non tiri fuori subito il testimone). Alla fine della lettura non ti resta proprio niente. Peggio di questa negli ultimi tempi c’è stata solo “La collera di Falco Giallo”. Se prendiamo la recente “La pattuglia scomparsa”, pur non essendo nulla di eccezionale almeno lì Ruju ha cercato di dare un minimo di credibilità alla vicenda (riuscendoci solo in parte), un carattere al protagonista (il tenente Louis Lagarde), un po’ di drammaticità (assente in questa) e un bel finale in cui è Tex a salvare il soldato in pericolo (e non il contrario): niente di straordinario, una storia minore, ma almeno una storia con un perché. Nizzi è da vent’anni come minimo che non ha più nulla da dire su Tex, e non fa che ripetere all’infinito gli stessi copioni, senza variazioni e senza convinzione. La Bonelli avrebbe dovuto da tempo affidargli una serie mensile propria, possibilmente comica, parodistica, come “Leo pulp” (che secondo me avrebbe avuto anche un certo successo), come ha fatto con Chiaverotti quando l’ha tolto da Dylan Dog, dove a un certo punto non faceva che riscrivere sempre la stessa storia: qualunque altro sceneggiatore era meglio di lui.2 points
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Certo che arrivare ad apprezzare una storia così, perché le altre erano peggio, ci fa solo sperare che le cose possano solo migliorare. Ce lo auguriamo tutti. Auguri, Tex. E buon 2025.2 points
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La prossima volta che Tex deve andare in un villaggio indiano a catturare qualcuno, se a dargli una mano non ci porta me al posto di Carson, gli tolgo il saluto, anzi non compro più il mensile e neanche tutti gli inediti. Perché? Ma come perché, ma perbacco, perché una cosa così facile la so fare anch'io. Sì, vabbeh che Tracy è un piccione (meglio lui che Tex), vabbeh che Negrito è un tacchino (è alle spalle di Tex e invece di accoltellarlo nella schiena, gli salta addosso e gli chiede gentilmente "stai fermo un attimo, per cortesia, altrimenti non riesco a darti neanche una coltellata"), vabbeh che gli Apache erano leggermente ubriachi, ma neanche un cane nel corral dei cavalli (dove i nostri se la prendono comoda, tanto Nizzi è d'accordo), neanche un cane che provasse a inseguirli. Sembrava una gita organizzata dal Dopolavoro dei Ferrovieri. Ma il massimo della caduta dei cosiddetti (anche a me talvolta cascano) è stato il chilometrico finale: a ogni pagina mi dicevo "adesso scatta, non ce la fa più, ora lo massacra con una decina di sganassoni" e invece niente. Poi, quando Stanley gli dà del bugiardo, ecco che arriva un unico cazzotto. E perché Tex lo accarezza in quel modo? Perché Stanley è un farabutto indegno di respirare? Macché. Lo scazzotta perché ha detto la verità: Tex è un bugiardo. E, ciliegina sulla torta, Stanley scappa, scappa per cinque pagine. Tex non c'è, non prova neanche a fermarlo o a inseguirlo, non c'è e basta. Perché Noemi è lì pronta per la sua vendetta fotocopiata. Fotocopiata male perché Noemi sapeva, glielo ha detto Nizzi, che Stanley sarebbe scappato e che Tex non lo avrebbe fermato. Si dice che sia l'ultima fatica di Nizzi, almeno sul mensile. Lo spero. Ma hai visto mai che non ci sia un ripensamento?2 points
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Per anni si è straparlato del famoso "mestiere" di Nizzi. Forse un minimo nelle prime storie, ma queste ultime... che siano trame banalissime, allungate e scopiazzate (anche il finale torna a copiare Vendetta indiana, ovviamente senza alcun senso con l'indiana che prevede la fuga del cattivo con i superpotere della faciloneria di Nizzi) si sapeva ed era scontato, ma qui è anche il "mestiere" che manca, pare una roba scritta da un esordiente di 14 anni che scopiazza frasi a vanvera. Torniamo al solito punto: che senso aveva far tornare un autore così bollito?? Era una "vendetta" contro i lettori? C'è più un minimo