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TWF - Tex Willer Forum

[Texone N. 09] La Valle Del Terrore


ymalpas
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Voto alla storia  

97 utenti hanno votato

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Quando ho letto l'introduzione a questo Texone sono rimasto impressionato da quello che Bonelli e Frediani hanno detto riguardo al lavoro svolto da Magnus ( :inch: ) per realizzarlo. Hanno descritto con quanta precisione e meticolosit? Magnus abbia realizzato quelle tavole ed hanno detto che dei tre anni che gli avevano dato per realizzarlo lui se ne era presi sette (che poi sono stati gli ultimi della sua vita). Addirittura si era trasferito in montagna per osservare meglio l'ambiente in cui si doveva svolgere la storia e che quindi lui doveva rappresentare. Osservate le tavole ho avuto conferma di quanto c'era scritto nell'introduzione e penso che questo sia uno dei più bei Texoni dal punto di vista grafico. Però (io che sono un fan di Alan Ford) non avrei potuto mai accettare lo stile di Magnus su Tex. Quei suoi volti (molto espressivi tra l'altro) forse mi ricordano troppo Alan Ford e siccome quelli di Alan e di Tex sono due contesti completamente diversi sarebbe risultato strano per me vedere un Tex realizzato a quel modo. :indianovestito:

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  • 3 mesi dopo...

il texone di Magnus rester? nella storia. quando lo prendi e cominci a sfogliarlo trovi sempre un particolare che in precedenza non avevi notato. è come ascoltare una sinfonia di Mozart, trovi sempre qualche cosa di nuovo. e poi il parallelo col grande musicista non è casuale: Mozart mor? scrivendo la Messa da Requiem, che gli era stata commissionata da un personaggio misterioso (guardatevi il film "Amadeus" di Milos Forman in parte richiama la realtà) e pensando di scriverla per se stesso, Magnus mor? poco dopo aver completato questa opera grandiosa sapendo che sarebbe stata la sua ultima opera.

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  • 1 mese dopo...

Secondo me il texone migliore dal punto di vista grafico (non sono il primo e n° sarà l'ultimo a dirlo); appena guardo una vignetta di questo autentico capolavoro è come se mi si riempissero gli occhi, si vede proprio che è fatto con attenzione e che Magnus ha dedicato molto tempo a ciascuna delle tavole perchè lo sfondo, i particolari del paesaggio, dell'ambiente non sono trascurati, neanche quando i personaggi parlano fra di loro (occasioni in cui, negli altri fumetti di Tex, lo sfondo viene trascurato o non proprio rappresentato anche per questioni di tempo). E ciò ti fa immergere ancora di più nella storia e ti coinvolge nell'atmosfera del luogo in cui si trovano i personaggi. In quanto alla storia, secondo me, senz'altro molto bella ma nulla di così sorprendente come invece lo sono altri Texoni... ;):colt:

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  • 8 mesi dopo...
  • 5 mesi dopo...

Il Texone per eccellenza. Storia bellissima e intrigante, un thriller dai contorni esotici da annoverare tra le prove più brillanti di Nizzi. E i disegni di Magnus... Vabbè, chevvelodicoafare. Una meraviglia. Impressionante la cura di ogni dettaglio.

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  • 2 anni dopo...
On ‎26‎.‎11‎.‎2012 at 11:20, la tigre nera dice:

Ho avuto occasione di leggerlo nuovamente nel weekend. B? non si può certo negare che sia un opera di assoluto livello sia sotto il profilo della trama sia sotto quello dei disegni che rendono del tutto unico e eccezionale questo albo speciale. Aggiungiamoci la sua pubblicazione postuma per rendere tutto un gradino sopra la realtà e dare a questa storia una valutazione superlativa. I disegni sono quantomeno di grandissimo livello molto particolareggiati in ogni vignetta con addirittura le foglie sulle piante disegnate una a una. Non si può negare che l'interpretazione stilistica di Tex e dei personaggi sia molto personale e diversa dal solito ma ciò incarna alla perfezione lo spirito del Texone. La trama poi è una delle migliori della collana. Nizzi racchiude nelle 224 pagine dell'albo una serie impressionante di avvenimenti e colpi di scena del tutto inaspettati come nei suoi tempi migliori. Ho molto apprezzato il racconto di Tom Devlin sulla storia del vecchio Sutter. Nel albo si dice che il racconto di Tom è basato su fatti reali mi piacerebbe sapere se è veramente esistito questo Sutter e la sua storia. Sarebbe un racconto davvero surreale se si basasse su fatti realmente accaduti. In conclusione uno dei migliori Texoni. Trama 9,5Disegni 10Soggetto 10

 

il personaggio è veramente esistito. Trovi informazioni biografiche su Sutter nella sezione dedicata ai personaggi storici.

