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TWF - Tex Willer Forum

[Speciale Tex Willer N.7] Presagi di guerra


MacParland
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Lo speciale in questione rappresenta presumibilmente la mia ultima lettura texiana dell'anno.

 

Di solito, appena riposto l'albo e riordinato le idee, mi diletto a scrivere commenti che esprimano i miei giudizi e sensazioni in proposito, con tanto di voto finale (ormai divenuto una mia tradizione personale in questi anni di Forum, per quel che può servire), ma stavolta mi trovo in seria difficoltà a farlo.

 

Se "Bandera", anche per via della curiosità dell'evento e l'attesa, era alla fin fine stato accolto benevolmente anche dal sottoscritto (alquanto scettico a questo storico incontro), questo secondo atto mi ha lasciato alquanto con l'amaro in bocca.

 

Non che la sceneggiatura non sia valida, anzi tutt'altro, ma comunque uno strano senso di disturbo mi ha accompagnato per tutta la durata della lettura.

 

Mauro ha avuto coraggio e se l'è cavata con molta esperienza e personalità, prendendosi anche la responsabilità di scelte importanti soprattutto in ambito zagoriano. Ha anche stavolta scelto bene il periodo storico ove collocare la sua fatica e l'ha resa di fatto un preludio agli eventi di uno dei suoi capolavori texiani sulla regolare, tuttavia, a mio avviso, qualcosa nell'operazione comincia a stridere con la mia visione ultradecennale di lettore bonelliano.

 

Fin dalle prime battute, sia dall'inattesa rivelazione della famiglia di Cico, il suo incontro con un giovane Carson e tutto il seguito con Tex, Zagor e il gruppo di ranger all'opera, ho provato la sensazione che si stesse narrando una trama fuori dai contesti narrativi delle tue testate, una sorta di sogno che vedeva protagonisti i due eroi. L'autore ha cercato sempre d'imprimere una funzionale continuity alle sue opere, ma anche stavolta il crossover fra i due personaggi storici della casa editrice, pare suonare come un'aleatorio tentativo di far coesistere due realtà troppo diverse fra loro per accontentare le folte schiere di fans.

 

Anche la trama stavolta ne ha risentito, visto che l'azione viene messa in secondo piano e a tratti (strano da dire) mi sono pure un tantino annoiato. 

 

L'epilogo amaro dal vago sapore Nolittiano si fa apprezzare, ma finito l'albo mi chiedo: aldilà delle necessità di marketing, ha tanto senso continuare a forzare la figura zagoriana per calarla nel contesto di Tex Willer? Per quanto Mauro riesca con bravura ed esperienza a rendere meno stridente l'attrtito fra i due universi, le storie che ne vengono fuori valgono davvero la pena di essere raccontate?

 

Bravo Piccinelli, autore molto talentuoso e ideale per una simile commistione di saghe, ma personalmente (sebbene non bocciando del tutto la doppia iniziativa) spero che i crossover fra i due "titani" della Bonelli si fermino qui.

 

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<span style="color:red">18 ore fa</span>, Condor senza meta dice:

aldilà delle necessità di marketing, ha tanto senso continuare a forzare la figura zagoriana per calarla nel contesto di Tex Willer?

L' "aldilà delle necessità di marketing" non è incidentale, è in realtà il motore principale dell'iniziativa che va ad assecondare il desiderio di tentare un esercizio di stile di cui si è spesso favoleggiato ma che obiettivamente non ha ragion d'essere. Come tale, era giusto che l'incontro Tex-Zagor restasse un unicum, ma se adesso se ne paventa un possibile seguito, a cui vanno sommati intrecci e richiami alle collane di Tex e Zagor visti anche negli speciali già editi, ecco che allora diventa una narrazione forzata e francamente non necessaria: però, quante altre storie "forzate e francamente non necessarie" abbiamo visto negli ultimi anni pur di riempire l'ormai fittissimo calendario di uscite?

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<span style="color:red">1 ora fa</span>, PapeSatan dice:

 ma se adesso se ne paventa un possibile seguito, a cui vanno sommati intrecci e richiami alle collane di Tex e Zagor visti anche negli speciali già editi, ecco che allora diventa una narrazione forzata e francamente non necessaria: però, quante altre storie "forzate e francamente non necessarie" abbiamo visto negli ultimi anni pur di riempire l'ormai fittissimo calendario di uscite?

Tante, e a mio avviso troppe. 