livello di qualità per scrivere Tex? O va bene tutto? Mi dico che ho pure sbagliato a leggerlo, dovevo metterlo via senza perdere tempo. Ma in realtà non avrei dovuto nemmeno comprarlo. Quante ciofeche ignobili ho comprato negli ultimi anni per un malinteso senso di fedeltà al personaggio? Valgono così poco cinque euro da buttarle via per una roba simile? Buttati per buttati non era meglio darli in beneficenza? Non pensate al fatto che la storia è ridicola a scritta in maniera penosa, quello è Nizzi, di più non si può pretendere. Pensate che una storia simile è stata pagata (e lautamente), disegnata, è passata al vaglio ed è stata pubblicata. Ce l'hanno venduta. Se si azzardasse a fare una cosa simile il mio fornaio gli manderei i NAS. Ma davvero, che opinione hanno di noi lettori alla Bonelli? P.S.: chi dice che stavolta Tex non fa figuracce probabilmente ha saltato la scena in cui viene ferito da un indiano che GLI RUBA LA SUA STESSA PISTOLA, e deve essere salvato da Carson. Poi ENTRAMBI sarebbero spacciati se NON VENISSERO SALVATI DALLA PERSONA CHE ERANO VENUTI A SALVARE (tipico di Nizzi). E alla fine il traditore gli sfugge ma per fortuna l'indiana legge i Tex di Nizzi e se lo immaginava che gli sarebbe sfuggito...2 points
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Secondo albo appena finito di leggere. Questa è una storia che non sarà certo ricordata in futuro. Amo i soggetti classici, ci sono stati periodi in cui li desideravo e preferivo a quello che la regolare aveva da offrire. Ma le storie “classiche” bisogna saperle scrivere, o quanto meno bisogna essere ispirati. Se la sceneggiatura è pigra anche se ben fatta, se lo svolgimento è da compitino senza infamia e senza lode scritto col pilota automatico, tutto questo il lettore lo nota. E il più delle volte non lo apprezza. Non riesco a trovare grandi difetti se non quanto ho scritto. È il guizzo che è mancato, quella sterzata che l’autore tante volte ha dimostrato di saper dare alle storie. Peccato perché il materiale e gli spunti c’erano tutti. Penso di non essere stato l’unico, e che anche voi abbiate notato alcuni spunti tratti dalla splendida storia di Boselli e Ortiz “Sulla pista di Fort Apache” Tra le note positive di questa storia, i meravigliosi disegni di Bruzzo, nel secondo albo in crescendo sul primo, gli scambi e l’affiatamento tra i pard (che qui incredibilmente riescono a uscirne in maniera più che decorosa anche se con battute troppo enfatizzate), il soldato fuggiasco Kirby finalmente più presente e caratterizzato e il finale, in cui il capitano Stanley vive un brutto quarto d’ora. L’ho trovato ben scritto, anche se mi dispiace che Tex non si sia “occupato personalmente” del responsabile del massacro (gesto e villain verso il quale avrei mostrato parole e atteggiamenti di più dura condanna) Giusto che a prendersi la meritata vendetta sia stata la ragazza indiana. In definitiva, storia da 7, non da demolire ma verrà ricordata per essere (credo) l’ultima di Nizzi sulla regolare. Peccato, perché di belle avventure ne ha scritte davvero tante. E credo gli andrebbe riconosciuto con la stessa forza con cui si distruggono le sue prove insindacabilmente oscene. Saludos amigos2 points
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Ma sapete se il sommo Boselli e' tornato per davvero? Se cosi' fosse, sarebbe proprio un bel regalo per il 2025! Venendo ai Paiutes, questo inizio di storia mi e' piaciuto molto (BTW, ottime le rassicurazioni che nel futuro saranno molte le storie "inedite"), e non ho avvertito nessuna pesantezza o artificiosita' nelle spiegazioni iniziali (quante volte parlando tra amici non ci ripetiamo cose che gia' sappiamo benissimo?), anche se preferirei le vecchie didascalie ormai scomparse. Ecco, una bella mappa invece mi avrebbe fatto proprio piacere, che ho dovuto intervallare la lettura con ricerche su Google Earth!2 points