 

Mio voto: 6 (10)

Storia sceneggiata splendidamente e ricca di piacevolissime sorprese. Trama molto intrigante con il figlio Victor, psicologicamente personaggio complesso, rimasto ucciso dalla sua stessa organizzazione. La sua serva cinese (forse amante?) si rivela essere una vera dark lady, con un'anima più nera di quella di Victor. Triste la vicenda del vecchio Sutter, considerando che il ritrovamente dell'oro nei pressi di una sua segheria un giorno di gennaio del 1848 causò la sua rovina.

Disegni eccezionali, curati nei più piccoli particolari con paesaggi spettacolari; mi è piaciuto molto come è stata rappresentata la figlia di Sutter: Bella e candida. Un lavoro eccellente! :)

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Probabilmente qualcuno l'ha già ricordato, che sono 20 anni dall'uscita di quel capolavoro disegnato da Magnus: 1996. 2016 alla fine nel migliore dei modi per quello che riguarda i tratti dei "Nostri", visto il lavoro di Civitelli nei primi due albi della storia del ritorno di Yama e il rammarico è immaginare che cosa avrebbe potuto produrre Roberto Raviola in una storia "fanta", la soddisfazione è di aver visto, prima ancora che letto, quel Texone

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  • 1 anno dopo...

Nella storia Tex un certo momento ha il braccio fasciato e stranamente porta il suo foulard nero proprio come una cravatta con colletto della camicia chiuso completamente. Mi son sempre chiesto come mai.

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  • 2 settimane dopo...
  • 2 settimane dopo...
On 16/2/2018 at 22:54, ElyParker dice:

Grazie delle vostre risposte!

Un allievo molto valido e capace da quanto ho potuto vedere.

 

Lo scopri solo adesso? :o

Romanini ha ormai più di 72 anni e disegna più o meno da cinquanta. Ormai è considerato da molti un maestro a sua volta.^_^

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  • 3 mesi dopo...
On 3/8/2009 at 11:31, ymalpas dice:

La copertina del texone non è quella che fu inizialmente concepita da Magnus, ma è il frutto di un collage di immagini tratte dalle tavole. Il personaggio di Tex è tratto dalla pagina 75. La vera copertina di Magnus, che era riuscito solo ad abbozzarla, è quella che appare nella pregiata edizione dell'ormai introvabile cartonato edito da Alessandro Editore, opportunamente rifinita dal Romanini.

On 22/7/2008 at 21:05, theLord dice:

:blink: questa immagine è sbalorditiva!!! :Alla SBE sono fessi a non aver pubblicato una copertina così... bastava che eliminassero lo sfondo azzurro con un semplice fotoritocco.. e voil'! avevano pure lo sfondo bianco come piace a loro... :rolleyes: non c'è paragone tra questa illustrazione e la copertina definitiva!! 

 

Io ho provato ad immagginarmela così:

2v9cay0.jpg

 

Secondo me questo disegno della coppia Raviola - Romanini, come Variant Cover,  sarebbe semplicemente fantastico !

 

Modificato da JohnnyColt
Completezza
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  • 3 mesi dopo...

Texone storico per i disegni, ma anche la storia, pur non potendo competere con gli stessi, non è male. Si tratta di un giallo/horror con personaggi esotici a bizzeffe e degli splendidi villain.
Posso segnalare un difetto nei disegni? I volti mi sembrano troppo caricaturali, da cartone animato, direi. Per il resto, voto 10, ma senza lode.
Voto alla storia: 7,4
Voto ai disegni: 10

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  • 3 settimane dopo...
  • Collaboratori

Da un'intervista a Nizzi del settembre 2018 (http://www.stamptoscana.it/articolo/cultura/i-70-di-tex-nizzi-racconta-ecco-come-nacque-la-valle-del-terrore):

 

 

Cita

Parlare a fondo della nascita e della realizzazione di questa storia richiederebbe lo spazio di un romanzo. Non fu Sergio Bonelli (eternamente a caccia di disegnatori “speciali” a cui affidare i texoni) a proporre a Magnus di disegnare un texone, ma il contrario: fu Magnus a offrirsi, stimolato dalla sfida impossibile. Tex era stato uno dei suoi eroi da lettore-ragazzo: un mito. E lui voleva sfidare il mito, accettando tutte le regole e le fatiche che questo comportava. Tra le altre difficoltà che avrebbe dovuto incontrare, Magnus rivelò candidamente che non sapeva disegnare i cavalli (“Mi vengono come quelli delle giostre”), ma in questo si sarebbe fatto aiutare da Giovanni Romanini, con cui aveva già collaborato.