Vabbè basta non prenderle. 

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Il 29/12/2023 at 16:02, frank_one dice:

Che è successo?

Ma , niente di speciale, dopo tanti anni un po' di stanchezza e mancanza di stimoli nel leggere l'inedito tutti i mesi.

Preferisco qualche speciale ben fatto o qualche storia (anche mensile) che mi ispira dalle anteprime.

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Letto finalmente. Un buon albo però... Io, leggendolo, capisco che la Grande invasione è imminente, non si riuniscono tribù diverse anni prima, quindi siamo nel 1874, al massimo 1873. Nulla di male, Tex ha 35-36 anni, Zagor circa 65 portati molto bene. Quello che non torna è Tomas che ha la sua prima apparizione, come figlio rapito di Lupo Grigio, nel 1840 circa. Dove poteva avere 4-5 anni. Qundi nel 1874 (ma anche fosse nel 1866) è comunque un ultratrentenne, non un ragazzo. 

Spoiler

Pamina è un'altra incongruenza. Cico la incontra l'ultima volta nel 1836 (questo è un dato certificato dallo stesso Burattini, inserendo il maremoto del Cile, evento storico, nell'odissea sudamericana. 

E l'aveva già incontrata (prima volta, Locanda degli impiccati) nella seconda odissera, quindi può essere nata attorno al 1815-16. Mi risulta difficile pensare che 60 anni dopo abbia un figlio di circa 2 anni. 

 

Ovviamente queste sono considerazioni da nerd, visto che alla fine conta la storia, non la incongrienze. 

 

 

Modificato da Angelo1961
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Il riferimento a Tonkwa e Buffalo Chief ci riporta al 1874 però c'è anche il fatto che Cynthia Ann Parker muore nel 1870, per cui questo depone a favore della tua ipotesi. Si potrebbe dire che la guerra indiana cui fa riferimento l'albo è semplicemente inventata, il che va benissimo.  Comunque, come ho già detto, fosse pure il 1866, Tomàs non può essere un ragazzo. 

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Sono finalmente riuscito a ritargliarmi un'oretta di tempo per leggermi questo speciale, che dire non me l'aspettavo così, non mi è piaicuto tantissimo, spesso ho dovuto riprendere in mano l'albo vecchio perchè mi ero dimenticato parecchie cose (indice che probabilmente leggo troppo), farò degli SPOILER da qui in poi per cui fermatevi se non volete leggerli.

 

La parte iniziale con i figli di Cico e Carson è strana forte, giorni fa avevo letto un commento qui di un utente a cui la storia pareva un sogno, beh devo dire che pure a me ha lasciato quella sensazione li di poca veridicità, la parte finale poi, vecchio stile con le didascalie non l'ho apprezzata tanto, ne l'ho letto come un "la fine di Zagor" come altri di voi hanno fatto, alla fine l'ha solo rimandato nella foresta dove già ha "fallito" non essendo riuscito a fermare il progresso dell'uomo bianco, ci sta, ma personalmente lo vedo più come una tappa pre "ultima storia" più che l'ultima in se. 

 

Questi i più grossi problemi che ho riscontrato oltre al disegno, ottimo nei volti ma parecchio carente nelle scene d'azione, probabilmente fatte in fretta o non so (poi lamentiamoci di Diso eh mi raccomando :rolleyes:).

 

In sostanza non mi è piaicuto più di tanto, si è fatto leggere ma, nonostante sia uno a cui i crossover o l'universo condiviso non dispiacciono neanche (venendo da una storia di letture passate su fumetti americani e non) in questo caso sembra tutto molto forzato, di quello che purtroppo stride e alla fine della fiera forse, se non veniva fatto (o rimaneva un unicum con Badera) era anche meglio.

 

Dispiaciuto.

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Il 1/1/2024 at 11:13, PapeSatan dice:

un esercizio di stile di cui si è spesso favoleggiato ma che obiettivamente non ha ragion d'essere

Non sono per niente un amante dei crossover e all'inizio avevo forti pregiudizi sui risultati di un incontro Tex & Zagor, per non parlare di quello tra Carson & Cico :lol:, ma alla fine devo dire che entrambe le storie mi sono piaciute (pur con qualche difetto di cui ho già detto) e Boselli a mio parere è stato abile a inserire Zagor (e persino Cico) nel mondo di Tex Willer, nel modo più naturale possibile e nel contesto giusto (le guerre coi Comanches), quindi la tua affermazione che "obiettivamente non ha ragione d'essere" è solo un tuo giudizio, scusami ma non molto oggettivo...:lol:

 

Il 1/1/2024 at 11:13, PapeSatan dice:

Come tale, era giusto che l'incontro Tex-Zagor restasse un unicum, ma se adesso se ne paventa un possibile seguito,  ecco che allora diventa una narrazione forzata e francamente non necessaria: però, quante altre storie "forzate e francamente non necessarie" abbiamo visto negli ultimi anni pur di riempire l'ormai fittissimo calendario di uscite?