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Capisco perchè ti piace Nolitta su Tex! Non solo è "negabile", ma te lo contesto proprio! Il mercato del fumetto, in Italia, è in "recessione" in generale dagli anni 70. Il boom di Dylan Dog non solo è stato un boom temporaneo ma, per i numeri degli anni 70... non è un boom. La famosa fascetta del numero 45 citava 200.000 copie di Tiratura, e già era un boom: ma non tutta la tiratura viene venduta! Normalmente già vendere il 50% delle copie era un buon numero, in una situazione di vendite continuamente crescenti probabilmente si vendeva una percentuale maggiore, ma non credo tutte. poi comunque la tiratura crsce ancora, senza tanti annunci roboanti (penso perchè ad un certo punto si supera Tex, ma vallo a sapere), comunque si sa che Dylan Dog arrivò a superare Tex, per pochi mesi, quando Tex vendeva poco sopra 300.000 copie. Solo che negli anni 70 Tex vendeva 700.000 copie. L'Intrepido e il monello vendevano 500.000 copie SETTIMANALI. Topolino si avvicinava al milione. Dylan Dog, il grande boom degli anni 90... negli anni 70 non sarebbe nemmeno entrato nella Top Ten mensile! Nel fumetto italiano io sento parlare di crisi ININTERROTTAMENTE dagli anni 70! Ovvio che anche in momenti di crisi, ci sono testate che per un po', all'inizio, fanno successo. Non so se ti ricordi ma negli anni 90 ci furono altri "boom", più limitati, ma che si esaurirono presto. Lupo Alberto (personaggio degli anni 70) nella versione mensile orizzontale. PK. Si potrebbe anche citare Nathan Never, ma per me fu più il traino "speculativo" dei Dylan Dog (troppi hanno comprato 50 copie pensando ingenuamente di rivenderle guadagnandoci, tanto che ad un certo punto i commercianti, ingolfati da decine di copie mai lette e nuovissime, hanno smesso di accettarli anche regalati! ). Sono piccoli "blip", che non cambiano l'andazzo generale. Anche Tex Willer all'inizio ha superato le centomila copie: vuol dire che è finita la crisi? Le vendite maggiori PER TESTATA la Bonelli le ha avuto negli anni 70, con altissime tirature (anche Zagor passava le 200,000) e prezzi bassi che davano un punto di pareggio altissimo (Ken Parker era in perdita con 48.000 copie...) Le vendite maggiori COME CASA EDITRICE le ha avute invece nei primi anni 90, ma non perchè vendesse molto ogni serie: perchè ci fu la prima proliferazione di uscite! A Tex (che comunque vendeva ancora oltre 300.000 copie) si aggiunse la TuttoTex (e TuttoZagor, TuttoMark, TummoMartin Myster, TuttoMisterNo, TuttoWest...), arrivarono gli special e gli almanacchi, i Texoni e i DylanDogoni, e oltre a Dylan Dog c'erano la prima ristampa, la seconda ristampa, e poi arrivò Nathan Never e Legs e Nick Raider, e Zona X e il Ken Parker Magazine... il boom della VENDITE COMPLESSIVE Bonelli fu dato dal TRIPLICARE LE TESTATE, non dalle vendite di ciascuna di esse. Ma anche le vendite della casa editrice, a quanto ne sono, arrivarono al top nei primi anni 90. Come oggi, la iperproduzione (e allora i prezzi degli albi erano molto più bassi anche in termini reali!) portò a spingere i lettori a fare delle scelte. Le tirature di TUTTI gli albi Bonelli iniziarono a calare (nel caso di Dylan Dog), o continuarono a calare (tutte le vecchie testate storiche), o iniziarono a crollare (Nathan Never, Legs, Zona X, Nick Raider, Mister No). Nella metà degli anni 90 erano già ricominciate le geremiadi. Era già tornata la crisi (nel resto del fumetto italiano non se ne era mai andata, quelli sono gli anni in cui chiudono le ultime riviste "d'autore", la Acme e pure l'effimera bolla di autoproduzioni che avevano sperato di inserirsi in coda alla speculazione di Dylan Dog). Nel 1997 il mercato del fumetto in Italia sarebbe stato in espansione? Ma dove? Per chi? Era già in calo da vent'anni, e l'effetto dell'ultima effimera "botta di ossigeno" era già finita da anni. Molte testata Bonelli ormai