Quando Bonelli mi commissionò la storia, mi fu subito chiaro che per Magnus non avrei potuto scrivere un’avventura tipicamente western con indiani e banditi,  sparatorie e inseguimenti, ma una storia ricca di atmosfere cupe e di personaggi misteriosi che nascondessero qualche segreto nel loro passato, e che avesse un  solido plot da romanzo d’appendice. Come teatro della storia pensai a qualche valle sperduta e selvaggia sui monti della California nel periodo della scoperta dell’oro, in cui avvenissero fatti tragici e misteriosi.

Mi era capitato di leggere anni prima un libretto intitolato Oro, scritto da Blaise Cendras, in cui si narrava la vita esaltante e drammatica di John Sutter un esule svizzero che aveva fatto fortuna in California, nella cui terre – per sua sventura – venne trovata la prima pepita d’oro, che avrebbe dato il via a una vera invasione  di cercatori provenienti da tutte le parti del mondo che avrebbe travolto la serenità che dopo tante tragedie familiari si era conquistato.

Decisi che John Sutter (personaggio storico) sarebbe stato al centro della storia e che attorno a lui si sarebbero mossi tutti gli altri, compresa una devota figlia, un’esotica governante cinese, e uno spietato personaggio, capo di una setta di assassini di origine asiatica, che alla fine si sarebbe scoperto essere uno dei figli di Sutter che tutti credevano scomparso in mare  nel naufragio di una nave che lo portava in Europa (un fatto storico anche questo). L’uomo, sotto mentite spoglie, era tornato nella sua valle per vendicarsi di coloro che avevano portato il padre alla rovina e alla pazzia.

Bene: avevo il soggetto della storia. Si trattava di realizzare la sceneggiatura.

Come sempre quando scrivo per un disegnatore con cui non ho mai lavorato, non scrivo mai l’intera sceneggiatura, ma sono una parte iniziale – diciamo dalle 30 alle 50 pagine – per vedere come vengono realizzate in modo da regolarmi e da aggiustare il tiro strada facendo. Per Magnus scrissi appunto 50 pagine, convinto (e con me Sergio Bonelli) che gli sarebbero bastate per anni e forse non sarebbe mai arrivato a realizzarle.

Spediamo il soggetto e le 50 pagine di sceneggiatura a Magnus e non ne sappiamo più niente. Passano dei mesi (che a Magnus erano serviti per raccogliere una sconfinata documentazione) e finalmente arriva un primo lotto di tavole disegnate, una decina. Disegnate solo a matita, perché preferiva farle scrivere dalla letterista in modo da completare lui stesso gli inevitabili spazi vuoti che sarebbero rimasti attorno ai ballon. Erano tavole bellissime e, vedendole, ci cresceva il rammarico che un così bel lavoro non avrebbe mai visto la fine.

Passavano altri mesi di silenzio, poi ne arrivavano un’altra decina. E si andò avanti così. Uno stillicidio. Ma uno stillicidio che non s’interrompeva. Magnus andava avanti lento, lentissimo, ma andava avanti.

Per farla breve, impiegò sette anni per arrivare in fondo, ma ci arrivò. E ci arrivò, purtroppo, poche settimane prima di morire: gli fu sottratta anche la gioia di vedere la sua opera stampata.

Un altro capitolo del romanzo riguarderebbe l’ambientazione della storia, la natura della valle selvaggia e il modo in cui Magnus scelse di rappresentarla. E un altro ancora i rapporti che intercorsero tra me e lui, che diventarono via via  più stretti, con una sceneggiatura che realizzavo in progress, a brevi tranche dopo aver visto le sue ultime tavole, per stare al passo con lui e assecondarlo nelle sue soluzioni grafiche (la casa fortificata di Sutter diventò via via un vero castello, copia di quello che Magnus vedeva dalla finestra del suo studio a Castel del Rio, il paese sulle colline imolesi in cui si era ritirato per lavorare in pace): un procedimento che non avevo mai seguito con nessuno del centinaio di disegnatori con cui ho lavorato e che non mi sarebbe mai più capitato di seguire. Ma giunti a questo punto mi fermo, perché la materia che resterebbe da raccontare esula dalla lunghezza di questa (e di ogni altra) intervista.