Non credo proprio che se Boselli scriverà un terzo Speciale di Zagor & Tex lo farà  perché deve riempire affannosamente in qualche modo il calendario delle uscite, ma perché gli sarà venuta un'idea e avrà un motivo valido per farli incontrare ancora. Per cui definire "non necessaria" una storia che ancora non conosciamo mi sembra solo un processo alle intenzioni...

Qualcuno allora potrebbe dire allo stesso modo che non era necessario neanche il ritorno della Tigre Nera, o che non è necessaria la futura storia in lavorazione con Barbanera, ecc... Se sarà necessaria o meno lo sapremo dopo (in base alla validità dell'idea), non prima.

 

Il ritorno di Higgins si può dire sì che non era necessario (inutile e negativo), ma questa seconda storia di Tex e Zagor - che sia piaciuta o meno - un suo senso invece ce l'ha, anzi forse, al contrario, non ha sviluppato fino in fondo tutte le potenzialità che i numerosi personaggi (non solo Tex e Zagor) e la trama avevano. Forse qualcuno ne è rimasto deluso proprio per questo, perché magari si aspettava più azione, più fuoco e fiamme e più pathos nell'incontro tra i due eroi...

 

Una terza storia con Zagor ulteriormente invecchiato e un Tex più maturo chi può dire come sarà?

 

Il mondo del fumetto popolare e seriale è particolare, e talvolta imprevedibile. Di recente ho letto una vecchia intervista a Robin Wood che così diceva: 

"Per quel che riguarda la mia carriera… scrivo, niente di più straordinario di quello. Lo faccio con piacere, lo faccio tutti i giorni; quando non lavoro per tre o quattro giorni non mi sento bene, devo fare qualche cosa. Sono fortunato, ho trovato un lavoro che mi piace ogni giorno di più, amo il mio pubblico e senza il pubblico non esisto. Il pubblico mi ha fatto, non sono io ad aver fatto il pubblico. Per questo sono dedito a loro e faccio il mio meglio per essere degno di loro. [...]

Io non penso mai quando scrivo, non so cosa vado a scrivere, non ne ho idea. Incomincio e penso: “Beh cosa faccio? Boh?!?” Pianificare, non esiste; la prima riga, quella esiste. “Il sole si è alzato… bla, bla… biondo… fuoco nel cielo…” e tre ore dopo è fatto.

DOMANDA: Se un giorno dovessi porre termine alle avventure di Dago come sarebbe l'epilogo? Il giannizzero nero troverà la pace solo nella morte o riuscirà a raggiungere un equilibrio in altre maniere?

Non lo so, perché non l’ho scritto. Ti ripeto, io non penso mai a quello che scrivo. Dago pensa, io no. Io incomincio a scrivere ma non penso mai alla fine, la fine è un'altra cosa. Arriverà un giorno, può essere che un giorno dirò: “Qui!”. Come è successo con altri personaggi, capirò che quello è il momento giusto. Una situazione giusta, qualcosa che lasci il lettore, che per me è la cosa più importante, che lasci il lettore commosso, felice, triste, tutto… pieno di cose in un solo colpo che ricorderà per anni. Alla mia maniera io faccio musica."

 

 

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Bella intervista. Ci sono scrittori di fumetti che pianificano meticolosamente e autori che preferiscono "seguire il flusso". Dipende anche dal loro grado di libertà. Nel caso di fumetti come Tex, che prosegue da 75 anni nell'implicita promessa ai lettori di rimanere sempre fedele a se stesso, pianificare è forse pure impossibile.