vivacchiavano ed erano chiaramente alla canna del gas, anche se si strascinarono ancora per qualche anno. Quel "boom di nuove serie" che parte proprio con Magico Vento serviva proprio a tentare di contrastare questo calo: il venduto complessivo era in picchiata e servivano nuove serie per prendere il posto di quelle moribonde. Vero che, come abbiamo già detto, il primo numero di Magico Vento vendette ancora parecchio (io avevo sentito 200.000 copie, ma forse è un arrotondamento), ma era stato ottenuto facendo pubblicità massicce su Tex e Dylan Dog, come "western horror" (e comunque questo vuol dire che comunque meno di un terzo dei lettori delle due serie ebbe voglia di dargli fiducia anche per un solo numero), e come disse Boselli in questo forum tempo fa ci fu un impegno anche "muscolare" di riempire le edicole di copie. Eravamo agli inizi della discesa, ovvio che le tirature erano più alte, se è un calo continuo... ovvio che nel passato non si era ancora scesi così in basso.1 point
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Stavo riguardando dei vecchi video e ho trovato una simpatica intervista a Manfredi dove parla del suo "complicato" rapporto con Tex1 point
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@Leo, il consiglio di @Diablero di iniziare con Volto Nascosto è molto valido, è una mini-serie di ampio respiro che parte subito forte e non molla la presa. Se poi l'argomento del "giovane" colonialismo italiano che sfociò nella battaglia di Adua dovesse interessarti, ti suggerisco "L'ottava vibrazione" di Carlo Lucarelli, libro dalle vicende plurali che culminano proprio con quella battaglia. Shangai Devil per quanto mi riguarda è meno riuscita e pur essendo più lunga mi ha appassionato decisamente di meno. Riguardo a Magico Vento, che per anni è stato l'unico bonellide nel mio elenco di letture (ero nella mia più che trentennale "sospensione texiana", la cui unica eccezione erano i Texoni), tanti sarebbero i numeri da consigliare ma se vuoi limitarti ad un assaggio senza preoccuparti della continuity, il cartonato "La guerra delle Black Hills, se riesci a trovarlo*, merita decisamente la lettura (raccoglie i numeri dal 97 al 101 della serie regolare). La saga, che ha al suo centro (terzo episodio) la battaglia del Little Big Horn è molto ben scritta, solidamente ancorata nella Storia e alterna momenti poetici ad altri vibranti di azione o densi di commozione, illustrati magistralmente da ottimi disegnatori come Perovic, Frisenda, Ramella/Volante, Parlov e Biglia/Talami, in un magnifico bianco e nero che il cartonato valorizza. * Al momento risulta non disponibile sul sito Bonelli, su Amazon si trova ancora e sicuramente con un po' di pazienza nei vari mercatini, EBay et similia. Se poi hai l'app Bonelli basta leggere quei 5 albi.1 point
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La copertina comunque è molto appropriata, mostrando appunto in che precipizio è cascato Tex con storie come questa...1 point
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:shock: Nel leggere e finire questa storia, sono rimasto.... :fumo: Niente stimoli, solo trovate ridicole e momenti senza pathos e spessore. Ho persino l'impressione che pure Ortiz cominci a essere in calo (anche se comunque ancora disegni buoni). Non c'è proprio niente di cui dire, niente di stimolante, qualcosa che possa far parlare (tipo ad esempio la struttura giallo del capoalvoro boselliano "La mano del morto"); solo un elenco di disastri di un autore che tocca il fondo con questa storia. Una tristezza assoluta questa storia.1 point
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finalmente ho letto anche io la seconda parte di questa storia.. onestamente l'ho trovata un p? banalotta, con finale scontato, e poi sinceramente mi aspettavo un ruolo un po' più centrale del misterioso killer, che invece vine liquidato frettolosamente..1 point