 

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  • 1 anno dopo...

Texone storico e bellissimo. Probabilmente, sommando il valore di storia e disegni, il migliore in assoluto assieme al recente Tex l'inesorabile.

Magnus eccezionale. Forse i personaggi sono un pò troppo da cartoon a volte, ma la qualità complessiva è davvero esaltante. Non c'è un particolare lasciato al caso. Tutto trasuda di emozione e di pioggia, alla fine ti senti l'umidità nelle ossa.

Anche la storia è bellissima, un thriller degno del miglior Nizzi con continui colpi di scena e personaggi bellissimi, tra cui troneggia May-Ling, la perfida cinese, davvero un personaggio abbietto e tra i più odiosi tra quelli femminili comparsi su Tex. Ma tutta la storia dei vendicatori e del fratello scomparso è stupenda. Non c'è nulla che non sia men che perfetto e in definitiva si può parlare di capolavoro o quasi anche per la parte testuale.

Capolavoro da leggere e rileggere. Per una volta devo essere di manica larga. Non concedo facilmente dei 9 e 10 ma non posso esimermi.

Nizzi 9

Magnus 10

  • +1 2
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Ricordo il dubbio pesante fin dalla prima pagina: seguire lo sviluppo della storia o lasciar perdere i fumetti, incantato dai disegni? Sembra un assurdo, ma fu un disequilibrio reale risolto con un faticoso compromesso fra il divorare tutto e invece centellinarlo. Salvo poi mirare e ammiro, leggere e rileggere, un'infinità di volte in quasi 25 anni dall'edizione del capolavoro. Ho avuto anche la fortuna di essere amico di Giovanni Romanini, che ha aggiunto molti altri particolari alla gestazione di questo capolavoro, proprio partendo dal disegno dei cavalli - ostico a Magnus perché tendeva a realizzarli in maniera caricaturale - per finire alla sofferenza concreta del maestro bolognese che sapeva che quell'ultimo lavoro sarebbe stato l'ultimo e che sarebbe stato un capolavoro.

  • +1 1
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  • 6 mesi dopo...

La Bonelli ci reicasca con le variant...

https://www.sergiobonelli.it/news/2020/11/20/news/torna-il-texone-di-magnus-1008925/

 

(ho postato qui perché la discussione sulle variant di Villa è stata nel thread sul Texone di Villa, se è meglio creare un thread apposito chiedo ad un moderatore di crearlo spostando questo post)

 

La nuova edizione del Texone di Magnus esce il 3 dicembre in libreria a 34,90 Euro, ma il 9 dicembre sarà venduta solo direttamente dallo shop Bonelli e dal Bonelli point di Milano una edizione "limited" in "sole" 1996 copie a 64,90 Euro.

 

La scelta del numero 1996 la trovo abbastanza di dubbio gusto. Cosa si omaggia, la sua morte? Era meglio fare 2000 copie senza certe scuse....

  • Mi piace (+1) 1
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Personalmente ritengo veramente orribile lo sfondo celeste della copertina del volume base, era molto meglio lo sfondo scuro che si vedeva sul numero di Preview

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Per chi non ha mai visto il Texone di Magnus questa è effettivamente la volta buona.

Ma dopo la brutta esperienza dell'anno scorso per me questa collana (perché di questo si tratta) non

fa parte della mia collezione di Tex.

 

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Ero andato spedito in libreria con l'intenzione di comprarlo. Ormai sto invecchiando e con me gli albi di Tex. Sto sostituendo pertanto le storie che ho amato di più con edizioni cartonate che non sfigurano in libreria. 

 

Purtroppo  dal vivo questa edizione ha deluso le mie aspettative. Al di là della critica che condivido sul discutibile sfondo di colore celeste, ho trovato veramente povero la cura degli Interni. La pagina dell'indice mi ha ricordato quelle delle tesine universitarie che si facevano 5 minuti prima di andare in copisteria a stamparle. Il formato poi poco maneggevole, che comunque già conoscevo avendo già il texone di Villa in questa dimensione, ha scoraggiato definitivamente l'acquisto.