Sappiamo benissimo che non vedremo mai una storia che sconvolga lo status quo dei personaggi e tantomeno vedremo mai la parola "Fine", almeno finché Tex vende. Tex non morirà, Kit non diventerà mai realmente adulto tanto da sposarsi e avere figli. Gli ultimi avvenimenti rilevanti li abbiamo avuti ad inizio anni '50 col passaggio di Kit da bambino a ragazzo con la storia "Il figlio di Tex", tutto quello che è venuto dopo sono state storie solo relativamente importanti e che hanno lasciato il segno su noi lettori (perché erano capolavori) ma che non hanno necessariamente spostato di un millimetro lo stato delle cose all'interno della narrazione.

Tex deve rimanere Tex perché a noi piace così ed è così che è riuscito a farsi trovare puntuale nelle edicole per 75 anni: Tex è un porto sicuro, una sicurezza in un mondo che cambia. È il nostro comfort food, ne più ne meno.

Quindi quanto in un fumetto come Tex si può realmente pianificare? Poco e solo relativamente alla singola storia, con il vincolo che alla fine di essa si ritorni al punto di partenza senza lasciare grosse tracce. È così per tutti i fumetti di vecchia data in realtà, con l'unica differenza che gli americani sono più sfacciati, meno onesti se vogliamo. Superman muore, ma poi resuscita, Spider-man si sposa, ma poi divorzia. Eventi catastrofici sconvolgono il mondo in modo irreparabile e mai nulla sarà come prima, ma solo fino al successivo retcon che riporta tutto allo stato precedente e intanto i vostri soldi ce li siamo presi. In Tex invece rimane direttamente sempre tutto uguale, senza tanti giri e promesse: è il silenzioso patto coi lettori.

Certi personaggi sono troppo iconici per poter morire, è la maledizione dei fumetti di questo tipo e ancor prima è una strategia aziendale, tipicamente occidentale, di alcune case editrici. Se Tex muore la Bonelli dopodomani chiude.

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Robin Wood è la quintessenza dell'autore "popolare" e "seriale". Se vai a leggere tutta la lunghissima storia di Dago, per migliaia e migliaia di pagine, vedi che trovi quasi sempre situazioni già viste, personaggi appartenenti a certi "tipi" molto... "tipici" (quante migliaia di ragazze belle e ribelli che poi si innamorano di Dago si sono viste?).  Eppure sempre con gli stessi ingredienti, ogni volta la zuppa e buona. Basta cambiare qualche accostamento, qualche dettaglio, l'ambientazione, e poi alla fine anche se tutto è identico è passato tanto tempo in una saga quarantennale che chi se lo ricorda?

 

Questa riproposizione fissa di elementi costanti viene considerata da una certa critica snob e superficiale l'essenza del fumetto "popolare" e "seriale", ma non è così. Quella è la base. È il substrato, le fondamenta. Perché ogni dannata settimana (o due) la storia di Dago su Lanciostory deve esserci. Poi però ogni tanto arrivano le storie diverse. In cui magari la gran parte degli ingredienti (i soliti "tipi" umani standard che popolano le avventure di Dago) si uniscono a cose che hanno ispirato l'autore e che sono uniche nella saga (il sacco di Roma, per esempio).

 

Senza queste "punte" memorabili, che si distaccano dalla routine, una saga non colpisce abbastanza il lettore per essere ricordata. Senza, diventa una cosa tipo Billy Bis (o Julia). Una cosiddetta "critica" che non se ne rende conto non è "critica", è ignoranza snob (nel caso di Dago, la fortuna della serie per me sta anche nel fatto che proprio le primissime storie, quelle in continuity serrata, sono una di queste "punte", lasciando poi alla serie un patrimonio di rendita (i lettori che attendono la vendetta) che li ha fatti interessare subito al personaggio).

 

La stragrande maggioranza degli sceneggiatori di fumetti oggi (ma pure in passato, eh) non riesce ad avere "vette" memorabili. Rispetto al passato oggi però latita anche il "substrato" valido: invece di variate la pietanza con gli ingredienti soliti, fatto sembra la stessa sbobba, anche se provano a cambiare qualche ingrediente (anche il tipo di ingredienti conta, Robin Wood usava amore, molte, sesso, vendetta, tragedia, speranza, ideali, tradimenti, oggi troppi autori usano citazioni dall'albo x, citazioni dall'albo y, pam pam, bum bum, rissa, duella, e tanta, tanta, tanta noia...)

 

In passato, per un Robin Wood che veniva ricordato dal pubblico che lo seguiva, c'erano tanti "anonimi artigiani" incapaci di raggiungere vette memorabili ma che comunque la "pagnotta" (la storia settimanale, adeguatamente appassionante) la portavano a casa, e rappresentavano il grosso del fumetto "popolare". "Popolare" qui non nel senso deteriore usato oggi, di "dozzinale", ma nel senso reale, di fumetto che vende, che piace a molti, che soddisfa i lettori. Quando ancora il fumetto piaceva...