Ho ripreso in mano l'edizione della Rizzoli Lizard che avevo in casa, e devo dire, che pure in un formato più piccolo, qualitativamente mi sembra nettamente superiore.

 

 

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Effettivamente è un'edizione molto povera. L'anno scorso per Villa prevaleva la novità ma qui ci si poteva sforzare un minimo sia nella grafica che nei redazionali, visto che vengono riciclate le vecchie introduzioni accompagnate da qualche schizzo. Come ha detto Rebogol l'edizione Rizzoli Lizard è nettamente migliore. Peccato. 

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  • 3 settimane dopo...

Ho trovato in rete questo articolo di Luigi Bernardi, per anni editore di Magnus, in un articolo apparso sul volume celebrativo "Al servizio dell'eroe", della Punto Zero (articolo che confesso di non ricordare, anche se ho quel volume. Forse è che all'epoca non mi fece provare la perplessità di oggi, per giudizi di fatto tendenti a ridurre il capolavoro nel semplice manufatto di un grande artista).

 

La nobile sconfitta di Magnus

Amava il fumetto, Magnus. Lo si capiva da come pronunciava i nomi dei grandi eroi del passato. Gordon, per esempio, con una bellissima “o” aperta, apertissima, quasi un oblò spalancato su altri mondi che lui soltanto poteva vedere. O Gim Toro, o il Principe Valiant. Amava il fumetto, ma solo quello nel quale era impresso il sudore della fronte degli autori. Una volta litigammo perché era sconcertato dal fatto che sulla rivista Nova Express avessi pubblicato le tavole di Give me Liberty: non gli piacevano i disegni sbrigativi e un po’ volgarotti di Dave Gibbons. Io difesi il disegnatore inglese e lui mi tolse il saluto per almeno tre mesi. Ripensandoci, aveva ragione lui. Il fumetto ha bisogno di un impegno totale, fisico, dell’autore, e non soltanto di una svagata partecipazione.

Anni fa, quando si cominciò a parlare di una riedizione in grande formato de La Compagnia della Forca, insistette a lungo perché il rimontaggio prevedesse come dimensione finale quella degli albi pubblicati negli anni Sessanta dai fratelli Spada, il formato di Flash Gordon e del Principe Valiant. Fu difficile convincerlo che quel tipo di pubblicazione, quasi quadrata con l’altezza di poco superiore alla base, non aveva alcun riscontro a livello europeo e che, se riedizione doveva essere, si sarebbero dovuti tenere presenti certi standard. Si convinse, ma credo ne sia restato amareggiato. Forse si era innamorato dell’idea di vedere la sua Compagnia nello stesso scaffale delle opere di Alex Raymond e di Harold Foster.

E Saturnino Farandola… quante volte nel bel mezzo di un discorso tornava a quelle tavole, disegnate forse maldestramente ma proprio per questo intrise di stupefacente naiveté, da Pier Luigi De Vita, o ancora le saghe del Vittorioso, le pillole di ingenuità degli albi a striscia. Perché in Magnus l’amore per il fumetto si estendeva all’immagine, tattile, sensuale della loro pubblicazione. A un certo punto, aveva persino pensato di realizzare una sorta di Avventuroso Anni Novanta, con la ristampa dei grandi classici del passato e alcune sue storie, disegnate per l’occasione.

Solo questo aspetto, questo amore storico di Magnus per il fumetto, per la classicità del fumetto, può spiegare il suo contatto con il mondo di Tex. A prescindere da questa profonda passione per i capisaldi della propria arte, non c’era infatti alcun motivo perché i due si incontrassero. Magnus è il cantore della Vita. Tex il protagonista dell’Avventura. Magnus guarda la storia (e le sue storie) dalla parte dei perdenti. Tex non può neppure concepire l’idea della sconfitta. Magnus vive e suda. Tex è solo un freddo simbolo. Ci torneremo sopra.