 

Come si applica tutto questo alla Bonelli, e in particolare a Tex?

 

Quando Tex era un albetto a striscia settimanale di 32 pagine, GL Bonelli faceva in pratica lo stesso mestiere di Robin Wood (anche il numero di pagine di ogni episodio era pressappoco lo stesso: 32 strisce contro 11 pagine, poi diventate 14): tutte le dannate settimane Tex doveva uscire, affrontando ogni volta un pericolo, un avversario, di solito non molto memorabile, poi ogni tanto c'erano cose memorabili (la storia in cui incontra Gros-Jean, quella in cui sposa lilith, etc.)

 

Il confronto mette in luce le grandi differenze stilistiche fra i due (Robin Wood parte subito con la saga e poi la rallenta, episodi brevi autoconclusivi che si collegano insieme, con il riflettore puntato soprattutto sui personaggi che man mano Dago incontra, GL Bonelli invece è più per l'avventura alla Dumas senza preoccuparsi tanto di origini e saghe, ma gli episodi non sono autoconclusivi e le storie sono più lunghe e articolate), e il confronto mette per me subito in luce come il grande GL Bonelli non sfiguri nemmeno se paragonato a Robin Wood (anzi). L'aspetto che però mi interessava qui è il fatto che anche per GL Bonelli in questo periodo vale quello che dice Wood: anche lui, secondo me, scriveva ogni settimana senza piani, senza sapere come sarebbe andata a finire.

 

Poi Tex cambia formato, cambia periodicità, GL Bonelli inizia a dedicarci tutto il suo tempo che prima era diviso fra vari personaggi, e non so quanto questo sia ancora vero successivamente. Nel "periodo d'oro" ci sono storie così ben costruite da farmi ritenere che, anche se non aveva un soggetto scritto, GL Bonelli sapesse dall'inizio dove voleva andare a parare, 300 pagine dopo. Si riprendono parti della saga (che NON È VERO che non cambia, Kit continua a crescere nelle storie di GL Bonelli, quello degli albi attorno al 200 è chiaramente cresciuto rispetto a quello degli albi attorno al 70), tipo Lilith, ci sono storie in cui si spiega da dove Tex prenda i soldi, in dettaglio (Dugan il Bandito), anche il passato di Tex viene rivisto (Tra Due Bandiere).

 

[E Tex in quel periodo diventa una rarissima rarità, il sacro graal degli autori seriali: un fumetto seriale FATTO SOLO DI "VETTE" (almeno per una mezza dozzina di anni indiscutibilmente, ma per me possiamo anche andare fino a quasi 10 anni in cui ogni singola storia è memorabile...)]

 

Tutto questo NON vuol dire che Tex abbia una "continuity": GL Bonelli sistema il passato di Tex (ad essere precisi, lo devasta facendogli fare due volte la guerra di secessione, ma è un dettaglio, non sottilizziamo...  :P ), risponde ad alcune "frequently Asked Questions", ma la cosa finisce lì: non ha la benché minima intenzione di raccontarci "la storia di Tex"

 

Nizzi men che meno, proprio non ci pensa nemmeno (oltretutto, con la sua solita sciatteria e faciloneria, cosparge la saga di errori grossolani, sbagliando non solo il luogo dove è sepolta Lilyth ma pure dove è nato Tex, dove è morto il fratello, dove si svolgono le prime avventure, etc.)

 

È con Boselli che arriva questa "necessità" di definire la storia di Tex (necessità che si scontra con la sua impossibilità, troppe incongruenze sono già inserite nella saga, diventa un impresa tipo Capitano Achab contro Moby Dick...).  Necessità che credo derivi anche ad una ribellione al "personaggio immutabile".

 

I personaggi più importanti del fumetto non nascono "immutabili". Persino i supereroi Marvel, se vai a vedere l'uomo Ragno quando lo scriveva Stan Lee, CRESCEVA. Nel primo numero avrà 15-16 anni, in tre anni di storie si diploma a va all'università. Nel frattempo ha una prima  relazione "stabile", durata anni, con Betty Brant la segretaria di JJJ, poi conosce (all'università) Gwen e (tramite la zia) Mary Jane, per un po' viene attratto da entrambe ma poi si mette con Gwen, etc

Finchè lo scrive Stan Lee (o Steve Ditko) Peter Parker cresce, cambia ragazza e scuola e i cambiamenti sono PERMANENTI. Non tornerà mai più con Betty. Non tornerà mai più alle medie.  Poi però il personaggio (e l'intero universo marvel) ha troppo successo, e... viene "congelato":

2 hours ago, frank_one said:

È così per tutti i fumetti di vecchia data in realtà, con l'unica differenza che gli americani sono più sfacciati, meno onesti se vogliamo. Superman muore, ma poi resuscita, Spider-man si sposa, ma poi divorzia. Eventi catastrofici sconvolgono il mondo in modo irreparabile e mai nulla sarà come prima, ma solo fino al successivo retcon che riporta tutto allo stato precedente e intanto i vostri soldi ce li siamo presi.

...e questa è la maniera più disonesta di farlo. Ma deriva proprio dal fatto che I FUMETTI MARVEL HANNO FATTO SUCCESSO QUANDO NON ERANO COSÌ. uno dei (tanti) motivi per il successo della Marvel era proprio questo cambiamento continuo, che NON ERANO IMMUTABILI, i lettori vedevano i loro eroi crescere come loro, sposarsi (come Reed e Sue o Hank e Janet), fare i figli (come Franklyn Richards), morire (come Gwen Stacy, e non era stata certo la prima, checché ne dicano certi critici ignoranti...). Rispetto agli altri eroi dei fumetti (tipo Superman o anche Tex e Zagor in Italia) era una rivoluzione epocale.

 

Tutte le odierne ridicole saghe dove "tutto non sarà più come prima" che poi vengono sempre ret-connate e cancellate sono semplicemente il tentativo di "gabbare il lettore" facendogli credere che la Marvel sia "viva" come allora quando in realtà è morta, rigida come un baccalà, da decenni...

 

2 hours ago, frank_one said:

In Tex invece rimane direttamente sempre tutto uguale, senza tanti giri e promesse: è il silenzioso patto coi lettori.

Ma è ancora così?

 

Scrivere un personaggio che cambia, che si evolve, credo dia molte più soddisfazioni, soprattutto agli autori più "moderni". Tempo fa dicevo che Boselli era forse l'ultimo autore Bonelli capace di fare fumetto seriale "classico", in particolare western.

 

Oggi devo rivedere la mia opinione, e questo passa anche dal rivalutare e guardare con occhi nuovi la sua produzione passata. E rendermi conto che lui ha sempre voluto mettere "il tempo che passa" nelle sue storie di Tex, e con esso i cambiamenti nei personaggi.

 

Guardate "il passato di Carson". Non mostra un cambiamento, un Carson che cambia fra il passato e il presente? E "gli invincibili"? Anche "la grande invasione", inserisce il passare del tempo.

 

Con "Tex Willer" ha trovato la maniera di scrivere UN TEX CHE CAMBIA... e questo credo che gli abbia fatto perdere molto interesse per il Tex "contemporaneo". Ormai le sue storie "contemporanee" sono praticamente sempre "ritorni di", oppure storie "celebrative" (Dio quanto le odio, ci metterei la moratoria...) che vanno a ravanare nelle storie passate o nei personaggi passati, facendo assumere alla serie regolare un tono un po' funereo, come se stessimo sempre a fare il funerale di un Tex rivolto sempre al passato.

 

In compenso, il ruolo di "Tex Willer" si allarga sempre di più: sconfina nei Texoni e negli almanacchi, si arricchisce di "speciali" che spaziano nel tempo, e da serie che "racconta le storie inedite di un Tex giovane e ancora fuorilegge" è diventata "la serie che defrinisce la vita e tutti i cambiamenti della vita di Tex"

 

Un impresa, l'ho già detto, impossibile, ci sono troppe incongruenze. Il motivo per cui non ci ha fatto vedere quanti anni aveva Yama nella storia sul passato di Mefisto: qualunque età avesse avrebbe contraddetto storie passate. idem Kit Willer. O "cela", senza mostrare e senza sbilanciarsi, come in questi due casi, o deve fare ret-con, anche pesanti.

 

Finché era il Tex fuorilegge, era un conto: l'unica storia che ne parlava era "il passato di Tex" che poteva essere ret-connnata senza problemi, non era una storia amatissima, nessuno ha pianto quando ha spostato la storia da Rock Spring (all'epoca senza comunità bianche e troppo distante dal Messico) alla valle del Nueces. Un po' mi ha fatto storcere il naso che abbia "accorciato" il periodo del rodeo da tre anni a pochi mesi, ma vabbè, ci si passa sopra...