Un aspetto poco analizzato dell’amore di Magnus per i fumetti è il profondo rispetto che ha sempre nutrito per i suoi personaggi. Quando lo contattai per convincerlo a riprendere le storie de Lo Sconosciuto per la rivista Orient Express, riuscii a vincere ogni sua perplessità accettando di pagargli un breve racconto di dieci pagine (La fata dell’improvviso risveglio, che avrebbe disegnato più tardi), nel quale descriveva l’operazione chirurgica subita dal personaggio per giustificarne la rimessa in sesto, dopo che tutti lo avevano dato per morto in seguito agli avvenimenti dell’ultimo episodio della serie tascabile. Amava gli eroi, Magnus, ma non poteva tollerare che non venissero trattati come persone comuni. Sempre a proposito de Lo Sconosciuto – una sorta di simbolo del proprio vagabondaggio spirituale – poco prima di morire aveva accettato di dare una terza vita al proprio personaggio. E non è un caso se il primo (e unico) di questi siparietti – apparso sulla rivista Comix – lo ha impiegato per regalargli un'intera collezione di denti nuovi, i vecchi andati distrutti durante l’epilogo della sua seconda esistenza, nel romanzo per immagini L’uomo che uccise Ernesto “Che” Guevara.

Detto questo, si capisce che se fosse stato per lui Tex lo avrebbe disegnato con il volto e il corpo deturpati di cicatrici, ognuna a testimoniare una battaglia, una vittoria. E infatti ci aveva pensato. Ma non era soddisfatto e alla fine aveva concluso che mai avrebbe potuto scalfire il personaggio di Giovanni Luigi Bonelli e Aurelio Galleppini. Tex aveva regole proprie, che bisognava accettare a priori.

Molti hanno detto che a un certo punto della sua carriera, il contatto di Magnus con Tex era inevitabile: non è forse vero che prima o poi tutti i Grandi si incontrano? È probabile, e comunque così è stato. Il libro che avete fra le mani documenta questo lungo rapporto, sofferto ai limiti della consunzione.

C’è però qualcosa di incomprensibile nella scelta di Magnus di realizzare un’avventura di Tex Willer: nel suo viaggio attraverso le religioni e le filosofie orientali, l’autore bolognese era giunto ad abbracciare l’idea di quanto nobile potesse essere la sconfitta, e di quanto altrettanto nobile potesse essere il raccontarla. Le femmine incantate, le Storie da Calendario, Le avventure di Giuseppe Pignata, Il Conte Notte, lo stesso Sconosciuto: tutti sconfitti, tutti dignitosi e nobili davanti al fallimento della propria esistenza, tutti animati da una umanità che solo chi perde può orgogliosamente detenere. D’altra parte, anche tutta la carriera di Magnus è all’ombra della sconfitta: è stato uno dei quattro/cinque grandi autori del secolo, ma a parte l’affetto dei lettori non gli è rimasto quasi nulla, neppure i diritti d’autore di gran parte del proprio lavoro.

Personalmente, ho sempre nutrito il sospetto, qua e là avvalorato da alcune conversazioni avute nel corso del tempo, che Magnus si sia posto di fronte a Tex come i minuscoli kamikaze giapponesi di fronte al potente esercito statunitense. Come quei piloti che davano la vita per arrecare una perdita anche minima al nemico, così Magnus ha messo tutta la propria arte, la propria straordinaria capacità di disegno, per restituire una parvenza di umanità all’eroe Tex Willer (che, sia chiaro, non ha mai considerato un nemico), storicizzandolo e ambientandolo in contesti estremamente credibili. Che altro senso poteva avere tutta la fatica documentata in questo libro, se non quella di smitizzare l’eroe, farlo divenire partecipe delle cose del mondo? Poteva il piccolo Magnus infliggere ferite nel corpo di Tex? Poteva restituirgli la fiamma della vita? Poteva farlo diventare uno dei suoi personaggi scalcinati, offesi, umiliati, deperiti? No, non poteva. L’Eroe è troppo forte, troppo forte anche per il più grande. Così, il suo Tex è – appunto – una delle tante storie di Tex, e non un’opera di Magnus. Qui sta tutta la dignità di Roberto Raviola, ancora prima che del Maestro Magnus. Accettare, a un certo punto, di perdere.

Non è un capolavoro, La valle del terrore, come hanno raccontato i soliti gazzettieri del fumetto. Non lo è a partire dal titolo, che riporta alla mente popolaresche narrazioni anni Cinquanta. Non lo è perché la trama è scontata. Non lo è perché alla soglia del terzo millennio l’intrattenimento non può generare capolavori. Sono già stati scritti tutti. La valle del terrore non è un’opera di Magnus. È una storia di Tex, magistralmente interpretata da Magnus. Magnus ha dato tutto se stesso a Tex. È stato sconfitto e il fato ha voluto che questa sconfitta fosse l’ultima. La più nobile.

 

 

 

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