 

...solo che non è finita lì. Ci sono cose un po' inquietanti in questo "furore revisionistico". Per esempio la tendenza ad "appropriarsi" delle morti celebri, rinarrandole (mi aveva dato fastidio la scelta di dire "no, Coffin non è morto in una storia di GL Bonelli, è morto in una MIA storia!", già non vedevo il senso di una scelta simile, figurati vederlo fare anche con Higgins!

 

Fino ad un certo punto, approvo e mi piace questa idea di cercare di "sistemare e storicizzare" la storia di Tex. Cose tipo chiarire perchè la Fascia di Wampun cambia natura e "poteri" (risposta: sono due fasce diverse. Ottimo, questa è una risposta che arricchisce il mito di Tex senza cancellare vecchie storie), mostrare come nel mondo di Tex i rangers non siano mai stati sciolti (sanando le incongruenze storiche di GL Bonelli) e chiarire le cose tipo che Tex utilizzi quella stella fuori dal Texas.

 

Ma temo che Boselli stia esagerando, e questo sforzo positivo che ci ha dato ottime storie rischia di strafare, andando a fare danni.  Alle storie attuali (che ormai troppo spesso, come in questo caso, vengono tanto sovrastate dal dover "raccontare gli eventi" da diventare più cronaca che avventura), e ai classici del passato (lui dice di no, ma dopo aver visto sventrare e distruggere il classico dei classici "il giuramento", temo che non ci sia più nessuna storia di GL Bonelli al sicuro).

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2 ore fa, Diablero dice:

Tempo fa dicevo che Boselli era forse l'ultimo autore Bonelli capace di fare fumetto seriale "classico", in particolare western.

 

Oggi devo rivedere la mia opinione, e questo passa anche dal rivalutare e guardare con occhi nuovi la sua produzione passata. E rendermi conto che lui ha sempre voluto mettere "il tempo che passa" nelle sue storie di Tex, e con esso i cambiamenti nei personaggi.

 

Guardate "il passato di Carson". Non mostra un cambiamento, un Carson che cambia fra il passato e il presente? E "gli invincibili"? Anche "la grande invasione", inserisce il passare del tempo.

 

Sì, il grande tema delle storie di Boselli è sempre stato fin dall'inizio "il tempo che passa" (a proposito, quest'anno a settembre saranno 30 anni da "Il passato di Carson"), e lo è anche in Dampyr, se è per questo, nel rapporto continuo tra il presente e il passato di vampiri che vivono da secoli. Ma questo mostrare i cambiamenti che avvengono nel tempo vuol forse dire non essere "classici"? Direi di no. Vuol dire solo aggiungervi elementi moderni.

 

Boselli, oltre a GLBonelli, si ispira a Ken Parker, ma ancora di più ultimamente - mi sembra - al Gino D'Antonio di "Storia del West". E le storie di Gino D'Antonio non sono forse western "classicissimi", pur raccontando il passare del tempo e l'invecchiare della famiglia Mac Donald?

Boselli rimane ancora, se non l'unico, perlomeno uno dei pochissimi a saper raccontare storie western classiche, ma aggiungendovi elementi moderni (Anthony Mann + Peckinpah). Lo è stato fin dall'inizio e lo è tuttora, e su "Tex Willer" lo si vede bene. Ultimamente per esempio con Cochise e Raza il comanchero. (Poi non sempre tutte le ciambelle riescono col buco, ma questo è normale).

 

2 ore fa, Diablero dice:

e questo credo che gli abbia fatto perdere molto interesse per il Tex "contemporaneo". Ormai le sue storie "contemporanee" sono praticamente sempre "ritorni di", oppure storie "celebrative" (Dio quanto le odio, ci metterei la moratoria...) che vanno a ravanare nelle storie passate o nei personaggi passati, facendo assumere alla serie regolare un tono un po' funereo, come se stessimo sempre a fare il funerale di un Tex rivolto sempre al passato.

Per la serie regolare questo è forse vero, sembra a volte che piano piano si voglia chiudere con tutte le porte rimaste aperte: Proteus è morto, il Maestro anche, Mefisto e Yama sembrano definitivamente liquidati, la Tigre Nera è molto probabile che tra un po' ci lascerà definitivamente, ecc. Anche le storie in lavorazione chiuderanno il discorso sospeso sugli extraterrestri del Monte Rainer, poi ci sarà Barbanera, poi Nick Castle, e Juan Cortina da vecchio. Sembra un po' un bilancio finale della serie... (A proposito, a me piacerebbe rivedere Jethro)

Ma per Tex Willer giovane, invece, sembra prepararsi una stagione narrativa nuova e interessante...

 

2 ore fa, Diablero dice:

Questa riproposizione fissa di elementi costanti viene considerata da una certa critica snob e superficiale l'essenza del fumetto "popolare" e "seriale", ma non è così. Quella è la base. È il substrato, le fondamenta. Perché ogni dannata settimana (o due) la storia di Dago su Lanciostory deve esserci. Poi però ogni tanto arrivano le storie diverse. In cui magari la gran parte degli ingredienti (i soliti "tipi" umani standard che popolano le avventure di Dago) si uniscono a cose che hanno ispirato l'autore e che sono uniche nella saga (il sacco di Roma, per esempio).

 

Dago è una serie straordinaria, le storie con elementi fissi e ripetitivi hanno comunque sempre qualcosa di diverso e originale che le rende interessanti (come per GLB le storie coi rancheri prepotenti del primo centinaio, simili tra loro ma con qualcosa di nuovo che le diversifica e le rende sempre piacevoli). Ma gli archi narrativi che si discostano dalla produzione seriale, le vette della saga, insomma, sono comunque parecchie: oltre al sacco di Roma, ancora migliore è la lunga avventura in Sud America al seguito di Pizarro (dal n. 60 al 72 di Dago Nuova Ristampa), un capolavoro assoluto del fumetto. Poi il ciclo in Andalusia, oppure quello di Padova, le storie attorno alla casa in cui va a vivere in riva al mare, il ciclo di Verdi, ecc. ecc. Tutti archi narrativi notevoli e memorabili.  E d'altra parte anche Robin Wood, grandissimo narratore, era un appassionato di Storia (e ovviamente dei romanzi d'appendice).

 

 

Modificato da Poe
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  • 2 mesi dopo...
Il 2/1/2024 at 09:01, Angelo1961 dice:

Letto finalmente. Un buon albo però... Io, leggendolo, capisco che la Grande invasione è imminente, non si riuniscono tribù diverse anni prima, quindi siamo nel 1874, al massimo 1873. Nulla di male, Tex ha 35-36 anni, Zagor circa 65 portati molto bene. Quello che non torna è Tomas che ha la sua prima apparizione, come figlio rapito di Lupo Grigio, nel 1840 circa. Dove poteva avere 4-5 anni. Qundi nel 1874 (ma anche fosse nel 1866) è comunque un ultratrentenne, non un ragazzo. 

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Pamina è un'altra incongruenza. Cico la incontra l'ultima volta nel 1836 (questo è un dato certificato dallo stesso Burattini, inserendo il maremoto del Cile, evento storico, nell'odissea sudamericana. 

E l'aveva già incontrata (prima volta, Locanda degli impiccati) nella seconda odissera, quindi può essere nata attorno al 1815-16. Mi risulta difficile pensare che 60 anni dopo abbia un figlio di circa 2 anni. 

 

Ovviamente queste sono considerazioni da nerd, visto che alla fine conta la storia, non la incongrienze. 

 

 

 

Come Tex ringiovanisce parecchio nel passaggio alla serie Tex Willer, @Angelo1961 puoi considerare che lo stesso accada a Zagor e ai personaggi di contorno in questo special, nonché a diverse figure storiche.

 

Francamente credo che non essendoci più Nolitta in giro ed essendo @borden il primo vero responsabile della rinascita di Zagor (Burattini ha scritto anche belle storie nel passato, ma non lo paragonerei a @borden) si sia giustamente arrogato il diritto di marcare il territorio mostrando fin d'adesso il destino futuro, ma non necessariamente definitivo, di Zagor e Cico.

 

E qualche problema personale e stato d'animo particolare, possano aver fatto propendere per questa scelta di mettere nero su bianco il destino di questi personaggi, forse addirittura in maniera non totalmente consapevole.

 

Comunque, per me rappresenta una bella trilogia con l'ultimo texone e il precedente special di Tex Willer. Condivido con altri il differente passo e atmosfera rispetto a Bandera!

 

 

 

 

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